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Bille Boo

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  1. Mi è già capitato in passato di fare qualche accenno alle avventure investigative, ma non in modo formale e ben strutturato. Ebbene, con questo articolo (che prende spunto da una discussione su la Locanda dei GdR) e la serie di cui fa parte colmerò la mancanza. Che cos’è un’investigazione? Come può fare un Diemme per progettarne una, e per gestirla durante il gioco? Di Cosa Parliamo Che cos’è un’investigazione? Non è banale rispondere. Tutti ne abbiamo (forse) un vago concetto intuitivo, ma se vogliamo parlarne senza fraintendimenti è bene mettere le cose in chiaro. Nella discussione di cui parlavo prima, qualcuno sosteneva che in D&D fosse impossibile avere un’investigazione; e qualcuno che se in D&D cambi una regola o un approccio non è più D&D (il che implicherebbe che nel mondo reale, al di fuori del gioco organizzato, D&D non esiste, perché non ho mai conosciuto in vita mia un gruppo che non cambiasse niente). Bisogna anche tener conto dell’impostazione particolare di quel forum (ne parlo nelle Letture consigliate). Comunque, io non concordo con queste affermazioni. Chiariamoci: è possibile, anzi probabile, che questa differenza di vedute sia dovuta più che altro a un diverso significato attribuito al termine “investigazione” (come pure ad altri termini come storia, sfida e così via). In questa serie proverò a espandere le mie proposte. Bisogna fare attenzione a distinguere il concetto di investigazione dalla sua implementazione nel gioco, cioè dal ruolo che vogliamo dare all’investigazione nella nostra storia, dallo scopo per cui ce la mettiamo, e dalle tecniche con cui la rappresentiamo. Il concetto deve avere valenza generale a prescindere da queste cose. Secondo me i personaggi investigano quando cercano in modo metodico indizi / informazioni / prove, arrivando per gradi a scoprire qualcosa. In base a questo, ecco la mia definizione: Come tutte le definizioni verbali, è vulnerabile ad essere smontata da chi cerca un contro-esempio ad hoc al mero scopo di metterla in crisi. Se però la prendiamo con buonsenso dovrebbe funzionare. Collocarla Nel Gioco Nel seguito dell’articolo parlerò in particolare di come inserire un’investigazione in D&D, o meglio, nel mio D&D, assumendo che essa sia l’oggetto di un’avventura, cioè che risolverla (trovare la Risposta) sia l’obiettivo principale dei PG nell’avventura. Questo non vuol dire che la definizione vada bene solo per D&D, né che le considerazioni seguenti non possano essere estese ad altri giochi e/o ad altri modi di inserire un’investigazione in un gioco. Ma non hanno la pretesa di essere universali. Per esempio, se si vuole un gioco più incentrato sulle relazioni umane e meno sulla “simulazione” dell’indagine, per cui l’indagine vera e propria è solo un elemento di sfondo, meglio: basta crearne una più semplice e concentrarsi sul resto, magari vincolando la scoperta di certi indizi al raggiungimento di punti nodali di altro genere nell’ambito delle relazioni umane (lo vedremo nel quinto episodio). E i Giochi Investigativi Esistono giochi di ruolo investigativi? Sì e no. L’argomento sarebbe complesso, ma detto in breve: un tipico GdR contiene due elementi, il motore di gioco (le regole, le meccaniche) e il tema (lo scenario, l’ambientazione o il genere di situazioni che vorrebbe riprodurre). Non c’è dubbio che il tema di D&D siano l’avventura, l’azione e il fantasy. Esistono giochi che si dichiarano investigativi perché il loro tema principale riguarda proprio gli investigatori (detective, poliziotti, indagatori dell’incubo e così via). Esistono poi quelli che dichiarano di avere un motore investigativo, e questo è interessante. Uno di questi è il GUMSHOE. Trigger warning: il seguito potrebbe contenere critiche poco argomentate per ragioni di spazio. Esso è un sistema semplice e rudimentale, fatto male, che deve la sua fortuna a un unico pregio: l’assunto alla base della meccanica è che non si tirano dadi per ottenere gli indizi, se si “fa la cosa giusta nel contesto giusto” si trova l’indizio automaticamente. Che è un’ottima idea: non a caso l’ho suggerita anche io in passato, proprio per le investigazioni, ricordate? Il punto è che appena ci si accorge che si può facilmente esportare quell’idea in qualunque motore di gioco (per esempio in uno fatto bene), e non si è così schifiltosi da astenersi dal farlo per mero purismo, il povero GUMSHOE resta nel cassetto. In realtà un’investigazione definita come sopra può far parte di (quasi) qualsiasi GdR con (quasi) qualsiasi tema. Il punto semmai è un altro: se volete un gioco incentrato sempre e solo su quello vi conviene, certo, passare a un GdR fatto apposta, più che altro perché D&D è molto più ampio e la gran parte delle capacità dei personaggi, delle regole, degli oggetti, degli incantesimi sarebbe inutile. Se però volete inserire l’investigazione come uno dei tanti aspetti del vostro gioco di D&D (fermo restando che i temi principali rimarranno l’avventura, l’azione e il fantasy), gioite, perché