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La nostra storia...


Kordian

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Fu la vocina dell'elfa a risvegliarlpo dai suoi pensieri, di nuovo era in viaggio, non da solo, ma di nuovo scappava da qualcuno che non ne accettav la natura o aveva frainteso le sue intenzioni, non riusciva ad capire che cosa fosse succeso, anche se lo immaginava, o meglio lo sospettava, il demone che aveva aìscacciato era in realtà fuggito e una volta rigenerate le sue ferite aveva concluso la sua opera omicida...ma qual'era il suo scopo?

Non poteva essere solo quello di uccidere dei bambini, era un atto che anche un demone di bassissima lega avrebbe potuto fare! Cercava qualcosa o qualcuno forse??

<<Zio Garfuss...non ti sembra che qui o in città il pericolo sia lo stesso?>>

<<Perchè dici questo, piccolina?>>

<<perchè nell'aria c'è la stessa vibrazione della città!non la senti?>>

Vibrazioni nell'aria, le aveva avvertite ma non ci aveva fatto caso, ma concentrandosi meglio le percepì in pieno e non fu contento di ciò che avvertiva, una forte presenza infernale era nei paraggi o stava per arrivare, sarebbe stata una notte difficile...

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Il primo giorno di viaggio volgeva ormai al termine. Avevano camminato per molte miglia e le montagne si erano fatte decisamente piu' vicine, ma erano tutti abbastanza stanchi. Anche se molti di loro erano esperti viaggiatori infatti, la calura della giornata aveva estirpato loro le forze.

Nessuno di loro era preparato per il viaggio, tranne forse Ariaston. A causa del volgere improvviso degli eventi, erano stati sradicati di colpo dalle loro vite.

Durante la giornata l'elfo e Trebor erano riusciti a trovare della selvaggina in grado di sfamare il gruppo, e non avevano avuto problemi con l'acqua. Erano in una zona agricola, e si incontravano spesso pozzi e fontane. L'elfa e il Kender avevano avuto la bella idea di fare un bagno in una di queste. Garfuss non aveva proprio resistito: appena l'elfetta si era chinata per bere l'aveva innaffiata con uno spruzzo d'acqua. Dopo un attimo di stupore, l'elfetta gli aveva reso pan per focaccia. Con una manata gli aveva fatto andare l'acqua negli occhi e poi, approfittando della momentanea cecità dell'improvvisato avversario, l'aveva spinto dentro il bacile della fontana. Il kender si era infradiciato dalla testa ai piedi. Per niente offeso, riemerse con fare teatrale dalle acque. I capelli inzuppati gli si erano sciolti e gli ricadevano sulle spalle. Pareva la magica Excalibur che sorgeva dalle sacre acque, dopo un incontro con un mocho decisamente sporco.

"Preparati alla vendetta dell'antico MOSTRO MARINOOO!!" urlò tentando di spiccare un balzo. Purtroppo però, non aveva calcolato la superficie scivolosa del fondo della vasca, e cosi' perse l'equilibrio. Qualsiasi altra persona ora si sarebbe rotta il naso sul bordo della vasca, ma il kender effettuò una piroetta da maestro ninja, esibendosi in un doppio salto mortale. Sarebbe stata perfetta, se nella zona dell'atterraggio non si fosse trovato un poco attento Perenor. Garfuss gli rovinò addosso accompagnato da una valanga d'acqua. Risultato: un elfa, un kender e un chierico bagnati fino al midollo, e un sacco di risate per tutti.

Quella sera accesero un fuoco per scaldarsi. Al calar del sole l'aria si era fatta decisamente più fredda, e la brezza rinfrescante si era trasformata in un vento gelido. Avevano ormai sorpassato le zone coltivate, ed erano al limitare della foresta che sorgeva ai piedi della catena montuosa. Gli alberi erano radi, e solo successivamente avrebbero avuto problemi con il sottobosco. Per ora, montarono un campo di fortuna e si prepararono per la notte. L'elfo disse che avrebbe fatto lui il primo turno. Gli altri accettarono di buon grado.

