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Lilac Hollow – Stagione 1: I Figli della Prima Notte

Risposte in primo piano

Scarlett Bloomblight

A casa, appena sveglia

Nel momento in cui riapro gli occhi grazie al suono della sveglia mi accorgo che Tanaka ieri sera non mi ha risposto, e che mi sono addormentata prima di poter uscire per cercarlo di nuovo. "TANAKA!" Grido praticamente senza accorgermene, mentre mi alzo in piedi di scatto ribaltando la sedia.

Ma che...

Non sento più dolore: la testa non pulsa, i polsi e le caviglie non bruciano al contatto con l'aria. Sto... bene? Mi guardo le mani, le braccia, le gambe e i piedi, incredula di quello che vedo e di come mi sento: oltre i dolori mancanti mi sento in piena forza. A parte un po' i segni... beh, senza questi potrei dire che mi sono immaginata tutto, ma... Ripercorrere gli avvenimenti di ieri pomeriggio mi fa pensare in primis al sesso con Tanaka, anche se ogni possibile forma di "pensiero impuro" muore quando ricordo cosa è accaduto dopo. In un qualche modo il mio corpo sembra ricordarselo più di me, perché l'immagine di quella creatura è vivida se ci penso, e mi fa tremare per la paura.

Osservo lo schifo sulla tavola: tutti i rimasugli della mia cena all'abbuffo di ieri sera, il vasetto di maionese ancora aperto, zucchero un po' ovunque, e soprattutto il ghiaccio che si è sciolto ha bagnato più o meno tutto, formando anche una bella pozza a terra. Dio che schifo...

Complici le nuove energie do una ripulita, asciugando l'acqua e buttando via tutti i rimasugli. Non avrò la colazione ma almeno posso farmi un caffè dopo... Quando la cucina sembra di nuovo presentabile salgo in camera per andare in bagno. "Mi serve una doccia, perché comunque faccio schifo." Dico in riferimento ai vestiti sporchi.

Arrivo in bagno e praticamente lancio tutto per aria, quasi gettandomi sotto la doccia per la voglia che ho di pulirmi; l'acqua è calda bollente, piacevole come lo è sempre stata. Mi insapono per bene strofinando accuratamente ogni punto, mentre mi godo quel tepore che quasi come un abbraccio mi tiene distaccata dal mondo, in un momento in cui forse ne ho davvero bisogno.

Al solito esco, metto l'accappatoio e mi lego un asciugamano attorno ai capelli, andando al lavandino per lavarmi i denti. Ma non appena incrocio il mio riflesso nello specchio vedo subito un'anomalia: alla base del collo c'è quello che sembra un tatuaggio o un marchio, decisamente simile a quello che Darius aveva ieri, nella stessa posizione. Le mie dita ci passano sopra istintivamente, avanti e indietro, tastando, cercando di cancellarlo oppure di capire cosa sia davvero.

"Ma che?! Merd@..." Realizzo che qualsiasi cosa sia e in qualsiasi modo sia apparso sembra essere vero. "No, mi serve qualcosa da fumare!" Esclamo prima che altri pensieri possano prendere il sopravvento; devo calmarmi. Ho il carico di erba che ho comprato ieri da Orion, quindi lo recupero dallo zaino e mi siedo alla scrivania ancora in accappatoio, rollo una canna caricandola particolarmente di erba e poi l'accendo, dando alcune piccole boccate per far prendere bene e poi mi godo un lungo tiro, trattenendo il fumo in bocca e in gola prima di lasciarlo passare ai polmoni e poi espirare. Il calore del fumo è quasi vivo e le braci sulla punta della canna sembrano quasi danzare mentre riesco finalmente a distendere i nervi per la prima volta da ieri sera, non tanto per l'erba quanto per una situazione più familiare, più tipica, un'abitudine che mi aiuta a rilassarmi e a stare meglio.