si può fare ed è facile. Vediamo come. Fondamenti di un'Investigazione Rileggete la definizione: ogni investigazione ha una Risposta; i PG all’inizio non ce l’hanno e vogliono arrivarci, progressivamente. Come? Con l’unione di due aspetti molto diversi. Le informazioni. Qualcuno li chiama indizi. Nozioni, fatti o frammenti di conoscenza. I ragionamenti. Una serie di deduzioni logiche, ipotesi o supposizioni che parte dalle informazioni e le collega tra loro. Di conseguenza ci saranno due attività principali da compiere per portare avanti l’investigazione: Trovare le informazioni. Cercare indizi, esplorare, interrogare testimoni, fare autopsie, studiare antichi tomi, quello che vogliamo: tutte le azioni con cui i personaggi ricavano nuove informazioni dal mondo di gioco. Ragionare. Fare ipotesi, schemi mentali, farsi domande e darsi risposte, discutere, immaginare, dedurre, quello che vogliamo: collegare le informazioni tra loro in modo che ne risultino delle conclusioni, anche intermedie. Ora, l’importanza relativa di queste due cose può variare molto da caso a caso. In teoria potrebbero esistere investigazioni costituite al 100% dal trovare informazioni e allo 0% dal ragionare (con informazioni così chiare che si mettono insieme da sole, senza bisogno di pensarci su), e altre al contrario costituite allo 0% dal trovare informazioni e al 100% dal ragionare su quelle già disponibili sin dall’inizio (roba da armchair detective, direbbe Sherlock Holmes: uno di quei casi, cioè, che lui risolverebbe senza alzarsi dalla sedia). Ma se siamo pratici e stiamo alla larga dagli estremi possiamo dire che entrambi gli aspetti saranno presenti, anche se potremo dosarli in vari modi. Bene, ora passiamo ai due assiomi che saranno i nostri pilastri fondamentali. Niente Dadi per gli Indizi Abbiamo visto che la prima delle due attività complementari è trovare le informazioni necessarie a risolvere l’indagine. Ebbene, una buona investigazione è una in cui la possibilità di trovare queste informazioni non è legata al caso (dadi) ma alle scelte. L’agency dei partecipanti sta appunto in quelle scelte. Se state pensando “ma in D&D bisogna tirare un dado per trovare qualcosa”, ricordatevi due cose: primo, che non è necessariamente così, come ci insegna la Vecchia Scuola in cui in realtà, per molte cose, non si tirava affatto; secondo, che le regole di D&D ci dicono come si svolgono le prove (tirando dadi) ma non c’è scritto da nessuna parte che sia obbligatorio per il Diemme chiedere una prova per fare qualsiasi cosa! Ricordate quando abbiamo parlato di arbitrare le azioni? Il Diemme ha sempre la prerogativa di stabilire che non occorra un tiro di dado per compiere una certa azione. E in questo caso, fidatevi, conviene non chiederne uno. Infatti, se fosse il caso a stabilire se i PG troveranno o no gli indizi, esisterebbe la possibilità che non li trovino affatto, non per colpa loro (delle loro scelte) bensì per colpa dei dadi. Ovviamente è giusto che i PG possano fallire, ma dovrebbe essere un fallimento di cui si sentono responsabili: ad esempio, non aver fatto le scelte giuste, non aver guardato nel posto giusto. Se invece la colpa è solo dei dadi diventa noioso e non interessante. Sarebbe il modo migliore per portare i vostri giocatori a odiare le investigazioni, credetemi. Ragionare Tocca ai Giocatori Delle due parti che compongono l’attività di indagare, la seconda (ragionare) avverrà nella testa dei giocatori. Dei giocatori, badate bene, non dei personaggi. Ne consegue che il Diemme andrà a progettare la prima parte (“nascondendo” le informazioni nel mondo di gioco) ma non potrà né dovrà far nulla per progettare la seconda parte. Non possiamo progettare, né controllare, la testa di chi gioca. Certo, è giusto e doveroso provare ad anticipare alcuni dei possibili ragionamenti, ma non possiamo pretendere di considerarli tutti. Questo significa, tra l’altro, che i PG potrebbero essere in possesso di tutte le informazioni e comunque fallire l’indagine, solo perché non riescono a metterle insieme nel modo giusto. Se questo fosse un problema… beh, non c’è alternativa che avere un piano di emergenza di tipo deus ex machina. Ma in generale non dovrebbe essere un problema: è così che funziona un’indagine; si può sbagliare, si può non essere abbastanza svegli o intuitivi da capire. Nel prossimo episodio andremo più nel pratico. Per approfondire: Nell’articolo Q&A: elementale, Watson abbiamo già esplorato un esempio concreto di investigazione. Vi consiglio di rileggerlo se volete un’anticipazione di quello che verrà in questa serie. Invece, in Prevedo belle indagini ho parlato di come combinare investigazione e magie di divinazione senza perdere mordente, anzi, guadagnandoci tutti. Una lettura che vi consiglio! Se invece vi preme avere il link alla specifica discussione sulla Locanda dei GdR di cui ho parlato all’inizio… ok, eccolo qui. Ma non vi ci fasciate troppo la testa. Edit: dopo che ci ho postato i link a questa mia serie di articoli ne è nata un’altra discussione che è stata scorporata: eccola qua. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/01/22/un-dungeon-in-rosso-avventure-investigative-episodio-1/
