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Capitolo Zero: Incubo


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13 ore fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:15 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni || @aykman

Fumo e scorci di fiamme si estendono al di sopra dell'orizzonte orientale. E' quasi il tramonto, e il cielo rosso e ocra si tinge ancora di più dei colori del fuoco da quella direzione, come se l'intera volta celeste fosse stata a sua volta dipinta dai lapilli e dai fumi emanati dalla Cintura d'Onice. Che spettacolo terrificante eppure maestoso, epico. La natura non si risparmia in luoghi come quello, dando fondo a tutta la sua ecletticità.

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Ne sei a debita distanza; ci vorrebbero forse due giorni di viaggio per arrivare fin lì con la Incubo - idea che non ti passa nemmeno per l'anticamera del cervello; se come diceva il capitano della Folgore, l'orco Marbalus, nessuna delle sette spedizioni partite finora era mai tornata - e si trattava di navi una più incredibile dell'altra, a star sentire la ciurma - figuriamoci la tua piccola imbarcazione che, manco a dirlo, a malapena si regge in piedi.

Sei in viaggio da qualche mese e se continui a seguire il profilo della costa a ovest, Capo Ventura dovrebbe spuntare da un braccio del promontorio allo scoccare del nuovo giorno. Riguardi le carte un'ultima volta: per ora ti sembra di star andando bene; certo, ne hai fatta di strada da Solyst: hai superato il golfo di Nuova Minos qualche giorno fa, e ti manca davvero poco per raggiungere la tanto agognata destinazione.

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La tua borsa da viaggio è lì di fronte a te; all'interno possiedi il documento che ti servirà per iniziare la tua nuova vita, magari da mercenaria, magari da Pioniere o chissà che altro...! Capo Ventura è il punto di partenza per le più grandi avventure sulla bocca di tutti i marinai...chissà se un giorno finirai anche tu ad essere uno dei personaggi di quelle fantastiche storie.

La brezza da est porta un lieve odore di fumo con sé, ed il mare è relativamente calmo; procedi spedita verso nord, aggiustando di tanto in tanto la rotta della tua unica vela triangolare.

Spoiler

//Sei nell'esagono immediatamente a sud di Capo Ventura; visto che la Incubo va a 2,25km/h e sei a circa 12km da Capo Ventura, a mezzanotte arriverai a destinazione.

 