Mentre continuo a fumare mi cade l'occhio sul piccolo bauletto dove tengo i gioielli più preziosi di mio padre. Di solito anche questo aiuta a rilassarmi... E così lo apro, tirando fuori il contenuto assieme ai prodotti per lucidarli e prendermene cura e, fra un tiro e l'altro, cerco il contatto con mio padre, il suo abbraccio caldo in un momento in cui mi servirebbe averlo al mio fianco.

@Loki86 offgame

Vorrei Guardare nell'Abisso e le priorità di Scarlett sono queste, in ordine:

  1. Scoprire cos'è successo a Tanaka e dov'è lui adesso

  2. Capire cos'è successo ieri sera nel bosco con la creatura

  3. Capire cos'è questo tatuaggio/marchio

Ho tirato e ho fatto (3+6)+1 = 10 quindi tecnicamente l'Abisso mi mostra visione chiare e ho 1 Prossimo per affrontarle. Decidi pure tu a quale delle domande rispondere o se rispondere a tutte o se rispondere poco a tutte e tre, in modo da non rivelare proprio tutto e lasciare più mistero sulla questione.

Dopo questo Scarlett si preparerà, berrà un altro caffè fatto col caffè e poi andrà a scuola (quindi se dopo la risposta vuoi già portare la narrazione alla prima ora di lezione per me non c'è problema); se non ha scoperto niente di Tanaka lo chiamerà di nuovo.

Gli obiettivi della giornata sono questi:

  • Scoprire cosa è successo a Tanaka (e se è a scuola vederlo per sapere come sta)

  • Farsi vedere dalla signorina Morris giusto per tenere fede alla promessa con Nathan

  • Andare a parlare con Valentine Lane siccome la sua pista per sputt@nare Jeremy Smith (Wade) è fallita il giorno precedente

  • (Non ho idea se cercare un contatto con Emily sia in priorità al momento, Scarlett è piuttosto confusa anche se i suoi sentimenti sono ancora lì)

  • (Farsi una sorta di esame interno per capire cosa sia quella voce che sente da due giorni nella testa e quelle emozioni forti fuori da lei che prova. Questa è l'ultima perché è più una cosa inconscia, nel senso che è un mio obiettivo come player ma Scarlett ne è inconsapevole, quindi a meno che la narrazione non spinga su certe cose dubito accadrà)

Non so dirti se sia poca roba oppure troppa, ma comunque non è ovviamente necessario fare tutto oggi, dipende da dove porta la narrazione.

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Immagini pubblicate

Nathan Clark

E fu mattina

Mi sembra di stare affondando nel letto, le lenzuola, appena profumate, che pungono con le loro pieghe ruvide nei punti in cui non sono madide di sudore.

Sento ancora male e vorrei ritornare alľabbraccio del sonno, ma mi obbligo ad alzarmi in piedi e scivolare fuori dalla stanza.

La doccia di ieri sera è solo un ricordo, ormai, e mi serve una scossa per ottenebrare il dolore, nascondere ľindolenzimento e affogare il ricordo.

Il ricordo dell'orrore e il ricordo del sogno.

Sento un brivido gelido e lo scaglio nella pioggia bollente della doccia, poi striglio le sensazioni nella sensazione soffice del telo.

Scendo le scale, cercando di percepire segni o suoni dalla camera dei miei genitori. Nulla.

Mangio senza gusto, la solita colazione di ogni giorno, oggi adombrata dai miei ricordi e dai miei pensieri.

La Presenza nel Bosco diventa la mia Sidhe indimenticata, che però si confonde con Scarlett, Noah, Cory, Alice, Kathlyn...

Chiudo gli occhi. Respiro. Mi alzo in piedi.

Lascio un biglietto a mamma. Lo faccio senza tanto pensarci, o nemmeno capire il perché. Ma il perché, in fondo, lo so. Ieri, per la prima volta da almeno due anni, ha provato davvero a capirmi e, persino, ad accettarmi. Si è preoccupata con sincerità per me e non di me.

