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La nostra storia...


Kordian

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Il combattimento era terminato.

L'umano era agile ed esperto, e sembrava aveer recuperato quasi tutte le sue forze in quei giorni di riposo e permanenza nella nave.

Il combattimento, anche se simulato e controllato, era stato intenso e preciso, ma non abbastanza da affaticarli seriamente.

Era stato interrotto dal richiamo di Alathariel e di Garfuss, allarmati da qualcosa che avevano visto.

I due guerrieri si spostarono per vedere quanto stava succedendo, dopo aver velocemente riposto le lame.

La preoccupazione era palpabile nell'aria, ma la scena era comica, in verità.

Il kender aveva l'intera faccia sporca di una polvere bianca, probabilmente farina, e puntava con la sua mano minuscola il cielo blaterando senza sosta riguardo ad un qualcosa che "l'aveva fatto sbiancare", come si poteva notare.

Alathariel stava parlando con Iskra, spiegandole qualcosa che avevano visto.

Ariaston si disinteressò delle parole dell'elfa, e segui con lo sguardo la direzione indicata dal piccolo botolo.

Notò subito delle grandi nubi nere, che si avvicinavano minacciose e veloci alla nave. Sicuramente Paltron le aveva notate, già da un po', e infatti Ariaston si accorse che tutti i marinai erano già al lavoro per prepararsi alla probabile tempesta. Non se n'era accorto, prima, concentrato com'era nell'allenamento, ma anche il marinaio che era al timone si era già procurato un abbigliamento impermeabile, o quasi, per meglio sopportare il fortunale.

Ariaston oservò a fondo quelle nubi, nere e dense; c'era un qualcosa di anomalo in esse, si muovevano troppo velocemente e decise, mentre nel resto del mare regnava la pace più sovrana. Bagliori rossi si muovevano sopra di esse, strano fenomeno creato probabilmente dai fulmini e dalla tempesta furiosa che filtrava i rossi raggi solari.

Tutti si spostarono sul ponte, per capire bene che stesse succedendo.

Garfuss era stato imbavagliato da Sturmir, ma si stava già liberando per parlare di qualcosa; Iskra riferì invece che Alathariel aveva detto dell'avvistamento di quello che forse era un demone, secondo il kender. Krogh Ko'ort, circa era il suo nome. L'elfetta non ricordava bene.

Osservarono il cielo, e poi quasi tutti sorriserò tranquilli.

"Probabilmente avrete scambiato quelle grosse nubi nere per un qualcosa che volava, succede quando si sta in mare per troppo tempo e non si è abituati. La fantasia tende a volare, per crearsi svaghi e interessi, ma visto che la vostra vola già parecchio questa volta avrà strafatto", disse Paltron per tranquillizzare la bimba.

"Ora scusatemi, ma sono costretto a chiedervi di rifugiarvi sottocoperta, perchè è in arrivo un fortunale piuttosto serio e potreste farvi male a stare sul ponte, oltre che forse intralciarci nelle manovre di comando. Non dovrete preoccuparvi, ne ho visti di peggiori di temporali, e questo non darà molti problemi.

Tempo qualche ora e ci avrà sorpassato e saremo tranquilli a camminare sul ponte, come ora."

Il capitano era sicuro di quanto stava affermando, e si rassicurarono.

Solo Alathariel e Garfuss non erano convinti delle sue parole, certi di non essersi sbagliati nel vedere un qualcosa volare.

Ma era inutile insistere, e il capitano comandava su quella nave.

"Non preoccuparti piccola, se ci fosse un demone lo abbatteremmo noi con i nostri cannoni", sorrise ammiccante alla bimba e la spinse verso l'entrata delle stanze.

Ariaston rimase qualche attimo ancora ad ossevare il cielo, con la mano sul bianco pugnale e uno strano presentimento nel cuore, poi si incamminò assieme agli altri. Notò che in realtà nessuno era tranquillo come dovrebbe essere stato alle parole del capitano. Ma in realtà nessuno era abbituato alla vita di mare, e le parole dell'esperto marinaio potevano avere un fondo di verità.

Entrò per ultimo sottocoperta, e fece per richiudersi la leggera porta alle spalle, quando sentì la porta che veniva trattenuta.

Fratello Columbus stava entrando dopo di lui, e il capitano lo stava osservando da dietro, con l'aria corrucciata.

"Beh, il capitano non era d'accordo che io aspettassi sul ponte con lui, e mi ha cacciato dentro con modi un po' bruschi", rispose sorridente alla silenziosa domanda del guerriero.

Poi si fece serio, e abbassando il capo dentro al cappuccio, aggiunse "state pronti..questa tempesta sarà più seria di quello che crede l'onesto Paltron. Cadranno gocce più pesanti del normale, e il calore avrà bisogno di essere contenuto da menti e braccia esperte...non solo acqua portano quelle nubi, ma ansia e sgomento..".

Poi si infilò nella sua camera, scomparendo nelle ombre e lasciando l'elfo ad osservare il buio e stringere il pugnale.

Non capì se era più preoccupato dalle sue parole, o dai suoi occhi..il pugnale pulsava nella sua candida mano.