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Guardo il cielo pensierosa, la mente che vaga senza riuscire a fissarsi su nulla. Un'altro tramonto, un'altra notte, un'altro giorno; avanti e sempre avanti, cocciuta e testarda peggio di un mulo. L'eccitazione è sfumata oramai, persa tra sudore, acqua di mare, fame, sete e stanchezza. Che stupido azzardo, mettersi in mare con una scialuppa vecchia e decrepita, da sola e senza nulla più di una speranza, un sogno. Sospiro, uno sbuffo stanco e piuttosto pacato portato via dalla brezza di terra. Arriccio appena il naso quando percepisco l'odore di vegetazione e roccia calda insinuarsi sotto le onnipresenti note di mare. Guardo verso terra, l'affascinante profilo delle colline dietro la spiaggia, quella terra immobile e immutabile così diversa da Solyst. Un crampo di nostalgia mi assale e istintivamente quanto stupidamente mi volto a ovest, guardando la scia di Incubo allungarsi fino a quell'orizzonte lontano che nasconde la mia casa. Rimugino sulla casetta scalcinata, l'eremo di famiglia aggrappato a viva forza alla roccia, ma così vicino al mare da non dover fare 20 passi per arrivarci; e mentre ci penso, mi arrampico sulle sartie fino alle crocette, per avere una visuale migliore. Solo quando ci arrivo asciugo con rabbia una lacrima, con un veemente gesto del braccio e un secco  Ma ti pare? La voce esce bassa e roca di bocca: sono settimane che non ho nessun interlocutore, a parte qualche raro pescatore con cui mi sono intrattenuta brevemente solo per scambiare cibo e posizione. Ancora seccata con me stessa, rivolgo l'attenzione alla prua, puntata a una quarta a nord di est, cercando di discernere le forme di un abitato sulla costa, sperando con tutto il cuore che sia questo il giorno in cui finalmente toccherò terra: nonostante abbia passato più tempo in mare, agogno sinceramente a fermarmi finalmente, avere un pasto caldo e un bagno dove lavare via il sale dalla pelle. Indugio ancora a lungo sull'albero, fin quando le speranze si fondono con le certezze di luci, luci lontane che bucano l'oscurità che arriva da est. Il cuore comincia a bussare forte e lo stomaco a contrarsi, l'eccitazione dei primi giorni torna a gran voce a farsi sentire, in coro con le speranze, le aspettative e il timore della vita che l'aspetta in quella città da favola di cui ho tanto sentito parlare. Scivolo giù da un paterazzo, bevo un sorso e con fare deciso libero la scotta dalla galloccia, cazzandola mentre porto il vento al traverso e la prua un pò più a nord, verso il faro. Tengo a bada la tensione mangiando freneticamente un boccone  dietro l'altro di pesce sotto sale, innaffiandolo di tanto in tanto con l'acqua, sapendo benissimo che non devo più razionarla: la città che man mano va crescendo nel buio incombente è la più grande che ho visto, e le numerose luci che me la indicano  semplici da seguire. Non mi prendo nemmeno la briga di terzarolare la vela, sono smaniosa di arrivare. Perdo tempo unicamente per accendere i fanali, concessione alla sicurezza  strappata con difficoltà all'ardente fiamma dell'eccitazione che mi abbaglia. Un sorriso orgoglioso mi illumina il viso quando finalmente viro per entrare nel porto scarsamente trafficato, visto il tardo orario. Ringrazio il nervosismo che mi tiene sveglia mentre porto Incubo verso un gruppo di pescherecci ormeggiati ad un piccolo molo, l'unico che ho notato ancora trafficato a quest'ora: forse uno di loro che ha tardato, obbligando i portuali a rinunciare ad un paio di pinte per scaricare. Spero che qualcuno sia ancora sveglio sussurro piano, le labbra meno screpolate e la voce più fluida, ora che mi sono idratata a dovere, rivolgendo il pensiero agli ufficiali del porto e pregando in cuor mio che le mie parole siano profetiche. L'idea di dormire anche stanotte in barca mi sembra intollerabile tutto ad un tratto. Accarezzo piano il legno della fiancata, mentre con tono di scusa aggiungo piano Ti voglio bene, lo sai, sei la mia piccolina, ma per una notte puoi anche dormir sola. Sei cresciuta adesso. Sei una signorina, non una mocciosa. Sei grande e forte. Ti prometto che domani sarò qui a darti il buongiorno. Ripenso fugacemente alla quantità stupidamente elevata di problemi, avarie e sfortune che hanno costellato la traversata sul mio piccolo guscio di noce, e alla fortuna che mi ha accompagnata sana e salva fino a qui. Senza, non so proprio come avrei potuto tenere unito quell'ammasso di legno, pece, tela e corde che mi ha fatto attraversare l'intero continente da una parte all'altra. Calo la vela, lasciando che l'abbrivio mi porti verso la banchina, e nel frattempo preparo le cime per l'ormeggio: un paio di portuali mi hanno finalmente notato e tra grida e gesti mi stanno guidando a terra. Di nuovo, la stanchezza scivola via mentre l'eccitazione cresce, il sorriso si allarga mentre lo stomaco si stringe. 

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Il 2/8/2019 alle 12:40, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:30 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni

Gli uomini che vengono ad aiutarti hanno un'aria familiare: una donna e un uomo dalla carnagione scura con in mano fiocine grondanti sangue di balena. Klaus e Sylis ti guardano fieri e ti dicono: "Bentornata a casa! Hai già fallito?" ti guardi attorno e delle luci di Capo Ventura non rimane che la fioca illuminazione serale di Solyst, con pescherecci al posto delle fregate ormeggiate nel porto e una dozzina di casupole invece dei palazzi in muratura sulle strade che pullulano di gente a quell'ora della sera. Ti guardi indietro e la tua Incubo affonda miseramente a pochi metri da riva come se fatta di carta, colando a picco senza che tu possa farci nulla.

