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Dragons´ Lair

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Visualizzazione dei contenuti con la reputazione più alta il 04/07/2013 in tutte le aree

  1. Salve a tutti! Mi rivolgo a voi poichè ho bisogno di una mano per sviluppare un'avventura investigativa che sarà ambientata in una città della mia ambientazione: Blodhevn. Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione e gli eventuali consigli che mi darete. Grazie davvero! Alcuni cenni sull'ambientazione prima di passare all'avventura in questione: Blodhevn è una città di modeste dimensioni che si trova nel bel mezzo della Tundra nordica. Fu fondata qualche secolo fa per volere dell'imperatore, nell'intento di dare sfoggio di potenza alle neo-sottomesse popolazioni nordiche. L'arroganza degli Imperiali li spinse a edificare la città in un territorio che non aveva nulla da offrire a livello di terreni fertili e ricchezze naturali così che, fin dalla sua fondazione, Blodhevn dovette ricorrere per il proprio approvvigionamento a un'importazione massiccia e sistematica. Nonostante tutto, la città sviluppò un fiorente artigianato, diventando un centro di eccellenza nella trasformazione di materie prime quali lana, minerali e legname. Il benessere economico dell'insediamento era di necessità strettamente legato a quello Imperiale, e così, non appena l'Impero cominciò a dar segni di declino, la città fu abbandonata a sè stessa. Le popolazioni nordiche, cessata la minaccia della repressione imperiale, reclamarono la propria indipendenza, avviando una spietata guerriglia contro la città, interrompendone i già scarsi rifornimenti e sabotando gli ancor più miseri raccolti. All'interno delle mura cittadine cominciarono rivolte popolari, che furono puntualmente represse nel sangue. Il governatore imperiale lasciò la città, tornando a Sud, e le maestranze artigiane della città istituirono un Consiglio dei Saggi, per poterla amministrare. I nobili imperiali persero potere a favore di questa nuova istituzione, che ben presto fu presa di mira dalla Guardia Cittadina. Fu così che, sfruttando il potere militare, la Guardia si appropriò anche del potere legislativo, effettuando minacce e ricatti volti ad assicurarsi l'amicizia del Consiglio. Si sviluppò un fiorente mercato nero a Blodhevn, che fu quasi da subito monopolizzato dal cartello criminale autoproclamato Confraternita degli Onesti. Ad oggi la situazione di Blodhevn è critica, la tensione sociale è al massimo, la fame porta a continue insurrezioni, a barbarie di ogni tipo e favorisce il dilagare delle malattie. La povertà più totale della gente comune si contrappone all'ostentata opulenza degli Ufficiali della Guardia e dei criminali; la guerra contro la gente del nord crea malanimo e aumenta la disperazione, e il dissenso è soffocato in un clima di terrore. In questo scenario avrà luogo la nostra avventura, che nei miei intenti dovrebbe essere volta a far conoscere ai Giocatori la situazione della città, mettendoli in contatto con ciascuna delle fazioni in campo e immergendoli in quest'atmosfera cupa e malsana che si respira negli angusti vicoli e nelle claustrofobiche piazzette di Blodhevn. Sotto spoiler inserisco il canovaccio di avventura che vorrei mi aiutaste a sviluppare. Spoiler: Descrivo per prime le fazioni con cui i PG dovranno relazionarsi e che dovranno conoscere nel corso dell'avventura: - GUARDIA CITTADINA: un tempo era l'ordine militare che aveva il compito di vigilare le mura cittadine, oggi è l'organizzazione che detiene il potere effettivo a Blodhevn. Sfrutta il governo-marionettadel Consiglio dei Saggi per coprire la repressione violenta, gli abusi di potere, la corruzione e le estorsioni che attua quotidianamente entro le mura cittadine. - CONSIGLIO DEI SAGGI: come già detto si tratta dell'organo che governa Blodhevn. I suoi membri sono personalità importanti delle Gilde Artigiane della città, e la maggior parte di loro sono o ricattatti, o minacciati, oppure direttamente pagati dalla Guardia Cittadina. - CONFRATERNITA DEGLI ONESTI: cartello di contrabbandieri gestito da gran parte dei membri più importanti della Guardia Cittadina e da varie personalità di spicco della città. I suoi interessi si concentrano sul monopolio del gioco d'azzardo, smercio di alcolici e stupefacenti, gestione di combattimenti clandestini, compravendita illegale di schiavi, estorsioni e rapimenti. Diciamo che si occupa di tutte quelle faccende troppo sporche perchè se ne occupi direttamente la Guardia cittadina. - LA MANO NERA: gilda di ladri e spie al soldo della Confraternita degli Onesti. In realtà compra e vende informazioni un pò dappertutto, e cura unicamente i suoi interessi. La Guardia Cittadina e la Confraternita sono convinte che il capo della Mano Nera sia un loro burattino. In verità egli è il burattino dei nobili imperiali decaduti, che tramano nell'ombra nell'attesa di tempi migliori. - VIGILI: sono la forza dell'ordine non militare di Blodhevn. Sono sottoposti alla Guardia, ma non condividono la brama di potere e la crudeltà dei propri superiori. Fanno sempre di tutto per far valere quelle poche leggi sane ancora presenti in città, ma non si prendono mai il rischio di contrariare fortemente la Guardia. - LE BELVE: banda criminale composta soprattutto dai giovani della città che lottano attivamente contro la Guardia. Comprano informazioni dalla Mano Nera e ricevono tacita protezione dai Vigili, anche perchè molte Belve sono figli o parenti dei Vigili. Un nucleo delle Belve, nel Distretto degli Artisti, ha cominciato a compiere azioni crudeli, quali stupri e rapine, così che, nonostante sia un fenomeno minore, le Belve si stanno guadagnando una brutta reputazione. Molti pensano che il nucleo del Distretto degli Artisti sia al soldo della Guardia proprio per screditare l'intero movimento. - SACRO ORDINE DEGLI ONORATI VETERANI: antica confraternita di ex-soldati imperiali che ha la sede in un quartiere specifico. Quando a Blodhevn sono iniziati gli scontri, i Veterani si sono armati e hanno fortificato la propria fetta di città. Ad oggi, la loro zona è l'unica in cui la Guardia non è invischiata e i Veterani, nei limiti delle loro possibilità, offrono protezione a quanti ne hanno bisogno, disinteressandosi della politica. - LE SORELLE SCARLATTE: la guerra e la carestia hanno prodotto abbondanza di una cosa: vedove e madri senza più figli. Parte di queste si sono organizzate, acquistando un vecchio palazzo in disuso e adibendolo a bordello. Qui, oltre a prostituirsi in modo "sicuro", organizzano le proprie riunioni in cui designano le proprie vittime. In effetti il bordello è a copertura della loro reale attività, ossia l'assassinio. Le Sorelle sono spinte da cieca vendetta nei confronti di coloro che hanno portato via dai loro grembi i figli, e dai loro letti i mariti. - GLI