Io ci ho passato l'infanzia e la primissima adolescenza, sui Librigame. Li ho amati tanto che, in un inaccessibile scaffale molto in alto, li conservo ancora.
La serie più mitica era ovviamente quella di Lupo Solitario, che mi pare sia arrivata a venti e passa volumi. Il mio preferito era Negli Abissi di Kaltenland, quello ambientato nelle lande di ghiaccio. A proposito, qualcuno ha seguito la serie fino all'ultimo capitolo, e sa come finiva la saga?
Comunque, con tutto il rispetto dovuto a un capostipite, i Librigame della serie di Lupo Solitario non erano i migliori. Le serie più belle, secondo me, erano quelle scritte da Steve Jackson.
La più famosa era Sortilegio!, quella con gli incantesimi identificati da codici di tre lettere che il giocatore doveva imparare a memoria. Ma c'era anche Dimensione Avventura, una serie di Librigame autoconclusivi, ognuno di genere diverso: ce n'era uno fantasy, uno horror, uno di fantascienza... Perfino uno a base di supereroi fumettistici!
Il bello dei Librigame di Jackson era che rappresentavano delle vere e proprie sfide. Coi Librigame normali era piuttosto difficile perdere; dovevi proprio fare degli errori clamorosi. Ma nei Librigame di Jackson c'era una e una sola strada che conduceva alla vittoria, e per di più erano costruiti con un sistema che impediva di barare! Curiosità: il primo volume della serie Dimensione Avventura era scritto in modo tale che fosse impossibile vincere... Si trattava, in effetti, di un colossale scherzo ai danni del giocatore.
Altre serie di grande bellezza erano Oltre L'Incubo, che riprendeva alla perfezione i temi e le atmosfere di Lovecraft, e soprattutto Grecia Antica, ambientata nel mondo della mitologia ellenica. Quest'ultima era l'unica serie di Librigame che a tratti assumeva uno spessore da vero romanzo.
Menzione d'onore per una serie che non usciva sotto il marchio dei Librigame, ma era in tutto e per tutto una serie di librigame. Si intitolava Falcon e la pubblicava la Mondadori. Il Falcon del titolo era un agente della Cronopolizia che, dall'anno 3000 e rotti, viaggiava nel passato per impedire la creazione di paradossi temporali. Il clima era lo stesso dei migliori romanzi di fantascienza, le ambientazioni storiche erano eccezionalmente curate.
Una serie che non mi piaceva per niente: Alla Corte di Re Artù. Il fascino del ciclo arturiano annacquato con un inopportuno e inefficace umorismo demenziale.