Poi, ti svegli. Ti eri appisolata in preda al troppo sforzo e ti accorgi che non ti sei mossa tantissimo da dov'eri quando hai iniziato a darti da fare con le vele; il sole non è ancora tramontato e l'odore di fumo che porta il vento dell'est ha impregnato i tuoi vestiti.

Ti rimetti in sesto in fretta e dai una sistemata alla randa perché l'imbarcazione riprenda la sua direzione originale, spostatasi di qualche grado a ovest mentre eri nel mondo dei sogni; anche se lievemente stordita dal tuo risveglio improvviso, la tua attenzione per i dettagli resta sempre formidabile: qualcosa brilla sul fondale, una luce lieve e pulsante che illumina l'acqua limpida esattamente sotto di te.

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Spoiler

//Percezione passiva: 21

 

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La rabbia mia assale, quasi sopraffacendo la mia capacità di giudizio. Come di riflesso, svento la vela, perdendo immediatamente abbrivio, viro e mi metto in panne col vento in prua. Prendo un pò d'acqua e mi sciacquo la faccia, mentre la tristezza sostituisce la rabbia. Una minuscola parte del cervello registra l'evento come rarità: è arduo farmi adirare, ma una volta surriscaldata, è anche peggio farmi sbollire; altro dato degno di nota, sono davvero stanca se un tramonto e un pò di nostalgia bastano a mettermi ko. Sospiro, prendendo un'altra bracciata d'acqua e lasciandola scorrere dal volto al collo, bagnandomi le spalle e il petto, cercando di risvegliarmi. Mi guardo attorno, giudicando la posizione non troppo sbagliata: mi chino a dare un bacio alla falchetta di Incubo, aggiungendo un roco Brava piccolina mentre rifletto sulla buona stella  che ha fatto di questa bagnarola un'essere sgraziato e lento, ma resistente tanto al mare quanto alla voglia di cambiar rotta. Prendo la fiasca, ripensando alla sete che avevo così felicemente placato durante il sonno e che ora torna prepotente a farsi sentire, mentre calcolo quanto ancora manca. Dopo un paio di sorsi la fronte si distende e così pure la rigidità delle spalle. Solo un paio d'ore in più. Forse è il caso che ci mettiamo in panne e aspettiamo l'alba, tesoruccio. Chino lo  sguardo sul profilo della vela. Sono troppo stanca, e lo sei anche tu. Ma se ci facciamo un'altro viaggetto come quest'ultimo, rischiamo di non arrivare altro che sul fondo. Rabbrividisco appena mentre una folata di vento di terra porta una zaffata dell'odore di roccia e vegetazione fino a me. Mi aggrappo automaticamente ad un paterazzo per evitare che il rollio mi mandi gambe all'aria, pensando ai preparativi per la notte, quando la luce pulsante sotto di me si impone finalmente ai miei occhi. La guardo con un misto di timore ed eccitazione, un qualcosa tanto inatteso quanto bello e affascinante. Rimango imbambolata a fissarla attraverso i  flutti, combattuta tra la tentazione e la paura. Tanto non arrivo comunque prima di notte fonda esclamo scrollando le spalle. Giudico la profondità con occhio critico, consapevole di essere una nuotatrice capace ma poco resistente, quindi raccolgo una bracciata di corde e le annodo insieme. Dopo averne stretto due assieme ed aver fissato alla galloccia un'estremità, mi do da fare a cercare qualcosa da usare come peso. Mi spazientisco un poco notando che la luce si affievolisce pian piano, ed urlo un Vuoi collaborare per favore rivolgendomi ad Incubo con tono di rimprovero, fino a che lo sguardo non si posa sul secchio degli attrezzi. Sono di ferro urlo giubilante. Mentre li ficco rapidamente in un barilotto vuoto e lo chiudo battendoci contro i pugni, continuo con tono più pacato Lo so che non è la mossa più furba del repertorio, grazie tanto. Adesso stai tranquilla e fai la guardia. Torno in un momento....Spero Mi slaccio il busto con movimenti frenetici e levo il top, buttandoli sul fondo della barca, la gonna li segue un attimo dopo. Fisso ancora la luce sul fondo stringendo il barile, cercando dentro di me il coraggio per tuffarmi. Guardo un'ultima volta attorno, il vasto mare infinito, interrotto solo dalla costa a nord. Lascio cadere il barile, facendo scorrere un paio di braccia di cavo prima di tuffarmi e farmi tirare giù. 