ALTRI: si tratta di una banda anarchica che ha fatto la propria entrata in scena da pochi mesi. I suoi membri sono folli o deliranti, emarginati, deformi, rifiutati dalla società. Un carismatico cantastorie che si fa chiamare "Io" li ha riuniti intorno a se, ed ora li usa per seminare il panico in città e reclutare nuovi adepti. Non ha uno scopo, se non il diffondere la paura e la disperazione che la società ha indotto nei suoi "figlioli" in anni di soprusi ed emarginazione. Capita che gli Altri prendano prigionieri. Li torturano fino alla pazzia e poi li reclutano nei propri ranghi. Queste sono le organizzazioni con cui i PG dovranno barcamenarsi. Ora ho bisogno di una trama secondo la quale farli entrare a contatto con ciascun gruppo, inserendo possibilmente un paio di combattimenti, almeno un furto con scasso, e tanta, tanta investigazione ed interpretazione di ruolo. Il mio canovaccio prevede che il fratello di una dei miei PG sia scomparso da qualche tempo. Durante la storia dovranno scoprire che: - il fratello combatteva con le Belve - si è scontrato con il nucleo del Distretto degli Artisti - la Guardia è intervenuta a protezione del nucleo - il fratello è rimasto ferito ed è stato arrestato - durante il processo sommario il giudice che doveva condannarlo è stato assassinato da una delle Sorelle Scarlatte - ritenendo le Belve responsabili dell'assassinio, la Guardia ha deciso di giustiziare a scopo dimostrativo tutto il gruppo di Belve di cui il fratello faceva parte Qui dovrebbe esserci un bivio (a livello di tempi i PG ruoleranno nella notte prima dell'esecuzione) A. I PG riescono a convincere qualche ufficiale della Guardia a salvare il fratello, magari prestando qualche servigio alla Confraternita degli Onesti. L'accordo viene rispettato in parte, poichè il fratello non viene ucciso, bensì venduto come schiavo. B. I PG riescono in qualche modo a liberare il fratello che è tenuto imprigionato nella Rocca della Guardia e lo mettono in salvo. (improbabile) C. I PG si inventano qualcosa per evitare la morte del fratello (e allora improvviserò) Se non si verifica nessuna delle seguenti opzioni: - Il fratello, all'alba dell'esecuzione, trova un modo di evade dalla sua cella, sfruttando un condotto che lo porta dritto nelle fogne. Se i PG si sono informati bene (magari presso membri della Mano Nera) potrebbero aiutarlo ad evadere oppure aspettarlo nelle fogne per portarlo in salvo. Altrimenti andrò avanti con la storia: - Il fratello si perde nelle fogne e viene trovato da alcuni membri degli Altri. Viene imprigionato e torturato per settimane senza lasciarlo mai morire. Durante queste settimane, i PG potrebbero scoprire che è imprigionato e cercare di recuperarlo. Altrimenti dopo tre settimane verranno attaccati di notte da un gruppo degli altri. Se vincono, potrebbero riconoscere il fratello tra gli avversari sconfitti, se perdono, verranno portati di fronte ad "Io" che li sottoporrà a prove sadiche su insistenza del fratello (che non li vuole morti). Chi le supererà si porterà dentro per sempre il ricordo della terribile esperienza. Chi non le supererà sarà morto? Ho bisogno di aiuti nello sviluppare questa trama, sperando nelle vostre critiche e nei vostri consigli per poter creare qualcosa che i Giocatori possano ricordare. Quali sono i punti deboli secondo voi? Cosa ne pensate dell'idea, è valida o è meglio cancellarla e partire da zero con un'altra? E i punti forti? Come pensate che potrebbero reagire i PG nei vari contesti? Per aiutarvi ad aiutarmi vi scrivo com'è composto il gruppo: - Umana, Guerriera 6° (pesantemente corazzata, sensibile al tema della schiavitù) - Umana, Esploratrice con arco 7° (agilissima, abbastanza furtiva, la giocatrice purtroppo non ama l'interpretazione) - Nano, Chierico 5° (pacifico e serafico, piuttosto vecchio, preferisce il dialogo allo scontro) - Mezzorca, Druida 7° (compagno animale: cavallo; bandita dalla città, ipersensibile al maltrattamento degli animali) - Halfling Ladro 6° (corpo a corpo, dovrò inserirlo nella campagna in questa avventura) Mi rimetto ai vostri consigli, grazie mille! Luca
  2. 1 punto
    Un mio amico ha giocato esattamente uno gnomo bardo malvagio, personaggio a dir poco memorabile. Prima di tutto era morbosamente obeso (a livelli alti si faceva sempre portare da 4 schiavi adolescenti su una portantina imbottita)...secondariamente era davvero uno schifoso: era disonesto, codardo (come diceva lui: debole con i forti e forte con i deboli), schiavista e aveva ogni tipo di perversione, compresa la pedofilia. Usava il suo carisma e le sue doti bardiche (oltre che in combattimento) fuori dal combattimento per incantare gli altri ed "approfittarsi" (in tutti i sensi) di loro. Personaggio più schifoso e malvagio non l'ho mai visto probabilmente
  3. 1 punto
    ...non vedo come si possa fare un warlock gish senza una delle due. Colpo orrendo è (come dice il nome stesso) ORRENDO. Il meglio che puoi ottenere è un combattente decente che (come abilità secondaria) usa qualche invocazione e deflagrazione mistica. Ma il combattimento in mischia e il warlock (senza Glaive o Claws) non si amalgano quasi per niente. EDIT: come non detto. E' difficile anche fare solo un combattente decente a base di warlock, senza manuali in inglese (Complete Mage, Dragon magic...) Morale: personalmente sconsiglio il tentativo. Se vuoi il warlock, rassegnati ad usarlo con le sue potenzialità originarie :\
  4. Mah sinceramente mi sembra che il manuale di suo penalizzi la resurrezione. Torni in vita e hai un livello negativo, tutto questo fino al 17° livello quando guadagni Resurrezione Pura. Non mi sembra tutto questo guadagno se si segue alla lettera il manuale eh. Per quanto riguarda il trovare i diamanti quoto Yaspis quando dice che non ha senso aprire quest o crearsi un PG temporaneo solo per resuscitare il vecchio PG a costo di rimetterci pure un livello, tanto vale tenersi quello nuovo. Poi sinceramente, se voi avete trovato gente che abusa degli incantesimi e che gira per i cimiteri riportando in vita i morti canticchiando "I Will Survive" mi dispiace; ma non credo che sia una cosa da gruppo tipico. Per quanto riguarda le scelte di ambientazione non ho nulla in contrario fintanto che il master dichiara le modifiche fin dall'inizio.
  5. Essendo impossibile per me editare il primo messaggio scriverò qui sotto le modifiche evidenziando i punti cambiati. E ora i talenti, essenzialmente ho fatto delle riduzioni al loro potere rendendo il talento sigillo aggiuntivo prendibile una volta soltanto (quindi aggiunge un sigillo che al massimo dà +1 alla CA e 1-2d6 alle esplosioni). Ho aggiunto a tutti dei requisiti per caratterizzare meglio il fatto che si tratta di particolari stili e obbligatoriamente ritardato l'acquisizione di Barriera deviante (che tra l'altro è stato drasticamente depotenziato).