Poche ore dopo arrivò la bufera. La nave iniziò ad ondeggiare sempre più, in balia delle prepotenti onde, ma sembrava perfettamente controllata dai marinai della ciurma. Si sentiva la voce del capitano provenire da sopra, ma era pacata e calma, e impartiva solo pochi ordini qua e la.

Poi il vento iniziò a soffiare impetuoso tra le vele, troppo violento e deciso per poterle tenere ancora aperte, e vennero ammainate velocemente. La nave iniziò a sobbalzare incontrollata tra le onde spaventose del mare, e la voce del capitano impartiva ordini decisi urlando sopra all'infuriare della bufera; si era messo al timone, e lo controllava come poteva, mentre i marinai gestivano il resto della nave.

Poi ci fù un attimo di silenzio, e un urlo ruppe il fragore delle onde. Ma non era un urlo di fatica o spavento per un onda più pericolosa.

Qualcosa aveva sconvolto la mente del marinaio in coperta, qualcosa che costrinse il capitano ad abbandonare il timone e ad urlare ai marinai di armarsi..

sono andato avanti, altrimenti qua il balor vive troppo a lungo :twisted:

ora strike unisciti come puoi, e spero di non aver fatto casino..

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  • Amministratore

"...il calore avrà bisogno di essere contenuto da menti e braccia esperte..."

Le parole del monaco continuavano ad echeggiare nelle orecchie di Sturmir. Non bastava questa maledetta situazione, rinchiusi in una cassa di legno a mollo in una distesa senza fine d'acqua, e oltretutto con l'insopportabile compagnia del kender! Cos'era l'ultima che si era inventato, la battutaccia con la farina?

Però, il nano non era tranquillo. Non riusciva a decifrare le sue sensazioni riguardo al monaco. Di solito, riusciva a percepire con una certa chiarezza l'aura delle persone, ma quello che vedeva guardando Columbus non lo convinceva. C'era un che di... elusivo in quell'uomo, non solo nei modi e nelle parole, ma anche nel suo stesso essere... eppure, quello che diceva cadeva come una sentenza scolpita nella pietra. "Il calore avrà bisogno di essere contenuto da menti e braccia esperte", aveva detto, ma di calore Sturmir ne vedeva ben poco, in una nave in mezzo al mare e con la pioggia che si avvicinava.

Ma se Columbus avesse visto qualcosa che gli altri non vedevano? Menti e braccia esperte nel sostenere il calore. Anche se non viveva più con il suo clan da molto, molto tempo, Sturmir non aveva dimenticato il piacevole calore della forgia, il fuoco che era punto d'origine del plasmare il metallo, e le correnti di fiamma che scorrevano nel cuore della terra. E, con un pò di fortuna, sarebbe riuscito a ricordarsi di quello che aveva imparato...

Il nano scese nella stiva, senza dire una parola agli altri. Studiò un attimo la disposizione dell'ambiente, e poi scelse un punto, il più vicino possibile al centro della nave. Dalla sua borsa, estrasse un pugnale e altre componenti magiche, e si inginocchiò. Erano anni che non vedeva praticare questo tipo di magia, ma raggiunse uno stato di concentrazione profonda, che rispedì la sua mente alla sua infanzia, quando i chierici del clan benedicevano le fucine con un complesso disegno runico. Se fosse riuscito a riprodurre quelle rune, adattandole grazie alle sue conoscenze arcane, avrebbe garantito alla nave una protezione notevole contro qualsiasi fonte di calore...

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C'era un po' da ballare ormai. Nuvole oscure e molto basse si erano addensate sulla nave e quel piccolo guscio di noce aveva cominciato presto ad essere sbattacchiato da onde sempre più alte. Kroghusgh Kro'orr sorrise tra sè: il lich aveva fatto davvero un buon lavoro. La luce del giorno era come improvvisamente scomparsa, piombando tutto in un'oscura atmosfera di morte. Perfetta per il lavoro che doveva fare. Da dove si trovava, nonostante il vento sempre più forte gli creasse non pochi problemi nel volo, vedeva gli umani come piccoli puntolini insignificanti, ognuno di essi indaffarato a legare le vele ormai zuppe dai marosi, oppure a correre qua e là al fine di fissare i pochi oggetti mobili rimasti sul ponte. Del suo obiettivo nessuna traccia: probabilmente il kender era sotto coperta a quest'ora. All'inizio non aveva valutato una simile possibilità. Peccato, pensava che sarebbe stata una cosa più rapida: della serie distruggi la nave, prendi il piccoletto e vola in cerchio per sterminare i superstiti e via...qualcosa di poco impegnativo insomma. Invece per come si erano messe le cose...

La prospettiva lo irritò un po'. Ma presto la sua intelligenza e la sua perfidia ebbero la meglio; velocemente cambiò traiettoria puntanto dritto verso la nave. Si tuffò a capofitto mentre l'aria fischiava attorno a lui. Ed i marinai ancora rimasti sull'albero per risistemare le vele fecero appena in tempo a vederlo, come una saetta infuocata che dal cielo si lanciasse a velocità vertiginosa su di loro.

