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La nostra storia...


Kordian

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La porta si aprì con uno scatto secco, seguita dalle urla di una bambina che disegnavano geometrie canore di gioia nell’aria, seguite dagli occhi dell’uomo che sembravano catturarne con il sorriso tutta la loro potenza. La sua veste tipica da mago strisciava in terra, rendendo ancora più logori gli orli che una volta dovevano essere finemente lavorati e ricchi. Sembrava che i suoi vestiti, così come la sua persona, avessero sofferto lunghissimi anni. Ma sembrava anche che questa sofferenza indicibile fosse finita proprio quel giorno.

Prese in braccio la bimba, carezzandone le piccole macchie che aveva sulle spalle. «Sei speciale, lo sai piccola mia? E non solo per questi segni.» Gli baciò un braccetto e lei sorrise imbarazzata e felice, abbracciando la grossa testa «Già… sei proprio speciale, Aixela.»

In quel momento l’uomo si girò, come se vi fosse stato un rumore, ma non vide nulla.

Sturmir non capiva come poteva non vederlo, stando proprio dritto di fronte la suo sguardo indagatore, ma sognante. Si guardò le mani, i piedi, il corpo per assicurarsi che non fosse invisibile. Poi guardò Lirian che lo osservava con stupore e respirò sollevato nel sapere che lei lo vedeva e che quindi anche gli altri lo potevano vedere. Ma perché l’uomo non l’aveva visto? Dopotutto solo Ariaston qui dentro poteva nascondersi nelle ombre. Invece lui era solo un nano che aveva scelto la strada del mago.

Guardò l’elfo e vide che anche lui era rimasto stupito nel sentire l’uomo chiamare per nome la bambina. Guardò gli altri e vide anche loro con la stessa espressione, gli occhi fissi su quell’uomo che girava per casa giocando con quella che doveva essere le figlia, ridendo e scherzandoci.

Ma due occhi invece non guardavano l’uomo. Guardavano un punto a terra, un punto vuoto, privo di ogni attrattiva. E questi occhi erano gli occhi di Perenor. Lirian gli si avvicinò in silenzio e gli chiese che cosa aveva, ma prima che lui potesse dire qualcosa, se ne accorse da sola.

In quel punto vi erano i corpi di Aixela e Trebor. Ora invece non vi erano più, sostituiti dal semplice pavimento privo di ogni macchia di sangue.

Anche Ariaston si accorse della cosa ed il suo sguardo cominciò a passare per tutta casa, notando con stupore che non era più quella sorta di baracca abbandonata in cui erano stata teleportati, ma era una bellissima casa arredata alla perfezione, con sedie in stile nanico e mobili in stile elfico che contrastavano creando una bella sensazione.

Nella confusione soltanto Lirian si accorse che la piccola elfa era sparita. Stava per avvertire gli altri, quando un rumore li fece girare tutti. L’uomo aveva aperto un passaggio dietro una libreria e stava scendendo le scale, parlando alla piccola che teneva in braccio. Le diceva che presto avrebbero rivisto la mamma e che finalmente l’avrebbero potuta abbracciare, una volta svegliata dal suo lungo sonno.

Il kender fu il primo a infilarsi nel passaggio. Gli altri entrarono più per evitare che potesse far danni che per curiosità.

Le scale scendevano lente verso una stanza scavata nella roccia. Era una stanza spoglia di ogni ornamento se non di alcune torce che la illuminavano, le fiamme che si scuotevano pigre. Al centro vi era una sorta di altare, attrezzato come se fosse un letto. E sopra il letto riposava una donna bellissima.

«Ma questa qui è morta!» Urlò il kender, tappandosi il naso come se il cadavere puzzasse. Sturmir lo raggiunse e, trattenendosi dall’usare l’ascia, lo portò via da vicino l’altare, guardando verso l’uomo che carezzava la fronte di quella donna, mentre la bimba in braccio a lui le sorrideva, felice che presto le avrebbe potuto parlare.