  6. Allora, molto bella come idea, però in effetti è troppo forte e ci sono un po' di cose che non mi sono chiare, ma andiamo con ordine: 1) Ora, magari sbaglio io ma mi sembra un guerriero più basato sull'agilità, dunque io sposterei il TS alto sui riflessi invece che su tempra, ma questo è imho 2) Riguardo alle abilità: forse mi è sfuggito qualcosa, ma cosa se ne fa di concentrazione? 3) Alcune capacità mi sembrano messe lì a caso per riempire i buchi; non dico di eliminarle, ma distribuiscile un po' meglio: una su tutte recupero, che acquisisce al 4 livello e rimane uguale fino al 13, ma poi viene potenziata di colpo a 13 e 15. Insomma, cerca di creare una maggiore simmetria nell'acquisizione dei privilegi. 4) Estrazione rapida a che gli serve se le armi fluttuano costantemente intorno a lui? 5) Questa è una delle capacità più sbroccate: +2 alla CA per ogni arma? Ma siamo matti? Al livello 20 vuol dire un potenziale +22, senza contare un eventuale "sigillo aggiuntivo" che, a quanto vedo, può anche essere preso più volte. Inoltre la trasformiamo in bonus di deviazione con un semplice talento senza neanche i requisiti? Così il bonus stratosferico si conta anche a contatto e contro attacchi incorporei. Io dimezzerei il bonus e eliminerei il talento "barriera deviante", o quantomeno ci metterei su requisiti talmente pesanti che un pg dovrà pensarci 3 volte prima di prenderlo. 6) Attacco improvviso: questa non ha proprio senso. A che serve considerare il teletrasporto un azione standard se poi consenti un completo nello stesso turno? Invece dell'attacco completo potresti concedere un attacco solo, magari che colga alla sprovvista l'avversario (che era quello che mi aspettavo dal nome della capacità ). Inoltre forse sarebbe il caso di assegnare questa capacità dopo il teletrasporto migliorato, in modo da non creare azioni aggiuntive dal nulla. 7) Lancio di lame: boh, questa mi lancia un po' stranito. Le armi leggere arrivano a 12 m di gittata, contando i 3 incrementi si arriva a lanciare un pugnale a 36 m, però se si considera che le lancia magicamente ci può anche stare. Ah, ma si può usare anche in combinazione con il teletrasporto? 8) Esplosione di lame: questa pure è troppo forte; 22d6 (sempre senza contare "sigillo aggiuntivo") a tutti nel raggio di 3 m senza limiti di utilizzi giornalieri? Ma scherziamo? Poi ovviamente raddoppiamo danni e gittata e la rendiamo ancora più sbroccata. 9) Ali d'acciaio: mmmh, questa pure mi lascia perplesso; io direi velocità sempre e comunque 9 m, mentre i sigilli aggiuntivi migliorano la manovrabilità, magari partendo da scarsa o maldestra e andando a migliorare (ora non ricordo la progressione esatta e il mio master ha il mio manuale, quindi non posso consultare nulla purtroppo). 10) Padronanza del metallo: adesso tutte le capacità potentissime del guerriero dei sigilli non possono neanche essere soppresse, ed ecco che il nostre bel combattente diventa sempre più invulnerabile! Questa capacità eliminala e basta. A proposito di questo, ma essendo tutte capacità magiche sono soggette alla RI no? Il LI immagino corrisponda al livello da guerriero dei sigilli. 11) Questa non la commento neanche, semplicemente troppi danni. 12) Sigillo aggiuntivo: così com'è è troppo; magari depotenziando le altre capacità che si basano sul numero dei sigilli ci sta pure però. E comunque mettici un limite o vedrai gente andare in giro con 20 sigilli alla volta. 13) Barriera di schegge: a parte il fatto che ci sono due talenti con lo stesso nome, per il primo suggerirei di limitare i danni a chi attacca il guerriero dei sigilli con armi naturali; riguardo al secondo si ricollega un po' a tutto il resto del discorso, troppi bonus (esempio veloce, un umano guerriero dei sigilli 20 con la focalizzazione sulla barriera ha 17 sigilli (11 base più i talenti) insieme a barriera deviante e barriera di schegge, ha +51 all CA come bonus di deviazione, un po' troppo non credi?). 14) Esplosione possente: questa è una chicca, aumenta i danni dell'esplosione (lo stesso umano di prima ma focalizzato sull'esplosione arriva a 90d6 nel raggio di 6 m) E aumenta la CD del TS di due E aumenta anche di 50 i danni della pioggia. No dai, questo l'hai messo per trollare. 15) Metti dei requisiti decenti per i talenti, avere la capacità su cui il talento si basa non può bastare a soddisfare sempre tutti i requisiti. L'unico talento che va bene così com'è secondo me è risonanza dei sigilli. Dovrebbe essere più o meno tutto. Scusate per il WoT e scusa se ti ho praticamente criticato ogni aspetto della classe, ma l'hai fatta veramente troppo potente. Ripeto comunque che l'idea è interessante e sembra anche divertente da giocare, quando sarà sistemata la voglio provare.
  7. Mi ero dimenticato di questo... Classe Bardo Razza Umani Il castello, sede dell'ordine dei cavalieri del giglio risplendeva ancora dell'antica gloria che aveva in passato. I tetti che si dicevano essere d'oro, mandavano bagliori luccicanti nella mattina, e i vessilli color bianco garrivano al vento. Ma Elisabeth, secondogenita del Marchese di Fiddien, capo dell'ordine dei cavalieri del giglio, non era in grado di apprezzare l'imponenza e l'antica bellezza del castello sua dimora anche se si trovava a poca distanza da esso, nel giardino. Questo perché i suoi occhi erano incapaci di vedere da quando lei aveva cinque anni Per lei tutto era un indistinto universo avvolto dalla più totale oscurità, nel quale, sebbene avesse più volte cercato di immaginare il castello, spiccava solo una cosa: Il suono del suo flauto. Lo strumento di acciaio ora era riposto sulle sue gambe, sopra il vestito di seta che le avevano detto essere verde mentre, seduta su una delle panchine del giardino, si godeva il cinguettio dei pettirosso al mattino tentando di trovare l'ispirazione per un nuovo componimento. Prese in mano lo strumento e ne appoggiò l'imboccatura sulle labbra, prima di sentire un fruscio alle sue spalle. Con una agilità decisamente poco adatta ad una lady, ruotò il flauto fra le sue dita, finendo per tenerlo come se fosse una spada, ruotò il busto e puntò la punta dello strumento verso il petto della persona alle sue spalle. La benda che aveva sugli occhi (In modo che nessuno notasse gli occhi terribilmente martoriati dalla malattia che le aveva strappato la vista) seguì la sua traiettoria con un piccolo fruscio. -Non sta bene avvicinarsi di soppiatto ad una Lady, Alois- disse al fratello -Come facevi a sapere che ero io?- Fu la risposta che udì. Probabilmente stava sorridendo, visto il tono. Elisabeth allontanò il flauto traverso e lo ripose di nuovo sulle sue ginocchia -Solo tu ti avvicini di spalle, e soprattutto hai una cadenza di passi ben precisa...- rispose con un sorriso. Le piaceva la presenza di suo fratello, più grande di lei di due anni e già cavaliere del giglio a tutti gli effetti, un onore che a lei non sarebbe mai toccato. -Stavi suonando?- lo sentì chiedere mentre si avvicinava. Percepì la sua presenza al suo fianco. -Tentavo, vuoi ascoltarmi?