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La nostra storia...


Kordian

Messaggio consigliato

Come suggeritomi da wolf e da me proditoriamente dimenticato, metto nell'oggetto quale dei due personaggi sta agendo in questo momento

Stava camminando tranquilla nel boschetto vicino al vecchio villaggio abbandonato, persa nei suoi pensieri, sola come lo era da cinque anni, da quando aveva deciso che il figlio del conte Ruthor a cui era stata promessa era un tronfio e ignorante pallone gonfiato, che aveva delle orride intenzioni nei suoi confronti, ed era scappata dal castello, quando sentì il clangore delle spade nei pressi della vecchia taverna.

Veloce e silenziosa corse verso il vecchio villaggio in tempo per vedere due giovani, un ragazzo e una ragazza uccidere i banditi che li avevano attaccati, poi rubare ai cadaveri le loro provviste e incamminarsi verso il bosco.

Quando essi sparirono nella foresta, Lirian si scoprì stranamente sola, come mai si era sentita fino ad allora e presa da una strana sensazione li seguì.

Sapeva essere silenziosa nella foresta e nonostante i due fossero molto abili per lei non era difficile seguirli, ma era concentrata soprattutto su una delle due figure, si muoveva con la grazia e l'agilità di un felino, i suoi movimenti erano perfettamente coordinati e sprizzava energia da tutti i pori.

Non riusciva a capire perchè il suo cuore rombasse come un tamburo nel suo petto, era così concentrata su quella persona che non vide la radice affiorante, vi incampò e ruzzolando rumorosamente cadde sul sentiero, completamente allo scopreto e alla merce dei due stranieri, quando questi si voltarono lei arretrò bruscamente proteggendosi, ma sapeva che se avevano brutte intenzioni nei suoi confornti ormai non aveva speranze di cavarsela....

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Trebor si volse di scatto, l'arco teso e la freccia incoccata contro l'origine del rumore. Aixela sfoderò la spada e si mise al suo fianco.

La figura che aveva provocato quel rumore indietreggiava lentamente, le mani che le coprivano il volto, alzate per proteggerla da quello che poteva essere un attacco.

Invece sentì una mano che la sfiorava. Sussultò, ma rimase immobile, sperando che quella tecnica di immobilità che andava bene con i serpenti potesse andare bene anche contro due umani.

«Tutto bene, ragazza?» Le chiese Aixela, la mano che scopriva delicatamente il volto di Lirian.

Fece un cenno di assenso con la testa, gli occhi che indugiavano sulla figura agile inginocchiata accanto a lei. La vide rinfoderare la spada, una spada bellissima con l'effige dei Cavalieri di Jamalièl. Ma era diversa, era più bella, come se fosse... come se fosse... perfetta.

La Lama Perfetta!

Sgranò gli occhi e Trebor seguì il suo sguardo fino ad incontrare anche lui la spada. Si avvicinò a lei con due passi e si inginocchiò: «Stai tranquilla. Non vogliamo farti del male.» Gli sembrava di stare recitando una parte in una rappresentazione teatrale «Il mio nome è Trebor e lei è Aixela.» Le tese una mano e si scoprì a vederla tremare. La ritirò vergognoso. Cosa gli stava succedendo? «Come ti chiami?»

«Tu... tu sei quella che ha ucciso il Reggente dei Cavalieri di Jamalièl!» Esclamò la ragazza, completamente presa dalla spada.

Aixela si alzò in piedi, la mano che carezzava l'elsa come un gatto. «Sì, sono io. Non me ne vanto, ma sono stata io.»

Trebor spostò lo sguardo verso la spada, poi si alzò in piedi e tese la mano tremante alla ragazza. «Vieni, alzati. Dobbiamo allontanarci in fretta.»

Lirian tese la mano, afferrando saldamente quella dell'uomo che la sollevò in piedi con impressionante facilità. Solo ora si accorse dei suoi occhi e del suo viso. Lo sguardo passava dal suo viso a quello di Aixela, finché abbassò gli occhi, imbarazzata. «Mi chiamo Lirian.»

«Piacere di conoscerti, Lirian. Ed ora, dicci: cosa ci facevi qui?» Le chiede Aixela.

«Nulla... vagavo. Come sempre.» Arrossisce nel sentire gli occhi di Trebor su di lei. Non sa chi guardare, non sa come farlo.