"Zio Garfuss, mi racconti una storia?" chiese l'elfetta sottovoce, per non farsi sentire dagli altri. Aveva infatti la strana sensazione che non a tutti piacessero le storie di Zio Garfuss.

"CERTAMENTE!" esultò il kender

"Si ma piano piano però.... guarda, c'è Perenor che dorme e non vorrei che si svegliasse. Poverino, penso se la sia un pò presa per la storia della fontana."

"Oh... va bene...vuoi una storia triste o una felice?"

"mmm... Felice!"

"Fammi pensare... ti ho mai raccontato di Giada e Tormon?"

"No!" gli occhi dell'elfetta già brillavano dal sonno. Ma era decisa ad ascoltare. Garfuss Raccontò.

C'era una volta uno strano paese. Dovunque tu andassi, qualsiasi regione attraversassi, l'erba era rinsecchita e le mandrie scarne. I fiumi erano di colore scuro, simile al sangue, e la notte durava più del giorno. Nessuno sapeva il perchè, e la gente ormai non ci pensava più. Erano tutti troppo poveri per andare a vivere da un'altra parte, e si accontentavano dei raccolti miseri e delle piccole case fatte in argilla. Cercavano di vivere al meglio, immaginandosi felici. Ma nei loro cuori, regnava la tristezza.

Nacque un giorno, in una cittadina come tante in quel triste paese, un bambino come tanti. Era di carnagione scura, e i suoi occhi e capelli erano simili al buio della notte. Era comune in quel tempo. Questo bambino però, sarà il protagonista della nostra storia.

Crescendo, il bambino si guardava intorno, e vedeva gli altri bambini che facevano finta di giocare felici, e i loro genitori che facevano finta di essere contenti. A lui questa cosa non andava bene, pensava, perchè dobbiamo far finta di essere felici? Non potremmo esserlo per davvero? Ma nessuno gli dava retta quando lo diceva, tutti facevano finta di non sentire. Passarono gli anni, e il bambino diventò un adulto. Appena compiuta la maggiore età, disse ai genitori che sarebbe andato in cerca della sua vita. I genitori lo lasciarono partire, e lui cominciò a giorovagare.

Per molti anni attraversò quella terra desolata. Spesso arrivò ai suoi confini, e vide al dilà di essi boschi e foreste e laghi trasparenti e monti innevati. Ma non attraversò mai i confini del suo paese. Perchè ti chiederai tu, non andò in quei posti migliori? Perchè il nostro amico era ormai diventato una persona saggia. Aveva capito infatti che quello che cercava andava oltre i monti e i fiumi, e anche se avesse attraversato quei confini non lo avrebbe trovato. E poi, non voleva lasciare tutto il suo popolo nella tristezza. Era una persona testarda.

Un giorno, si trovava ad attraversare un deserto. Era un deserto roccioso, e non aveva incontrato vita per miglia e miglia. In mezzo a questa piana, tutto ad un tratto, sorgeva un piccolo monte. Non sapendo bene neanche lui perchè, prese a scalarlo. Il monte da lontano sembrava piccolo, ma scalarlo era tutt'altra cosa. Per giorni e giorni arrancò in salita. Si disse che quando sarebbe arrivato alla cima, sarebbe morto. Perchè ormai aveva girato tutto il resto del suo paese, e quel monte era l'ultimo posto inesplorato. Più saliva, piu' la roccia diventava nera, e l'acqua nel suo otre inacidiva, e il suo carattere deprimeva.

Quando arrivò sulla cima, stramazzò al suolo. Decise però di darsi un'occhiata intorno, prima di lasciarsi morire. Vide un trono. C'era una persona seduta sopra. Non ci vedeva più tanto bene, non riusciva a distinguere. Allo stremo delle forze, si alzò in piedi, e gli si avvicinò. Quando la vide, rimase esterrefatto. Era una donna bellissima, la più bella che avesse visto in vita sua. I capelli corvini le si posavano aggraziati sulle spalle e la sua pelle era d'avorio. Eppure, era anche infinitamente triste. Piangeva, in continuazione. Lacrime nere, che inzuppavano il terreno.