- Le dita stavano accarezzando la superficie liscia e perfetta del flauto -Ma ad una condizione, mi fai fare un paio di tiri con la tua spada- Il fratello le aveva insegnato di nascosto come usarla, ma non ne aveva una sua. -Condizioni accettate- Seguì una piccola risata divertita. La ragazza sorrise, poi accostò di nuovo lo strumento alle labbra, posizionando le dita sui fori con delicatezza. Prese fiato e soffiò dolcemente nello strumento, le dita che aprivano e chiudevano sapientemente i fori. La musica che ne uscì ricordava vagamente il canto degli uccelli che cinguettavano negli alberi intorno a loro, abbinandosi al loro canto in una dolce sinfonia che durò alcuni minuti. Un ultima nota e posò lo strumento -E ora la tua parte dell'accordo- Disse mentre riponeva lo strumento nella sua custodia. Elisabeth si alzò e tese la mano aspettando che il fratello le passasse l'impugnatura. Uno stridio, poi la sensazione del freddo metallo sulle dita. Le chiuse sull'elsa e cominciò l'allenamento, seguendo le indicazioni che le dava Alois. Quel piccolo paradiso che era il suo mondo aveva meno di un paio di ore di vita ancora. Cominciò la sera. Elisabeth stava camminando per i corridoi ora semideserto dopo che l'ordine aveva perso gran parte della sua antica gloria, quando sentì le grida provenire dalle mura. Con il flauto come sempre nella borsa che teneva al fianco si diresse verso la direzione da cui provenivano le grida. Sentì gridare qualcosa, ma non e comprese il significato. Continuava a camminare per i corridoi contando mentalmente i passi quando qualcuno la bloccò -Sei impazzita, dove ti eri cacciata, ti stavamo cercando ovunque- Suo fratello, dal tono di voce terribilmente agitato. Tentò di rispondere qualcosa, quando udì l'esplosione dal piano di sotto. Alois imprecò. -Andiamo, qui non è sicuro- Cominciò a tirarla per il polso, trascinandola per le scale. -Che sta succedendo? Cosa sono le esplosioni?- La voce di Elisabeth si udiva a stento sotto il fragore delle esplosioni. -Il castello è sotto attacco, non so i dettagli, mi spiace, ma devo portarti fuori, ordini di nostro padre- Le urlò di rimando suo fratello. In breve tempo si ritrovarono fuori, nel giardino. Sotto i piedi Elisabeth poteva sentire l'erba frusciare ad ogni suo passo, mentre correva in quel mare di oscurità che era il suo mondo, fuori dai confini del castello. I rumori si fecero più flebili, forse per la distanza, o forse perché non c'era più nessuno in grado di emettere suoni. Una voce si alzò nelle tenebre parlando in elfico. Uno dei vantaggi di essere ciechi è che hai una quantità di tempo libero praticamente illimitato. Elisabeth lo aveva utilizzato per imparare a fare un po' di tutto, dal parlare lingue al suonare il flauto al maneggiare la spada -Arrendetevi, e vi sarà concesso di vivere- Elisabeth si bloccò immediatamente, e suo fratello fece altrettanto, ma solo per sfoderare la spada e bisbigliare all'orecchio della ragazza -Rimani qui- le lasciò le mani, poi cominciò il cozzare delle spade, mentre cominciava a piovere. Alcuni gemiti di dolore, ma lei non sapeva a chi appartenessero, poi un grido strozzato. Strinse le dita sulla borsa che conteneva il flauto mentre la pioggia le bagnava i vestiti. -Stupido umano- Altre parole in elfico, e per Elisabeth fu come se il mondo le fosse caduto addosso. Non si accorse nemmeno di cadere a terra, mentre la consapevolezza che suo fratello era ferito, o forse peggio, morto, la schiacciava come un macigno. Silenziose lacrime cominciarono a bagnare la benda che le copriva gli occhi. Udì qualcuno avvicinarsi a lei, poi un sibilo, un altro rantolo e qualcuno che cadeva a terra. Qualcuno parlò in elfico, forse un capitano, perché ordinò a qualcuno di reagire, prima che le sue parole venissero stroncate da un altro sibilo. Frecce, intuì Elisabeth, poi un urlo squarciò la notte -Pagherete per questo! Tyr, donami la forza per sconfiggerli- Un altra voce si unì all'invocazione del mancino, questa volta però Elisabeth non comprese le parole, ma comprese la musica che seguì. Eterea e bellissima, al tempo stesso malinconica e felice, delicata, ma decisa. Una musica che lei non sarebbe stata in grado di uguagliare. Alcune urla, poi il clangore delle spade che cozzano e tutto finì, lasciando posto al silenzio, rotto solo dai singhiozzi della ragazza, ancora in ginocchio sull'erba che si stava facendo via via sempre più viscida mentre la pioggia continuava a battere senza sosta. Si sentì toccare la spalla -Stai bene?- La ragazza sobbalzò alla voce e al tocco sconosciuto, mentre la mano correva verso il flauto e lo puntava nella direzione da cui proveniva la voce -Credo che quello non ti servirà a molto- Le rispose la voce. Una voce maschile, gentile. Abbassò il flauto e a tenoni cercò la custodia. -Dov'è Alois?- chiese con voce rotta -Dov'è?- Altre lacrime si correvano lungo le sue guance, gli occhi ciechi che si spostavano inutilmente alla ricerca del fratello. La benda ora era scivolata via e le cingeva il collo come una sciarpa -Io non posso vedere, per favore ditemi come sta...- La voce esce a fatica dalle labbra scosse dai singhiozzi -Muoviti Alexander, non è per questo che siamo qui...- Una seconda voce, più musicale, ma al tempo stesso più dura -Un attimo... Shireen ha già finito all'ingresso?- Il primo uomo rispose alla seconda voce, poi si rivolse di nuovo a Elisabeth -Forse è meglio se sei cieca, non è un bello spettacolo- La mano sulla spalla si spostò, scivolando via mentre anche la presenza dell'uomo si allontanava. Elisabeth afferrò la mano dell'uomo -Io voglio sapere come sta... vorrei vederlo...- La voce le usciva strozzata mentre tentava di cacciare indietro le lacrime -Non so nemmeno che volto abbia... io... lui è mio fratello, il mio unico fratello...- le dita persero forza e lasciò la mano dell'uomo. Sentì un sospiro, poi di nuovo quella musica celestiale -Se è quello che desideri davvero posso ridarti la vista, ma preparati al peggio, il mondo non è una vista gradevole purtroppo- Con queste parole le si avvicinò di nuovo e le toccò il volto, con una carezza leggera, poi si riallontana -Arrivo- Le ultime parole rivolte alla seconda voce. Elisabeth era senza parole mentre osservava le sue dita, gli occhi che riacquistavano nuovamente a vista. si volò verso le due figure, due semplici sagome scure che sparivano nell'oscurità, poi si voltò nell'altra direzione. Davanti a lei c'erano una decina di elfi, alcuni trafitti da frecce, altri orribilmente mutilati, ma fu un altro corpo a riempire i suoi occhi di orrore. Suo fratello, l'unico umano in quella strage era riverso a terra, il petto sguerciato in più punti. Si alzò tremante e vi si avvicinò, per poi sedersi al fianco del fratello, osservandone per la prima volta dopo anni il volto. Si era fatto crescere la barba, bionda come i suoi capelli, in un pizzetto curato. Accarezzo il viso e poi lasciò che le lacrime scorressero libere, silenziose, l'unico rumore nella radura la pioggia che continuava a cadere incurante del suo dolore e della morte. Crudele. Nessuno arrivò dal castello, nessuno gridava, nessuno sembrava più in vita al forte. Sempre piangendo, prese la spada e il fodero, osservandone per la prima volta l'elsa e la lama, sfiorò nuovamente il volto di Alois e mormorò una preghiera. Poi si alzò, guardò un ultima volta la radura e i corpi distesi sull'erba fradicia "Riempi i tuoi occhi di questo orrore, perché non dovrai dimenticare, mai!" si fissò il fodero al fianco, infilando la spada al suo interno. Poi raccolse il flauto, osservando con occhi pieni di lacrime e stupore le forme ormai così familiari dello strumento, poi semplicemente cominciò a camminare, senza una meta precisa, sola… Di nuovo, non proprio un BG....
