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La nostra storia - Supereroi


Joram Rosebringer

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Ci riproviamo?

Ma stavolta, invece di narrare le gesta di un supereroe, che ne dite di fare un esperimento narrativo a mio parere interessante?

Ognuno di noi sceglie un supereroe esistente oppure crea deinuovi poteri e applica il tutto a... se stesso!

Come sarebbe stata la nostra vita se avessimo avuto i poteri di Superman? E se riuscissimo a scalare i muri come l'Uomo Ragno? Cosa penserebbero di noi vedendoci nascondere qualcosa?

Applichiamo i poteri a noi stessi e proviamo ad immaginare come reagiremmo ad essi. Saremmo responsabili come Peter Parker o vendicativi come Matthew Murdock?

Che ne dite?

Io ci provo... :wink:

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Ancora una volta lo stesso ufficio, le stesse cose da fare, lo stesso tempo da perdere dietro ad utenti che non sanno minimamente quello che vogliono, ma lo chiedono a gran voce. Un altro giorno. Come tutti gli altri?

No, ormai sono pochi i giorni come tutti gli altri.

Quant'è passato? Un mese? Quasi.

Ricordo ancora quella notte.

Ero a Palermo dalla mia ragazza, la mia futura moglie. Era appena passata una settimana d'inferno sia per me che per lei, con tanti progetti che erano saltati e tanti altri in mente. Lei era stanca e aveva un mal di schiena terribile, così mi offrii volontario per dormire sul divano-letto in modo da farla riposare nel suo lettino con comodità, anche se lei non avrebbe voluto.

Così, dopo una serata passata tra abbracci e dolcezze nascoste ai genitori, le ho dato il solito bacio della buonanotte e mi sono avviato a malincuore verso la camera da pranzo in cui c'era il divano.

Non ricordo per quanto tempo ho dormito. So solo che stavo sognando qualcosa che non riesco ancora ad inquadrare ma che mi dava un senso di lotta e sofferenza. Ho aperto gli occhi per sperare nella luce del mattino che ponesse fine a quella notte che non accennava a passare, invece mi ritrovai a fissare la luce dei lampioni che ancora filtrava attraverso le persiane.

Gettai di nuovo la testa sul cuscino, pensando ad un modo per passare la notte senza stare a contare ogni singolo minuto.

Fu in quel momento.

Mi alzai di scatto a sedere per prendere il cellulare ed utilizzare la sua luminosità per leggere il libro che mi ero portato per passare il viaggio. Appena ho poggiato il piede a terra ho sentito qualcosa che me lo sfiorava. L'ho subito ritratto, non capendo cosa fosse. Sapevo che in casa sua non c'erano mai stati topi o cose del genere, ma il buio amplificava la portata e la minaccia di ogni essere che poteva trovarsi nei paraggi. Così allungai una mano verso il tavolino per prendere il cellulare e fare luce in terra, senza accendere il lampadario per non disturbare i suoi genitori che dormivano poche stanze più in là ma che, avendo la porta a vetri, sarebbero sicuramente stati infastiditi.

Le mie dita sfiorarono qualcosa di duro e lo afferrai. Solo quando la mia mano si chiuse capii che non poteva essere il cellulare. Era qualcosa che aveva delle zampe dure e fine e un corpo grande.

Trattenendo un urlo per puro orgoglio maschile, ho lasciato andare la presa, saltando con tutto il corpo sul divano, mettendomi in ginocchio, gli occhi alla ricerca di quella cosa che doveva essere un ragno enorme.

Non vedendo nulla, cominciai a pensare che magari dovevo aver preso qualcosa sul tavolo che somigliava ad un insetto. Forse era quella canapa che stava utilizzando il padre di lei per riparare il rubinetto.

Pur con il cuore che batteva a mille, mi stesi di nuovo per calmarmi. Ma c'era qualcosa sotto di me che faceva una leggera protuberanza. Sicuro che fossero le lenzuola aggrovigliate nel casino che avevo creato rigirandomi per tutta la notte, mi inarcai leggermente per mettere a posto il tutto con la mano.

Ed è stato in quel momento che ho sentito un dolore lancinante lungo il braccio. Istintivamente ho messo una mano davanti alla bocca, mentre toglievo l'altra da sotto la schiena, portandola davanti agli occhi. La fievole luce dei lampioni mi fece vedere un ragno stretto nel palmo della mano, ormai schiacciato e morto.