Perchè non divertirsi un po'? Pensò, mentre sfrecciava accanto alle vele.

Con movimenti fulminei atterrò giusto accanto all'albero, la spada tra le mani. E subito con un solo fendente vigoroso mandò in frantumi la base dell'albero che crepitò e cadde in mare, inghiottito dalle onde avide. Ed ora nelle urla assaporò quanto sarebbe seguito. Con piacere sussurrò le parole dell'incantesimo e quei miseri umani lì attorno subito impazzirono lanciandosi fuori dalle murate...

Kroghusgh Kro'orr cominciava ad annoiarsi: quello che sembrava essere stato il comandante di quel misero guscio di noce sembrava essersi attaccato al timone come uno straccio tremante, non era senz'altro un problema, visto che ormai quasi tutti i suoi uomini stavano allegramente respirando sott'acqua a questo punto. Il demone si riscosse dalla gioia che gli aveva procurato uccidere, finalmente...dopo tanto tempo.

Ed ora doveva trovare il kender.

Individuò una botola e la disintegrò con un colpo soltanto. Appena in tempo a quanto pare...nonostante la tempesta infuriasse ancora sopra la nave, minacciando ad ogni ondata di travolgerla, il demone percepì chiaramente che qualcuno là sotto stava invocando la magia. Allargò la botola per passare ed estrasse la frusta nell'altra mano, ripiegando le lunghe ali sulle spalle. Chiunque fosse stato l'avrebbe raggiunto facilmente...

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Lirian era immobilizzata dalla paura. Non aveva mai provato un terrore simile, neanche nei suoi sogni più brutti. Davanti a lei si ergeva un essere fiammeggiante che con la sola presenza aveva steso l'equipaggio. Guardava con sempre maggiore insistenza Sturmir che salmodiava, sperando che ci fosse qualche incantesimo capace di spazzare via quell'incubo vivente.

Senza sapere perché, estrasse la spada dal fodero. Si sentiva ridicola con quell'arma in mano, quella lama che al demone poteva sembrare un ago.

Intorno a lei tutti si prepararono al combattimento, pur se poteva leggere il terrore nei loro occhi alla vista di quell'essere. Guardando il nano che si preparava a lanciare qualche magia a lei sconosciuta, ringraziò il fatto che non ci fosse Aixela non loro o forse avrebbe distrutto tutto.

Ma da un lato sperava che lei ci fosse. La voleva accanto come sempre quando si trattava di combattere. Nonostante la profezia era solo una messinscena creata da quella dea malvagia, si rivedeva nel ruolo dell'Angelo, protetta dal Guardiano.

Scosse la testa, cercando di ricacciare via un pensiero che le diceva che forse questo demone era stato mandato proprio da quella dea, forse con il tacito assenso di Aixela. Ma non voleva crederci. Magari era morta, uccisa proprio da quella donna malvagia quando le era sfuggita per andarli a trovare. Oppure... lei stessa aveva mandato quest'incubo.

No, non poteva essere.

Non voleva crederci.

Aixela e Ashling giunsero in vista delle case di Kradir. Non sarebbero dovute entrare in città, ma soltanto costeggiare quelle alte mura di marmo nero per poi imboccare il sentiero verso i monti Kylionberg. Ancora poco e sarebbero arrivate dai draghi.

Aixela non ne aveva mai visto uno. Si diceva che dormissero da millenni in un sonno magico, a seguito della scomparsa del dio del bene e della dea del male. Ed ora stavano per essere risvegliati e riportati al loro antico splendore. Si sentiva stranamente inquieta. Era forse la paura che uno di essi l'avrebbe uccisa all'istante, schiacciadola come un insetto. Indagò più a fondo quella paura, ma scoprì che la sua inquietudine non derivava da essa. Chiuse gli occhi e vide ali fiammeggianti, grida di terrore, una frusta.

Arrestò il cavallo di colpo.

Ashling si fermò accanto a lei, guardando in avanti verso la città. «Così, lo hai percepito, vero?»

Aixela ansimava, come se avesse corso per chilometri, lo sguardo fisso a terra, verso il collo del cavallo, gli occhi sbarrati un espressione di ansia e terrore. «Sono in pericolo! Loro sono in pericolo!»

«Sì, lo sono.»

«Ma tu mi avevi promesso che non avresti mai fatto loro del male!»

Ashling si girò di scatto verso di lei, puntandole un dito contro. «Ho promesso che IO non avrei fatto loro del male... ed infatti non sono io che glielo sto facendo.»

«Ma potresti fermare quel... quel...»

«"Demone"? Sì... potrei. Ma non ti ho mai detto che li avrei protetti.»

Aixela sentì una stretta al cuore, come se una lancia l'avesse spezzato. «Ma... sono in pericolo!»

«E allora vai a proteggerli! Ormai sai usare le tue capacità.» Ashling le diede le spalle e ricominciò a cavalcare verso i monti, senza voltarsi.

In quel momento Aixela sparì, lasciando un cavallo confuso e disorientato.