«La porteremo con noi?» Chiese Trebor, anche se la sua era più un'affermazione, un desiderio. Guardò Aixela e vide un lampo strano nei suoi occhi. Gelosia? No, come poteva essere? Come poteva lei essere gelosa di lui? Magari lo fosse stata!

Si volta verso Lirian: «Vieni con noi. Andremo in un villaggio e faremo un po' di provviste.»

«Dove state... stiamo andando?» Chiese lei.

Trebor lanciò uno sguardo di aiuto ad Aixela che si limitò a girarsi, incamminandosi. Lui sospirò, non capendo e disse: «Non lo sappiamo, ma per ora lontano da qui.» Le sorrise.

Lei ricambiò il suo sorriso, imbarazzata ma sincera e lui sentì una botta al petto come non la sentiva da anni.

Prese la sua mano e cominciò a seguire Aixela.

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Il buio si era dissolto in una nebbia grigiastra, Strumir aveva sentito il chierico assicurarlo sulle sorti della bambina, poi aveva sentito altre parole, il dolere alle ferite era passato sostituito da una profonda stanchezza, aveva bisogno di dormire....

Non seppe che cosa lo aveva svegliato, uno strano odore permeava l'aria, Sturmir aprì lentamente gli occhi, la sua barba era incrostata di sangue e i tagli prodotti dalla catena chiodata del demone erano visibili sulla sua tunica, ma la sua pelle era integra.

Si alzò faticosamente in piedi, ma non riconobbe il luogo in cui era, di sicuro non erano più nella grotta, Perenor e Ariaston erano girati e gli davano le spalle, mentre la piccola Alathariel sembrava dormire, si avvicinò a loro, i due erano assorti nei loro pensieri e non lo notarono fino a quando non gli parlò facendoli sussultare: "Ti ringrazio per le cure Perenor, ma saaresti così gentile da dirmi dovie siamo finit?"

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Era nella confusione più totale, aveva visto la spada, sapeva della storia che si raccontava, era piccola quando il fatto era avvenuto, ma i cantastorie avevano raccontato tante e tante volte del valoroso Cavaliere ucciso dalla strega che voleva la sua spada. eppoure la ragazza non sembrava una strega, era stat gentile con lei e in più aveva ammesso candidamente che cosa era successo...

Poi c'era il giovane, quando lui aveva detto che l'avrebbero portata con se Lirian aveva provato una sensazione nuova, il cuore aveva dato un tuffo e improvvisamente si era sentita brutta e malvestita, Aixela era così bella e aveva un portamento quasi regale mentre lei si sentiva sporca brutta e soprattutto imbarazzata, si pulì con le mani la tunica in pelle, cercò di rassestarsi i capelli come meglio poteva, ma si rese conto che era un'impresa inutile non sarebbe mai stata notata, nonostante tutti i suoi sforzi..

arrossì mentre la mano di Trebor la guidava...

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Riaprì gli occhi.

Era in un luogo buio, mai visto prima, non la grotta.

Il corpo era ancora dolorante, anche se molte delle ferite erano guarite. Si mosse lentamente, saggiando le proprie forze, rendendosi conto di essere molto debole.

Si sedette, le braccia tra le gambe, mentre scuoteva la testa per togliere il senso di stordimento che lo avvolgeva.

"Ti ho guarito come ho potuto, ma sembri molto debole lo stesso."

La voce lo fece sussultare, per un attimo, e poi si accorse della presenza di Perenor poco più in la. Aveva il volto teso dalla fatica, e guardava l'elfo con aria dubbiosa.

"Non preoccuparti, non è colpa tua. E' colpa del pugnale; ogni volta che lo uso poi sono sfinito, consumato e afflitto. Ma almeno sono vivo.O no?". Lo disse con un mezzo sorriso sulle labbra, divertito.

Afferrò il pugnale rimasto li a terra, lo tastò lentamente e poi lo ripose nella sua custodia, vicino al fianco sinistro. Lo sguardo era stanco. Poi si guardò attorno, mentre l'attenzione ritornava pronta in lui, e vide Sturmir disteso poco distante, con i segni del combattimento sul corpo, anche se nessuna ferita lo segnava ora.

La bambina era distesa poco più in la, sembrava dormire, serena.