Ma il dolore c'era e non capivo da dove provenisse. Sembrava espandersi per tutto il corpo. Mi sentivo bruciare il braccio, come se fosse stato messo sul fuoco. Non urlavo solo per non svegliare nessuno e non far preoccupare lei. La mia parte razionale mi diceva che non stavo soffocando e che quindi non era uno shock anafilattico dato dalla mia allergia. Ma non capivo cosa potesse essere. Anche la mia spalla iniziò a bruciare. Poi il petto, l'addome, le gambe.

Come un fiume in piena il bruciore si espandeva per tutto il mio corpo. Eppure il mio solo pensiero era di non gridare per non dare fastidio. Maledivo me stesso ad ogni gemito che mi usciva. La mia mente ormai delirante si immaginava che i suoi genitori potevano ritenere quei suoni equivoci e andare a controllare se io e la figlia stavamo facendo qualcosa.

Poi so solo che mi svegliai la mattina dopo con i raggi del sole che si facevano d'argento e poi d'oro alla finestra.

Istintivamente mi misi a sedere per guardare la mia mano. Il ragno schiacciato era ancora lì, chiuso in essa. La notte mi era sembrato molto più grosso, invece entrava tutto nel palmo.

Sentendo dei rumori provenire dalle altre camere, gettai il corpo dell'insetto sotto il divano. Quando lo avrebbero trovato avrebbero pensato che era rimasto schiacciato dal divano o magari dalla scopa durante le pulizie.

In quel momento si aprì la porta ed entrò lei, sedendosi accanto a me e dandomi il suo solito bacio del buongiorno, mentre alle sue spalle la madre passava per andare in cucina e preparare la colazione. Le ho sorriso, cercando di non farle vedere quanto in realtà la mia mente era in confusione. La testa mi girava al punto che non riuscivo quasi a comprendere l'alto e il basso. La bocca era secca e tutto il corpo sembrava fosse stato preso a bastonate.

Eppure ero vivo. Non era stato uno shock anafilattico. Ma… cos'era stato?

Lei si avviò verso il bagno per andarsi a preparare ed io provai ad alzarmi. Il mondo sembrò prendere vita, ondeggiando vistosamente, ma ero deciso a resistere per non dare l'impressione che stessi male. La mattina dopo sarei dovuto ripartire per Roma e dovevo tornare a lavorare. Forse una buona colazione mi avrebbe ridato la forza di cui avevo bisogno.

Mi appoggiai al tavolino e fu in quel momento che sentii un leggero pizzicore sul palmo della mano, la stessa che aveva afferrato ed ucciso il ragno. La portai davanti agli occhi, osservandola. Proprio sotto il pollice c'erano due buchini rossi. Non ci voleva molto per capire che quell'insetto si era vendicato della sua morte.

In quel momento mi tranquillizzai. Forse avevo avuto un leggero shock anafilattico, magari amplificato da un principio di influenza, visto che lei aveva un po' di febbre e magari te l'aveva passata. Tornai a sedere sul divano, il mondo che non accennava a fermarsi, e chiusi gli occhi.

Il resto della giornata andò bene. Ogni tanto sentivo delle fitte di dolore in qualche parte del corpo, ma le imputavo sempre a qualche sintomo influenzale. La fortuna fu che tutta la giornata era libera da impegni, avendo fatto tutto il fine settimana precedente. Così guardai insieme a lei dei film, giocai un po' alla console e ogni tanto amoreggiavamo.

Mi sentivo sempre meglio. A volte pensavo di sentirmi "troppo meglio" in un certo senso. Ero troppo reattivo. Tutto mi sembrava più lento delle altre volte. La mattina che sono dovuto ripartire per Roma, il viaggio in macchina fino all'aeroporto mi sembrò di una lentezza unica, eppure guardando il tachimetro vedevo che la velocità era quella di sempre.

Ma non ci facevo poi tanto caso, adducendo sempre una scusa di tipo influenzale a tutto questo. E così atterrai a Roma di prima mattina, andando diretto al lavoro e telefonando a lei per dire che ero arrivato. Poi ho iniziato a gestire le richieste degli utenti.