"Sono qui da sempre" disse lei. Lui non le aveva chiesto niente "da sola, da quando ho memoria. E' questa l'esistenza? Questo eterno dolore?"

"No... no!" rispose il nostro amico "non è così! Ora, in questo momento, l'ho capito."

"Cosa, hai capito?"

"Ho capito che ti amo."

"Ma tu non mi hai mai vista. Non puoi amarmi."

Allora l'uomo le raccontò dei posti che aveva visto, della gente che aveva conosciuto, del suo animo e di cosa non avesse mai capito. Non aveva capito che era alla ricerca dell'amore. I suoi genitori, i suoi amici... Nessuno di loro l'aveva capito. Era questo che li rendeva così tristi. Lei era il suo mondo, perchè lei era il suo amore.

Lui la baciò. E lei smise di piangere.

In un colpo solo, quello che da sempre era stato arido e triste, divenne un giardino bellissimo. I fiumi erano candidi. Il verde lussureggiava. Il sole splendeva, non più arcigno.

"Che bella storia" disse l'elfa, e si addormentò.

"Bella vero? Ma non è finita, purtroppo..." disse il kender senza svegliarla.

L'uomo che tanto aveva girato, che tanto aveva visto, cadde al suolo. Morì, felice. Aveva trovato quello che andava cercando da tutta la vita, e anche se adesso non poteva piu' goderselo, sapeva che esisteva, e che altre persone sarebbero state felici. E sapeva, soprattutto, che lei aveva smesso di piangere.

----

L'elfo era di ronda, mentre tutti dormivano. Stava succhiando una foglia di menta, quando li vide. Occhi. Rossi. Dappertutto. Si alzò di colpo e andò a svegliare gli altri, sperando che non fosse troppo tardi.

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Tornò indietro. Come aveva trovato il kender una volta poteva ritrovarlo di nuovo.

Mezz'ora dopo era di nuovo in paese, o meglio, era di nuovo in quello che "restava" del paese. I Diavoli erano arrivati e c' avevano messo poko a far capire chi comandava. Cadaveri di umani, sia di uomini che di donne erano ovunque. A quanto pareva i demoni non avevano subito molte perdite...o forse erano arrivati supportati da parecchi negromanti. Si diresse con passo sicuro verso la fonte del male.

Erano tutti lì, intenti nel costruire una base dal quale poi far partire l' eventuale assalto. Chiese agli Imp vicino a lui dove era il loro capo e gli indicarono la direzione. Sorridendo ma per nulla sorpreso scoprì che il fulcro dell' accampamento era sopra l' albero colmo di anime. Un' intera struttura organica era cresciuta tutto attorno alla pianta e pulsava di vita.

Salì con facilità sino a sopra e si inchinò davanti al comandante. Uno splendido esemplare di Diavolo della Fossa. Korbag se non si sbagliava. Aveva avuto l' onore di conoscerlo parecchi anni fà e non se l' era più dimenticato; era uno dei pochi condottieri che non avevano mai mancato l' obiettivo e se avevano mandato lui voleva dire che c'era qualcosa di grosso in gioco. Korbag gli fece cenno di alzarsi e iniziarono a parlare.

Poco dopo Na'Rghal uscì dall' avamposto molto soddisfatto con un sorriso stampato in faccia. Korbag meritava fiducia e avrebbe eseguito i suoi ordini. Raccolse un pò di demoni intorno a lui e partì verso la foresta. Voleva in kender ancora più di prima ora. Forse non sarebbe stato Kyton a vita...

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Dormiva profondamnete, gli scherzi continui del kender lo sfiancavano, anche se senza di lui l'atmosfera sarebbe stata irrespirabile, quando fui svegliato da Ariaston.

Non ebbe nemmeno bisogno che l'elfo gli spiegasse cosa c'era, la vibrazione era moto più forte, quasi percettible a livello sensoriale e gl.i occhi rossi non lascivano molti dubbi sulla minaccia che incombeva su di loro..demoni!