"Che è successo? Dove siamo? Non è la caverna questa, se non sbaglio. E mancano molti dei nostri compagni." Si rialzò lentamente, il volto grave e la voce dolce ma affaticata. Si mosse un po' per riprendersi, e poi si risedette lentamente a terra, forse con il fiatone.

"Il mio pugnale è tiepido, e questo non mi piace. Appena il nano si riprende ci racconti quello che pensi, ma ora riposati. Io sono stanco, ma anche tu lo sei molto, e hai bisogno di dormire. Farò io la guardia, non preoccuparti." Disse questo e si appoggiò la daga sulle gambe, scrutanto l'oscurità, in cerca di punti di riferimento.

Perenor lo osservò ancora un po', con aria indagatrice, come se volesse capire qualcosa sul suo conto di cui non si fidava. Poi si alzò, si allontanò di qualche passo, a una fantomatica distanza di sicurezza, e si mise comodo per dormire.

Ariaston notò tutto questo, ma lo ignorò, troppo indebolito per pensare a questo tipo di problemi.

Si passò le dita sui tatuaggi, prima uno, poi l'altro, li guardò ora che erano spenti, con un vago ricordo di quando erano lampeggianti, insicuro se si fosse trattato di un sogno o se di realtà si trattava..

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Aixela sentì in lontananza il rumore di un ruscello. Era un rumore che significava ricordi. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando era solo una locandiera felice che andava a prendere l'acqua, in trepidante attesa di poter mettere la sua spada al servizio dei Cavalieri di Jamalièl. Ma quella strada e quel ruscello le ricordavano anche quando era dovuta andare via dal villaggio perché diversa, non accettata.

Strinse i pugni. Sì, doveva andare via da lì il prima possibile, fuggire verso luoghi in cui non era mai stata per tentare di ricominciare tutto da capo. Neanche voleva più continuare la sua missione suicida: contattare il re per dirle la verità sul suo omicidio, se omicidio poteva essere chiamato.

Aveva la sua spada e aveva la libertà. Sarebbe andata in un villaggio tranquillo e lontano dove avrebbe ricominciato a fare la locandiera, mettendo la sua arma a riposo, chiusa in un baule.

Si girò verso Trebor e lo vide avanzare mano nella mano con la ragazza. Una botta al cuore la sorprese con una leggera rabbia, una rabbia che non comprendeva. Vedeva lui che le parlava. Ridevano felici mentre le raccontava del suo tuffo nel rigagnolo. Anche Aixela sorrise nel sentire di nuovo il racconto, avendo nella mente la scena intera.

Poi vide gli occhi di Lirian che fissavano Trebor. Li vide persi completamente, ubriachi di lui. E quella sensazione di rabbia montava un po' di più. Non l'aveva mai provata. Non sapeva cosa fosse.

Spostò il suo sguardo verso il ruscello che ormai intravedeva davanti a lei. Lo avrebbero seguito fino alla fonte che non era tanto distante. Lì si sarebbero accampati per la notte, riparati da una grotta ben nascosta dagli alberi. Sempre che fosse ancora così.

Si girò ancora una volta verso i due che la seguivano. E fu allora che notò uno sguardo furtivo di Lirian verso di lei, una rapida occhiata che poi, vergognosa, cadde a terra per andare a fissare in seguito il viso di Trebor.

La sua rabbia sembrò cessare per un attimo, sormontata da un senso di soddisfazione.

Li aspettò e poi si incamminò, fischiettando.

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Hei hei hei scusateeee!! Sti giorni sono stato un po' impegnato, e lo saro' ancora, ma or ami metto a scrivere...ghghghhghghMUAHHAHHAHAHHAA!!!

ohi!!! te gavemo perso??? pensito de tornar??? butta xo qualcossa dai, cossi ndemo vanti meio???

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Iniziò la sua veglia, con la consapevolezza inconscia che il buio in questo luogo non sarebbe terminato. L'alba non vedeva questi luoghi da un infinità di tempo, forse da sempre.

Si mise comodo, in attesa che il nano e il chierico recuperassero le forze, cosa che a lui sarebbe riuscita molto lentamente probabilmente.

Passò qualche minuto, e poi successe quello che sapeva doveva accadere.