Ha superato le sue abitudini e ostinazioni per essere al mio fianco, nonostante la sua stessa angoscia. Nonostante fosse realmente spaventata.

Il biglietto dice solo "grazie, mamma", ma è qualcosa che non dicevi con convinzione da parecchio tempo.

Faccio un altro respiro profondo. Esco.

Non ho la forza per guardare il cellulare. In parte, spero che nessuno abbia visto il mio post o che nessuno l'abbia compreso. E in parte spero l'esatto contrario.

Tempo di andare a scuola.

Scarlett avrà davvero vista quella creatura?

Azioni e intenzioni

Nathan non ha le idee molto chiare.

Vorrebbe sopravvivere, certo. Magari.

E poi non vorrebbe casini. Impossibile, è ovvio.

Vorrebberi chiarire la propria situazione sentimentale.

E magari parlare o almeno chattare con Noah.

E di certo vorrebbe comprendere cos'è che minaccia il Bosco, anche se è ancora spaventato.

Forse dovrebbe pure indagare con Scarlett e Darius, ma ha delle resistenze.

Modificato da Ghal Maraz

Ana Rivero

Hallow Mall e risveglio

Ancora con Darius @Voignar

Il rumore mi attraversa come un colpo di frusta. Crack. Per un istante non capisco se l’ho immaginato io o se l’ha sentito anche Darius. La voce mi muore in gola e mi blocco, con il braccio ancora mezzo sollevato. Sento Darius che mi guarda, lo percepisco più che vederlo. Io invece guardo il mio braccio come se non fosse il mio. "…io…" balbetto, e le parole mi escono sbagliate. Non ho il controllo. La pelle non brucia. Non sento niente, niente come uno schiaffo o una botta. È… diverso. È come se il mio corpo fosse ceduto, letteralmente. Deglutisco, sgranando gli occhi mentre sfioro piano la manica, la stoffa che non dovrebbe avere niente di strano sotto.

Devo dire qualcosa. Qualsiasi cosa. Qualcosa di normale. Qualcosa che spieghi perché sto diventando improvvisamente bianca come un cencio bagnato.

"Scusa, io… credo che mi abbiano chiamata da casa. Sì, cioè… mi hanno scritto adesso." Non guardo nemmeno il telefono. Se lo guardassi, crollerei. "Devo… devo proprio andare. Subito." Non gli do il tempo di fare domande. Non gli do il tempo di fare niente.
Mi volto e praticamente scappo fuori dal locale, con un’ultima occhiata di quel barista che probabilmente pensa solo che siamo tutti matti.

Il tragitto fino a casa non lo ricordo. Ricordo il battito delle scarpe sul marciapiede e il braccio che pulsa, e la paura che mi morde tra le costole. Anche tutte queste sensazioni sono false? Appena entro, saluto i miei genitori con un mezzo sorriso tirato, qualcosa tipo: "Tutto bene! Serata tranquilla!". Di corsa, senza spazio per risposte. Non mi ascoltano davvero, o non fanno in tempo, o forse semplicemente non si accorgono che sto tremando.

Mi chiudo in camera quasi di corsa. La serratura scatta, e finalmente posso respirare più forte, lasciarmi andare contro il letto. Tolgo la manica. La crepa è ancora lì. La pelle spaccata come ceramica. Mi viene da vomitare, ma anche quella sensazione non esiste davvero.

Non so cosa fare, quindi faccio la cosa più stupida e istintiva del mondo: ci metto sopra un cerottone. Uno enorme, di quelli che dovrebbero andare sulle ginocchia sbucciate dei bambini. Non serve a niente. Lo so. Ma lo faccio lo stesso.
E mentre lo premo contro la pelle, mi ripeto che domani sarà tutto normale.

La sera scivola via così, in una nebbia confusa. Rispondo ai miei genitori senza ascoltare, rido quando ridono loro, annuisco quando parlano. Nessuno nota niente. O fanno finta. E poi finalmente, il letto.