  8. La storia di Edwin comincia nell'Amn dal quale, ancora ragazzino, partì in nave con i suoi genitori alla volta di Waterdeep. Il padre, Eric Thran, era un facoltoso mercante, e la famiglia si trasferì con lui. Edwin crebbe nell'abbondanza e nell'agio della Città degli Splendori, in mezzo alla media nobiltà ed alla classe mercantile. Edwin venne istruito sugli usi ed i costumi di una citta cosmopolita come Waterdeep, e imparò in fretta l’arte dell’ospitalità: l’inchino, il baciamano e il galateo. Non era però entusiasta di stare ore e ore seduto ad ascoltare i numerosi e noiosi ospiti che facevano visita alla sua famiglia, di stare composto e di essere vestito come un paggetto. In quelle occasioni la sua casa diventava una bomboniera, ostendando esageratamente la sua ricchezza. Per la sua famiglia infatti l'importante non era quello che si è realmente, ma quello che si appare. Edwin non si sentiva a suo agio in quelle situazioni. Sicuramente non a suo agio come invece appariva sua sorella Sharlene, bellissima, ammirata da tutti, pettegola e decisa a sposarsi con grandi e ricchi uomini. Ella aveva la sciocca abitudine di girare per casa agghindata come un palo della cuccagna alla festa del paese. Edwin era proprio l'opposto.. con sua sorella condivideva solo una fine bellezza, anche se non poteva reggere il confronto. Egli imparò a leggere e scrivere molto presto. Spesso trascorreva le ore della sera nella biblioteca della casa, leggendo enormi e polverosi tomi. In particolare gli piaceva leggere di leggende (la sua preferita era “Boron, l’uccisore di draghi”), di posti sconosciuti, di antichi manieri, di città elfiche magiche sprofondate nell'oblio, di arcimaghi potenti e sognava di essere in quei posti o al fianco degli eroi dei racconti. Alle volte se una storia era avvincente, portava con sé più di una candela, così da poter leggere anche nel cuore della notte. Era un ragazzo dai capelli lunghi biondi, che osservava la realtà con occhi vivaci, curioso di tutto. Già, i suoi occhi...l'unica pecca in un viso altrimenti bello. Un occhio azzurro ghiaccio e un occhio marrone scuro scrutavano tutto ciò che lo circondava. Edwin non lo ha mai considerato un problema, anzi ne andava fiero. Gli piacevano i colori. Ma non la pensavano così chi gli stava accanto. Guardarlo dritto negli occhi per più di qualche secondo era impossibile senza avvertire disagio e un brivido lungo la schiena. La gente mormorava di un demone che lo possedeva, e la prova era proprio il diverso colore dei suoi occhi. Non poteva essere altrimenti. Sua madre negli anni cercò aiuto in grandi sacerdoti e ciarlatani, spendendo grandi somme di denaro, per cercare di modificare quel difetto o di estirpare chissà quale presenza demoniaca, senza riuscirci. Edwin ne soffrì, e per questo motivo il suo “io” cambiò già in tenera età. Divenne duplice, come i suoi occhi. Da una parte alcune volte mostrava espansività, dall’altra un tormento interiore. La cosa però che lo realizzava maggiormente era dipingere. Nelle ore di luce lo si vedeva sempre insieme ai suoi pennelli, ai suoi colori e alle sue tele. Li custodiva come se fossero un tesoro. Amava sentire scorrere il pennello e i colori sulla tela, dare vita a qualcosa che prima non c'era. Mettere del colore sul bianco della tela, quello sì che lo entusiasmava. In questo modo riusciva ad esprimersi totalmente. Dipinse inizialmente dei ritratti della sua famiglia, poi passò ai paesaggi. Waterdeep era una città dai mille colori e offriva moltissimi spunti per i suoi quadri. Dalla finestra di casa immortalava i tramonti rossi e infuocati che si immergevano nel mare blu. Il verde del giardino di casa con l’oro e argento delle statue della dea Waukeen, adorata dal padre. Il nero profondo della notte in contrasto al pallido bianco della luna piena. L’intenso giallo dei girasoli, contro il grigio delle nuvole cariche di pioggia all’orizzonte. Dava un senso a ogni colore e prese l’abitudine di vestirsi con colori molteplici, attraverso i quali esprimeva anche il suo stato d’animo. La sua camera fu interamente tappezzata di quadri. Un ritratto di sua sorella venne davvero bene, e lei lo appese nella sua camera. Edwin ne fu lieto e capì di avere realmente una dote. Per questo motivo all'età di sedici anni prese una decisione. Avrebbe fatto della pittura il suo mestiere. Decise di andarne a parlare col padre, e per conquistare la sua fiducia fece anche a lui un ritratto, che lo ritraeva statuario e compiaciuto, circondato dalle sue ricchezze. Mise in quel lavoro moltissimo impegno e il risultato fu davvero notevole. La reazione del padre, però, non fu quella che si aspettava. Il padre andò su tutte le furie dopo aver appreso che Edwin aveva l’intenzione di divenire un artista e così scialacquare, secondo lui, tutto il patrimonio accumulato da anni di lavoro. Il suo futuro, a sua insaputa, infatti era già stato deciso: doveva mandare avanti il mestiere del padre. Doveva diventare anch’egli un facoltoso mercante così da mantenere in auge il nome della sua famiglia. Il dipinto che gli aveva donato fu fatto a pezzi e gettato nel camino. Stessa sorte ebbero i quadri della sua camera. L’unico a salvarsi fu il ritratto della sorella, che essa nascose in un baule. Edwin scoprì così quanto fosse doloroso vedere il proprio sogno spezzato e bruciato, e quanto fossero dolorose le bastonate e le percosse di settimane. Edwin soffrì ulteriormente ma serbò queste cose nella sua mente. Il giorno della sue entrata in affari sarebbe stato da lì a 6 mesi (poiché a quel tempo il padre stava seguendo, come disse lui stesso, “un importante affare con cui la famiglia avrebbe triplicato i suoi possedimenti”), in cui lo avrebbe seguito in un comune scambio di merci al porto di Waterdeep. La sera prima del fatidico giorno però successe una cosa inaspettata. Il padre di ritorno da un incontro notturno fu assassinato. L’unica traccia era una Z. Gli Zentharim. Le voci si rincorsero e più spiegazioni vennero ipotizzate: l’avevano tolto di mezzo per aver ostacolato i loro affari, era in combutta da anni con loro ma poi li aveva traditi, aveva visto qualcosa quella notte che non doveva vedere. Non si seppe mai la verità. Il mondo della casata di Edwin crollò improvvisamente sulle fragili spalle della madre. La donna, abituata a vivere di rendita negli sfarzi e nel lusso, non aveva la minima idea di come mandare avanti casa Thran e cadde in depressione. Edwin cercò numerose volte di aiutarla, confortarla. Tutto ciò che otteneva erano solo parole amare e di disprezzo e presto diventò il capro espiatorio. La sua psiche cominciò seriamente a barcollare. Sei mesi dopo sua madre fece l’unica cosa che era in grado di fare: si risposò. Accettò di buon grado la proposta del calishita Cahlif Ambar, uno dei più facoltosi mercanti in affari con suo marito. Era un uomo dalla fame e dall’avidità inesauribile, ma anche dalla grande cultura. La sua dispensa e la biblioteca erano sempre piene di cibi e libri rari, che proveniva dai diversi angoli del Faerun. A questi ultimi Edwin si accostò e si dimostrò sempre più interessato agli studi antichi e scientifici, in special modo agli antichi tomi arcani che invecchiavano nella libreria del mercante. Per assecondare questi interessi, non molto tempo dopo il raggiungimento dei diciotto anni, Cahlif sfruttò alcuni favori che gli erano dovuti per far accettare il ragazzo alla Torre del mago Khelben “Blackstaff” Arunsun, la più prestigiosa accademia di magia della città. Edwin accettò calorosamente la proposta del patrigno. Edwin partì carico di aspettative, che non furono deluse. L’accademia era davvero un posto fantastico, ricco di magia, di colori e di conoscenza. Si impegnò tantissimo e i suoi sforzi vennero premiati. Fu considerato presto uno dei migliori allievi dei primi anni. Ma non è tutto oro ciò che luccica. Edwin all’interno dell’accademia non aveva amici ed era spesso oggetto di scherzi, scherni da parte dei suoi compagni o pestaggi