Le immagini iniziarono a vorticare davanti ai suoi occhi, violente ed estremamente reali. Ogni tanto riusciva a scacciarle, tornando vigile, ma regolarmente tornavano, per assediarlo, vittima del potere e del dispiacere che il pugnale gli donava, in un crescendo di emozioni potenti e pungenti come le armi di quei demoni che lo costringevano a usarlo.

C'era suo padre, lo vedeva salutarlo con una pacca sulla spalla, e poi lo vedeva alzarsi di fianco a lui, mentre lui era impotente e non poteva seguirlo. E sua sorella, il tocco della sua mano, della mano del padre, il sangue della madre a scorrere sulle loro ginocchia, come un lago, che lentamente lo sommergeva, annegandolo con il gusto acre del sangue in bocca, l'aria che mancava in un luogo che solo aria era.

E poi si risvegliò ancora. Le immagini lo avevano catturato molto bene questa volta, e le lacrime solcavano il suo volto, mentre il gusto del sangue era ancora in bocca, sgorgante da una lingua che si era ferito in chissà quale modo.

Sputò fuori il sangue, imprecando contro se stesso e la sua debolezza nel non essere riucsito a controllarsi.

E poi altri suoni, odori, emozioni, iniziarono a vorticare intorno a lui, confondendolo ancora e stordendolo, mentre lottava per rimanere dov'era.

Ma dov'era?

Che luogo era quello. E poi l'immagine di un demone, molto grande e rosso scuro gli apparve. Era un demone cornuto, anzi con un corno solo, e lo derideva vedendolo. Rideva e la rabbia montava nel cuore di Ariaston, e il demone rideva sempre più, giocando con una luce sulla sua mano, dalla quale uscivano urla terribili.

Ariaston saltò su, colpi il demone e con l'altra mano tentò di afferrare quella luce, e il demone con un ultimo sogghigno scomparve.

Ariaston si ritrovò a colpire con il pugno il muro che non vedeva, in un luogo che non sapeva come era fatto, mentre con l'altra mano brancolava nell'aria, a caccia di mosche.

Si risedette esausto, con la rabbia che schiumava in sbuffi spazientiti e nervosi dalla sua bocca, e il sangue che sgorgava anche dalle nocche.

Respirò più volte, per riprendersi, e poi si interrogò.

Perchè questa volte è apparso anche un demone? non era mai apparso, solo le immagini della mia famiglia e dei miei amici..cosa è cambiato ora?

E mentre l'elfo si poneva le domande Perenor si avvicinò, sveglio e Ariaston si accorse solo ora che probabilmente erano passate ore da quando il chierico si era messo a dormire. Non era stato molto vigile, doveva ammetterlo, ma qualcosa di strano lo aveva "colpito".

Il chierico si sedette di fianco a lui, e notò subito il rigagnolo di sangue che usciva dalle nocche e le labbra arrossate dal liquido vitale.

" Che ti è successo? ci sono stati problemi mentre dormivo? ma..ma ..tu sei esausto! Più di quando io sono andato a dormire!

Ariaston va tutto bene?"

Il chierico si era accorto subito dello sguardo carico di dolore, fatica e dubbi dell'elfo.

Il guerriero si voltò, lo guardo un istante e poi una testa si avvicinò a loro; era quella del nano finalmente sveglio, che chiedeva:

"Ti ringrazio per le cure Perenor, ma saresti così gentile da dirmi dove siamo finiti?"

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O.T. : comunicazione di servizio

Il Manzo ha problemi con le linee telefoniche per cui dovremo fare a meno della sua frizzante presenza per un quantitativo di tempo non ben identificato...

azz...peccato..intanto andiamo avanti come possiamo, e aspettiamo ansiosi il suo ritorno.. ;)

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Perenor guardò ancora un istante l'elfo, appena distratto dall'arrivo del nano; poi capì che in quel momento non avrebbe cavato parole dalla bocca del guerriero, allora sospirò, impose leggermente le mani sul suo corpo, per guarirlo delle leggere ferite che nuovamente lo ricoprivano.

E questa volta non sentì quella fastidiosa sensazione, come se non riuscisse a controllare la sua magia, mentre curava l'elfo.

Era successo qualche ora (giorno?) prima, mentre lo curava dopo la battaglia. Aveva avuto come l'impressione che la sua magia gli venisse rubata, che fruisse nel corpo dell'elfo con maggiore vigore del previsto, con maggiore foga, senza che lui potesse controllarla. Quella volta si era ritrovato ansante, l'elfo guarito quasi completamente, e lui prosciugato di molte più energie di quanto volesse.