Tutto come sempre. Peccato per quei fremiti che mi venivano ogni tanto, come se avessi freddo. Eppure sentivo un caldo asfissiante. Ma la cosa andò diminuendo e la sera sembrava che tutto fosse finito. Archiviai l'intera faccenda come la solita influenza che mi veniva per una giornata a tratti e poi spariva senza lasciare traccia. Erano tre anni che non avevo la febbre per più di mezza giornata, quindi era anche giunto il momento che tornasse, no?

Ma la sera stessa ho scoperto che non c'entrava niente la febbre e il presunto shock anafilattico. L'unica cosa che era giusta era il ragno nella mia mano e quei due buchini sotto il pollice.

Come accadeva di solito, la sera c’era in programma il solito caffè con mio cugino, la solita scusa per fare due chiacchiere e stare un po’ insieme. L’appuntamento era sempre al famoso parcheggiane, luogo di ritrovo per tutte le uscite del gruppo.

Mio cugino ritardava, quindi scesi dalla macchina per stare un po’ all’aria aperta. Proprio nel momento in cui ho chiuso lo sportello, ho visto due ragazzi passare lì davanti. Una cosa normale. Eppure quei due stavano facendo qualcosa di strano. Mi guardavano con gli occhi che tradivano interesse. Ero solo. Ero al buio. Una preda facile. Per questo Tentai di risalire in macchina. Ma non è bastato perché un terzo mi è apparso alle spalle e con un coltello mi ha intimato di dargli tutti i soldi che avevo.

Mi aspettavo una reazione come quella volta che mi avevano rapinato, ovvero tremando e consegnando tutto, senza avere la forza di reagire. Invece ho preso la mano che teneva il coltello e gli ho stretto il polso con forza, sentendo con tuo immenso stupore il rumore delle ossa che si rompevano. I due compari corsero subito in aiuto del compagno, ma io salii in macchina per scappare.

Non sapevo dove andare e cosa fare. La prima cosa che mi venne in mente fu quella di mandare un messaggio a mio cugino e dire che l’appuntamento era saltato. E così ho fatto. Poi il tuo vagare mi portò al tuo solito posto: il faro di Fiumicino, il luogo dove mi ritiravo quando avevo voglia di pensare.

Parcheggiai la macchina e cominciai a salire gli scogli che mi avrebbero portato a scavalcare il muro che delimitava la costruzione. Solo la luce della luna mi permetteva di vedere dove mettevo i piedi. Ma la memoria faceva in modo che ogni mio passo fosse sicuro e che anche i punti più pericolosi potessero essere superati con facilità. Erano anni che avevo eletto quel posto come culla dei miei pensieri, quindi non mi aspettavo che mi potesse tradire proprio in cima, quando un sasso che non doveva esserci mi fece inciampare oltre il bordo.

Vedevo l’asfalto avvicinarsi in maniera vertiginosa e allargai le braccia d’istinto, chiudendo gli occhi. Poi un dolore lancinante mi esplose nella testa, facendomi credere che il braccio si fosse staccato dalla spalla. Aprendo gli occhi mi si presentò una scena a cui non credevo.

Ero appeso sulla superficie liscia del muro esterno del faro. Non vi erano appigli. Ma ero saldamente attaccato al muro con la mia mano. Alzai l’altro braccio e lo poggiai sulla superficie liscia, facendo aderire le dita alla parete. E con mia sorpresa sentivo che tenevano.

Preso dall’eccitazione risalii fino in cima, scalando quei pochi metri.

E da quel giorno nulla è stato come prima.

E ora sono qui a scrivere su questo diario quello che mi è successo quel giorno. Ho deciso di lasciare tutto scritto per avere un amico con cui confidarmi, visto che non posso dire a nessuno tutto questo. Tento di rimettermi al lavoro, ma l’unica cosa che riesco a fare è leggere delle mail di qualche collega che mi manda allegati divertenti.

Il solito leggero dolore al braccio mi fa capire che entro breve dovrò trovare un posto nascosto e lanciare le ragnatele dai polsi. Quella sostanza si crea in continuazione dentro il mio corpo e ho bisogno di gettarla fuori ogni tanto altrimenti mi vengono dei dolori lancinanti. Mi scopro a sorridere nel pensare che il principio è lo stesso della masturbazione maschile, ovvero il liberare il corpo da qualcosa che si produce di continuo e che alla fine diventa troppa per essere contenuta.