da parte dei suoi invidiosi colleghi più grandi. I motivi del suo isolamento erano futili: dal fatto di avere il colore degli occhi diverso, della sua effemminata passione per la pittura, e per essere uno dei preferiti dai maghi insegnanti. Aveva una predilezione per gli incantesimi di abiurazione, i quali gli riuscivano spontaneamente, forse perché efficaci per difendersi da quegli episodi di bullismo. Così per Edwin passarono otto anni. Otto anni di studio, letture, sacrifici, lacrime, sudore, gesti ripetuti all’infinito fino alla perfezione. Le materie e lo studio dell’arte col passare del tempo si fecero sempre più difficili. Edwin cominciò a soffrire di emicranie e di insonnia, ma pur di riuscire al meglio, strinse i denti. Poi, un giorno in cui ebbe il permesso di tornare a far visita alla sua famiglia, fece una scoperta che fu la sua maledizione. Il suo patrigno aveva viaggiato con una lunga carovana nel selvaggio Chult ed era appena tornato con numerose e ricche mercanzie. Una di queste colpì particolarmente Edwin. In un’anfora di vetro erano contenute delle foglie finemente sminuzzate di una pianta misteriosa…sulla targhetta vi era inciso il nome: “erba degli dei”. Spinto dalla sua curiosità ne prese un’abbondante manciata e la portò con sé in accademia. Una sera tornò nei suoi alloggi allo stremo delle forze, dopo una giornata particolarmente intensa. Credendo fosse un semplice infuso di erbe aromatiche, si preparò una tisana con quelle foglie, sperando così di prendere sonno rapidamente. Non si aspettava di certo ciò che sarebbe successo di lì a poco. Gli effetti di quell’erba (una reale versione di quest’erba è simile alle foglia di coca, n.d.a.) lo rinvigorirono immediatamente. Inoltre gli donarono una lieve euforia e un aumento delle capacità mentali, che gli fecero pesare meno le giornate di studio. Inoltre nel tempo si accorse che quella tisana diminuiva temporaneamente il bisogno di dormire e di mangiare, cosa che gli lasciava più tempo per studiare anche di notte. Questi blandi effetti però, dopo numerose dosi, cominciarono a farsi sentire sempre meno e Edwin era consapevole che aveva bisogno di quell’erba miracolosa. Tornò a casa e si appropriò di tutte le foglie che c’erano e le custodì in una saccoccia per tenerle al riparo dall’umidità. Un giorno, dopo una lezione di alchimia gli venne in mente un’idea. Una di quelle idee che non dovrebbero essere portate avanti. Il maestro aveva fatto vedere come si potevano estrarre i succhi o gli oli essenziali dalle piante, attraverso l’uso di alcune pozioni e solventi. Edwin aspettò il calar della notte per scendere nei sotterranei della torre riservata agli studi alchemici. La torre dall’esterno era praticamente imprendibile, difesa dai migliori incantesimi, ma si era accorto che la maggior parte degli insegnanti, occupati dalle loro ricerche, non chiudevano mai quelle aule, e si preoccupavano soltanto di sigillare ermeticamente i propri alloggi dove ricercavano nuovi incantesimi. Percorse il corridoio in pietra, passando sotto un arco. La porta che cercava era proprio lì. Edwin la trovò aperta, e si meravigliò nuovamente dell’ inesistente livello di protezione, abbozzando un sorriso. In effetti si disse che un semplicissimo incantesimo di apertura delle porte avrebbe aperto qualsiasi porta chiusa e una goccia di acido avrebbe fatto saltare un lucchetto. I maghi poi non avrebbero certo sprecato ogni giorno della magia per chiuderle. Entrò nel laboratorio e accese un piccolo lume, che rischiarava il bancone. Estrasse il contenuto della saccoccia e preparò gli ingredienti che erano utili. Non sapeva in che dosi usarli, perciò fece molti tentativi. L’alba stava sorgendo quando, dopo numerose prove, ebbe un risultato insperato: nel mortaio si formò una pasta marrone biancastra, che sembrava formata da cristalli grezzi. Non aveva un bell’aspetto, ma Edwin sentì l’impulso di provarla. Il sapore era davvero amaro, ma diede l’effetto che Edwin stava cercando, anzi molto di più. La sua mente fu come se si fosse aperta istantaneamente, gli incantesimi affioravano alla mente vividi e vide la realtà in modo diverso, con colori molto più accesi e nitidi, cosa che gli piacque immediatamente. Si sentì davvero come un dio, e tutta la stanchezza del giorno e della notte svanì. Euforico ne produsse ancora e portò via con sé il mortaio; era sicuro che con quell’aiuto avrebbe superato in potere i suoi maestri. Preso dalla foga non si preoccupò di rimettere in ordine gli attrezzi che aveva usato, lasciando il bancone, di solito ordinato in modo impeccabile dagli allievi, pieno di macchie e sporcizia. Accostò la porta, pensando di averla chiusa, e corse per raggiungere i suoi alloggi. Passarono un paio di mesi. Quella pasta era davvero portentosa e fu attento a non parlare con nessuno della sua scoperta. Era un segreto che doveva rimanere tale. Nessuno l’avrebbe mai scoperto. Non si era accorto però che la stava consumando velocemente, e infatti ormai la ciotola era quasi vuota dopo un mese e mezzo. “Devo farne dell’altra” era il suo pensiero fisso dopo una settimana in cui non ne aveva più assunta. In quei giorni si faceva sempre più aggressivo e molti si tenevano alla larga da lui, dicendo che parlava anche da solo o che si svegliava nel cuore della notte urlando, in preda a spasmi. Edwin decise che sarebbe tornato nel laboratorio a produrne ancora. Doveva per forza, non ne poteva fare a meno. Scese nuovamente nel cuore della notte e percorse in fretta il corridoio che lo separava dalla porta. “Devo farne dell’altra, subito!” sussurrò a mezza voce. Passò sotto all’arco di pietra che era stato abbellito da due statue dalla forma demoniaca. “Alcuni maghi hanno un senso del gusto davvero orrendo” pensò. Entrò come un uragano alla ricerca delle componenti da usare. Le mani gli tremavano per lo sforzo di velocizzare i movimenti. Gli occhi erano dilatati dall’attenzione. Utilizzò tutte le foglie che erano rimaste e questo allungò il processo di produzione. Si accorse di aver fatto realmente tardi quando un raggio di luce tagliò la stanza e illuminò il bancone. “Ecco! Finalmente!”. Edwin fissò estasiato la pasta che riempiva il mortaio. Aveva preparato alcune fiale, le riempì all’orlo e le nascose nelle pieghe delle sue vesti. Una buona metà era ancora nella ciotola di marmo. Decise che l’avrebbe tenuta ancora per sé e che avrebbe riempito altre fiale nella sua stanza. Erano le 6 di mattina quando Edwin uscì dal laboratorio correndo a perdifiato su per le scale, non vedendo l’ora di pregustare gli effetti del suo preparato, di cui ormai sentiva incontrollabilmente la mancanza. Ne aveva una tremenda necessità. Non si accorse che le due statue dell’arco in pietra lo seguirono con lo sguardo. Una delle due si staccò dal suo piedistallo e prese il volo verso i piani alti della torre. I piani degli insegnanti. Edwin era quasi giunto al suo alloggio quando, alla fine di una rampa di scale, in un corridoio laterale e deserto, quasi si scontrò con Tygell, un borioso apprendista di un anno più grande. Era molto più massiccio dei suoi compagni, cosa che gli aveva procurato il soprannome di “mago panzone”. Era uno dei bulli dell’accademia ed Edwin era uno dei suoi bersagli preferiti. Con rapidità prese per la veste Edwin. “Toh! Guarda chi c’è a quest’ora del mattino! Edwin lo strambo…dove vai tutto solo?! Non sai che è pericoloso gironzolare per la torre?! Stavi andando come una signorina a dipingere l’alba?!” gli disse con un sorriso malizioso Tygell. “Lasciami andare, panzone!” gli urlò senza pensarci Edwin. Brutto errore. Tygell odiava quel soprannome. Due pugni arrivarono nello stomaco di Edwin che gli mozzarono il fiato e lo costrinsero a piegarsi. Nel farlo gli scivolò il mortaio dalle mani e cadde ai suoi piedi con un tonfo. “E questo cos’è, piccolo ladruncolo?” Chiese Tygell. “Adesso ti metti a preparare la colazioncina come una brava cuoca? E ha un odore disgustoso…sarà meglio buttarla, ma prima