Si alzo velocemnete e altrettanto velocemnete iniziò a formulare le parole di un incantesimo,coin la coda dell'occhio ide che i tatuaggi dell'elfa incominciavano a brillare mentre Aixela sembrava percorsa da una scarica elettrica, non gli badò terminò l'incantesimo e un cerchio di luce azzurrina brillò intorno all'accampamento spegnendosi poi dopo un istante:

"Questo doverbbe proteggerci per un po' il tempo di prepararci ad affrontarli" d

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Aveva svegliato tutti, e il nano era stato prontissimo a reagire alla minaccia.

Erano circondati, e Ariaston sembrava quasi divertito, finalmente eccitato dalla battaglia imminente.

La magia di Sturmir sembrava rallentare i nemici che li circondavano, e avevano qualche attimo di pausa.

La daga era già da tempo nella sua mano, nascosta sotto al mantello, mentre la mano sinistra riscaldava il pugnale aggangiato alla cintura. Ma forse non ci sarebbe stato bisogno di usarlo. O per lo meno lo sperava.

"Perenor, resta vicino alla ragazzina, non voglio che si faccia del male. Io direi di formare un cerchio, e il kender e la ragazzina dovrebbero mettersi al centro, meno esposti alla battaglia."

Dovevano prepararsi in fretta, e lui non voleva che l'elfetta si facesse del male.

Trebor sembrava agitato al vedere il nano prepararsi alla battaglia, mentre Ariaston percepiva già le trame della magia muoversi ai comandi di Sturmir.

Dopo qualche breve istante di agitazione Trebor parlò:"Sturmir, forse è meglio se non usi la tua magia per il momento..vediamo se ce la facciamo senza..non so come dire...ehm..è pericoloso ecco..."

Sembrava a disagio nel dire ciò, come se non volesse dire troppo.

All'improvviso qualcosa saettò all'interno del cerchio azzurro, con uno stridio forse di dolore, forse di rabbia.

Correva veloce verso Aixela, di fianco rispetto alla creatura, impegnata ad ascoltare le parole del ladro.

Ma Ariaston fu più veloce, e in un attimo era al lato della guerriera, nella traiettoria dell'essere che stupito si fermò sulle quattro zampe, per un attimo e poi balzò in avanti per attaccare l'elfo. Non era molto grande, poco più di un cane robusto ma magra.

Ariaston non fu sorpreso, la sua daga balenò nell'aria, sconquassando il ventre del nemico, il sangue che usicva accompagnato da un grido di dolore, mentre la vita si spegneva in essa.

"Non c'è tempo per parlare ora..Sturmir, se puoi fai come dice lui, ma se serve usa la tua magia! E non abbassate la guardia. Non sono molti, e se sono tutti come questo non avremo problemi, ma non sappiamo cosa ci sia li fuori. E non preoccupatevi per me.." disse Ariaston, mentre strofinava l'amuleto e scompariva nella notte..

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Occhi rossi tutti intorno a loro. Ed uno di essi era andato verso di lei, squarciato poi dalla daga di quell’elfo che aveva promesso di aiutarla.

In condizioni normali Aixela avrebbe reagito come sempre, sfoderando al sua spada e buttandosi a capofitto sul nemico, l’acciaio perfetto che tagliava carni con precisione e violenza. Lo aveva fatto più volte e lo avrebbe rifatto.

Invece Sturmir si era messo a salmodiare e lei era stata colta da una strana sensazione, come se il suo corpo fosse percorso da… da qualcosa. Non sa cosa. Ricorda che è più o meno la stessa sensazione che aveva provato quando con la spada ha creato quel vento.

Ma davvero era stata lei?

E poi quella scossa l’aveva percorsa anche quando… quando..

«Allora, vuoi sguainare la tua spada o preferisci vederci morire tutti?»

Era l’elfo. La sua voce era sempre gentile, ma aveva ragione.

Un altro stridio assordate da dietro di lei. Nella sua mente balenarono immagini di lotte contro i lupi nei boschi, di duelli con la spada. Tornò alla normalità e sfoderò la spada, l’acciaio che saettò nel ventre della creatura, perforandolo con un facilità estrema. Un’altra venne abbattuta da una freccia di Trebor che proteggeva il nano, come se volesse impedire che ricorresse alle sue magie.