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ora bisogna gestirla bene, altrimenti Sturmir e Perenor rischiano di diventare inutili con le loro magie...ci mettiamo un po' d'accordo sull'ordine dei post nel topic apposta, quello di commento alle storie?? tnk, cosi nn facciamo casini.. ;)

Perenor non è influenzato, lanciando magie divine... e... be', ormai neanche Sturmir... :roll:

(io so perché e voi no! :twisted: )

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Uno schianto poderoso fece tremare tutta la nave, mentre il cupo rumore dell'albero maestro che precipitava in acqua copriva il fragore delle onde. Alathariel e Garfuss, rifugiatisi sottocoperta da quando il mare aveva cominciato ad agitarsi, furono proiettati attraverso la piccola alcova dall'improvviso sobbalzo della nave. Istintivamente, Garfuss diresse la sua mano verso il pavimento, bilanciando il peso sulla spalla e ritornando in posizione eretta in meno di un secondo. Giusto in tempo per vedersi arrivare addosso Alathariel che, meno agilmente, finì abbracciata al Kender spingendo entrambi contro la parete.

“Hei, levami di dosso quella gamba!” Disse dopo un attimo di stordimento Garfuss

“Solo se ti riesce di levarmi il braccio dalla faccia!” Rispose impacciata Alathariel

“Ma cos’è che mi spinge dietro le spalle?”

“Sempre la mia testa.”

“Ah scusa. Allora, facciamo così:…”

Dopo cinque minuti di tecniche wrestling e lotta greco romana, i due riuscirono finalmente a disincagliarsi l’uno dall’altra, giusto in tempo per vedere a poca distanza la botola che portava al ponte letteralmente esplodere sotto un fendente di una creatura gigantesca e mostruosa, che i due intravidero per un attimo. Garfuss infatti, dimostrando ancora una volta la tipica saggezza insita da tempo immemorabile in tutti i kender, prese Alathariel per una mano e si mise a correre come una valanga verso la zona piu’ distante della stiva.

“Quando c’è un problema grosso” disse il kender ansimando per la corsa “ricordati che TU sei piccolo. Non puoi batterlo con la forza, ma solo con molta astuzia ed intelligenza. Entrambe sono piuttosto lente a funzionare però, quindi per usufruirne hai anche bisogno di un paio di gambe veloci. Me lo diceva sempre nonno Prinkell, simpatico vecchietto – anf – che aveva un sacco di cosa, di esperienza, alle spalle. Scommetto che pero’ non ha mai avuto un demone del mondo antico alle spalle ha-ha!” Erano ora nella parte più bassa della nave, dove si tenevano le vele di riserva per le riparazioni. Grazie alla loro bassa statura, i due riuscivano a stare in piedi, ma il posto era lo stesso stretto e angusto. Si rintanarono dietro una pila di casse, acquattati come ricci, per proteggersi istintivamente dal pericolo incombente.

“Cos’era quello, zio Garfuss?” fece Alathariel spaventata.

“Oh, è quel demone di cui ti parlavo, il signor Kro’orr. Tipetto difficile. Si scalda subito, è uno di quelli che può renderti la vita un inferno. Mezzo piromane, mezzo sadico. Non ti piacerebbe.” L’elfa non si sentì affatto meglio dopo il discorso del Kender, soprattutto perché Garfuss aveva sussurrato per tutto il tempo, cosa assai strana. Decisero quindi di rimanere in silenzio entrambi, e dopo qualche attimo sentirono provenire un tonfo sordo dal legno a pochi centimetri sopra le loro teste, che li fece acquattare d’istinto: evidentemente il bestione si era infilato nella crepa che aveva creato, proprio a pochi metri da loro. E in quel momento, anche se non potevano vederlo, sentirono, percepirono un male così profondo da non essere paragonabile a nulla di terreno, tranne un incubo orribile ed attanagliante. Sebbene Garfuss avesse passato molto tempo in compagnia di Kroghusgh Kro’orr, erano passati ormai anni.. molti anni dall’ultima volta che aveva provato quella sensazione, e quindi per qualche secondo ne rimase stordito. Ma dopo qualche attimo ricordò una vecchia tattica che usava a quel tempo: si mise a pensare ai ragni. I ragni erano brutti, pelosi e facevano tremendamente schifo - simili a Kroghusgh per molti punti di vista quindi. Fatto questo passò al livello successivo: immaginare Kroghusgh come un grosso ragnone cornuto e un po’ sbavante. Per quanto potesse essere ributtante anche questo passaggio, al Kender veniva sempre da ridere nell’immaginare il grosso e malvagio tizio come un animaletto tutto sommato piccolo ed insignificante, che poteva entrare benissimo in una delle sue borse. Riaprì gli occhi che aveva chiuso per tutto quel tempo e si ritrovò di nuovo nella stiva della nave, e seppure la sensazione di sconforto rimaneva nell’aria, ora era come nelle città dei nani: c’era un odore piuttosto fastidioso ma tutto sommato sopportabile. Si asciugò il sudore dalla fronte, e stava per sparare istintivamente una battuta cretina, quando vide l’elfetta. Con le gambe ritratte al petto, tremava fissando il vuoto. Sul suo piccolo volto scorrevano le lacrime, e la sua espressione era di angoscia e terrore, come se non ci fosse passato o futuro, ed la vita fosse formata soltanto da dolore e oscurità. Il kender si rese subito conto che l’elfa era stata colpita scoperta di difese da quella paura attanagliante, ed ora ne stava rimanendo sempre più invischiata, come in delle sabbie mobili. La prese tosto fra le braccia, e fissandola dritto negli occhi cominciò a chiamarla, come si chiama una persona lontana su una strada. Dopo qualche attimo, Alathariel parve uscire dall’incubo, e appena si rese conto che quello che aveva davanti era il suo compagnio di tanti giochi ed avventure, rispose al suo abbraccio e lo strinse forte, si aggrappò a lui con tutta la sua forza di volontà. Fu solo dopo un paio di minuti che smise di tremare, mentre Garfuss continuava a sussurrarle parole confortanti all’orecchio.