Mi addormento tesa, con il braccio rigido, attaccato stretto al corpo. Quando mi sveglio, la prima cosa che faccio è portarmi la mano al cerottone. Le dita tremano. Lo premo piano. Spero. Spero con una stupidità disperata che una notte sia bastata a rimettere insieme i miei cocci.

Darius

Baretto-casa-scuola

Osservo Ana scappare, letteralmente; non ho idea di cosa sia successo davvero, ma c’è stata una “crepa”

Non so bene di cosa, non so bene dove, e non so bene in che modo, ma qualcosa di è incrinato; non rotto, non spezzato, non infranto in mille pezzi, ma solo crepato, come se la mia magia, un rimpallo, una qualche reazione strana, fosse stata un sasso lanciato con poca forza contro qualcosa. So di non averla rotta, quella cosa, ma di sicuro c’è un qualche tipo di graffio

Questo mi da davvero pochi indizi, e certo la fuga della mia “complice” non aiuta molto; non sono nemmeno sicuro se sia Ana stessa ad essersi crepata, una ipotesi stupida, una persona in carne e ossa non può avere crepe come un vaso, oppure un qualche strato di magia che la avvolge, cosa che avrebbe molto più senso

Una volta a casa, vista l’esperienza della volta scorsa, non tento nemmeno di condividere i miei problemi con mia madre o mio zio; se la strana creatura non voleva farsi descrivere, di certo non vorrà che gli descriva dell’aggressione e del patto

Sai… sarebbe tutto molto più semplice se mi spiegassi qualcosa: cosa è l’Alba? Cosa vuoi fare con queste persone? Non credo questa entità risponderà, ma tentar non nuoce

Al riparo della mia camera, prendo la mia solita risma di carta da incantesimo, e traccio due semplici rune, “sì” e “no”, metto una matita al centro, la punta rivolta verso l’alto, e faccio la domanda Ana è del tutto umana?

Diciamo che avere una mezza conferma non farebbe male

Master

Tiro per guardare nell’Abisso: 5+2: 7

La mattina successiva, mi dirigo a scuola il più in fretta possibile, cercando di evitare parenti o altri incontri strani; decisamente ho bisogno di parlare con Ana, non fosse altro che perché è l’unica che mi crederà di sicuro dopo quello che è successo ieri

Ma la priorità è parlare con Ben; non so cosa abbia sentito, non so cosa abbia visto, ma il trovare un dado mi fa pensare subito che lui potesse essere nel corridoio, anche se non ho idea del perché

Orion Kykero

Il risveglio mattutino

La notte passa agitata, in preda agli incubi. O forse sono messaggi. Tutto quello che so è che quando mi sveglio mi sento ancora stanco, ma la sveglia sul mio cellulare continua a trillare impietosa.

Si prospetta una pessima giornata.

Vado al bagno per prepararmi, e oggi decido di andare per un look decisamente più leggero. Niente barba, capelli ordinati, camicia bianca. Il perfetto look da bravo ragazzo. Mi manca solo una vecchietta da aiutare ad attraversare la strada. Cavalco con abilità la linea tra il formale e il casual, in modo da non essere troppo eccessivo per la scuola, ma comunque appropriato se la sacerdotessa di Chicago dovesse arrivare prima di darmi il tempo di cambiarmi. Non voglio dare nè a lei nè a mia madre motivi per attaccarmi sul mio aspetto.

Non in aggiunta a quello più ovvio almeno.

Faccio rapidamente colazione, salutando Consuela e le mie sorelle, per poi accendere finalmente il cellulare. La prima cosa che noto su Blabber è ovviamente la foto di Nathan insanguinato, e la mia mente scaccia via tutta la stanchezza, iniziando ad andare a 100 all' ora.