assaggiamola…” disse con ingordigia. Edwin era furioso e senza controllo. “Quel grassone non deve toccare la mia pozione o addio segreto!” disse una voce nella sua testa. Tygell intinse il suo dito grassoccio e prelevò una generosa dose della sostanza, per poi buttare a terra il mortaio. Stava per aprire la bocca quando sentì un grido pieno di furore. “NOOO!” urlò Edwin stralunato e dalle sue mani giunte partì un ventaglio dai colori dell’arcobaleno..Edwin sentì che il suo incantesimo era come se fosse più potente, e provò eccitazione. Tygell urlò dalla sorpresa e cadde a terra, senza un suono e con gli occhi annebbiati. Edwin, che ormai non era quasi più cosciente, con uno scatto prese da terra il mortaio e lo fracassò sulla tempia di Tygell, uccidendolo sul colpo. Il rosso acceso del sangue zampillò sulle sue vesti. Non si rese contò di quello che aveva fatto e pensando di averlo solo stordito, cercò di metterlo in un angolo. Edwin cercò di sollevarlo da terra, ma era troppo pesante. Per questo nella sua mente resa folle, cercò di far passare l’assassinio come un incidente. Fece rotolare il corpo sui gradini della scala in pietra e creò dell’unto sotto le scarpe e sui primi gradini della scala, così da simulare uno scherzo di un qualche apprendista sciocco, in tragedia. Poi si rinchiuse nel suo alloggio. Non si accorse che dietrò di sé lasciò delle macchie di sangue, che indicavano la via da seguire. Quasi senza fiato, masticò avidamente la pasta dal mortaio e gli effetti e la felicità nel volto di Edwin tornarono improvvisi. Ma quella felicità non durò a lungo. Dopo neanche un’ora tutti i maghi e gli apprendisti della torre erano in agitazione. Il corpo di un giovane mago era stato ritrovato senza vita in fondo alle scale. Quando si rese conto di quello che aveva fatto Edwin dapprima si paralizzò con lo sguardo perso, poi tentò la fuga, portandosi dietro lo stretto necessario. Ma era troppo tardi. Mentre stava chiudendo lo zaino, la sua porta venne aperta improvvisamente e un alto mago dal viso imperioso entrò. Dietro di lui, la figura demoniaca in pietra lo indicò e annuì al suo padrone, poi volò via. Edwin cominciò a tremare, si mise le mani in faccia per la vergogna e iniziò a piangere. Il mago che stava già preparando un incantesimo di verità, si interruppe immediatamente, ben conscio che non ce ne era bisogno. Edwin si ricorda tutt’ora le parole che gli disse il suo maestro: “Ragazzo, come hai potuto fare una cosa simile? Pensavi davvero di ingannare chi ha molti più anni e potere di te? Sei uno stolto! Il solo fatto di essere entrato senza permesso nel laboratorio nella notte, equivarebbe all’allontanamento dall’accademia. Ma dopo quello che hai fatto sarai bandito da questa torre e non potrai mai più farvi ritorno!”. Il mago non disse mai chi fu il vero colpevole, se non ai maghi più potenti, suoi pari. La torre non aveva bisogno di una pubblicità infamante, ma essere sempre un faro di conoscenza per Waterdeep. Edwin si ritrovò così per strada. Non tornò mai a casa, forse per vergogna, ma forse perché sapeva che non lo avrebbero mai più accettato. L’ultima sua ipotesi era quella giusta: sua madre, appena ricevuta una lettera dalla Torre, bruciò la sua vecchia stanza ed eliminò il suo nome dai ricordi e dalla genealogia. La casata Thran non sarebbe stata ulteriormente macchiata. Così Edwin fu dimenticato a Waterdeep ed egli non utilizzò mai più il suo cognome. Prese a chiamarsi Edwin “lo strambo”, così da ricordarsi cosa aveva fatto, e si tagliò i capelli. Prese a vagabondare per alcuni settimane, distrutto quasi ormai totalmente dalla sua stessa pozione, di cui non poteva fare più a meno. Viaggiando con una carovana arrivò a Baldur’s Gate in un paio di mesi, pagandosi le spese con un lavoro improvvisato di scriba per le missive. In quella grande città, il suo corpo e la sua mente cedettero definitivamente. Era da troppo tempo infatti che non assumeva più la sua droga. Il suo corpo fu scosso da tremiti sempre più violenti, mentre la sua mente era in preda a psicosi e a paranoie. La sua vita si stava per spegnere in uno dei tanti vicoli di Baldur’s Gate e l’ultima cosa che vide furono dei nastri rossi che dondolavano davanti ai suoi occhi, poi tutto si fece nero. Sentì il suo corpo sollevarsi e pensò che la sua anima si fosse innalzata in cielo. Gli parve di udire la voce di un angelo che diceva: “Presto, portate questo fratello sofferente al tempio!”. Poi, più nulla. Si risvegliò una mattina, su di un giaciglio di paglia e foglie. La prima cosa che vide fu il sorriso di una donna che gli cambiava le bende sulla fronte. La voce era così lontana…gli disse che aveva dormito 5 giorni senza svegliarsi e che era stato molto fortunato. Nei giorni seguenti si riprese quasi del tutto e dopo una settimana era di nuovo in piedi. Il chierico che gli salvò la vita in quel vicolo disse che il suo corpo era contaminato da un veleno insidioso, una droga potente, che fu difficile da estirpare. Edwin pagò le cure, stando al servizio del tempio, offrendo i suoi servigi come scrittore di missive e lettore. Nella biblioteca del tempio riscoprì la sua passione per la conoscenza e si avvicinò al credo di Oghma, anche se definirlo un suo fervente seguace è sicuramente eccessivo. Un anno dopo decise di andarsene. II suoi viaggi non avevano una meta, e i suoi piedi lo portavano ovunque c’era qualcosa di nuovo da conoscere. Viaggiò per anni, da solo o in compagnia in diverse città della Costa della Spada, coltivando gli studi arcani e riscoprendo il suo amore per la pittura. Dapprima gli risultò difficile, per via dei tremori alle mani, una conseguenza dall’abuso di droga, e gettò diverse volte la spugna. Ma superò anche questo limite e tornò a dipingere con lo stesso talento di quando era ragazzino. Iniziò inoltre una fitta corrispondenza, che continua tuttora, con una corporazione di maghi, gli iniziati dei sette veli, una società indipendente e poco conosciuta che come lui condivide la passione per la magia legata ai colori e per la conoscenza. Ora Edwin, è un uomo di 35 anni. Alcuni lo definirebbero un personaggio un po’ eclettico o pazzo: vestito in modo colorato, con gli occhi di colore diverso, con una tela per quadri legata allo zaino, che fuma nei momenti di riposo oppio e che parla spesso da solo (un’altra traccia lasciata dalla droga) o sghignazza con il suo gufo Anacleto, il suo famiglio, l’amico più fidato, trovato in un bosco. Forse un po’ matto lo è davvero. Quando a Edwin chiedono della propria vita, egli risponde enigmaticamente: “La mia vita doveva essere in bianco o in nero, ma a me piacciono i colori…” Lui, d’altronde, è Edwin “lo strambo”. La passione per la conoscenza e per la magia ha portato Edwin a viaggiare tantissimo e la sua ultima meta è stata il tempio di Cadderly, ”Fremente Mistero”, per osservarne la bellezza della costruzione e dei colori. Dopo pochi giorni, in cui ha potuto anche ampliare le sue conoscenze grazie ai testi raccolti dal chierico di Deneir, è ripartito. Suo compagno di viaggio in queste terre pericolose e abitate da orchi e altri mostri, è un mezzorco imponente dalla forza spaventosa. Edwin vede di grande utilità la sua alleanza, e per questo motivo lo paga come guardia del corpo.
  9. Ricordo che nel libro delle fosche tenebre è specificato che animare non morti è un azione da considerarsi SEMPRE malvagia, anche se in realtà viene fatto con intenti opposti. "La loro creazione è uno degli atti più nefandi nei confronti del mondo che un personaggio possa commettere. Anche se si ordina loro di compiere qualcosa di buono, i non morti seminano inevitabilmente ondate di energia negativa nel mondo, rendendolo più oscuro e malvagio" Secondo me dovresti uccidere lui e tutte le sue creature senza pensarci due volte.
  10. Mal che vada ti coalizzi a parte col giocatore che interpreta il ranger ammazza-non morti, e vedi di massacrare tutti i cadaveri ambulanti, eventualmente anche il necromante se non gli sta bene.