L’elfo dietro di lei combatteva con ardore ed esperienza. Al centro del cerchio la piccola elfa tratteneva il kender sotto lo sguardo vigile di Perenor.

Fu in quel momento.

Gli occhi rossi avanzarono tutti insieme. Aixela si gettò sul primo, tagliandogli la testa canina per poi girarsi verso il secondo e penetrare il possente torace per ritrarre poi la spada, in guardia. Intorno a lei, il caos imperversava. Sentiva rumori di carni tagliate, di grida di battaglia, del tintinnare del ferro.

Dimentica di tutte le avventure recenti, si gettò nel mucchio, colpendo con precisione selvaggia tutto quello che le capitava. Un artiglio la graffiò al fianco, ma il dolore servì solo per aumentare la sua rabbia. Vedeva davanti a sé i cavalieri di Jamalièl che la schernivano per la sua diversità, che le deridevano per aver fallito l’ultima prova, quella che loro stessi avevano truccato per non farla entrare nel corpo di cavalieri che aveva sempre ammirato. Il suo acciaio penetrava dentro i corpi di ognuno di loro, di tutti i cavalieri che vedeva davanti a sé. E quelle creature cadevano sotto i suoi colpi, inconsapevoli oggetti della sua rabbia.

Poi… una voce… una voce amica penetrò all’interno della sua coltre di rabbia. Ed il mondo smise di essere rosso.

«Aixela! Il Cerchio! La piccolina… il kender…»

Si girò e vide che aveva lasciato scoperto una parte del cerchio per seguire la sua aggressività. E tre creature si stavano avvicinando al centro del cerchio, senza che nessuno potesse fermarle essendo tutti impegnati in combattimento.

«Vai Sturmir!» Gridò l’elfo.

Il nano cominciò a dire parole antiche, luci apparirono sulle sue mani che tese verso le tre creature. Ma Trebor vide lo sguardo di Sturmir aprirsi in una nota di stupore e paura quando dalle sue dita si formarono tre raggi infuocati immensi.

«Ma cosa stai facendo? Così ci ammazzi tutti!» Urlò Perenor.

«Io… io… non posso… non posso fermarli… non capisco…» Il nano balbettava qualcosa nello sforzo di controllare l’incantesimo.

Trebor si girò subito verso Aixela e la vide come in trance, in ginocchio. Il suo corpo era scosso da tremiti e sotto la camicia le sue spalle si illuminavano di una luce viola. Anche la spada splendeva incontrastata. Poi una luce prima soffusa diventò sempre più visibile. Una traccia luminosa partiva dalle spalle di Aixela e andava a finire nei raggi infuocati di Sturmir, ingrandendoli.

Capito il pericolo, Trebor corse verso Aixela, schiaffeggiandola. «Svegliati! Per l’amor di Paladine! Svegliati!» Lei aprì gli occhi, come se si fosse svegliata da un sogno.

Le creature erano quasi arrivate al centro del cerchio.

Poi vi fu solo fuoco…

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Pace.

Quiete.

Trebor alzò la testa da terra. La luce del sole gli ferì gli occhi.

Si alzò a fatica da terra. Aixela giaceva accanto a lui, la spada stretta in mano, il volto leggermente annerito, forse da un fuoco. Non aveva segni di ferita e respirava sommessamente, gli occhi chiusi e tranquilli.

Spostò lo sguardo intorno e vide i corpi anneriti delle creature, completamente dilaniate e bruciate. La stessa fine che avrebbero fatto loro se Sturmir avesse lanciato l’incantesimo.

Invece erano tutti vivi.

«Interessante la tua… ragazza.»

Trebor si girò e vide l’elfo seduto in terra, accanto alla piccola elfa. Vide che tutti erano sdraiati sull’erba, leggermente bruciacchiati, ma illesi. Anche Ariaston era illeso e leggermente annerito.

«Non… non è la mia ragazza.» Disse Trebor.

«Rimane il fatto che sia interessante. Dopo quello che ha fatto non potrei definirla in modo migliore.»

Quello che ha fatto?

Che cosa ha fatto Aixela?