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Seppure la scena fosse decisamente movimentata, per Subumloc sembrava procedere al rallentatore. Sapeva di avere a che fare con un demone quando era solo un puntino all'orizzonte, ma non si aspettava che addirittura un Balor fosse stato richiamato sul Piano Materiale... e supportato da qualcuno con un potere magico sufficiente ad affiancargli una tempesta in mezzo all'oceano!

Paltron era stato uno sciocco a non permettergli di rimanere sul ponte. Subumloc sapeva di non poter pretendere che il capitano si fidasse ciecamente di lui, ma sperava che anche questa volta l'avrebbe ascoltato... e invece era sottocoperta, aveva fatto appena in tempo ad avvertire i viaggiatori, che il demone del fuoco era piombato attraverso il ponte e il primo livello della nave. I suoi protetti erano quasi tutti nella stiva, pronti allo scontro imminente, ma aveva visto il kender e la piccola elfa nascondersi solo un istante prima dell'arrivo del Balor, e temeva che la creatura potesse averli visti...

Tutte queste riflessioni attraversarono la mente di Subumloc in un istante, mentre assumeva la sua posizione di attacco. Doveva assolutamente guadagnare tempo per quelli che ormai erano i suoi compagni, soprattutto per i due più piccoli!

"Ehi, tu!" gridò al Balor. Non ce n'era bisogno. Il demone si era già voltato verso di lui. Sapeva bene che la vista del demone avrebbe facilmente superato la forma umana, riconoscendolo per quel che era veramente... e questo poteva tornare a suo vantaggio.

Il demone ruggì verso di lui, esclamando "Cosa ci fa qui uno come te?" nel linguaggio gutturale dell'Abisso.

Subumloc sapeva che non avrebbe mai raggirato il Balor. Ne aveva affrontati e sconfitti moltissimi, in passato... ma ora era sigillato all'interno di questa forma umana, e non poteva contare sui suoi veri poteri... ma se avesse agito rapidamente, poteva comunque essere una sfida per il demone.

Con una rapidità superiore a quella di qualsiasi uomo, Subumloc si portò con un'acrobazia a distanza ravvicinata, nella portata del demone. Il Balor calò verso di lui la gigantesca spada a forma di saetta e contemporaneamente agitò la frusta, mentre le fiamme cominciavano a lambire il saio del monaco. Subumloc riuscì a fermare la lama tra le palme delle mani, seppur sussultando sotto il colpo della frusta. Ormai il suo abito stava bruciando, e la frusta, avvolta attorno al suo petto, gli scavava la carne, ma lui non se ne curò, concentrato al massimo sull'altra arma.

Per un lungo attimo rimasero così, in tensione; il Balor non riusciva a superare né la forza soprannaturale né la determinazione del suo avversario. Subumloc, però, sapeva che in questa forma non sarebbe riuscito a resistere a lungo; il suo corpo da umano cominciava a risentire sia dello sforzo che delle ferite. Con un gesto repentino, lasciò la presa, per poi colpire di nuovo la lama in un altro punto. Una piccola crepa si formò sul metallo Abissale, e si estese per tutta la lunghezza della spada, che cadde a terra in uno scintillio di schegge metalliche.

Quest'impresa però costò cara a Subumloc, che aveva esaurito tutte le sue energie rimanendo esposto agli attacchi del demone. Era ancora avvolto dalla frusta, e quindi era in pratica alla mercé del suo avversario.

Il Balor ululò per la rabbia. I suoi possenti piedi artigliati scavarono solchi nel legno della nave, mentre tendeva i muscoli, pronto per spiccare un salto in direzione di Subumloc. L'urto della gigantesca spalla lo lasciò quasi senza fiato, appena cosciente per sentirsi sollevare da terra mentre il Balor lo spingeva contro e attraverso la paratia. Sentì diverse ossa, ossa del suo corpo, che si spezzavano nell'urto con il legno. Ma la corsa non era finita. Ora che erano fuori dalla nave, il Balor diede due colpi d'ala allontanandosi di alcuni metri; poi, sempre a mezz'aria, roteò sulla sua testa la frusta che tratteneva ancora Subumloc e lo scagliò con forza verso l'oceano aperto. Infine, si voltò e tornò nella nave attraverso il buco che aveva creato.