  2. D&D può essere usato per creare delle avventure investigative interessanti? Eccovi il primo articolo di una serie in cui espongo le mie idee in merito. Mi è già capitato in passato di fare qualche accenno alle avventure investigative, ma non in modo formale e ben strutturato. Ebbene, con questo articolo (che prende spunto da una discussione su la Locanda dei GdR) e la serie di cui fa parte colmerò la mancanza. Che cos’è un’investigazione? Come può fare un Diemme per progettarne una, e per gestirla durante il gioco? Di Cosa Parliamo Che cos’è un’investigazione? Non è banale rispondere. Tutti ne abbiamo (forse) un vago concetto intuitivo, ma se vogliamo parlarne senza fraintendimenti è bene mettere le cose in chiaro. Nella discussione di cui parlavo prima, qualcuno sosteneva che in D&D fosse impossibile avere un’investigazione; e qualcuno che se in D&D cambi una regola o un approccio non è più D&D (il che implicherebbe che nel mondo reale, al di fuori del gioco organizzato, D&D non esiste, perché non ho mai conosciuto in vita mia un gruppo che non cambiasse niente). Bisogna anche tener conto dell’impostazione particolare di quel forum (ne parlo nelle Letture consigliate). Comunque, io non concordo con queste affermazioni. Chiariamoci: è possibile, anzi probabile, che questa differenza di vedute sia dovuta più che altro a un diverso significato attribuito al termine “investigazione” (come pure ad altri termini come storia, sfida e così via). In questa serie proverò a espandere le mie proposte. Bisogna fare attenzione a distinguere il concetto di investigazione dalla sua implementazione nel gioco, cioè dal ruolo che vogliamo dare all’investigazione nella nostra storia, dallo scopo per cui ce la mettiamo, e dalle tecniche con cui la rappresentiamo. Il concetto deve avere valenza generale a prescindere da queste cose. Secondo me i personaggi investigano quando cercano in modo metodico indizi / informazioni / prove, arrivando per gradi a scoprire qualcosa. In base a questo, ecco la mia definizione: Come tutte le definizioni verbali, è vulnerabile ad essere smontata da chi cerca un contro-esempio ad hoc al mero scopo di metterla in crisi. Se però la prendiamo con buonsenso dovrebbe funzionare. Collocarla Nel Gioco Nel seguito dell’articolo parlerò in particolare di come inserire un’investigazione in D&D, o meglio, nel mio D&D, assumendo che essa sia l’oggetto di un’avventura, cioè che risolverla (trovare la Risposta) sia l’obiettivo principale dei PG nell’avventura. Questo non vuol dire che la definizione vada bene solo per D&D, né che le considerazioni seguenti non possano essere estese ad altri giochi e/o ad altri modi di inserire un’investigazione in un gioco. Ma non hanno la pretesa di essere universali. Per esempio, se si vuole un gioco più incentrato sulle relazioni umane e meno sulla “simulazione” dell’indagine, per cui l’indagine vera e propria è solo un elemento di sfondo, meglio: basta crearne una più semplice e concentrarsi sul resto, magari vincolando la scoperta di certi indizi al raggiungimento di punti nodali di altro genere nell’ambito delle relazioni umane (lo vedremo nel quinto episodio). E i Giochi Investigativi Esistono giochi di ruolo investigativi? Sì e no. L’argomento sarebbe complesso, ma detto in breve: un tipico GdR contiene due elementi, il motore di gioco (le regole, le meccaniche) e il tema (lo scenario, l’ambientazione o il genere di situazioni che vorrebbe riprodurre). Non c’è dubbio che il tema di D&D siano l’avventura, l’azione e il fantasy. Esistono giochi che si dichiarano investigativi perché il loro tema principale riguarda proprio gli investigatori (detective, poliziotti, indagatori dell’incubo e così via). Esistono poi quelli che dichiarano di avere un motore investigativo, e questo è interessante. Uno di questi è il GUMSHOE. Trigger warning: il seguito potrebbe contenere critiche poco argomentate per ragioni di spazio. Esso è un sistema semplice e rudimentale, fatto male, che deve la sua fortuna a un unico pregio: l’assunto alla base della meccanica è che non si tirano dadi per ottenere gli indizi, se si “fa la cosa giusta nel contesto giusto” si trova l’indizio automaticamente. Che è un’ottima idea: non a caso l’ho suggerita anche io in passato, proprio per le investigazioni, ricordate? Il punto è che appena ci si accorge che si può facilmente esportare quell’idea in qualunque motore di gioco (per esempio in uno fatto bene), e non si è così schifiltosi da astenersi dal farlo per mero purismo, il povero GUMSHOE resta nel cassetto. In realtà un’investigazione definita come sopra può far parte di (quasi) qualsiasi GdR con (quasi) qualsiasi tema. Il punto semmai è un altro: se volete un gioco incentrato sempre e solo su quello vi conviene, certo, passare a un GdR fatto apposta, più che altro perché D&D è molto più ampio e la gran parte delle capacità dei personaggi, delle regole, degli oggetti, degli incantesimi sarebbe inutile. Se però volete inserire l’investigazione come uno dei tanti