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7 ore fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:31 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

120m di profondità, 12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni || 60 secondi di ossigeno

Cali rapidamente verso il fondo, con la luce che pian piano ti lascia alle tenebre dei fondali. Solo quel bagliore ti guida nell'oscurità, dove cadi via via più giù grazie al peso degli attrezzi che nell'arco di un minuto ti portano al centinaio di metri di profondità: e lì la vedi. Una donna dalle vesti candide che ti chiama con un canto meraviglioso nelle profondità.

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La sua pelle emana una luce pulsante ed un nonsoché di angelico; ti guarda e ti allunga una mano, che ti basterebbe scendere di altri quattro o cinque metri per coglierla.

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//Sott'acqua nuoti a 6m/rnd, e puoi starci fino a un massimo di 1+COS (quindi 2) minuti senza respirare.

 

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Guardo stupefatta la visione luminosa, mentre il terrore e la meraviglia mi assalgono in egual misura. So di non avere molto tempo a disposizione per decidere cosa fare, quindi pondero affrettatamente le mie possibilità: aspettare potrebbe essere peggio. Raccolgo il coraggio e fisso la corda con intensità per un momento fugace, riponendo in lei la mia speranza di riguadagnare la superficie in tempo. Mi volto e mi spingo sotto, verso la figura luminosa in candide vesti. Una sola bracciata e sono li ad un palmo dalla figura, combattuta sul toccarla oppure no. Il terrore mi assale, irrazionale e immenso: il terrore di non fare a tempo a risalire; l'attrazione per l'abisso, oscuro ed enorme; la figura fluttuante a portata di mano, luminosa e così...così... reale. Non so come comunicare, non so nemmeno se comunicare, non so cosa sto facendo. Mi limito ad ascoltare quella voce angelica e impossibile, resistendo all'idea di allungare la mano e toccare quell'essere, una tentazione enorme mentre riecheggiano nella mia mente leggende di sirene tentatrici che col loro canto hanno portato alla rovina i marinai.

 

Spoiler

Mi concedo di contare fino a dieci mentre ascolto le parole dell'essere: se capisco cosa dice o riesco in qualche modo a comunicare, avvio una conversazione per capire le sue intenzioni. Diversamente, allungo il braccio e lentamente tento di sfiorare le dita dell'essere.

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13 ore fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:31 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

134,5m di profondità, 12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni || 30 secondi di ossigeno

La figura emana un debole tepore ma non pronuncia alcuna parola. Tiene l'avambraccio allungato verso di te, le dita affusolate in cerca della tua pelle per stringerti e avvicinarti ancora di più alla misteriosa figura.

50 secondi.

Non puoi più aspettare: le dai la mano e questa ti trascina ancora più in profondità, giù verso l'abisso. Anche se il suo volto ti è oscuro a causa della luce dietro di lei, hai l'impressione che ti sorrida.

40 secondi.

Senti il fiato iniziare a diventare pesante nei tuoi polmoni, tu che non sei un pesce né un elfo d'acqua, ma la donna continua a portarti giù nell'abisso verso acque sempre più fredde e oscure; la luce che la precedeva si affievolisce man mano finché non resta nient'altro che oscurità.

30 secondi.

E quando ormai è chiaro che non avrai il tempo né la forza di risalire, la stretta al tuo braccio diventa più forte e un paio di occhi gialli appaiono nella semi-oscurità. Ciò che resta della donna bellissima evanesce come una goccia d'acqua su una balaustra di ferro bollente ed al posto della sua mano un tentacolo continua a trascinarti giù, quest'ultimo attaccato a una strana forma di pesce mostruoso dagli occhi ferini e zanne acuminate.