Magari non tutti la vedono in questo modo, ma non tutti possono arrampicarsi sui muri e lanciare ragnatele dai polsi.

Uscirò dall’ufficio al solito orario e mi incamminerò verso la macchina. Entro breve sarò a casa e sentirò le stesse parole e gli stessi odori. Ma non oggi.

Dopo più di mezz’ora di traffico, mi fermerò in una zona limitrofa alla mia. Parcheggerò in un vicolo buio e aprirò il portabagagli. Da una borsa degli attrezzi estrarrò un costume che è la perfetta riproduzione di quello dell’Uomo Ragno del film. L'ho acquistato in un negozio che fa dei costumi di carnevale a noleggio e l'ho pagato un bel po’ di soldi.

Ma non importa.

Perché ora l’Uomo Ragno esiste.

E sono io!

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Mi sono portato il diario al lavoro per passare un po' di tempo parlando di me, o parlandomi. Questa mattina non c'è nulla da fare perché il lavoro sono riuscito a chiuderlo prima di stasera, quindi un po' di svago mi ci vuole.

Se potessi uscirei fuori e comincerei a volteggiare per la città che, pur con i suoi palazzi non altissimi, comunque offre sempre delle emozioni uniche nel suo genere. Arrampicarsi sul Colosseo, sull'Altare della Patria, in cima gli obelischi... sono tutte cose che non pensavo potessero dare così tanto. E poi... gli sguardi della gente che non perde occasione per indicarmi, i bambini che chiamano il mio nome per ricevere un po' della mia attenzione, anche un minimo sguardo. Tutto bellissimo, troppo bello davvero.

Eppure non posso condividere questa gioia con chi vorrei. Tante sono le minacce. Più di una volta ho visto gente che mi seguiva mentre volteggiavo. E non erano semplici criminali in cerca di gloria, in cerca di quella fama che può dare l'uccisione di un supereroe, il primo in Italia e forse nel mondo... il primo vero. Sono tanti quelli che vorrebbero gridare quel ritornello di quella canzone degli 883, la prima. "Hanno ucciso l'Uomo Ragno", un verso che mi fa rabbrividire ormai. E pensare che in passato era una delle canzoni che ascoltavo più spesso.

Be', di sicuro sono un'attrazione, sia per chi vuole semplicemente vedere un supereroe dal vivo, sia per chi vorrebbe studiarmi e magari impiegarmi per i suoi sporchi scopi. Immagino quante siano le associazioni criminali che mi vorrebbero con loro. Ma ho fatto la mia scelta, una scelta che risale a 12 anni fa, quando ancora non potevo mimamente sospettare che sarei diventato quello che sono.

Già, 12 anni fa morì la mia Gwendolyne. Buffo pensare che il suo nome sia uguale a quello della ragazza dell'Uomo Ragno dei fumetti, uccisa proprio da lui, bel tentativo di salvarla da una caduta dal ponte. Goblin l'aveva lanciata di sotto e l'Uomo Ragno (mi suona buffo ormai usare questo nome per un personaggio dei fumetti) aveva cercato di salvarla afferrandola con una ragnatela... ma lo strappo le aveva spezzato l'osso del collo. Ed io, pur se non avevo superpoteri o supecriminali da combattere, non ero riuscito a raggiungere la mia Gwen per salvarla da una macchina in corsa che la travolse.

Che schifo di protettore che ero!

Per il resto della mia vita mi tormentavo dicendomi che avrei potuto fare di più, incolpando me ed il destino che non mi aveva creato più reattivo e veloce.

Ed ora sono sia reattivo che veloce, quindi non voglio che succeda niente di simile a quel giorno. Ho un potere che mi permetterebbe di diventare ricco solo rapinando quello che voglio, ma non lo faccio perché ho scelto.

Eppure, nonostante abbia un poter così grande, non mi serve a niente per raggiungere lei. Ci metterei un po' a volteggiare tra i lampioni della Salerno-Reggio Calabria. E poi dovrei imbarcarmi lo stesso su un traghetto per andare in Sicilia e da lì volteggiare di nuovo fino alla meta.

Ci metterei dei giorni.

Inoltre non sarebbe neanche salutare aggrapparsi ad un aereo che vola ad un'altezza tale che la teperatura scende fino a -40 gradi. Senza contare che la velocità mi avrebbe già staccato la carne dalle ossa.