  11. Per me, prima di lamentarvi della onnipotenza degli incantatori, dovreste provare a far valere i limiti degli incantesimi stessi, così che magari non siano poi così infallibili... Qualche esempio? Scrutare: funziona solo per vedere cosa succede intorno ad una particolare creatura, ma se non si ha modo di conoscere tale creatura o se non si ha modo di controllare dove va, l'incantesimo serve a poco... Se poi lo si vuole usare per vedere un luogo in particolare invece di una creatura, allora non serve proprio a niente... Teletrasporto: l'incantatore deve conoscere il luogo di arrivo o può avere conseguenze nefaste... Anche con la versione maggiore, basta un dettaglio sbagliato nella descrizione e si finisce da qualche altra parte (corrispondente alla nuova descrizione) o non si parte per nulla (e si spreca uno slot di 7°)... Metamorfosi e compagnia: usarli per combattere, coi pf e il BAB da mago, è semplicemente un suicidio... SEMPRE... Altri usi possono essere più utili, come usare la magia per travestirsi o per esplorare senza troppi problemi, ma di certo non si "rende inutile il guerriero" con simili espedienti... Comunque, per porre un freno a questi incantesimi, basta far pesare la necessità di familiarità con la forma scelta... E non dimentichiamo della necessità di TS, TxC, linee di effetto e visuale, eccetera... Una buona percentuale degli incantesimi lanciati da un qualsiasi incantatore semplicemente non funzionano o hanno effetti ridotti oppure hanno controindicazioni anche per lui e il suo gruppo...
  12. Quando gli incantatori si fermano il gruppo si ferma? Ah già che scemo, l'intero multiuniverso gira attorno alla disponibilità giornaliera degli slot del mago... Forse sfugge ai più, ma il corso degli eventi lo decide il DM, per cui se il mago finisce gli incantesimi (o ha ancora pronti incantesimi che però non gli servono, vedi Unto contro un avversario che vola) tutta la sua immensa onnipotenza finisce nei sui 1d4 pf e bab basso. Non solo dire che il guerriero può fare migliaia di danni in tutta la giornata ha senso, ma anzi è il fattore determinante: tutti sono vulnerabili ad una spadata in testa (chi più, chi meno), gli incantesimi sono meno versatili e hanno più possibilità di fallire (tiri per colpire, tiri salvezza, resistenza all'energia, RI, ecc) il che, in un gioco basato sui dadi, è ciò che fa la differenza. Per cui no Drimos, il gruppo non si ferma quando il caster si ferma, il gruppo si ferma (pensa te che roba) quando IL GRUPPO SI FERMA. Se devi fermarti 8 ore ogni volta che il chierico ha finito le cure delle due l'una: 1: il tuo DM ti sta lanciando contro di tutto 2: avete gestito le risorse giornaliere con il fondoschiena (*coff coff slot al giorno coff*) Cioè seriamente, l'intero gruppo va avanti solo in virtù delle spell del mago? Li il problema non sta mica nello sbilanciamento delle classi. Ah e non citarmi i talenti Reserve, in primis perchè continuano a non ovviare il problema che far scattare una trappola con un mostriciattolo non è sinonimo di disattivarla, secondo non deragliamo dal manuale base perchè altrimenti il discorso deraglia dal fondamentale (se un guerriero ha accesso ad altri manuali può saltare fuori il classico mostro uber buildato, ma quello sappiamo benissimo essere un altro discorso, stiamo parlando di classi base). E thondar, ossignore da dove comincio... Dici che D&D è un GdR dove tramite le tue azioni decidi la storia che andrai a vivere. Spiegami come questo c'entri con la definizione di "competitivo", "sbilanciato" e "bilanciato". Ah, e il "clown del gruppo" ha perfino una classe base per essere interpretato: il bardo. Se poi il tuo guerriero è un passo indietro rispetto al chierico del gruppo che deve spendere 2-3 round a buffarsi e la sua miticità finisce un round a livello dopo beh...ancora una volta mi vedo costretto a far notare che l'esempio ha preso in considerazione l'ennesimo inutile guerriero bot senza talenti ne cervello. Poi, "può fare qualche ricerca per vedere cosa aspettarsi e prepararsi di conseguenza". Certo, dando una botta in testa al DM e sbirciando la prossima avventura. E comunque vale la mia domanda di prima (che stava sull'altro topic ma vabbè), mostrami una build di un mago di 10° che ha a sufficenza slot e incantesimi preparati per far finire i pf di un guerriero...e poi non rimanere sostanzialmente nudo. Ti prego poi, non citarmi Metamorfosi, se fatto sul picchiatore del gruppo ha un senso, ma ce lo vedo proprio male il mago a trasformarsi in un idra e lanciarsi in mischia...con i suoi grassi 40 pf. So benissimo che può lasciare gli slot vuoti e riempirli in seguito, ma 15 minuti di studio (per ogni incantesimo) sono un ETERNITA', oltre che non attuabili in combattimento (infatti ci sono talenti apposta). Continuiamo. Dici che non avere soluzione per OGNI situazione non è un problema quando ne hai comunque parecchie. Vero, ma a parte il fatto che il caster tra le sue limitazioni (incantesimi al giorno, incantesimi conosciuti, componenti materiali costose, doversi preparare prima gli incantesimi, e così via) non ne ha comunque "parecchie", questo lo mette in pari con tutti i non caster: ha alcune soluzioni per alcuni problemi. Ergo, è equilibrato così. Infine, il concetto dell'infallibilità. Tu stesso dici che il caster non è infallibile (e vorrei ben vedere), ergo perchè dovrebbe essere migliore di un non caster? Perchè scrutare dovrebbe essere meglio dello spionaggio tradizionale dal momento che non funziona al 100%? Perchè funziona a distanza maggiore? E poi ripeto, consuma pure lui il suo bello slot, ergo la disponibilità giornaliera cala. Un ladro si nasconde, spia, e subito dopo può anche attaccare. Non c'è bisogno di essere un genio per capire quale dei due sia più versatile, tra quello che può farlo bene poche volte al giorno e quello che può farlo in maniera mediocre tutte le volte che vuole. Il senso di questo gioco sarebbe poi che non c'è un modo giusto e uno sbagliato per fare le cose, e tra le varie classi/talenti/altro ognuno si sceglie il suo stile per portare a termine questa o quest'altra cosa. Preferisci disarmare le trappole con il tuo ingegno? Il ladro è la classe che fa per te! Vuoi che qualche popolano idiota ci cammini sopra al posto tuo? Bardo, Raggirare, et voilà! Vuoi camminarci sopra, farle scattare e poi usare le ferite come pretesto per incazzarti e randellare il bardo del gruppo? Barbaro (e magari berserker furioso) e divertiti! Visto? In D&D non c'è un modo giusto o uno sbagliato per superare gli ostacoli, ci sono solo diversi modi. Chi preferisce con la magia, chi senza, son solo scelte. E non conta neanche chi lo fa meglio, ecco perchè D&D non è un gioco competitivo, ergo il bilanciamento non sussiste. Poi ripeto, se devi metterti a frignare perchè giochi un guerriero e il chierico del gruppo ha preparato incantesimi per fare più danni di te, allora probabilmente hai sbagliato gioco. E per riallacciarci al discorso di Drimos, se un chierico fa una cosa del genere il gruppo si ritrova senza cure, e dopo quel combattimento senza neanche un chierico "efficace". E cosa fai a quel punto? Punti il dito contro l'avversario e gli urli "m*nchi@ tra 8 ore di sonno vedi cosa non ti faccio!" e poi ti metti a dormire? D'altronde pensaci, se gli incantatori sono meglio degli incantatori per via dei loro incantesimi, che hanno uso limitato al giorno, allora anche il barbaro è sbilanciato: mena più di un guerriero con l'ira. Ma mica gli dura 24h, e il +4 alla forza si traduce come un +3 ai danni. Un guerriero si piglia arma specializzata e aggiunge 2 SEMPRE, e siamo di nuovo da capo al concetto "farlo bene poche volte al giorno, o farlo in maniera mediocre tutte le volte che voglio". Se i caster avessero l'opzione "farlo bene tutte le volte che voglio" allora sarei daccordo con voi, ma sappiamo bene che non è così, e insisto se il gruppo si ferma 8 ore ogni fine slot del mago c'è un evidente problema. Ma non sta nelle classi. Infine concludo dicendo che un druido che evoca un alleato naturale per farsi aiutare in combattimento (dove l'animale comunque ha una possibilità) è bene diverso da uno che li evoca per mandarli a morire sopra le ipotetiche trappole al posto suo. 'azzo che dedizione alla natura, come un paladino che usa come scudo umano un popolano contro l'esplosione di una palla di fuoco: tanto sarebbe morto comunque no?
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