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Modificato da Bellerofonte
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Panico. Stiamo andando giù, troppo in fretta, troppo sotto. Sono una stupida. Solo un marinaio d'acqua dolce si lascia abbindolare così, e quello sono, altrimenti non avrei fatto una cosa tanto stupida. Mentre lacrime roventi si perdono in un mare di altre lacrime, sempre più ghiacciate, la paura si fa più piccola nella mente e monta la rabbia: un cocente desiderio di rivedere ancora i miei, di non lasciarli così presto, infonde vigore e volontà alle mie membra.  Tento di forzare la presa, sfruttando quel poco che posso la mia agilità per sfuggire al tentacolo, per difendermi, per non lasciarmi morire  inerme come un cucciolo di foca, ma lottando come un'otaria anche se la lotta non può condurre alla vittoria.

Spoiler

Non ho ancora capito bene le meccaniche della lotta in 5.0, quindi non so esattamente che prova fare per sfuggire alla presa, ma ci tento subito. 

 

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43 minuti fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:31 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

129m di profondità, 12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni || 24 secondi di ossigeno

Altri due tentacoli cercano di tirarti giù ma tu non ti fai mettere sotto: la tua volontà di fuggire è abbastanza da permetterti di sgusciare via da quella morsa come un'anguilla tra le mani di un pescatore; inizi a nuotare su senza guardarti indietro, lasciando il mostro ammaliatore dietro di te.

Spoiler

//Per sfuggire a una lotta puoi usare Forza (Atletica) oppure Destrezza (Acrobazia) in contrapposizione a Forza (atletica) del tuo avversario.

// Destrezza (acrobazia): 22, 24, 22 porca zozza che tiri

 

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Sguscio via per miracolo alla presa, e senza pensare anche solo un momento alla vendetta, mi lancio disperata in avanti, in cerca di luce e aria. Muovo freneticamente le gambe, le braccia due macchie confuse che aprono la strada, in mente solo l'obbiettivo di risalire. Senza la luce della donna pesce il mare sembra scuro e vuoto, ma i miei occhi fissano in alto, cercando di percepire il cambio di luminosità che contraddistingue la superficie; non spreco nemmeno un secondo a controllare indietro se l'essere mi segue ancora; non spreco nemmeno un briciolo di energia mentale a darmi della stupida, tutto il mio essere è nelle bracciate e nel trattenere il fiato un attimo in più. Prego di trovare al più presto la corda, il barilotto potrebbe salvarmi la vita: una volta stappato, potrei recuperare ossigeno e affrontare la salita con una guida sicura. Una volta a bordo, recuperarlo sarà faticoso, ma non impossibile, anche se certamente più pesante; il rischio di perdere gli attrezzi, tutti o in parte, trascurabile: l'unica cosa da non perdere ora è la vita. 

Spoiler

Nuoto verso l'alto, guardandomi intorno alla ricerca del barilotto: se lo vedo, punto decisa su di lui, lo stappo con i denti e respiro attraverso il buco quanto posso.

 

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54 minuti fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 18:32 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

129m di profondità, 12km a sud di Capo Ventura || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni || 0 secondi di ossigeno

Raggiungi il secchio in alcune bracciate disperate, fai un po' di casino nel cercare di stapparlo mentre l'anidride carbonica di risale in gola e con tutto ciò che hai in corpo e un po' d'aiuto da parte del tuo strumento improvvisato inizi a risalire, su verso la superficie. La luce e le bolle d'aria ti circondano e ti sembra che il cielo tremolante che vedi da lì sotto sia sempre più vicino...ma mai abbastanza. Rilasci quel poco di aria che avevi in corpo e ti senti soffocare mentre perdi la presa alla corda. La luce diventa intensissima, la forma delle cose perde di senso e poi, il buio. L'oscurità cala sopra di te, ma il tuo cervello poco ossigenato inizia a farti vedere strane illusioni...sogni, se volessimo dipingerli così.

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Le gambe si fanno rigide, le braccia pesanti. Una sensazione di caldo diametralmente opposta al freddo dell'abisso mi avvolge, una luminosità in aumento, inspiegabile con le mie bracciante sempre più stanche, un colore caldo, di sole, completamente opposto dalla luce fredda, bluastra, aliena della creatura tentacolare. Mi affanno, ma sento perdere la presa con la realtà. Non capisco cosa succede. Mi aggrappo alle ultime forze, cercando disperatamente l'aria, e ottengo solo acqua. Mi brucia in gola come fuoco ma quasi non me ne accorgo. Il poco di realtà a cui sono legata scivola via. 