Vabbe', dettagli.

Mi basta sapere che la sto per sposare e che andrò a stare da lei.

Chissà come la prenderebbe se sapesse. Si preoccuperebbe per la mia vita, ne sono sicuro. Infatti molte volte, pur essendo da poco che ho questi poteri, ho la tentazione di smettere per non rischiare nulla e quindi non farle del male, in caso mi succedesse qualcosa.

Ma il fatto è che adoro questi poteri ed adoro volteggiare per la città. E quando sento richieste di aiuto non posso fare a meno di accorrere. Anche se so che molte volte è solo un desiderio represso di fama.

Sono un supereroe.

E al momento sono l'unico.

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  • Administrators

Udine è una città vecchia. Non perché sia particolarmente ricca di edifici e avvenimenti storicamente importanti (oh, certo, ci sono anche quelli), ma perché la vita di ogni giorno prosegue col placido passo del pensionato. Udine è la città dove puoi andare in qualsiasi posto a piedi, dove non succede mai niente di importante.

O almeno così pensavo.

All'inizio non ci avevo fatto caso; erano piccoli incidenti, di quelli che succedono ogni giorno. Poi, però, mi sono accorto che la frequenza con cui accadevano questi "piccoli incidenti" si stava facendo preoccupante, e la cosa più strana era che io ero l'unico a notarlo! Luci ed elettrodomestici che si accendevano e spegnevano senza che nessuno li toccasse, cellulari che d'un tratto ricevevano stazioni radio, floppy disk e nastri inspiegabilmente cancellati...

Mi sono reso conto che ero io quando piccoli oggetti di metallo hanno cominciato a rimanere come incollati alle mie mani.

Ragionando a mente fredda, nella solitudine della campagna del mio paese, i fenomeni che mi avevano così incuriosito erano effettivamente tutti di natura elettromagnetica. Era logico che nessuno li avesse notati: dal momento che erano causati da me, ero l'unico ad aver assistito a tutti loro. Io, che da poco mi ero appassionato ai fumetti di supereroi, adesso avevo in qualche modo i superpoteri di uno di loro ma, ironia della sorte, erano i poteri di uno degli uomini più malvagi di quelle storie: Magneto!

Tornai a casa immerso in cupe riflessioni. Certo, le mie nuove capacità, una volta imparato a controllarle, non erano che uno strumento; i fini per cui le avrei utilizzate erano una mia scelta. Ma sarei riuscito a controllarle? Soprattutto, se lo avessi detto a qualcuno, avrebbero capito? Già mi immaginavo: "Ciao, sono Magneto!" "Magneto chi, quello cattivo?"

Cenai in fretta. La TV quella sera non mostrava altro che un'insieme di righe grigie, perciò decidemmo di spegnerla. Dopo cena, salii nella mia cameretta, in mansarda e quindi isolata dal resto della casa, con una manciata di posate della cucina.

Seduto alla mia scrivania, mi concentrai su un cucchiaino, per vedere se riuscivo a piegarlo. Dopo un minuto, tutti gli oggetti metallici della stanza si erano appiccicati al mio corpo, come attratti da un'enorme calamita; persino la rete del letto si era avvicinata di un paio di metri, ma il cucchiaino faceva ancora bella mostra di sé. Spaventato, rinunciai ad ulteriori esperimenti e andai a dormire, molto agitato e con la stanza che pareva un campo di battaglia.

Quello però era stato solo il primo tentativo. Di solito, davanti alle difficoltà, io mollo tutto e me ne vado; questa volta mi rendevo conto che il mio "potere" era parte di me, e che se non avessi imparato ad usarlo avrei potuto far del male a qualcuno. Dopotutto, Spiderman insegna che da un grande potere derivano grandi responsabilità.

Le prime volte lo sforzo fu tale che vomitai. Allora mi decisi a considerare il problema da un'altro punto di vista. Accesi un bastoncino d'incenso e mi sedetti a gambe incrociate, con gli occhi chiusi, sul tappeto della mia camera. Il mio errore era stato di cercare di impormi sugli oggetti, come in un braccio di ferro tra la mia volontà e la struttura ordinata del metallo. Invece, dovevo sentire gli oggetti, percepire i campi elettromagnetici, e poi agire in maniera delicata su di essi.