Il gruppo si fermò sulla sogli della stanza, la mano di Sturmir che tappava la bocca del kender che si dimenava, solo per poi arrendersi afflitto. Ariaston cominciò a ricordare quello che le aveva detto Aixela sotto quell’albero, durante il loro primo vero incontro in quel villaggio in cui erano stati attaccati ed in cui tutto questo era iniziato. Erano delle sensazioni, dei ricordi che gli sfuggivano, ma sentiva di aver già sentito parlare di questa scena. Ma ora non poteva far altro che guardare.

Davanti a lui, l’uomo posò in terra la piccola, dandole un bacio sulla fronte. Poi la accompagnò mano nella mano proprio dove era il gruppo, poco distante da loro. Infine si riportò sull’altare, poggiandoci le mani, come se volesse riprendere le forze o farsi coraggio.

«Una volta mi avevi detto che non importava se fossi morta per dare alla luce la nostra bimba, perché sarebbe stato stupendo poter dare la vita per donarla a chi si ama.» La sua voce era rotta, ma la mantenne calma «Ora ho imparato la lezione. E grazie alla mia vita, tu tornerai con noi.»

Si staccò dall’altare e si allontanò di un passo. Un sospiro profondo e poi le mani cominciarono a muoversi, le parole a fuoriuscire in una cantilena che subito Sturmir riconobbe come un incantesimo, anche se non riusciva a comprenderne il significato.

L’aria si permeò di luminosità soffusa. La terra sembrava gemere. E le mani del dell’uomo cominciarono a distendersi verso il corpo della donna sull’altare. Ariaston poteva vedere i suoi occhi chiusi, concentrati nell’incantesimo, una concentrazione che era data dall’Amore e dalla speranza.

Poi quegli stessi occhi si spalancarono per il terrore, guardando fissi verso il gruppo.

Sturmir lasciò subito andare il kender, mettendosi sulla difensiva, ascia alla mano e incantesimi in mente. Ariaston tirò fuori la daga e Perenor coprì Lirian… solo per accorgersi che non era più lì. Ma che stava succedendo? Perché tutti sparivano?

«Ehi… brilla come Aixela e forse è per questo che si chiama uguale, dopotutto se fosse stata barbuta come te si sarebbe chiamata Sturmir… be’, avrebbe dovuto essere anche brutta per chiamarsi così, ma credo che la barba sia una ragione sufficiente per far diventare brutta una bambina, a meno che non sia nana. E se fosse stata pallida forse si sarebbe chiamata Ariaston. E se fosse stata bella come me si sarebbe chiamata Garfuss. E se fosse stata…» La mano del nano tappò di nuovo la bocca del kender, mentre gli occhi guardavano lo stesso punto che guardava quell’uomo e che ormai stavano fissando tutti: la bambina davanti a loro aveva i segni sulle spalle che le brillavano di una luce intensissima. Poi anche gli occhi presero a brillare. Finché tutta la figura emanava una luce calda e soffusa. Era una luce accogliente, invitante che non feriva gli occhi. Rilassava i sensi, donava la pace.

Ma non nell’uomo.

Dalla sua bocca uscì un urlo angosciante, l’urlo di chi sta soffrendo le pene dell’inferno e allo stesso tempo ha perso la cosa più cara che aveva al mondo. Era un urlo intenso, doloroso, che faceva male solo a sentirlo. Ed intanto la figura cominciava a deperire, invecchiando sempre di più sotto gli occhi stupiti di tutti.

Un raggio di luce partì dalla piccola e andò a colpire l’uomo, straziandolo ancora di più mentre dalle sue mani un raggio dello stesso colore finiva sul corpo della donna sull’altare.

Poi la donna aprì gli occhi. Si mosse, girando la testa verso la piccola che era in preda ad una sorta di estasi. L’urlo dell’uomo divenne per un attimo un fievole sorriso, che poi si trasformò in un’espressione di terrore quando vide che la donna cominciava a bruciare di una luce blu, consumandola lentamente tra atroci grida di sofferenza e disperazione.