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Il 4/8/2019 alle 14:21, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 23:00 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

Nuova Minos || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni

La sabbia si annida nei tuoi capelli bagnati, mentre il sale pizzica sulla pelle asciutta ormai da un po'. Ti viene da tossire, da sputare ancora qualche sorso d'acqua salata che hai ancora in corpo. Ti accasci da un lato, e poi finalmente riapri gli occhi: di fronte a te c'è il viso orripilante della creatura che ti ha attaccato; sobbalzi ma questa è ormai inerme, poiché la testa gli è stata rimossa chirurgicamente dal corpo.

Ti trovi su una spiaggetta non lontana da poche casupole di legno costruite su di un terreno roccioso a tratti "bucato" da cavità naturali che dal terreno sprofondano nell'oscurità. Un paio di torce illuminano debolmente la zona fino al sentiero che porta a nord e almeno per ora sembri essere l'unica sopravvissuta, se escludiamo la Incubo trascinata sulla spiaggia a qualche metro da te.

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Mi muovo cauta, tastandomi qua e là alla ricerca di ferite e altri danni palesi: la pelle nuda tira dove il sale si è asciugato, brucia appena dove la creatura che mi fissa con occhi vitrei mi ha afferrato e tirato. Dopo essermi assicurata di essere viva e intera, cedo l'attenzione al paesaggio attorno. Tossisco un poco, la gola e i polmoni ancora in fiamme. L'essere mi restituisce un'occhiata vuota quando mi soffermo un volta ancora a fissarlo: è sgraziato ora, fuori dall'acqua e con la testa recisa, ma ancora in un certo modo affascinante, tentatore e più alieno che sott'acqua; il gioco di luci delle torce, liquide e guizzanti sul corpo lucido, gli conferisce ancora un che di vivo. Rabbrividisco un'altra volta, conscia della fortuna sfacciata che mi ha assistito. Mi sollevo lentamente, insicura sulle gambe, e lo sguardo mi cade su Incubo. La mia piccolina è lì, a pochi passi, illuminata appena dalle torce sullo sfondo. Lacrime di gioia spuntano agli angoli degli occhi arrossati, il petto pieno di un fiotto d'amore per quel catorcio testardo e fedele, spiaggiato indifferentemente e con aria svagata, quasi fosse normale atterrare così. Registro appena la presenza delle casupole in fondo al sentiero mentre mi avvicino alla barca, incurante che qualcuno possa venir fuori e vedermi lì, nuda come mamma mi ha fatto, e invece accarezzo e faccio le moine ad Incubo, controllando che stia bene come me. I miei abiti sembrano ancora lì, e così pure la fiasca. Bevo in abbondanza, anche se l'acqua brucia più dell'aria nella gola e nei polmoni. Solo dopo che ho svuotato la fiasca e mi sono riposata un poco mi decido a dare un'occhiata in più in giro. Mi rivesto e spazzolo via la sabbia dai capelli e dalla pelle, poi mi sciacquo il viso e le braccia, rinfrescando la pelle bollente e ridandomi vigore. Cerco i sandali, nascosti  chissà dove nella barca, finché non rinuncio: al buio è un impresa trovarli, e così pure valutare oggettivamente i danni di  Incubo. Mi avvicino alla prima torcia del sentiero, guardando in direzione delle capanne: casette di pescatori, mi sembrano ad un occhiata superficiale. Prendo la torcia e ispeziono rapidamente la barca, recuperando altresì i sandali. Con un senso di vergogna e ribrezzo, mi avvicino ancora all'essere mutilato, a verificare che sia morto. Solo dopo essermi persa in contemplazione di quel corpo sinuoso e alieno per dei lunghi minuti, accetto il fatto che non può più farmi del male. Assicuro Incubo con un bel traversino, così che la marea  non me la possa portar via, e mi avvio lungo il sentiero alla volta del villaggio. 