Rimasi in attesa per più di un'ora. L'incenso si era da tempo consumato. Poi, aprii gli occhi e da quel momento il mondo non è più stato lo stesso per me. Avevo raggiunto un grado di equilibrio interiore tale da aprirmi una vista che non è degli occhi; vedo le linee tracciate dai cavi della corrente, dal campo del mio cellulare, da me stesso. Con un semplice gesto, il cucchiaino che era ancora sulla mia scrivania si posò sul palmo della mia mano, e un attimo dopo era piegato a metà.

Adesso avevo una maggior consapevolezza delle mie capacità, ma non per questo avevo imparato ad usarle nel migliore dei modi. Dovevo scoprire fino a dove i miei poteri possono arrivare; Magneto in quarant'anni di fumetti ha fatto qualsiasi cosa, è riuscito persino ad invertire il campo magnetico terrestre... Ma soprattutto non potevo rischiare l'incolumità di persone innocenti per i miei esperimenti. Scrissi un biglietto per la mia famiglia, riempii lo zaino di vestiti, e mi incamminai verso il mio destino.

Ormai sono tre settimane che sono lontano da casa. Adesso riesco a modificare i campi magnetici con un semplice pensiero, come se lo avessi sempre fatto, e sono sicuro di avere il pieno controllo sulle mie capacità. Ora devo trovare il modo di utilizzare i miei poteri in maniera utile per gli altri, senza scatenare il panico (ho letto abbastanza giornalini degli X-Men per sapere cosa potrebbe succedere). E, già che ci sono, voglio scoprire se sono l'unico "supereroe", o se ce n'è altri come me.

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Non so se ringraziare o meno il mio amico.

Mi ha chiamato al cellulare, chiedendomi se fossi disponibile ad accompagnarlo a casa di una ragazza, dato che aveva portato la sua macchina dal meccanico a causa di uno strano rumore al motore. La cosa non mi è mai sembrata particolarmente ortodossa: da quando ci si fa accompagnare a casa della una ragazza che si vorrebbe intortare?

Forse sono troppo gentile per dire no.

Così sono andato a casa sua (arrivato con cinque minuti di ordinario ritardo), l’ho fatto salire e siamo ripartiti. Ma me lo sentivo che qualcosa sarebbe andato storto.

E, come sempre in questi casi (dannata Legge di Murphy), l’imprevisto si è materializzato, sotto forma di un pacchetto di profilattici dimenticato a casa. Poco importa, ho pensato: eravamo nei pressi di una farmacia; mi fermo, scendo, mi faccio dare i soldi e prendo un pacchetto dal distributore. Perché io? Per chi non crede nel destino, diciamo che l’ho fatto perché io non ho vergogne, mentre il mio amico ha ancora una dignità da preservare e non ci teneva poi così tanto a mostrarsi presso una di quelle macchinette nel quartiere in cui abitano i suoi zii. Per chi ci crede... era destino.

Insieme al pacchetto era caduto un piccolo oggetto scuro. Incuriosito, l’ho preso. Sembrava una pallina, o piuttosto una di quelle grosse pillole simili ai confetti Falqui. Era nera e lucida. L’ho messa in tasca, e sono tornato alla macchina. Tempo dieci minuti, ed avevo effettuato la consegna di materiale umano, pronto per riprendere i miei affari quotidiani. Che, in quel venerdì sera, consistevano nell’andare a vedere un film d’azione in completa solitudine, dato che il resto del branco era occupato in altre faccende, quali studiare e amoreggiare.

Per quanto riguarda lo studio, avevo appena dato un esame, e non ce ne sarebbero stati altri per almeno due mesi.

Per quanto riguarda l’amoreggiare… possiamo passare a qualche altro argomento?

A casa mia non c’era nessuno: mamma, papà e fratellino erano a cena fuori, portando morte e distruzione (a causa di mio fratello, naturalmente) in qualche ristorante; non riescono mai ad uscire a causa degli impegni di mio padre, per una volta che ne hanno la possibilità ne approfittano.

E anche io.

CD dei Rammstein nello stereo dello studio di papà, chat pronta all’azione e climatizzatore acceso: cosa potevo volere di più?