Poi la luce si fece accecante e tutti quanti si coprirono gli occhi.

«C’è puzza di cane alla griglia.» Disse il kender, annusando la donna sull’altare, distorta in una posizione grottesca e completamente bruciata.

Ariaston si mosse per primo, guardando dietro quel letto rituale e trovando l’uomo completamente avvizzito e privo di vita. Alle sue spalle giunse Lirian. Senza dire niente si inginocchiò accanto al corpo senza vita e gli sollevò la testa.

«Poverina.» Disse, guardando il corpo con un’espressione triste. Poi alzò la testa diq uel corpo avvizzito e la baciò sulle labbra.

Ariaston ebbe un fremito e il suo stomaco sembrava volersi ribellare. Il kender guardava la scena con un misto di attrazione e repulsione. Poi, quell’uomo avvizzito lasciò il posto ad una splendida ragazza dai capelli rossi e lunghi, vestita di una camicia viola e di pantaloni di cuoio. Al suo fianco pendeva la Lama Perfetta dei Cavalieri di Jamalièl.

L’elfo si girò immediatamente verso la bambina e vide invece la piccola elfa con i tatuaggi sulle tempie che andavano piano piano spegnendosi, mentre si guardava intorno con l’aria di chi avesse appena vissuto un sogno.

E sull’altare vi era il corpo di Trebor, privo di respiro e privo di vita, ma libero da tutte le orrende ferite che gli erano state inflitte. Sembrava riposare sereno e la sua vista tranquillizzò tutti i compagni, mentre Aixela si alzò in piedi, fissando Lirian senza capire.

Intorno la sala era piena di ragnatele, priva di quello splendore che le torce le avevano dato fino a poco tempo prima. Le uniche luci provenivano dall’entrata, che lasciava filtrare la maestosa luce del sole, e dalle spalle della ragazza.

«Va tutto bene… va tutto bene…» Le diceva Lirian, abbracciandola sul fianco. «Sei a casa.»

«Lo so… ma ho fatto uno strano sogno… veramente strano. Ho sognato la morte di mio padre.» Guardò Trebor e il suo volto, seppur sorpreso nel vederlo privo di ferite, si accese in un sorriso.

Poi abbracciò Lirian e pianse.

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allora..due cose..la prima per manzo, la seconda per Enz..

1 - State andando avanti con la cosa o vi siete bloccati???per sapere, che altrimenti mi invento qualcosa io... ;)

2 - Se vuoi inserirti suggerisco che tu ti legga prima tutta la storia ( :shock: ), cosi da comprendere meglio l'ambientazione e le vicende (sempre se non l'hai già fatto.. ;) )...poi basta che fai un post di ingresso, in cui ti "presenti" diciamo cosi..o anche no, basta che introduci un tuo personaggio/personaggi e poi in qualche modo vieni coinvolto nella storia..cmq se la leggi capisci più o meno come funziona, e capirai anche come introdurti... :)

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allora..due cose..la prima per manzo, la seconda per Enz..

1 - State andando avanti con la cosa o vi siete bloccati???per sapere, che altrimenti mi invento qualcosa io... ;)

2 - Se vuoi inserirti suggerisco che tu ti legga prima tutta la storia ( :shock: ), cosi da comprendere meglio l'ambientazione e le vicende (sempre se non l'hai già fatto.. ;) )...poi basta che fai un post di ingresso, in cui ti "presenti" diciamo cosi..o anche no, basta che introduci un tuo personaggio/personaggi e poi in qualche modo vieni coinvolto nella storia..cmq se la leggi capisci più o meno come funziona, e capirai anche come introdurti... :)

moolto gentile.. vedrò di inserirmi!!

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E il nostro buon chierico torna per seminare un po' di scompiglio...