E poi i tatuaggi dell'elfo avevano smesso di pulsare, e lui aveva dormito per qualche ora.

Ma questa volta no. Era riuscito a controllarla perfettamente, e niente di anormale era avvenuto.

"Grazie mille, mi sento meglio ora.." disse Ariaston.

Perenor si sedette, pensò qualche istante e poi li guardò.

"Non lo so. Non so dove siamo." Le parole uscirono dalle sue labbra come sputate, con disgusto. Non era contento di essere li, senza sapere come.

"Credo che l'unica cosa che possiamo fare sia "uscire" da qui, anche se non so se siamo dentro a qualcosa. Servirebbe un po' di luce per capirsi meglio. Comunque, direi di muoverci da qua e di cercare di capire ove siamo. E poi decideremo il da farsi. A quanto pare siamo noi tre e la piccola Alathariel...svegliamola e andiamo."

Sturmir si guardò attorno un po' dubbioso, stupito, poi si avvicinò alla piccola, la sveglio dolcemente, per quanto dolce può essere un nano, e la tranquillizzò.

"Stiamo tutti bene, grazie a Perenor. Ma ora dobbiamo andare." le disse " Seguici, e stai tra Perenor e Ariaston, mentre io faccio strada."

Si girò verso gli altri due e disse. "Si farò io strada. Sono nano e vedo abbastanza bene al buio, e all'occorrenza posso fare anche un po' di luce."

Tutti erano d'accordo e si incamminarono. Stavano camminando su un fondo pietroso, e il nano li guidava bene, abbastanza silenziosi, indicando loro sporgenze pericolose e asperità del terreno.

Camminarono per un ora, e poi arrivarono in un altro luogo, leggermente illuminato da un cielo buio, ma che lasciava trasparire un debole bagliore, forse non del sole, ma di un qualche fuoco lontano.

Non avevano mai visto luoghi del genere, ma non gli piacevano.

Ariaston toccò il pugnale, per assicurarsi della sua presenza, ancora disgustato dal suo ultimo utilizzo, ma conscio che se fosse servito lo avrebbe riutilizzato.

Ed era caldo. Non era mai stato caldo, tranne per le poche ora dopo i combattimenti; ma ora era passato molto tempo e si aspettava di trovarlo freddo, come al solito.

Invece era tiepido, forse anche pulsante di calore.

Ora anche gli altri ci vedevano un po', o almeno Ariaston e Alathariel, con la loro vista da elfi, riuscivano a vedere qualcosa.

Si fermarono per qualche istante, guardandosi attorno, per capire dove si trovassero. Ariaston si spostò leggermente a sinistra, per vedere meglio, guardò in lontananza, cercando di riconoscere qualche luogo, qualche segno familiare.

Un immagine gli balenò violentemente davanti agli occhi, di un luogo tetro e pietroso, e di sangue che gocciolava, dall'alto verso i suoi occhi. E un corno.

Poi tornò al presesente, risvegliato dalla voce soffocata di Alathariel, che si emetteva un verso gutturale mentre con i piedi scalciava il terreno, mentre si allontanava.

L'elfo si girò rapidamente verso si lei, accusandosi di stupidaggine per non averla tenuta d'occhio, e vide una creatura bassa e tarchiata, tutta scura, che trascinava via la ragazzina afferrata al collo, con un unico braccio robusto e muscoloso.

L'elfo scattò velocemente verso la creatura, abbastanza più rapido sia del nano che del mostro. L'essere si girò a guardarlo, stupito, con occhi rossi come il fuoco, che risplendevano nell'oscurità eterna. Scattò più velocemente avanti, trascinando sempre con se la ragazzina, tentando di scappare dall'elfo che già impugnava l'affilata daga.

Ma non fu sufficientemente veloce. Il guerriero gli fu addoso e colpi velocemente una volta, due volte, tre volte, il braccio squamoso e robusto, bene attento a non ferire l'elfa.

Squarci profondi si aprirono nel braccio, che allentò la presa e la lascio, tentando di alleggerirsi per la fuga, mentre già i tagli cominciavano a richiudersi. Ariaston spostò la mano verso il bianco pugnale che aveva al fianco, percependo il tepore di molto più alto rispetto a qualche minuto prima, pronto ad afferrarlo e a squartare la creatura tenebrosa, e ad assaporare tutta l'energia che il pugnale donava, e anche il dolore.