Mi sono seduto su una delle poltroncine ergonomiche per gli ospiti, ed ho sentito qualcosa pungermi il sedere. Tirai fuori dalla tasca l’imprevisto oggetto, che si mostrò a me sotto forma della “pasticcona” caduta insieme al pacco di profilattici. Si era rotta su un fianco, e un liquido scuro ne stava colando fuori.

E’ questo il mio problema: leggo troppo, ma dimentico subito quello che leggo. Più che altro, le immagini mi si sedimentano nella memoria, e ci vuole del bello e del buono per tirarle fuori. Per questo non sono riuscito a reagire in tempo, sebbene avessi già presente, almeno in parte, quale sarebbe stata la mia situazione di lì a qualche momento: avvolto in un bozzolo di icore scuro.

Come da copione, non ricordo cosa successe in quel preciso momento. Ricordo più che altro delle impressioni fisiche, di calore, di qualcosa che era attorno e dentro di me. Ma era un qualcosa di vivo, per quanto il pensiero sia, ancora oggi, a più di una settimana di distanza, orrido.

Qualcosa che mi parlava, che mi chiedeva ospitalità. Non era di questo pianeta, di questo ero sicuro, anche se non so come abbia fatto a comprenderlo. Era un simbionte: chiedeva qualcosa in cambio di un favore. Do ut des.

Già immaginavo quale sarebbe stata la richiesta, ma per fortuna (almeno stavolta) l’immaginazione aveva di gran lunga superato la realtà. La creatura voleva solo un corpo in grado di ospitarla e fornirle il necessario nutrimento. In cambio, mi avrebbe protetto.

Sapete qual è uno dei miei super-villain preferiti?

-MikeT

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  • Administrators

Alla fine sono tornato a casa.

Dopo 25 giorni di lontananza, avevo ottenuto la certezza di non essere più un pericolo per chi mi circonda. Non è stato un problema ritornare: i miei genitori si sono sempre fidati di me e sanno che se sono mancato ci doveva essere una motivazione seria. Non hanno fatto domande, e io non ho voluto dare spiegazioni: non me la sento di mentire spudoratamente, ma non credo sia ancora il momento di svelare il mio segreto, anche se sono convinto che i miei riuscirebbero in qualche modo ad accettare di avere un figlio fuori dal comune.

Sono tornato alla routine di ogni giorno. O almeno cerco di convincermi che sia così, mentre a poco a poco il mio potere diventa parte integrante della mia vita. Mi alzo molto presto la mattina, perché adesso ho bisogno di molte meno ore di sonno. Il mio corpo agisce, senza che neanche me ne accorga, come una specie di "ionizzatore", allontanando quegli accumuli di radiazioni e energie negative che accumulano la tensione nervosa.

Mi sono procurato, grazie ad un mio amico che lavora in un'officina, una discreta quantità di finissima limatura di ferro. Al mattino, prima di vestirmi, lascio che questa sottilissima polvere ricopra il mio torace, in modo da avere sempre a portata di mano qualcosa su cui agire. Con un minimo sforzo di concentrazione, posso dare a questo metallo la forma che voglio, compattando i granelli tra loro in una sfera, o una sbarra, o quello che voglio, e tenendole coese grazie al mio stesso campo magnetico.

Agendo sul ferro contenuto nel sangue, riesco persino a fermare piccole emorragie. Quest'ultimo potere può sembrare inutile, perché ora come ora è sufficiente a malapena a rimediare ad un ginocchio sbucciato; ma Magneto nei fumetti riusciva addirittura ad invertire il flusso sanguigno delle persone mandandole k.o. in un batter d'occhio...

L'estensione dei miei poteri non va molto più in là di così. Il vero Magneto riderebbe di me se osassi paragonarmi a lui, prima di farmi a brandelli con un gesto della mano. Non sono abbastanza forte per fermare un'automobile in corsa, o per piegare un lampione; ma mi alleno ogni giorno, e a poco a poco riuscirò a sviluppare le mie straordinarie capacità.

Nel frattempo ho ripreso gli studi all'Università. Ogni giorno vado nella grande biblioteca comunale di Udine a leggere tutti i quotidiani che posso, in cerca di anche un minimo segno della presenza di altri super-umani. Mi piacerebbe trovare qualcuno che riesca a dare una spiegazione a quello che mi succede; non posso essere un mutante (avrei dovuto manifestare già da tempo le mie qualità). Guardando in faccia i miei compagni di corso, le persone che mi passano accanto ogni giorno, non posso non chiedermi se qualcun altro si è svegliato scoprendo di non essere più un semplice uomo.