In quei pochissimi giorni era successo di tutto e tutto quanto troppo in fretta. Perenor sospirò... per un compagno perso ne avevano acquistato un’altro, anzi un’altra. Anche se stentava a capire il significato di tutto questo... Il kender era con loro di nuovo ora e del kyton, nonchè del lich non vi era più traccia. Di Colui che avevano visto nel bacino di Sturmir nemmeno. Ma il villaggio dal quale erano partiti era stato cancellato dalla faccia di quelle terre.. caduto in mano ai demoni.

Perchè tutto quel sangue? Avrebbe osato chiederne a Paladine stesso il motivo od almeno una mera giustificazione...

Silenzio.

Sorrise, capendo che non vi era nessuna risposta ad una simile giustificazione. Suo compito ora era credere, nel suo dio, ma anche nei suoi compagni di viaggio. E se fossero riusciti a sopravvivere... forse.

Sospirò pesantemente sentendo di essere di troppo in quella stanza: fuori c’erano il sole e la luce, l’aria fresca finalmente dopo tutto quello che avevano passato. Senza farsi notare uscì silenziosamente dalla porta. Non aveva intenzione di allontanarsi, ma soltanto di stare un po’ da solo... almeno per il momento. Fuori si scorgevano a malapena i ruderi avvolti nell’edera di quella che era stata una volta la costruzione, come l’avevano vista prima nella sua primitiva semplicità e bellezza. Rimanevano soltanto quei segni dei muri e poco altro, tutt’al più qualche traccia di sentieri ormai abbandonati da tempo.

Si incamminò lungo uno di essi, inoltrandosi nella foresta. L’aria era mite ora, la luce abbagliante che filtrava a sprazzi dalle chiome alte degli alberi secolari, ma soprattutto nessun pericolo in agguato lì intorno. Perenor seppe immediatamente che nulla li poteva minacciare in quel luogo, almeno per il momento. Come potesse saperlo, anzi esserne convinto, era un mistero anche per lui stesso. Ma era inutile farsi domande anche su questo. Se ne fosse valsa la pena prima o poi l’avrebbe saputo... altrimenti non gli importava più di tanto.

Si appoggiò al lato in ombra di un’ampia quercia, il muschio che ricopriva la corteccia del suo verde brillante e chiuse gli occhi. Aveva voglia di riposare. Una volta per tutte... steso su un letto morbido e tranquillo. Si sedette ed inconsciamente aprì lo zaino che teneva sempre con sè. Si trovò tra le mani un fagotto di stoffa lacera.

Lo svolse.

Il libro.

Lo rigirò tra le mani, la copertina in pelle era solida ed intatta. Non vi erano segni strani incisi su di essa. Per la prima volta la osservò attentamente, ma non notò nulla di strano.

Lo aprì.

Dentro, sulle pagine lucide, quasi consunte, un insieme di simboli strani ed apparentemente incomprensibili. Perenor sorrise tra sè compiaciuto. Ma lui sapeva come leggerle ora.

Anche senza l’ausilio dello specchietto del kender non gli bastò altro che concentrarsi un istante; non era facile ed era pure un po’ faticoso, ma con un po’ di pazienza cominciò a tradurre dapprima le singole parole, poi le frasi.

Ed in quel tempo il regno di Ishtar prosperò, i commerci della seconda era viaggiavano sicuri tra i piani dei quattro regni...

Perenor sfogliò le pagine velocemente, provando a leggere un po’ a casaccio: dappertutto le stesse cose. Sembrava essere una descrizione storica, anche se apparentemente incomprensibile. Per quanto ne sapesse lui Ishtar era un piccolissimo regno di superficiale importanza, senza nessun commercio degno di rilevanza. Cosa si intendeva poi per i piani dei quattro regni?