Ma qualcosa scaturì dalle sue spalle, sorpassandolo e illuminando leggermente la zona, mentre un fulmine colpiva letalmente la bestia, incenerendola.

Ariaston si girò e notò il nano, con le mani tese di fronte a se, ancora circaondate dal potere della magia.

La bambina era a terra, con le mani alla gola, mentre riprendeva fiato.

L'elfo notò solo allora i tatuaggi alle sue tempie illuminati, lampeggianti. Li aveva anche prima in effetti, ma l'elfo non ci aveva fatto caso, impegnato com'era a colpire la creatura.

Lampeggiarono ancora per qualche minuto, fino a quando Perenor non le appoggiò una mano sulla testa, sorridendole e dicendole:

"Va tutto bene piccola..zio Sturmir ti ha salvata ancora!". Il chierico la sollevò in piedi, assicurandosi che le sue condizioni fisiche fossero in regola, e facendo l'occhilino a Ariaston, che sorrise leggermente..

E in quel momento, da qualche altra parte, anche altri due tatuaggi si illuminarono, su delle spalle esili ma robuste, senza alcun motivo, e la paura colse all'improvviso una giovane guerriera, mentre il respiro le mancava e il panico la pervadeva per qualche minuto...qualche immagine di oscurità e terrore la percorsero, la spada leggermente luminescente nel fodero...

Ariaston aspettò che Alathariel rispondesse con un sorriso al chierico, poi li guardò e disse:

"Siamo in un brutto posto temo. Troveremo demoni come questo e forse anche peggiori, nel nostro cammino; lo capisco dal mio pugnale, caldo come non mai prima d'ora. Occorre che voi due esperti di magia capiate cos'è successo.."

La voce dell'elfo tradiva tutta la sua preoccupazione, ma anche la sua voglia di vivere, anche di fronte al pericolo più imminente...

OT mi sono inventato questa cosa Joram, e spero vada bene..,gestiscila come vuoi ora..e voi due, nano e umano: inventatevi qualcosa per uscirne vivi!!! ;) /OT

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Trebor sistemò un altro ceppo sul fuoco. Gli scoppiettii della legna pervadevano l'aria insieme al caldo e rassicurante torpore delle fiamme.

Prese i tre conigli che aveva ucciso e li infilzò con dei bastoni che aveva appuntito per bene pochi minuti prima.

Li mise uno accanto all'altro sulle fiamme, girandoli lentamente.

«Stasera mangeremo bene.» Disse, sorridendo a Lirian.

Lei gli rispose con un sorriso, rapita dai muscoli dell'uomo davanti a lei, mentre, seduta in un angolo semibuio della grotta con le ginocchia piegate al petto, lo fissava cercando di non farsi vedere.

E intanto lanciava degli sguardi verso l'entrata celata dai rami. E sospirò nel pensare che Aixela era uscita da lì pochi minuti fa, nonostante le insistenze del suo compagno. Sembrava molto decisa, forse arrabbiata. Ricorda che voleva portarla con lei, ma che Trebor si oppose perché lì fuori era pericoloso. Ed allora se ne uscì di corsa, il passo furente. Ricordò quegli occhi così belli diventare quasi luminosi. Le sembrava impossibile, eppura avrebbe giurato di aver visto un riflesso viola in essi.

Aixela procedeva con la spada in mano lungo il bosco. Doveva tornare alla taverna in rovina per prendere delle coperte per Lirian. Non ci aveva pensato la prima volta che l'avevano incontrata. E questo non era da lei. Cosa le stava succedendo?

Scosse la testa e avanzò nella notte.

La sola luna le indicava la strada. Sorrise nel vedere che non vi erano nuvole e che quindi avrebbe avuto la luce che le serviva per tutto il tragitto. Anche se forse avrebbe potuto vedere anche al buio, visto che lo aveva fatto il quel villaggio sotto una cappa di oscurità magica.

Chissà.

Ma non era tempo per esperimenti.

Affrettò il passo e giunse in vista del vecchio edificio abbandonato. Di nuovo un tuffo al cuore nel vederlo come era una volta, risuonante del chiacchericcio delle persone e dello scricchiolio dei carri. Come quel vociare che stava sentendo in quel momento.