aspetti del vostro gioco di D&D (fermo restando che i temi principali rimarranno l’avventura, l’azione e il fantasy), gioite, perché si può fare ed è facile. Vediamo come. Fondamenti di un'Investigazione Rileggete la definizione: ogni investigazione ha una Risposta; i PG all’inizio non ce l’hanno e vogliono arrivarci, progressivamente. Come? Con l’unione di due aspetti molto diversi. Le informazioni. Qualcuno li chiama indizi. Nozioni, fatti o frammenti di conoscenza. I ragionamenti. Una serie di deduzioni logiche, ipotesi o supposizioni che parte dalle informazioni e le collega tra loro. Di conseguenza ci saranno due attività principali da compiere per portare avanti l’investigazione: Trovare le informazioni. Cercare indizi, esplorare, interrogare testimoni, fare autopsie, studiare antichi tomi, quello che vogliamo: tutte le azioni con cui i personaggi ricavano nuove informazioni dal mondo di gioco. Ragionare. Fare ipotesi, schemi mentali, farsi domande e darsi risposte, discutere, immaginare, dedurre, quello che vogliamo: collegare le informazioni tra loro in modo che ne risultino delle conclusioni, anche intermedie. Ora, l’importanza relativa di queste due cose può variare molto da caso a caso. In teoria potrebbero esistere investigazioni costituite al 100% dal trovare informazioni e allo 0% dal ragionare (con informazioni così chiare che si mettono insieme da sole, senza bisogno di pensarci su), e altre al contrario costituite allo 0% dal trovare informazioni e al 100% dal ragionare su quelle già disponibili sin dall’inizio (roba da armchair detective, direbbe Sherlock Holmes: uno di quei casi, cioè, che lui risolverebbe senza alzarsi dalla sedia). Ma se siamo pratici e stiamo alla larga dagli estremi possiamo dire che entrambi gli aspetti saranno presenti, anche se potremo dosarli in vari modi. Bene, ora passiamo ai due assiomi che saranno i nostri pilastri fondamentali. Niente Dadi per gli Indizi Abbiamo visto che la prima delle due attività complementari è trovare le informazioni necessarie a risolvere l’indagine. Ebbene, una buona investigazione è una in cui la possibilità di trovare queste informazioni non è legata al caso (dadi) ma alle scelte. L’agency dei partecipanti sta appunto in quelle scelte. Se state pensando “ma in D&D bisogna tirare un dado per trovare qualcosa”, ricordatevi due cose: primo, che non è necessariamente così, come ci insegna la Vecchia Scuola in cui in realtà, per molte cose, non si tirava affatto; secondo, che le regole di D&D ci dicono come si svolgono le prove (tirando dadi) ma non c’è scritto da nessuna parte che sia obbligatorio per il Diemme chiedere una prova per fare qualsiasi cosa! Ricordate quando abbiamo parlato di arbitrare le azioni? Il Diemme ha sempre la prerogativa di stabilire che non occorra un tiro di dado per compiere una certa azione. E in questo caso, fidatevi, conviene non chiederne uno. Infatti, se fosse il caso a stabilire se i PG troveranno o no gli indizi, esisterebbe la possibilità che non li trovino affatto, non per colpa loro (delle loro scelte) bensì per colpa dei dadi. Ovviamente è giusto che i PG possano fallire, ma dovrebbe essere un fallimento di cui si sentono responsabili: ad esempio, non aver fatto le scelte giuste, non aver guardato nel posto giusto. Se invece la colpa è solo dei dadi diventa noioso e non interessante. Sarebbe il modo migliore per portare i vostri giocatori a odiare le investigazioni, credetemi. Ragionare Tocca ai Giocatori Delle due parti che compongono l’attività di indagare, la seconda (ragionare) avverrà nella testa dei giocatori. Dei giocatori, badate bene, non dei personaggi. Ne consegue che il Diemme andrà a progettare la prima parte (“nascondendo” le informazioni nel mondo di gioco) ma non potrà né dovrà far nulla per progettare la seconda parte. Non possiamo progettare, né controllare, la testa di chi gioca. Certo, è giusto e doveroso provare ad anticipare alcuni dei possibili ragionamenti, ma non possiamo pretendere di considerarli tutti. Questo significa, tra l’altro, che i PG potrebbero essere in possesso di tutte le informazioni e comunque fallire l’indagine, solo perché non riescono a metterle insieme nel modo giusto. Se questo fosse un problema… beh, non c’è alternativa che avere un piano di emergenza di tipo deus ex machina. Ma in generale non dovrebbe essere un problema: è così che funziona un’indagine; si può sbagliare, si può non essere abbastanza svegli o intuitivi da capire. Nel prossimo episodio andremo più nel pratico. Per approfondire: Nell’articolo Q&A: elementale, Watson abbiamo già esplorato un esempio concreto di investigazione. Vi consiglio di rileggerlo se volete un’anticipazione di quello che verrà in questa serie. Invece, in Prevedo belle indagini ho parlato di come combinare investigazione e magie di divinazione senza perdere mordente, anzi, guadagnandoci tutti. Una lettura che vi consiglio! Se invece vi preme avere il link alla specifica discussione sulla Locanda dei GdR di cui ho parlato all’inizio… ok, eccolo qui. Ma non vi ci fasciate troppo la testa. Edit: dopo che ci ho postato i link a questa mia serie di articoli ne è nata un’altra discussione che è stata scorporata: eccola qua. Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/01/22/un-dungeon-in-rosso-avventure-investigative-episodio-1/ Visualizza articolo completo