Nathan è stato aggredito. Al 99% è stato Cory. Il che vuol dire che Tyler non lo ha saputo tenere sotto controllo. Quindi la sua reputazione prenderà un colpo, il che avrà ricadute anche sulla sua nuova fidanzata, Juno. E questo non posso permetterlo. E' il momento di fare il fratello maggiore. Dopo tutto il supporto che Juno mi ha dato le devo questo ed altro.

Le mie dita si muovono rapide sulla tastiera per lasciare un messaggio si supporto, col mio profilo, visibile a tutti. Poi, in macchina chiedo subito a Juno. "Ehi, hai visto quello che è successo a Nathan? Pare lo abbiano picchiato in 4 contro 1. Che codardi...

Master

Allora, i miei obiettivi nella giornata scolastica due

-Parlare con Tyler e convincerlo a tenere fede alla sua promessa di cacciare Cory. Orion vuole effettivamente supportarlo, visto che adesso Juno tiene a lui, anche se lo mangerà dentro.

-Usare questa situazione anche per farsi bello agli occhi di Alice. In un certo senso sta aiutando Nathan in questo modo e mostrando il suo lato migliore, quindi è anche un po' un modo di farsi perdonare.

  • Autore

@TheBaddus

Scarlett Bloomblight - guardando nell’abisso

Il fumo caldo ti scivola giù per la gola con quella familiarità quasi intima che ti accompagna da anni. È un sollievo momentaneo, un abbraccio caldo che però fatica a contenere l’onda lunga delle emozioni violente della sera prima.
Ti immergi nel tuo rituale.
Il rituale.

Afferri il bauletto con i ricordi di tuo padre e, uno alla volta, inizi a lucidare i suoi oggetti con quella cura quasi maniacale che ti ha sempre aiutata a rimettere ordine nel caos. Ogni gesto è preciso, ripetuto, meditato. La mente si svuota, il mondo si allontana, il tempo perde il suo significato.

Soffi un’ultima volta il fumo, che questa volta non si dissolve nell’aria come al solito. Rimane. Si addensa. Si ispessisce in una nebbia lattiginosa che ti sale intorno alle braccia, poi al volto, poi all’intera stanza, finché tutto scompare.

Quando finalmente sollevi lo sguardo, sei altrove. Non sei più nella camera della ragazzina… ti senti… Smarrita. Spaesata.

La nebbia si dirada quel tanto che basta per rivelare la foresta. È notte. Il crepuscolo è già morto, le ombre sono dense, innaturali. Un movimento.

La creatura. Alta, sproporzionata, con il teschio di cervo come maschera rituale. E qualcosa — qualcuno — sulle spalle, come un peso inerte.
Osservi meglio. Tanaka. Un rivolo di sangue gli scende dalla tempia, lento, ostinato. Le sue labbra emettono piccoli sbuffi di aria condensata: respira.
Respira.

“Lascia stare il mio Tesoro! È mio!”
Lo pensi. Eppure lo senti come un tuono nella tua stessa mente, una voce che non riconosci come tua e che pure sei tu.

Provi ad avanzare verso di loro: protendi le braccia, o quello che credi siano braccia, ma ciò che si spalanca davanti ai tuoi occhi sono… ali.
Enormi, membrane di pelle rossastra tese su dita ossee e artigli affilati.

Un ringhio di confusione ti attraversa la gola — o forse era un pensiero; non sai più che forma abbia la tua voce, qui.

Qualcosa ti trattiene. Una presa alla caviglia. Istintivamente abbassi lo sguardo. E ti vedi.
Tu — la ragazzina — stesa a terra, legata, priva di sensi. Incapace di muoverti, di intervenire.

Solleva di nuovo gli occhi giusto in tempo per vedere la creatura scendere oltre l’arco di pietra diroccato, giù per la lunga scalinata che affonda nelle profondità della terra… portando via Tanaka come un’offerta.

La nebbia sboccia di nuovo intorno a te, inghiotte scena, bosco, creatura, te stessa.