All’improvviso gli balenò in mente un’idea... come non averci pensato prima? Con calma ritornò all’inizio del libro, al punto in cui Garfuss aveva trovato la pagina strappata. Quella la ricordava bene... con quella strana profezia, era impossibile dimenticarsene. La trovò e la rilesse... inspiegabilmente la pagina non era più strappata ed era l’unica in cui le scritte non fossero ribaltate. Ormai la profezia la conosceva a memoria, chissà come. Ma quello che gli interessava non era quello, quanto ciò che vi era scritto dopo. Girò la pagina e la lesse... a differenza del resto del libro però non era un discorso scorrevole, non una cronaca.

Bensì un insieme di frasi incomprensibili... una sorta di puzzle. Come se la pagina stessa fosse stata rovinata, oppure le scritte fossero appositamente state fatte di modo da risultare incomprensibili. Perenor lesse gli spezzoni di frasi:

..esplosero scaraventando...

..un enorme potere...

...decretò fintanto che i demoni...

...che fosse la chiave a sigillo della pace...

Nient’altro. Troppo poco per capirci qualcosa.

Nel più assoluto silenzio Perenor senti delle voci. Forse i suoi compagni erano usciti dalla casa diroccata e lo stavano cercando. Gli parve tra tutti di sentire la voce del kender:

-Uuuuuh che bellooooo!!! Venite tutti qua fuori! QUI NON C’E’ PUZZA DI CARNE BRUCIATA! E che belle foglie ed il SOOOLEEEE!!!-

Perenor chiuse il libro di scatto, irritato. Sì, si trattava decisamente del kender... di nuovo tra loro. Avrebbe dovuto riabituarsi alla sua presenza ora e viste le premesse....sarebbe stato molto difficile. Si rialzò in piedi ed il libro gli scivolò di mano, cadendo a terra ed aprendosi.

Si aprì giusto sulla pagina che aveva appena finito di vedere poco prima. Pensò che probabilmente era un caso, chinandosi a terra per riprenderlo. Ma la sua mano si bloccò a mezz’aria... sulla pagina ora c’era scritto qualcosa che prima era assolutamente certo non c’era stata.

Tutto ebbe inizio dal kender, dopo che fu sfuggito dai demoni...

Le scritte affioravano sulla pagina, scomparendo man mano che Perenor le leggeva, mentre i pochi pezzi di frasi incomprensibili si ordinavano sotto i suoi occhi. Spaventato scattò con la mano sul libro e lo richiuse seccamente, come se fosse stato un serpente. Sudava freddo ora.

Quello che aveva letto era a dir poco spaventoso. Inconsciamente strinse il libro contro di sè, raccogliendolo da terra... perchè avevano recuperato quel maledetto libro? Perchè? Non sarebbe stato più facile?

Questa volta la risposta arrivò, ma da dove meno Perenor se lo sarebbe aspettato, sebbene l’avesse già sentita quella voce:

“Io narro ciò che accade e proteggo il mio custode. In me sta il presente che diviene futuro. Accetta i miei consigli.”

La voce si spense, ma non se l’era immaginata. Veniva dal libro. Era la stessa voce che da un po’, come sensazione, lo avvertiva dei pericoli...Ma non voleva una simile responsabilità! Già era troppo il peso della sua fede! Paladine tuttavia aveva voluto così...

Scappò, avvolgendo il libro nella stoffa e richiudendolo nello zaino.

Basta così, stai zitto, pensò e non dire nulla agli altri.

Il libro tacque nella sua mente, ma Perenor capì che era un segnale di assenso. Per il momento nessuno di loro doveva saperlo.

E raggiunse gli altri.

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wow...fico sto racconto! bello veramente! forse continuerò io, anche se non so dove joram intendesse collocare fisicamente questa casa..se vuoi continuare tu joram basta dirlo ;)

No, no, andate pure avanti voi.

Per la casa anche fate voi. Sappiate solo che è in aperta campagna, abbastanza isolata dal resto del mondo.

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Ariaston rimase solo qualche altro minuto nella stanza.

Stava tentando di capire, ma era ancora troppo scosso dagli eventi di poco prima.