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Salve diario. Rieccomi qui a scrivere di me e di queste nuove capacità. Non avrei mai pensato di scrivere un diario, visto che ci ho provato più volte, annoiandomi a morte o non sapendo che cosa dire.

Invece ora ho molto da dire, molto da narrare... e inizio a capire chi dice di avere il solo diario come confidente con cui sfogarsi.

Ieri ho notato una cosa.

Ogni volta che salvo delle persone mi ringraziano e sono ammirate e felici di vedermi. Qualche volta mi viene il malsano sospetto che tentino di mettersi nei guai solo per essere salvate da me. Sono una tale celebrità che ormai faccio notizia anche solo se starnutisco.

E pensare invece che al lavoro le cose non vanno bene, visto che sono in attesa dell'assegnazione di un incarico. Ammetto che non me ne frega niente, visto che tra breve dovrei trasferirmi a Palermo, ma la cosa mi dà alquanto fastidio, visto che lodano tanto la mia bravura eppure mi usano solo quando c'è da recuperare qualcosa che è andato fuori controllo. Se sapessero chi sono mi terrebbero anche solo per farsi pubblicità e dire "l'Uomo Ragno lavora per noi"... o roba simile.

Ma non posso dirlo a nessuno, nemmeno alla mia ragazza. Figuriamoci quindi se lo andrò a rivelare a loro.

Comunque, dicevo delle persone che vengono salvate da me.

Ogni volta mi accorgo che la loro faccia è strana, pur se grata e felice. E non capivo mai perché. Era come se ci fosse qualcosa che dà loro fastidio. E non capivo cos'era.

Finché ieri sera decido di andare a farmi una volteggiata in santa pace al centro di Roma. Sarei partito dalla mia modesta periferia e sarei andato direttamente nel pieno della vita cittadina volteggiando tra i lampioni e usando il passaggio di camion e autobus. A volte invidio l'Uomo Ragno dei fumetti che volteggia tra i grattacieli.

Alla fine, dopo aver aspettato l'uscita dei miei da casa, sono sceso in macchina ed ho aperto il portabagagli, tirando fuori la mia borsa, nascosta sotto la ruota di scorta. L'ho portata su casa e l'ho aperta... ed ho capito la faccia strana delle persone che salvo.

Il mio costume puzza!

Non potendolo mai lavare, lo metto dentro la borsa appena me lo tolgo, quindi non è proprio fresco come una rosa.

Meno male che i miei se ne erano andati... così ho potuto fare la lavatrice.

E da domani l'Uomo Ragno sarà fresco come una rosa!

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Ho deciso! :twisted:

Arrivo anche io tra un po'.... :twisted:

Ah, sarebbe meglio modificare i nostri commenti fatti finora mettendoli in piccolo, come nelle altre storie, cosi ci si confonde meno.. ;)

anzi no..mi sono accorto che solo io avevo scritto in grande :oops:

Poi ora, dopo che sono passate alcune ore, ci sto ripensando.

Nel senso che joram ha proposto di scrivere come ci comporteremmo se avessimo dei superpoteri..e io volevo fare il malvagio qua, quando nella vita reale nn riuscirei proprio a farlo.

Uhm..me ne sbatto e lo fo lo stesso, sperando che vada bene :twisted::wink:

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Poi ora, dopo che sono passate alcune ore, ci sto ripensando.

Nel senso che joram ha proposto di scrivere come ci comporteremmo se avessimo dei superpoteri..e io volevo fare il malvagio qua, quando nella vita reale nn riuscirei proprio a farlo.

Uhm..me ne sbatto e lo fo lo stesso, sperando che vada bene :twisted::wink:

Be', dopo aver acquisito dei poteri potresti anche cambiare, no? :wink:

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Be', dopo aver acquisito dei poteri potresti anche cambiare, no? :wink:

si infatti, ci avevo pensato, anche se non credo.

Ma questo offre uno spunto narrativo tutto nuovo per me, il motivare il cambiamento e descriverlo..quindi accetto la sfida e provo (forse stasera..).

Presto per le strade camminerà uno strano essere peloso.. :twisted:

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