Poi due fessure emergono dall’oscurità. Minuscole. Poi più ampie.
Fino a rivelarsi per ciò che sono: due pozzi neri che danno sul nulla… due occhi antichi che ti guardano.. uno sguardo che farebbe impallidire persino quello più truce di Zarneth.

“Finalmente…”

La voce non arriva alle orecchie. È dentro di te… È ovunque.

“Vieni a me, ragazza drago.”

Un bruciore improvviso ti infastidisce la base del collo. Il simbolo. Qualcosa vibra sotto la pelle, come se rispondesse a un richiamo.

E poi — tutto svanisce.

Ti ritrovi nella tua camera. Seduta.I gioielli di tuo padre sparsi sul letto.
Il respiro corto. Una mano che sfiora istintivamente il simbolo inciso alla base del collo. È ancora un’eco di quella voce che ti rimbomba nella mente “Trova lo stregone inetto…”

La stanza è immobile, reale. La sveglia sul comodino segna le 8:17.

Sei in terribile, devastante ritardo.

@Ghal Maraz

Nathan Clark - fuori da scuola

Ti muovi per casa come un’ombra, attento a non far scricchiolare nemmeno un gradino. Non vuoi affrontare un altro interrogatorio, né guardare negli occhi tua madre dopo la serata di ieri.
Meglio così: un biglietto lasciato sul tavolo, parole brevi, pulite, che non richiedono spiegazioni.
Apri la porta e ti infili nel freddo del mattino.

L’aria è tagliente, ti morde attraverso il cappotto e ti fa rabbrividire. I lividi pulsano — un dolore sordo, persistente — ma almeno riesci a camminare senza sembrare un ferito di guerra. Ogni tanto ti tasti il costato, più per istinto che per reale bisogno. Ci sei ancora tutto, più o meno.

A metà del percorso hai già tirato fuori il telefono tre volte.
Il dito sfiora il tasto di accensione, poi si ferma. Una parte di te brucia di curiosità: Hanno commentato? Hanno capito? Ridono? Si indignano?
L’altra parte, quella più onesta, preferisce non guardare.
In fondo — te lo ripeti quasi per convincerti — non ti frega davvero del loro giudizio.
Rimetti il telefono in tasca. Resisti.

Quando il cancello della scuola compare davanti a te, ancora chiuso, senti un leggero nodo stringerti lo stomaco. Ci sono solo pochi studenti, infreddoliti, che aspettano l’apertura. Ti tieni in disparte, cercando di non attirare sguardi.

Poi una voce. Femminile. Bassa, incrinata.

«Oh, Nathan…» dice semplicemente il tuo nome…

Ti giri. Alice.

Il suo volto è una miscela di preoccupazione, rabbia e malinconia.
Fa un passo verso di te… si ferma, esitante, combattuta tra la delusione cocente che le hai procurato ieri e qualcosa di più profondo.
Poi l’affetto che nutre nei tuoi confronti prevale. Riprende ad avanzare.
Quando ti raggiunge, solleva una mano tremante e te la posa sulla guancia, proprio sopra uno dei lividi più scuri.

Il contatto è caldo, gentile, quasi materno nella sua tenerezza. Ti attraversa come uno strappo silenzioso.

«Che… che cosa ti hanno fatto?»
La sua voce è un sussurro, incrinato dal dolore.
Una domanda e insieme un’affermazione, come se la risposta fosse troppo facile da intuire e troppo difficile da accettare.

@SNESferatu

Ana Rivero - Appena sveglia

Ti svegli di colpo, come se qualcuno ti avesse tirata fuori a forza da un sogno pesante. Per un secondo non ti muovi, non respiri quasi. Poi la mano, da sola, va al braccio. Va al cerottone.

Lo sfiori con le dita tremanti. Premi piano. Il cuore ti schizza in gola.

E allora lo strappi via.