Come una freccia improvvisa, i ricordi entrarono nella testa di Trebor. E vide quell’incantesimo fuori controllo di Sturmir, vide il terrore nei suoi occhi ed in quello degli altri. E poi vide Aixela svegliarsi dopo che lui stesso l’aveva schiaffeggiata per farla riprendere da quello che sembrava uno stato di trance.

E poi…

… il fuoco che partì dalle mani di Sturmir, anche se la sua espressione diceva che non aveva intenzione di farlo e Aixela che portò istintivame te la spada sopra la sua testa, ritta verso il cielo… e poi la lama che si illuminò così forte da accecare tutto e tutti.

E la consapevolezza che quella luce aveva protetto tutti dal fuoco.

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Era l'alba.

Cosa ci faceva sdraiato a terra? Era a terra, svenuto, tutti i suoi compagni svenuti come lui, sdraiati tutt'intorno e i corpi dei demoni bruciati e fumanti.

Lentamente si rialzò, radunando i ricordi nella sua mente, ricostruendo l'edificio degli avvenimenti della sera precedente.

Ricordava il combattimento, il sapore provato nell'uccidere quelle deboli creature, le sensazioni che da sempre lo animavano. Ricordava la spada di Aixela all'opera, la facilità con cui quella lama lacerava le carni e la rabbia e la passione che la ragazza metteva nel combattimento. Era molto che non si divertiva cosi.

E poi ricordò la magia del nano, incontrollata tra le sue mani e il suo stupore.La traccia luminosa da Aixela al nano, la spada che splendeva come una stella, la ragazzina che splendeva quasi altretanto, il volto una maschera luminosa. Rimembrò di aver usato anche lui la magia, per tentare di capire cosa stava succedendo, analizzando la trama magica che era in atto. E all'improvviso si era accorto di quanto la sua magia fosse diventata più potente!

Riusciva a percepire molte cose usando la magia, i pensieri di tutte le creature, di tutte le piante in una grande zona, forse anche quelli dei mostri che li stavano attaccando. Perchè? perchè era diventata cosi potente la sua magia? Cosa era cambiato?

Era stato il caos, fuoco all'improvviso, incontrollato e indomito. Era convinto che sarebbero morti tutti in quell'istante, bruciati da un fuoco che doveva essere amico. L'aveva sempre detto: i nani non c'entrano niente con la magia!

Ma poi era successo qualcosa, la guerriera aveva sollevato la spada ed erano stati avvolti da una cappa luminosa, solo loro, mentre i nemici bruciavano al di fuori di essa.

E ora si era risvegliato. Tutto il terreno li attorno era bruciato, carbonizzato, ma loro erano incollumi. Un odore di carne bruciata ristagnava nell'aria, e il silenzio regnava sovrano.

Si era alzato, aveva controllato la situazione, accertandosi di essere soli li intorno.

Si tolse il mantello dalle spalle, adagiandolo sopra la ragazzina per proteggerla dal freddo notturno e dall'umidità, e poi si era seduto ad aspettare che si risvegliassero, pensando, ricostruendo...quella donna era interessante.

"Ora siete tutti svegli. Non ho capito bene cos'è successo questa notte, il perchè dell'attacco di quei demoni e il perchè di quel fuoco pazzo, ma ora dobbiamo andarcene da qua. Se quei demoni erano qui, ce ne saranno sicuramente anche altri, e lo scoppio di magia li avrà attirati. Non so se cercano noi o se è stato un caso, ma è certo che d'ora in poi avremo qualche problema in più." Disse queste cose al gruppo mentre si rimetteva il mantello sulle spalle, restituito dall'elfa e mentre risistemava la daga nella cintura.

"Partiamo forza, addentriamoci un po' nella foresta, e quando avremo trovato un ruscello potremo abbeverarci e discutere sull'accaduto..credo ce ne sia bisogno."

Quando tutti furono pronti si incamminarono, e dopo un oretta erano sulle sponde di un ruscello.

Bevvero qualcosa, mangiarono qualche bacca che cresceva li vicina, si lavarono per scacciare le bruciature verificando il loro stato di salute.