Mise a fuoco e vide delle torce entrare nella locanda, parlando un linguaggio che lei indentificò subito come quello dei Predoni. Nascosta dietro ad un albero, cercò di contare quanti erano ed arrivò alla conclusione che ce ne dovevano essere solo tre. Avevano trovato i corpi dei compagni e stavano giurando vendetta, oltre ad urlare il disappunto nel notare che avevano trafugato delle cose.

Impugnò la spada e si incammina silenziosamente verso di loro.

Finché...

... una voce... una stretta al collo... grida di aiuto... un pugnale... un braccio muscoloso e sangue... sangue... elettricità... tanta... troppa... dolore... dolore... dolore!

Aixela cadde in terra, in ginocchio. Vide una luce irradiarsi da lei, dalle sue spalle. Sotto la camicia i tatuaggi splendevano. Li poteva vedere chiaramente.

Basta! Non ce la faceva più! Perché le stavano succedendo queste cose?

Perché? E quei predoni... quei maledetti predoni a rubare le coperte che doveva prendere per Lirian... per la sua Lirian. Maledetti. Maledetti.

Maledetti!

Istintivamente puntò la spada verso la casa. Sentì calore, un calore intenso quasi insopportabile, ma piacevole. Le scorreva in tutto il corpo, la faceva sentire meglio, più forte, più in forma...

... viva!

Poi una palla di fuoco si diresse verso la casa. Uno schianto di assi spezzate ed il mondo davanti a lei esplose in mille schegge di legno infiammate, unite alle urla di dolore e di agonia dei predoni che bruciavano uscendo di corsa dalla casa.

Si rialzò, il corpo che la comandava.

Tagliò la testa al primo predone, al secondo, al terzo.

Ne vide arrivare altri. Una decina.

Un sorriso si disegnò sul suo volto... poi fu tutto buio.

Aixela riaprì gli occhi.

C'era il sole. Le sue narici percepirono un acre odore di bruciato. Alzò la testa e vide la locanda completamente annerita e distrutta, circondata dai corpi di decine e decine di predoni, molti dei quali con la testa mozzata, mentre altri erano stati dilaniati dall'acciaio.

Un movimento attirò la sua attenzione.

Si alzò in piedi e vede Trebor inginocchiato di spalle, proprio davanti a sé. Lo sentiva singhiozzare. Non capendo il motivo si avvicinò, spada alla mano. Lui la sentì e si girò, scattando in piedi e sfoderando la sua arma, allontanandosi da lei.

«Trebor... ma che...?»

«Stai lontana! Cosa sei diventata? Cosa?» Le urlò contro lui.

Solo allora lei vide il corpo di Lirian in terra, una ferita sanguinante sul fianco, i giovani occhi che la fissavano impauriti. Solo allora capì. «Sono... sono stata io?»

«Eravamo venuti a vedere perché non tornavi e sentivamo i predoni attaccare... e ti abbiamo trovata qui... a fare una strage.» Trebor abbassò l'arma, restando guardingo «Li hai massacrati tutti. Tutti. E...» Singhiozza «Hai colpito lei che ti si era avvicinata, una volta che era finito tutto.» Le mostrò una ferita sulla sua fronte «E poi hai colpito me con l'elsa... credo.» Le si avvicinò di un passo «Cosa ti succede? Cosa sei diventata?»

Aixela lo guardò inorridita di se stessa, poi cadde in ginocchio, piangendo.

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Strumir iniziava ad avere dei sospetti su dov'erano e dopo l'attacco alla piccola i dubbi che nutriva sulla sua ipotesi sparirono quasi del tutto...

erano da qualche parte tra i piani inferiori e il piano materiale, probabilmente una sorat di semipiano demoniaco in cui erano stati mandati per errore dal chierico a cui era sfuggita la controllo l'incantesimo di bando!

Si girò verso i compagni: "La questione è molto semplice, siamo tra l'Abisso, o i Nove Inferni non so con certezza; e il nostro piano, il problema non è andar via da qui, non impegherei molto a farci uscire da qui, ma è: cosa facciamo del kendere, lo abbandoniamo al suo destino oppure lo cerchiamo?

La bambina qua è in pericolo, ma da sola nel nostro piano, non sarebbe più al sicuro, a voi la scelta!"

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