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20 ore fa, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 23:05 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

Nuova Minos || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni

Di una cosa sei sicura: non sono capanne di pescatori. Ognuno di questi piccoli edifici è un riparo costruito sopra uno di questi buchi nel terreno che oltre un certo punto sono pieni d'acqua salata - forse gallerie che conducono in qualche luogo sottomarino? Certo ci vorrebbe una bella dose d'incoscienza a ributtarti lì in mezzo dopo la tua ultima brutta esperienza.

Le torce sono poste nei pressi di tutte queste capanne disposte quasi a casaccio ma non lontane più di sei metri l'una dall'altra. Attraversate da una sorta di sentiero scavato nella roccia, terminano quando il terriccio diventa predominante sulla sabbia e sulla roccia, a circa venti metri a nord da dove ti trovi adesso. Non c'è nessun segnale, nessuna indicazione sul posto, nemmeno una pietra miliare che indichi la strada. Quegli edifici, le cui entrate sono adornate di amuleti marini - denti di squalo, alghe, conchiglie, stelle marine - sono l'unica parvenza di civiltà lì intorno.

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Prendo tempo, fissando le casupole che danno accesso a reconditi abissi, per nulla tentata di fargli visita a così breve dall’ultimo, disastroso viaggio nelle profondità marine. Mi guardo attorno, gironzolando furtivamente alla ricerca di qualche indizio che possa illuminare in qualche modo le tenebre della mia ignoranza a proposito dei possibili abitanti. Un angolo della mente ragiona sul fatto che, viva e col cadavere dell’ultimo predatore che ha cercato di mangiarmi steso in bella vista di fianco a me, chiunque mi ha salvata non mi avrebbe messo dalla padella alla brace, almeno  consapevolmente. Un altro angolo, mi suggerisce senza pietà di camminare ben lontano dai buchi, mandandomi visioni di tentacoli viscidi che spuntano fuori dall’acqua a caccia della mia carcassa. Rabbrividisco, mentre ricomincio un altro giro di ispezione degli edifici senza prender una decisione. Troppe emozioni tutte in una volta, troppa tensione accumulata e non sfogata, troppa stanchezza a pesare sull’anima oltre che sulle spalle. Un vago senso di disagio per la mia mancanza di decisione mi sconvolge: mi ritrovo a pensare che quando sono partita ero molto più decisa anche se inconsapevole di cosa aspettarmi dal mondo oltre l’orizzonte, ed ora invece, al primo ostacolo e quasi fallimento, mi sento come se avessi perso tutto il coraggio e l’ardore che mi hanno portato a voltare le spalle ad una vita tranquilla in famiglia per l’avventura. Torno a passi strascicati da Incubo, mi accascio sui talloni, fissando la linea di prua dolcemente sprofondata nella sabbia. Con mano ferma accarezzo il dritto di prua e la bella stellatura panciuta della barca, canticchiando tra i denti la ninna nanna preferita di mia madre. Come un balsamo, la nenia mi riporta indietro nel tempo, quando ancora per guardare in viso mia madre dovevo rovesciare il capo all’indietro; e lei, quel suo sguardo profondo e saggio, fiducioso e impavido di chi è pronto a lottare per te contro qualunque cosa, senza la minima esitazione o paura, mi riportano la voglia di farmi avanti, di non mollare. Do un paio di pacche alla barca, sorridendo, e le sussurro Siamo testarde entrambe, quindi non lamentarti.  Prendo un paio di corde dalla barca e, dopo un momento di  riflessione, anche la spada. Mentre torno verso la prima casupola, mi lego in vita la corda e assicuro la spada al fianco, quindi avvolgo l’altra estremità ad una roccia vicino alle torce, prima di volgermi decisa verso la pozza. Bè, speriamo bene aggiungo a nessuno in particolare, avvicinandomi furtivamente al baratro per guardarci dentro, la sinistra sull’elsa della spada, la destra a reggere bene in alto la torcia; la parte più cinica del mio cervello replica alle mie parole con un lapidario “niente barili pieni d’aria qui, cara mia”.

Spoiler

Farei tutte le prove del caso se possibile: sopravvivenza per riconoscere a che razza associare tracce e accampamento simile a questo ; percezione per cogliere particolari e furtività mentre mi avvicino alla capanna alla fine. 