Ancora una volta, nella mente di Subumloc il tempo si dilatò. Sapeva che il Balor non si sarebbe fermato, ma almeno era riuscito a disarmarlo. Lui sarebbe sopravvissuto, ma per recuparare le forze e rintracciare i suoi protetti, purtroppo avrebbe dovuto rinunciare in parte alla sua forma umana...

Poi, la sua vista si oscurò e perse i sensi, poco prima di colpire l'acqua.

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I ricordi lo invasero.

Aveva improvvisamente percepito la presenza malvagia sulla nave, come un onda che lo aveva attraversato impetuosa. La nave aveva sobbalzato, al suo arrivo, e l'albero maestro era stato solo l'ultima vittima tra quelle a disposizione sul ponte.

Mentre la paura sconquassava corpo e cuore, l'elfo guerriero riiniziò a pensare a tempi passati.

Ricordò suo padre, quell'albero, il terrore provato e l'ansia sopita da anni. E l'odio sopito da anni.

Tutti i sentimenti nascosti, i pensieri e i calcoli di anni lo ripercorsero, muovendolo dentro al pozzo di terrore in cui lo stava costringendo il demone, e pian piano cominciò a uscirne.

Qualche passo lento, esistante, e poi la corsa fu inarrestabile, fin che la paura fu solo un vago ricordo, e la rabbia che l'aveva sostitutita un peso tangibile.

Era in piedi, nella stiva, con il Bianco pugnale in mano. Come ci era arrivato non se lo ricordava, ma ora era furioso.

Sapeva, in cuor suo, che questa furia non lo avrebbe aiutato, o non per sicuro. Ma al momento era l'unica cosa che provava.

Senti la botola scardinarsi di colpo, e una luce rossa entrare dal foro.

Si spostò automaticamente di lato, in un angolo tra qualche cassa, al buio profondo.

Strofinò il compagno amuleto, e scomparve nel nulla.

Continuava a stringere il pugnale nella mano destra, la sua preferita, mentre nella destra c'era l'inutile, e lo sapeva, daga.

Ma l'arma micidiale era calda, pulsava, ansiosa di nuovo potere. Lo esaltava, lo confondeva, e lo rendeva una inconsapevole e inerte macchina da guerra.

L'odio montava sempre più dentro lui, e immagini di demoni rossi e sangue incandescente continuavano a saettargli davanti.

Al centro della stanza all'improvviso notò il monaco, Subumloc.

Stava aspettando il demone, forse incoscente, forse sicuro di se.

E poco più in la Sturmir, il nano, continuava a salmodiare imperterrito e forse incosciente di quanto stesse accadendo.

Per un attimo Ariaston fu tentato di avvertire il monaco di allontanarsi, di non fare l'eroe, poi il pugnale lo avvampò con una nuova ondata di odio, che sentì salire dal polso al cuore, come una freccia incandescente pronta ad esplodere.

No, quell'umano mi servirà, in combattimento..meglio lasciare che crepi!.

E poi si svolse tutto cosi in fretta.

L'amuleto lo proteggeva dalla vista del demone, e vide tutto quello che stava succedendo.

Subumloc si avventò contro il demone infuocato, il più grosso che Ariaston avesse mai visto, dopo un breve scambio di battute tra i due.

Appena vide le terrificanti armi calare su di lui l'elfo fu sicuro che a istanti il corpo del monaco sarebbe stato tagliato in tre, da spada e frusta infuocata.

E invece, in qualche modo inaspettato, l'umano riuscì a fermare e restistere ai colpi. Poco dopo la lama demoniaca giaceva a terra, spezzata da una poderosa presa del monaco, e i due stavano volando verso la paratia.

La sfondarono come fosse carta velina, e uscirono fuori, in mezzo al mare e alla tempesta che continuava a infuriare. Nella debole luce emessa dal mostro Ariaston riuscì a vedere il monaco aprire gli occhi dal dolore, mentre la spalla enorme devastava il suo corpo.

E vide il corpo di un marinaio impegnato a nuotare poco più in la fermarsi improvvisamente, alla vista del terrore impersonificato, e scomparire rapidamente tra le onde maestose.

Seguirono pochi istanti di silenzio, e poi un urlo del nano riempì la stiva e avvolse l'intero scafo con una magia.

Lo si sentì ansimare per qualche momento, tanto interminabile quanto breve, e successivamente la sua voce tornò a farsi sentire:

"Dobbiamo prepararci. Sta tornando, e non sarà gentile con noi. Ma almeno la nave non brucerà più."

Poche parole, ma chiare. Lirian si spostò affianco al buco sulla paratia, in attesa dell'ingresso del mostro, con la spada in mano.

Non poteva fare nulla, con quell'arma, e forse lo sapeva. Ma l'istinto di sopravvivenza fa fare cose stupide a volte, inutili.

La scena che Ariaston vide poco dopo fù a dir poco sconvolgente.