  3. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    Il Duca sbuffa, spazientito: Certo che lo so, che il povero Aguineschi è morto. C'ero anch'io, in piazza, la notte che è precipitato da quella torre. Chiedevo quale fosse il collegamento tra quella morte e il contrabbando di cui stavi parlando! Ascolta la spiegazione di Andross con attenzione, picchiettando nervosamente sul tavolo con le dita. @Masked00: Quindi si gratta il mento e borbotta, pensieroso: Ravanello? ... Uhm... Ravanello, Ravanello... Guarda interrogativo la sentinella, che si affretta a confermare: Lavora qui come stalliere, mio signore. In effetti messer Aguineschi, pace all'anima sua, se ne serviva spesso come messaggero. È quel ragazzino vivace coi capelli rossi... Il Duca si illumina di comprensione: Ah, sì! Ed è qui al castello? La sentinella risponde: No, mio signore, mi pare che sia uscito per assistere al processo. Il Duca fa un lungo sospiro, e per un po' fissa la tavola, meditabondo. Quindi si strappa il tovagliolo dal collo e si alza, un po' a fatica data la considerevole mole. Per ora mi farò bastare la tua parola... Andross, giusto? Vieni con me, e anche tu, soldato: andiamo a trovare Armandi e cerchiamo di sbrogliare questa storia. @tutti:
  4. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    @SamPey: @Masked00: Il Duca non sembra colpito. Anzi, si abbandona all'indietro sullo schienale, di nuovo con aria vagamente annoiata. Insomma, non hai prove, sbaglio? O hai qualche testimone contro Armandi specificamente? E che c'entra poi il povero Aguineschi? Chi lo avrebbe ucciso, e come?
  5. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    @Masked00: L'espressione del Duca, inizialmente tra l'infastidito e l'annoiato, cambia gradualmente man mano che Andross parla. Alla fine sembra preoccupato. Rivolge un'occhiata inquisitoria alla sentinella, che si affretta a riferire: Mio signore, ero lontano e non ho sentito quello che è stato detto al processo. Ma a un certo punto ho visto che il capitano Raghianti si è ribellato e ha aggredito madama dell'Ova. Era solo e circondato dalla guardia cittadina... non credo sfuggirà alla cattura. Il Duca strabuzza gli occhi: E tu che ci fai qui, idiota? La sentinella si affretta ad aggiungere: Mio signore, il ribelle era solo e circondato dalla guardia cittadina... non credo sfuggirà alla cattura. I miei ordini erano di proteggere innanzitutto il castello e non far entrare nessuno non autorizzato. Duca: E chi li ha dati, questi ordini? Sentinella: Ehm... voi, mio signore. Il Duca sbuffa, poi cambia discorso: E che c'entra Armandi? La sentinella sembra confusa: Beh... mio signore, messer Armandi stava già venendo verso il castello quando è successo il fattaccio. È entrato in fretta dicendo che c'era una rivolta e di chiudere le porte. Forse non ha capito la situazione. Poi è arrivato questo druido, signore, e ha detto... beh, le cose che ha detto ora a voi. Io non sapevo cosa fare, e mi scuso se mi sono permesso di disturbare vostra eccell... Il Duca agita la mano per zittirlo, con fare stizzito. Si rivolge ad Andross: Che prove hai del coinvolgimento di Armandi?
  6. Bille Boo ha risposto a Percio a un messaggio in una discussione Ambientazioni e Avventure
    Ho appena inserito un inizio di megadungeon in una campagna. Troppo presto per parlarne. Comunque, non penso di incentrare su di esso tutto il resto della campagna: penso di lasciare delle quest / dei problemi aperti anche all'esterno, e lasciare che i giocatori alternino tra esplorazione del dungeon e altre cose.
  7. E quindi? Non è una domanda provocatoria, eh, sono sinceramente curioso. Siccome sa che ha fatto 20 e non c'è niente da sapere (o meglio, niente che il suo PG possa sapere), come reagisce? Che cosa fa, all'atto pratico, che non avrebbe fatto se fosse stato all'oscuro del risultato del dado? O che cosa non fa, all'atto pratico, che avrebbe fatto se fosse stato all'oscuro del risultato del dado?
  8. Ah, superstizione. Capisco. Beh, è un'altra variabile di cui tenere conto, effettivamente 🙂
  9. Ciao @Dyeus, ti ringrazio del contributo. Ho discusso ampiamente la questione Legge-Caos sul mio blog, se ti va di farci un salto e lasciare un commento possiamo approfondire lì i punti interessanti che stai portando. In realtà non credo che si possa dire in senso assoluto qual è la migliore o peggiore interpretazione del Caos, dipende da qual è lo scopo per cui lo stiamo definendo, l'obiettivo di game design che ci poniamo. Questo articolo qui però tratta di un'altra questione, la definizione del conflitto centrale di una campagna, e in quell'ambito la questione Legge-Caos non è che un caso particolare e marginale. 🙂
  10. Non ho capito, il dado uscito dalla torre non si vede? Lo vede solo il DM? In questo caso, dov'è la differenza tra fare questo e far tirare il DM direttamente?