 

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Il 6/8/2019 alle 13:53, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 23:05 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

Nuova Minos || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni

Le capanne non sono abitazioni, di questo ne sei certa. Probabilmente appartengono a qualche razza marina umanoide che li usa come adornamenti sacri per le "entrate" alla loro colonia sotterranea. Ti muovi non troppo silenziosa, ma non hai timore di guardare nell'abisso: e sai cosa si dice, no? Che se guardi dentro l'abisso...questo guarderà dentro di te. Ti accorgi di una presenza alle tue spalle apparsa dal nulla.

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Un elfo dalla pelle bluastra ti sta osservando con fare curioso, in silenzio. Non sai come non hai fatto a vederlo prima: forse si stava nascondendo?

Spoiler

Percezione: 16

Furtività: 7

Sopravvivenza: 12

 

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Deglutisco anche se sento la gola secca. Fisso l'essere bluastro senza muovere un muscolo, cercando di intuire le sue intenzioni. Non sembra minaccioso, ma anche l'essere negli abissi non sembrava ciò che era in realtà. Ehm, salve spezzo infine il ghiaccio, incapace di sostenere ancora la tensione. Mi muovo appena di lato, in maniera da non dare le spalle alla casupola, senza distogliere lo sguardo dal nuovo arrivato, la torcia ancora alta ad illuminare perfettamente la scena, la sinistra poggiata ancora sulla spada. Ciò mi da da pensare: farsi beccare a gironzolare furtivamente e con la mano su un arma in un posto in cui magari neanche dovrei stare non è il massimo della diplomazia. Mi schiarisco la voce e levo la mano dall'elsa, imbarazzata dal mio essere così tesa. Salve. Non ho intenzioni ostili. Mi spiace averla disturbata. M..mi chiamo Elle. La voce, partita spavalda si affievolisce man mano  che le parole escono fuori, accavallandosi l'una sull'altra. Muovo nervosamente le gambe, avvicinandole e accarezzando l'una con l'altra, tentando di non avere una faccia colpevole. Una parte della mente ribadisce il fatto che non ci sia nulla di cui essere colpevole. Siete stati voi a ..... chiedo accennando col capo alla barca e alla creatura decapitata al limite della portata della luce, cercando di mantenere un saldo controllo sulla voce stavolta.

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  • 3 settimane dopo...
Il 7/8/2019 alle 15:24, Bellerofonte ha scritto:

Sedicesimo giorno del IV mese, anno 1492, ore 23:10 || +364 giorni dalla partenza della Eurus Septima

Nuova Minos || Brezza leggera da Est, cielo terso || Cibo per due giorni

"Io" ti risponde in lingua comune. "Non c'è nessun noi. Ci sono solo io."

L'elfo acquatico non sembra aver paura di te, ed anzi ti ignora, andando verso la carcassa del mostro che ti aveva attaccata e cercando di trascinarla sulla spiaggia in prossimità di un grosso scoglio dalla forma alquanto singolare che spunta dal bagnasciuga e pare quasi una rupe che si erge sopra le onde del mare che muoiono increspandosi sotto di esso.

 

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La mancanza di attenzioni non mi offende, ma è palese che la comunicazione sia stentata, nonostante la mancanza di barriere linguistiche. Seguo i movimenti dell'elfo senza avvicinarmi troppo né interferire coi suoi gesti, anche se non riesco a dargli un significato preciso. Mentre comincia ad armeggiare attorno alla carcassa dell'essere subacqueo, tento di riprendere il discorso Grazie per avermi salvato. E grazie per aver salvato la mia piccolina, aggiungo avvicinandomi ad Incubo Non vorrei sembrarvi importuna, ma ci terrei tanto a conoscere il nome del mio salvatore. Sarebbe un ben magro gesto ringraziare gli dei del mare per un'altro giorno passato tra i flutti dimenticando di menzionargli il nome di chi ha permesso che così fosse. Vi devo la vita  aggiungo con trasporto, aggirando l'imbarcazione e avvicinandomi ancora di più allo scoglio. 

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