Il mostrò rientrò volando, senza rallentare, e sfondò nuovamente il fianco della nave con un colpo di frusta, allargandosi il passaggio. La ragazza volò qualche metro più in la, come una foglia spostata dal vento della tempesta che infuriava.

Il nano attendeva il mostro al centro della stiva, al buio, con le mani che si muovevano nell'aria, e parole di potere che circolavano attorno a lui.

Ariaston vide l'umano spadaccino poco più in la, con l'arma tra le mani e in posizione di combattimento. Un altro avversario da non tenere in considerazione per il demone, perchè non armato magicamente.

Peccato, se avesse avuto il dovuto equipaggiamento sarebbe potuto risultare utile.

Il demone atterrò al centro della stiva, e guardò inespressivo i due avversari che si accingevano ad affrontarlo.

"Dov'è il kender'"

Quando la voce del mostro avvolse la nave il terrore si insinuò nuovamente sui corpi dei presenti, stringendoli in una morsa di paura e incertezza.

Ma nessuno cedette, ne rispose.

"Stupidi umani, lo avrò comunque!"

Poi Sturmir urlò, mentre la frusta si spostava dietro al demone.

Una luce avvolse lui e l'umano.

Il fuoco che avvolgeva il Balor non scalfiva minimamente il pavimento, ne le corde penzolanti sopra di lui, e l'elfo comprese che l'incantesimo del nano stava funzionando.

Ma si era già disinteressato a tutto questo.

Scattò in avanti, approfittando del fianco offerto dal mostro.

Quanto potere sentiva dentro di se, e quanta determinazione. Non esisteva mondo intorno a lui, non esisteva altro che il demone, e l'anima del padre da liberare.

ODIO!

Scagliò l'affilata daga, compagna di molti combattimenti, in avanti, come a voler anticipare la propria corsa. L'arma tagliò l'aria, fischiando, e colpì una gamba del demone.

La lama si conficcò in profondità, ma l'elsa cade immediatamente a terra separata dalla parte affilata, sciolta dal sangue demoniaco per scorreva nelle vene del nemico.

Questi si girò improvvisamente verso di lui, appena appena consapevole della ferita alla gamba e lo guardò intensamente muoversi nella sua corsa.

Poi fece un qualcosa che sembrò un sorriso, e urlò:

"Stolto, le tue armi nulla possono contro di me! Terminerai qui la tua sfrenata ricerca di vendetta!"

L'elfo comprese immediatamente che la sua mente era stata letta, ma non un solo attimo di incertezza rallentò la sua corsa.

Sapeva che ora l'avversario conosceva le sue armi, ma le conosceva come le conosceva lui.

E quindi non sapeva che magie circolavano al suo interno: solo i maghi forgiatori lo sapevano!

Vide la frusta girare attorno al demone, spargendo una mezza luna di fiamme nell'aria, e sentì il calore avvicinarsi alla sua sinistra.

Non rallentò.

Si trovava a poco più di un metro dal corpo del nemico, quando il colpo avversario lo raggiunse. Ma non fu una sorpresa e saltò verso di essa, in alto, passandogli sopra e atterrando sulla propria spalla libera dall'arma.

Rotolò agilmente, e mentre la corda avversaria strisciava sulla parete e sopra la testa del demone per muoversi in un altro colpo, l'elfo alzò il pugnale e si lanciò in avanti.

L'odio e la rabbia che lo spingevano furono più veloci del braccio avversario, e la lama passò affilata all'altezza dell'anca nemica.

Penetrò nelle carni, le bruciò e congelò contemporaneamente, e prosciugò avida il sangue lavico che ne fuoriuscì.

L'elfo percepì la temperatura che aumentava dentro alla sua mano, e l'urlo di rabbia del mostro che non si aspettava di provare del dolore.

La cicatrice non si sarebbe più rimarginata, neanche su quel corpo millenario.

L'arma assorbì quanto più potere possibile, da quei pochi istanti dentro al corpo nemico.

E si saziò.

DOLORE!

Come sempre l'odio e la furia alimentati dal pugnale in presenza di demoni si sopirono, e si trasformarono in dolore, ma questa volta fù troppo presto e troppo inaspettato.

Il cuore dell'elfo venne colpito da una martellata di ricordi, come un incudine da rompere, e le sue gambe persero improvvisamente energia.

Barcollò un attimo e poi, mentre si abbandonava nell'abbraccio cullante di sua sorella, suo padre e sua madre, venne colpito dal braccio immenso della creatura demoniaca.

Sentì molte ossa rompersi, sul suo fianco sinistro, e volò come una bambola di pezza inanimata verso la botola e il fragore della tempesta.

Il volo fu interminabile, e all'elfo non interessò minimamente.

Si trovava su un prato lontano, con delle bacche in mano e sua sorella con la bocca completamente sporca del loro rosso. Rideva felice mentre le schiacciava sulla fronte a suo padre, e lui continuava a rifornigliene di continuo.

Dovevano dipingere loro padre di rosso!

Quanto si rideva, a quei tempi

Sbattè violentemente contro il troncone dell'albero maestro, con le gambe, e roteò su se stesso.