  11. Non è che "non ti senti in obbligo", perdonami: è proprio inutile, irrilevante. È molto diverso.
  12. @Fioppo sì, infatti non facciamo la stessa roba (ed è legittimo). Perché per me non è un problema se un giocatore decide di cercare dopo che ha visto il risultato di un altro (magari prima, in contemporanea con lui, ha dichiarato di fare un'altra cosa). Mentre per te lo è ed è legittimo. E perché io, come ho spiegato, uso un approccio molto diverso per evitare il "vediamo chi scula di più", ed è il seguente: prendere 10 e prendere 20. Non sono d'accordo nemmeno che il tuo metodo "incentivi i giocatori a cercare solo se effettivamente interessa al loro PG". Di fatto il tuo metodo incentiva a non cercare, o meglio, a lasciar sempre cercare il PG più bravo + un altro PG per dargli vantaggio, mentre gli altri è assolutamente inutile che contribuiscano e quindi sono disincentivati a farlo. Ci sta, eh, per carità, non esiste un metodo perfetto per tutte le esigenze.
  13. Tra l'altro, anche ammesso e non concesso che una ricerca fatta molto bene (20 sul dado del PG migliore) sia visivamente indistinguibile da una fatta malissimo (risultato bassissimo sul dado), per cui gli altri PG non si accorgono della differenza (assunzione possibile ma non scontata; ci sta benissimo in fiction dire "senti, ti guardavo, secondo me hai cercato coi piedi, non vedi che ti sei scordato quel punto?"), si può benissimo supporre che se il primo PG che cerca non trova niente, gli altri cerchino sempre a loro volta, per sicurezza (salvo stringenti vincoli di tempo). È quello che farebbe qualunque persona di buonsenso. Il fatto che i giocatori si astengano dal tirare il dado se vedono che il loro amico ha fallito con un 20 è del tutto legittimo e giusto: sarebbe un dado inutile. Se questo fatto ci crea una dissonanza, si può benissimo presumere che i loro PG provino comunque a cercare, e falliscano; risparmiando tiri di dado inutili ma salvaguardando anche la coerenza della scena. Senza imporre un inutile vincolo come: "o dici che cerchi sin dal primo momento, o non avrai mai l'occasione di cercare". Con questo non voglio dire che non sia una buona idea chiedere sempre a tutti i giocatori cosa vogliono fare, e descrivere le loro azioni "in parallelo", durante l'esplorazione: è un'ottima prassi e lo faccio anch'io. Ma salvo eccezioni rarissime tirano i dadi in chiaro (o usano il prendere 10 e il prendere 20, come ho detto prima). P.S. (edit): e al mio tavolo, se 5 PG perquisiscono una stanza in contemporanea, ognuno fa la sua prova indipendente, non mi limito a dare vantaggio al più bravo di loro; a meno che la stanza non sia veramente angusta, per cui in più di due persone ci si è più d'intralcio che di aiuto, non vedo perché perquisire in 2 o perquisire in 5 dovrebbe essere la stessa cosa. Ma qui si aprirebbe tutta una digressione sulla gestione delle prove collettive in D&D, e si andrebbe fuori tema...
  14. Curiosità: come si fa a evitare che, nei momenti "tranquilli", i giocatori "spammino" prove finché non riportano il Momento al massimo?
  15. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    La siniscalca scrolla lentamente il capo, mentre Obrekt gira intorno al palco e si dirige verso i carri, dandole le spalle. Non c'è più rispetto oggigiorno. La buona creanza è totalmente andata! I gendarmi portano davanti al palco sia Adele, sempre incatenata, sia Raghianti, legato al momento con delle corde. Moretti è andato al bordo del fossato e sta urlando qualcosa alle sentinelle sulle mura, dicendo che il pericolo è cessato e chiedendo di ributtare giù il ponte. La domestica si fa da parte, scrutando Andross con un misto di preoccupazione e sospetto. Il druido può così accedere alla stanza. La sentinella lo accompagna ma rimane un passo dietro di lui. Non è una grande sala da pranzo, ma una saletta privata. Il Duca è solo, di fronte a un tavolo ben imbandito, con un ampio tovagliolo a riparare il petto. Sembra arrivato al dessert: sta divorando con gusto quella che sembra una fetta di crostata. Butta giù il boccone, si pulisce la bocca con un lembo del tovagliolo, quindi fissa accigliato Andross. Hai due minuti del mio tempo, straniero. Comincia con il tuo nome.
  16. [...] Il mio discorso non era atribuito a te specificamente, scusa se ho usato una tua quote come aggancio. Comunque, non hai usato il termine "combattere" ma qui di fatto stai dicendo che cerchi di evitare, in game, una situazione che non ti piace perché è metagame. La mia risposta rimane, secondo me, pienamente applicabile. Anziché definire meccaniche o procedure per "evitare" questo metagame, adotta meccaniche o procedure tali che questo metagame non abbia importanza, dopodiché nessuno ci farà più caso.