Il cerotto si stacca con un fruscio morbido, innocente, mentre tutto dentro di te si contrae.
E la vedi. Ancora lì. La crepa. Perfetta, netta, come una spaccatura in una statuetta di porcellana. Pulita. Senza sangue.
Un taglio che a guardarlo sembra impossibile su una persona normale.

Ti manca l’aria. Ci avevi sperato — con una stupidità quasi infantile — che la notte potesse aggiustarti, ricucire la ferita, riportarti intera.

Invece… no. Sei rotta. E non hai idea di come si ripari una “cosa” come te.

I pensieri cominciano a correre, a strattonarti da una parte e dall’altra mentre ti muovi automaticamente nella routine del mattino: apri l’armadio, ti vesti, ti lavi il viso, cerchi di sembrare normale.

Lo dico a papà?
Vado a scuola fingendo tutto?
Trovo Darius e lo costringo a rimettermi a posto?
Dopotutto è lui che ti ha “spaccata”, no? Forse potrebbe “aggiustarti”.
Forse.

Ti guardi allo specchio un istante più lungo del solito: sembri te stessa, e allo stesso tempo no.

Poi, mentre apri la porta di casa e ti lasci investire dall’aria fredda del mattino, un pensiero, semplice, ovvio, tardivo come una verità che non vuoi accettare ti avvolge.

Gustav.

Il tuo creatore. L’uomo che ti ha costruita, modellata, che conosce ogni fibra di ciò che sei. L’unico, probabilmente, che può capire cosa significhi essere… danneggiata. L’unico che potrebbe sapere come ripararti. Il cuore ti dà un sussulto. E mentre fai il primo passo nella strada gelida, la consapevolezza ti attraversa come un brivido:

Potresti aver bisogno di lui...

@Voignar

Darius Whitesand - sera e mattina

Ti chiudi in camera con l’urgenza che ti pulsa addosso. Hai bisogno di risposte… ora, non domani, non “quando avrai tempo”.
Il rituale è semplice, l’hai fatto mille volte, eppure la mano ti trema leggermente mentre tracci l’ultima linea runica.
L’inclinazione dev’essere precisa… lo sai. Lo sai, ma la smania ti divora e decidi di andare a memoria invece di sfogliare i libri.

Due simboli, la matita al centro, le parole magiche attivanti che escono dalle tue labbra come un soffio. Poi la domanda.

Le rune si illuminano di un oro fioco, come brace sotto la cenere.
La matita vibra. Si muove. Oscilla verso destra. Si avvicina alla runa del no.
Resta lì, indecisa… sospesa…

Poi impazzisce. Gira vorticosa su se stessa, come se una mano invisibile l’avesse sballottata via dal suo compito.

Ti lasci cadere indietro, frustrato. Hai sbagliato l’inclinazione, lo sai.
Hai sbagliato qualcosa. E ora non sai se fidarti di quel primo movimento verso il “no” o se considerarlo contaminato dall’errore.

Vai a dormire con quel punto interrogativo ficcato in testa… e sorprendentemente, dormi. Dormi davvero.
Una notte senza sogni, senza sussurri, senza la voce dell’essere che ti ha marchiato. Quando, cautamente, provi a “sentirlo”, non risponde.
Un silenzio totale. Inquietante. O rassicurante. Non sai deciderlo.

La mattina, ti svegli prima della sveglia.
Una colazione rapida, mentre senti tuo zio trafficare in salotto… scatole che si spostano, uno scaffale che cigola, la radio accesa a volume basso.
Non ti vede e tu non hai alcuna voglia di farti vedere. Hai altri pensieri, altre urgenze.

Fuori l’aria è tagliente. Il fiato si condensa in sbuffi bianchi mentre cammini verso scuola. Le temperature sono crollate durante la notte, e ti infili le mani nelle tasche per non sentirtele gelare.

Davanti ai cancelli c’è già un gruppetto di studenti, tutti infreddoliti, che cercano di farsi scudo dal vento chiacchierando. Dai un’occhiata veloce: niente Ana. Alta com’è, la noteresti subito.