Si fermò infine contro il parapetto di fuori, facendo fuoriuscire tutta l'aria dai polmoni.

Aprì gli occhi un solo istante, vedendo una luce.

Era quella del suo pugnale.

Completamente bianco, e incandescente, illuminava il buio e la tempesta, proiettando un raggio di fronte a se.

L'elfo guardò confuso in quella direzione, e perso nei suoi sogni deliranti gli sembrò di notare qualcuno. Era robusto, ma non troppo.

Suo padre?

No, lui era molto più grosso.

Lo spadaccino?

No neanche, troppo basso.

Sbattè gli occhi, mentre una elfica mano femminile, ricolma di magia, gli scostava la pioggia dagli occhi.

Sussultò a quel toccò e si voltò sorridente a scrutare il volto della dolce sorella.

Poi guardò nuovamente nulla luce, e comprese.

Paltron non aveva abbandonato il timone, e sembrava pietrificato li sul ponte.

Ma lo stava manovrando abilmente, da vero Capitano, con mosse decise e potenti per sottrarlo al dominio delle onde.

L'erba verde. Il volto pallido. Quel vecchio guaritore.

Speranza.

E poi sangue, rabbia, odio e dolore.

Magia e morte.

Un dolore alle mani.

Vita che scorre, placida, e buio.

Ariaston svenne, impugnando il pugnale saldamente con entrambe le mani, e si abbandonò al dolce sapore del ricordo delle proprie mani pulsanti, quei tatuaggi che più volte lo avevano salvato.

Ma questa volta le loro immagini erano più vicine a lui, più calde e pressanti, e una debole angoscia lo raffreddò.

Forse stava per fare il proprio primo incontro con la Morte.

Si diceva che era un ospite piuttosto scortese, che non salutava e arrivava .

Pochi aveva avuto seconde udienze.

La aspettò li, in piedi, tra gli alberi.

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La vista della nave devastata si presentò improvvisamente davanti agli occhi di Aixela, sostituendosi al volto di Ashling ed alla verde distesa prima della città di Kradir. Come sempre l'esperienza del teletrasporto la lasciava stordita, ma stavolta l'aveva desiderato lei, razionalmente, senza farsi sopraffare dalle emozioni.

E quindi si ritrovò in piedi e pronta all'azione, proprio accanto al timone dove un freddo e disperato Paltron la guardava, rivelando appena lo stupore. Ai suoi piedi c'era l'elfo, Ariaston. Sembrava morto, ma il suo istinto le diceva che non era così. Stava per chinarsi e aiutarlo, quando vide davanti a sé il demone.

Non capì subito cosa stesse succedendo. Per un attimo ebbe la vaga sensazione che fosse arrivata la sua Ashling coi draghi, ma poi si ricordò delle immagini che aveva percepito e che l'avevano condotta lì. Lo stupore cedette subito il passo alla sua razionale mente di guerriera. Valutò in un attimo le possibilità di affrontarlo e vide che erano veramente poche... ma forse... con Lirian e Alathariel.

Guardò tra le gambe del mostro e vide uno squarcio dove doveva esserci la botola. Poteva distinguere dentro di essa il salmodiare di Sturmir e la voce di Perenor. Non sentiva Lirian e Alathariel, ma la cosa non la preoccupava, vista la loro poca loquacità. Ma si preoccupò quando non sentì il kender.

Eppure non c'era tempo per pensare.

Il demone si era girato verso di lei, ringhiando. Poteva vedere una ferita sulla sua anca, una ferita che lo rendeva ancora più furioso. Ma guardando nei suoi occhi, Aixela vi lesse la presenza di un'intelligenza sottile. Non poteva sperare di batterlo con dei trucchetti, ma... be', proviamo!

Alzò la lama sopra la sua testa. Al demone sembrò che stesse invocando al sua potenza, invece lei stava semplicemente pregando un qualche dio in cui non credeva di darle la forza necessaria per riuscire in quello che doveva fare.

Il demone sollevò la frusta. Ed in quel momento Aixela abbassò la spada sul ponte, penetrando il legno con la lama. Dal pavimento sotto le gambe del mostro scaturirono delle piante nere, irte di spine acuminate illuminate di una tenue luce viola. Appena i primi aculei penetrarono nella carne sovrannaturale, il demone emise un grido. Aveva già archiviato quelle pianticelle come una scocciatura ed ora invece sentiva che esse assorbivano la sua energia. La cosa lo lasciò sconcertato, soprattutto quando vide che l'energia sembrava andare nel corpo della ragazza di fronte a lui.

Ma Aixela sapeva che la cosa sarebbe durata poco. Aveva puntato tutto sul fattore delle sorpresa. Di sicuro il demone non si aspettava che qualcosa potesse ferirlo e non si accorgeva della piccola entità delle ferite. Ma lo sconcerto del mostro le servì per correre dietro di lui e gettarsi nella stiva sotto la botola.

Mentre scendeva si chiedeva se fosse più pericoloso quell'essere enorme... o gli sguardi di odio dei suoi ex-compagni.

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