Stavano tutti bene, nonostante il combattimento. E anche il kender sembrava parlare meno, forse ancora scosso dall'accaduto, o forse stava semplicemente consesrvando fiato per quando tutti avrebbero parlato.

Ariaston bevve un po' d'acqua, si spremette delle bacche in bocca, assaporandone il gusto avidamente. Ne mangiò parecchie, lentamente e quando tutti si furono ripresi chiese:

"Dunque, Trebor, tu senbri capire più degli altri gli avvenimenti di ieri sera" la voce melodiosa che riempiva l'aria, confondendosi con lo scrosciare dell'acqua nel ruscello.

"Che ne diresti di illuminare anche noi, in modo da poterci regolare in futuro...".

L'attenzione di tutti si spostò sul ladro, che per qualche istante sembrò a disagio, mentre spostava lo sguardo dall'elfo, ad Aixela, al kender, forse nella speranza che il piccoletto partisse con una delle sue storie...

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Erano passati solo pochi giorni da quando tutto era iniziato. E Perenor rinvenne all'alba di quel nuovo giorno, i resti carbonizzati dei demoni sparpagliati lì attorno, a poca distanza dai suoi compagni illesi. Ricordò improvvisamente la notte prima, qdo si era addormentato bagnato fradicio a causa di una delle solite bravate del kender e poi nel mezzo della notte i demoni che li circondavano, il nano che pronunciava le parole di un incantesimo proprio mentre i demoni avevano già rotto le loro difese. Un'espressione sbalordita sul suo volto mentre aveva ormai già totalmente perso il controllo sulla sua magia.

Ma non era stato l'unico.

Quando qualcuno aveva gridato per avvertirli che il cerchio difensivo si era aperto Perenor aveva velocemente invocato l'incantesimo più potente che conoscesse, l'estrema arma di difesa... ma non l'aveva mai utilizzato prima di allora. L'aveva soltanto imparato, come conoscenza trasmessa. Ed il potere che aveva invocato per difendersi aveva fatto qualcosa... qualcosa sulla piccola elfa. Si alzò di scatto per controllare se fosse lì accanto illesa, terrorizzato per un attimo. Ma la bambina elfa era lì accanto a lui, dormiva tranquilla con respiro leggero.

I segni di Aixela non erano stati gli unici ad illuminarsi.

Accanto a Perenor anche sulla pelle della bambina elfa i simboli avevano sfavillato, accentuando enormemente il potere che il giovane chierico aveva invocato.

E subito dopo la spada di Aixela aveva risucchiato tutta la magia che era nell'aria, arcana o divina che fosse. Ed era stato l'inferno...

Perenor si alzò lentamente in piedi nella fredda alba mattutina e decise che avrebbe atteso per dire quello che aveva visto realmente. Con cautela tirò fuori il libro che aveva salvato dalla biblioteca e scorse velocemente tra quei caratteri incomprensibili.

Si sentì frustrato, enormemente. Tutti quegli anni di studio, tutta quella fatica per imparare le lingue arcane e clericali, i codici... per niente!

Richiuse il libro di scatto.

Ariaston fece la sua comparsa, svegliò tutti, li guidò via da lì fino a quando non arrivarono al ruscello in silenzio. Ed allora per primo ruppe quel silenzio imbarazzato e fece quella domanda a Trebor...

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OT non posto perchè sinceramente non vedo come possa portare avanti la storia... tocca a Jorma! ;) Ah ovviamente, Giga, quelli che abbiamo affrontato erano solo l'avanguardia, i cercatori, la carne da macello... io voglio almeno 3 Marilith :twisted: insomma, devi convincerci a sudare freddo! /OT

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OT nn so cosa sia un Marilith perchè è un mostro che non ho mai incontrato...se arriverà, giga, dovrai farmelo vedere in real o farcelo incontrare mentre giochiamo a D&D..ma naturalmente quello era solo il riscaldamento, per movimentare la notte...e abbiamo rischiato di + ke a ucciderci fosse il nano, non i demoni... ;) Vai joram aspettiamo il tuo ora!! /OT

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