  17. Non vedo perché. È comunque un altro tiro di dado, quindi non si risparmiano tiri. Ed è del tutto plausibile che se due persone cercano lo facciano l'una indipendentemente dall'altra, ognuna con le sue capacità. Non capisco perché, solo perché il mio compagno con Percezione +1 ha avuto la prontezza di dire "cerco" per primo, io che ho Percezione +6 dovrei perdere l'occasione di farla valere. Ragazzi, dire "cerco anch'io", per sicurezza, dopo che un mio compagno non ha trovato niente non è meta, è solo buonsenso. Mi permetto un consiglio generale, visto che la questione del metagaming sta continuando a saltar fuori in questo thread. Ed è un consiglio che deriva dall'esperienza personale (perché anch'io da giovane mi preoccupavo molto di queste cose). Non preoccupatevi troppo del metagioco. Anziché cercare di combatterlo, o chiedere ai giocatori di evitarlo, mettetevi in situazioni in cui non ha importanza se c'è metagioco o no. Se i giocatori fanno metagioco su un dado basso, e questo rovina in qualche modo l'esperienza di gioco, in almeno 9 casi su 10 (secondo me) significa solo che lo scenario è fatto male. Casi in cui si può riprovare: Il giocatore Ciccio vede un 5 sul suo dado di Percezione e quindi chiede di tirare di nuovo. Perché dovrebbe essere un problema? Se ha fretta (se c'è qualcosa che lo sta incalzando per cui ha urgenza, il tempo è un costo) ci ha comunque rimesso del tempo, quindi la ripercussione negativa di quel 5 c'è stata. Se non ha fretta, cosa gli impedisce di cercare e cercare per un'ora intera? Chiedetegli direttamente: "vuoi continuare a cercare finché non trovi qualcosa o non sei assolutamente sicuro di non poter trovare niente?", e se dice di sì fate passare un bel po' di tempo e fate conto che abbia fatto 20. Se di tempo a disposizione ce n'è, uno dovrebbe essere in grado di rivoltare una stanza come un calzino e trovare tutto quello che c'è da trovare. I tiri di dado non dovrebbero essere un modo per randomizzare, in maniera del tutto indipendente dai giocatori e delle loro scelte, quello che i PG trovano. Casi in cui non si può riprovare: Il giocatore Ciccio vede un 5 sul suo dado per identificare un oggetto magico. Capisce che non sa niente di quell'oggetto, e non è plausibile che possa ritentare (se una cosa non la sai, non la sai). Perfetto, a posto. Il fatto che abbia visto il 5 non "rompe" niente. Qualche suo compagno chiede di effettuare la prova anche lui, vedendo che Ciccio ha fallito? Ma sarebbe successo ugualmente! Anche se il tiro fosse stato nascosto, se il DM dice che Ciccio non ricorda niente di quell'oggetto è del tutto spontaneo che il suo compagno Pippo dica "fai provare me". Che gli costa? Perché non dovrebbe farlo? Casi dubbi: I soli casi dubbi, in cui il DM potrebbe decidere di effettuare il tiro segreto, sono quelli in cui non si può ritentare e un fallimento porta non a un niente di fatto, bensì a informazioni fuorvianti. Ad esempio: il tizio davanti a me sta mentendo o no? Tuttavia, devo darvi una triste notizia: in questi casi è molto difficile non fare meta, anche con i tiri segreti. Se con un fallimento il DM mi dice che il bugiardo sta dicendo la verità, mentre con un successo scopro che mente, e la cosa è deterministica, sapete cosa succede? Che un PG con un valore estremamente basso nell'abilità Indagare, Intuizione, Percepire Inganni o quello che è diventa un rilevatore di bugie molto più efficiente rispetto a uno con un valore alto: basta farlo provare, e poi prendere la negazione logica di quello che lui dice. È questo (in parte) quello che io chiamo "il paradosso del sospetto". In generale (salvo puntuali eccezioni) è meglio che questo genere di prova non esista proprio, cioè ricondurre anche questa al modello per cui un fallimento porta a un niente di fatto (e non a un'informazione falsa). Ciccio fa 5 sul dado per capire se il tizio mente? Il DM gli dice: "non riesci a dedurre nulla in merito", stop. A quel punto, che problema c'è se i giocatori vedono che quella risposta è risultato di un tiro basso? È logico che lo è: quella risposta lì può essere solo frutto di un tiro basso. Anche non vedendolo lo dedurrebbero comunque. In D&D tenderei a sconsigliare la seconda opzione. Non credo che vogliamo dire che il fallimento di Tizio stabilisce che nemmeno Caio e Sempronio (né nessun altro) potrà mai identificare l'oggetto perché l'oggetto è senza segni identificativi. Mi sembra abbastanza chiaro che, per come funziona D&D, il tiro rappresenta esclusivamente la "prestazione" del personaggio e non attribuisce retroattivamente nessuna qualità perpetua alle cose o creature con cui stava interagendo.