Poi, ai margini del gruppo, vedi Ben. La sua solita postura goffa, le spalle curve, lo sguardo basso. Ti muovi verso di lui con passo deciso.

Ti nota. Le sopracciglia gli si impennano in un’espressione di sorpresa e timore.
Fa per svicolare, girandosi di scatto… e finisce per piantarsi contro un ragazzotto del quinto anno.
Libri e quaderni volano a terra in un’esplosione di fogli sparsi.

Ottimo! Così hai il tempo di raggiungerlo.

Arrivi giusto mentre lui si affretta a raccogliere tutto, borbottando scuse.
Quando alza lo sguardo verso di te trasale, poi abbozza un sorriso tremolante.

«Ehi… Darius… ehm… ciao»
balbetta, piegato a metà, le mani che si muovono freneticamente per recuperare i fogli. Puoi sentire la sua tensione... un chiaro indizio che probabilmente ci hai preso… Sa qualcosa… Probabilmente è lui che ha ascoltato la tua conversazione con Ana ieri pomeriggio.

@Theraimbownerd

Orion Kykero - prima mattinata

La sveglia continua a trillarti nelle ossa mentre ti prepari, e lo fai con una cura quasi rituale.
Camicia bianca, capelli ordinati, niente barba: il tuo travestimento da bravo ragazzo. Né troppo elegante, né troppo casual. Il giusto equilibrio per affrontare una giornata che, in un modo o nell’altro, segnerà un punto di svolta.

Scendi a fare colazione e intravedi tua madre solo di sfuggita: non si siede nemmeno, non si ferma un secondo. Sembra… sollevata. Leggera.
Sembra quasi che stia lievitando a qualche centimetro dal suolo, tanta è la sua gioia per l’arrivo della sacerdotessa di Chicago.

Vi saluta tutte e tre con un bacio rapido, un profumo di incenso e lavanda che le rimane dietro come una scia.
«Mi raccomando, presentabili oggi. È un giorno importante.»
Lo ripete con la stessa insistenza con cui respira, poi scompare nella stanza rituale, la porta che si chiude con un tonfo morbido.

Tu, Juno e Diana vi ritrovate in macchina.
Appena tiri fuori l’argomento Nathan, Juno annuisce con un mezzo sbuffo.

«Sì, ho visto… Nathan è una nullità…» commenta senza pietà «…però Cory e i suoi amici restano un branco di stolti codardi.»

Diana concorda, aggiungendo qualcosa sulla stupidità maschile in generale.
Il discorso prosegue qualche istante, ma poi, inevitabilmente, le tue sorelle lo spostano su quello che pensano sia la vostra vera priorità del giorno: l’incontro del pomeriggio.

Quando scendi dalla macchina, il freddo ti morde le guance.
Un freddo secco, improvviso, molto più pungente di quello del giorno prima.
Il fiato esce in piccole nuvole lattiginose mentre ti incammini verso i cancelli ancora chiusi.

Cammini accanto alle tue sorelle verso il cancello della scuola ancora chiuso. Ci sono già un po’ di studenti. Poi, in disparte, noti Alice. È insieme a Nathan.
Lei è vicinissima a lui, la mano che sfiora con delicatezza un livido sul suo viso.
Il gesto è intimo, protettivo, quasi innamorato.
Per un istante sei tentato di andare da lei, di capire come stia… come stiano.

Ma Juno rompe l’incanto.

«Oh… ecco Tyler! Io vado!»
La sua voce si illumina di gioia all’improvviso, come se tutto il freddo si fosse sciolto in un colpo. Ti volti. Tyler sta arrivando da solo, mani in tasca, sguardo basso, spalle rigide. Ha l’aria pensierosa.

Juno parte a passo svelto nella sua direzione.

Diana alza le spalle e sbuffa “Ahhh.. l’abbiamo persa!” Commenta, fingendo una finta voce civettuola.

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