Decise di uscire, di stendersi all'aria aperta dove stava tanto bene, nel suo abitat naturale.

Si sentiva stanchissimo e scavato, e aveva bisogno di mangiare e bere qualcosa anche. Le ultime ora le aveva passate quasi tutte a combattere e a fare uso della magia, ed doveva rigenerarsi se voleva sopravvivere.

E voleva sopravivere!

Si allontanò dal gruppetto, lentamente, arrancando su per le scale, appoggiandosi al muro mentre scalava quegli scalini.

Solo allora notò l'assenza del chierico, ma non se ne preoccupò; doveva pensare a se stesso.

Dopo qualche minuto riuscì a raggiungere la porta d'entrata, e subito un ondata d'aria fresca lo avvolse, rigenerandolo un pochettino. Si guardò attorno, e vide solamente campi, non coltivati, da tutti i lati della casa, e un gruppo di alberi abbastanza folto davanti a se. Ma sembrava un boschetto, di piccole dimensioni.

Non c'era segno di altre abitazioni li attorno, e il sole era alto nel cielo ora; dovevano essere circa le 11 della mattina.

L'elfo si scosse e si diresse verso gli pochi alberi che erano davanti a se. Li raggiunse, e notò che c'erano dei meli, con ancora qualche frutto appeso.

Ne afferrò uno, lo strappò dal ramo e con la daga tolse la buccia. Poi lo spremette con forza, con entrambe le mani, assaporando il poco succo che fuoriusciva da esso.

Era saporito, nonostante tutto, e si sentì meglio. Continuò l'operazione per qualche minuto, tagliando il frutto e sfruttando tutto il succo che riusciva a creare.

Poi afferrò un altra mela, e si diresse verso la campagna, evitando gli alberi. Aveva voglia di distendersi tra l'erba, e tra gli insetti, per sentire che dicevano.

Il sole sulla pelle era un sensazione fenomenale, e quando trovò un punto che lo soddisfacesse si tolse la maglia, il mantello e si distese a braccia aperte, tra l'erba fresca.

I ronzii degli insetti che lo circondavano lo fecero sorridere, facendolo tornare con la mente a casa sua, ai periodi felici e liberi che aveva passato.

Rimase qualche minuto disteso, e poi si mise seduto, pensieroso.

Otto son uno, come l'albero e le radici.

L'Ombra nella notte, viva come la foresta in fiore, cerca la sfida e soffre il passato.

L'Esulo della terra, come la terra è piu' forte nel profondo, e guarda la strada.

Il viaggiatore mai stanco, come il vento del tempo, porta notizia e scompiglio.

L'Angelo e Il Guardiano, il sereno e la tempesta, fendono l'aria ma si racchiudono nel seme.

La Sfera di Cristallo, calma come il mare, ma solo se il vento tace. L'Astuto, forte come una roccia, ma in balia della montagna.

Il Seguace, novizio della vita, ora di nuovo trova la sua fede e cura il futuro.

Al calare dell'ombra e al tornare del vento nero, solo chi combatte cambia gli eventi. Vostra è la scelta, vostro il creato

questa profezia gli era improvvisamente tornata in mente..quasi tutto gli era chiaro. O almeno, forse aveva capito a chi si riferiva la profezia, ma ancora non sapeva a cosa gli serviva.

Ma era antica, e qualcosa voleva sicuramente significare. E non poteva essere ignorata.

Raccolse un pezzo di corteccia di un albero poco distante, e lentamente con la daga la incise sulla sua superficie, con la calligrafia sinuosa e delicata tipica della scrittura elfica.

Quando ebbe finito, dopo una decina di minuti, si rialzò, e tornò verso la casa.

Dovevano decidere cosa fare ora, dove andare, e scoprire dove erano, anche se più o meno lui aveva già capito.

Ma i piani erano cambiati, da prima del teletrasporto, e anche la compagnia. Doveva capire chi fosse quella Lirian, e che c'entrasse lei con la profezia..

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