  18. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    Possiamo abbandonare l'iniziativa e tornare a procedere normalmente. Moretti balza giù dal palco e va a piazzarsi sull'altro fianco di Raghianti rispetto a Obrekt. Anche i quattro soldati si avvicinano, seppur con aria piuttosto esitante e confusa. Obrekt, cavallerescamente, non infierisce e preferisce offrire all'ufficiale reietto un'ultima possibilità di arrendersi. @Casa: Vistosi perduto, Raghianti abbassa la spada. Maledetti! sibila tra i denti. Sul palco, madama dell'Ova si rimette in piedi a fatica. Punta un dito accusatore contro il capitano: Questa la pagherai molto cara, traditore! Quindi si volta verso i soldati che stavano ancora accorrendo attraverso la piazza, e ordina: E voi, sciagurati lavativi! Cosa aspettate a riprendere la prigioniera? Intanto, il piccolo gruppetto di popolani furenti che si stava avvicinando ad Adele recepisce il richiamo di Zasheir e si ferma. Da lontano li vedete nascondere o lasciar cadere le loro armi improvvisate, dando segni di imbarazzo. Adele insiste caparbiamente ad allontanarsi, nonostante i ceppi, ma le guardie la raggiungono in fretta e la circondano. Lei scalcia e ringhia come una belva, mentre la trascinano di nuovo a forza verso il palco. Monsignora Guaglia si affretta ad accorrere e a cercare di calmarla, pregando al contempo i gendarmi di fare più piano. Madama dell'Ova si deterge il sudore con un fazzoletto, quindi scruta alternativamente Zasheir e Obrekt: Vi ringrazio per l'aiuto. Ma ora mi aspetto delle spiegazioni, da voi due. Dov'è finito il vostro compare? Moretti fa un cenno con lo stocco in direzione del castello, dove il ponte levatoio, con un gran sferragliare di catene, si sta sollevando. All'interno, intanto, Andross viene scortato dalla guardia su per delle scale, fino a una grande porta di quercia. @Masked00: Dalla porta esce una donna piccola e rotondetta, dall'espressione severa, con una livrea da cameriera o governante, insieme al domestico a cui la sentinella, poco prima, aveva gridato di chiamare il Duca. La donna incrocia le braccia: Sua Altezza il Duca sta finendo di pranzare! Spero per voi che sia una cosa urgente! La sentinella esita. Beh, io... mi rendo conto che... forse... e lancia un'occhiata incerta verso Andross.
  19. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    @Casa: @tutti
  20. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    @SamPey: Il gruppetto di cittadini apostrofato da Zasheir sembra prestargli attenzione: forse ha funzionato. Raghianti, invece, vedendosi raggiungere da Obrekt, si rivolta contro di lui, col volto deformato dalla rabbia. Maledetto impiccione! Sferra un fendente di spada a due mani. Stavolta non va a segno: Obrekt riesce a evitarlo senza fatica. Intanto, dentro il castello, la sentinella accompagna frettolosamente Andross attraverso l'atrio e poi in un corridoio. Incrociano un domestico e la sentinella gli grida di andare a chiamare il Duca, è urgente. @Masked00:
  21. Ciao @blackwood, in 3.5 era addirittura consigliato da qualche parte (non ricordo ora bene il capitolo e la pagina) di tirare alcune prove "in segreto", cioè come dici tu: tira il DM per te e ti racconta le conseguenze senza dirti il numero uscito. Quando masteravo in 3.5 lo facevo spesso e lo faccio ancora, qualche volta, proprio nei casi in cui dici tu, cioè quando non c'è modo di sapere se si è fatto bene o fatto male. Tuttavia, tendo a farlo molto meno spesso di prima, e solo quando è strettamente necessario. Ho scoperto che nella stragrande maggioranza dei casi è meglio non farlo. Oltre ai due ottimi consigli di @bobon123, a cui mi allineo completamente, ne aggiungo un altro: io uso molto la regola del "prendere 10" e del "prendere 20", derivanti dalla 3.5 (se ti interessa approfondire te le spiego più in dettaglio); in sintesi: al di fuori di situazioni di particolare fretta, stress o pericolo immediato (es. combattimento), il giocatore può scegliere di ottenere il risultato medio anziché tirare la prova; e se il personaggio può tentare e ritentare una prova senza conseguenze particolari per il fallimento, e sceglie di farlo (spendendo molto tempo), alla fine riesce e basta. Io credo di capire cosa ti affligge perché è una cosa con cui ho avuto a che fare anch'io ed è di difficile soluzione: l'ho soprannominata "il paradosso del sospetto". Ci scriverò un articolo prima o poi. Per ora diciamo, brevemente, che ci sono casi in cui effettuare il tiro in segreto al posto del giocatore è giustificabile e rappresenta il male minore. Tuttavia bisogna stare molto attenti a non abusarne. Nel tuo esempio particolare: non c'è ragione di tirare in segreto: se una persona esamina un oggetto e non riesce a riconoscerlo, sa di non averlo riconosciuto. Potrà scegliere di rischiare, oppure di metterlo da parte finché non potrà consultarsi con un esperto. È una scelta interessante, che merita di essere giocata così.
  22. Bille Boo ha risposto a Bille Boo a un messaggio in una discussione Topics in Omicidio alla fiera di San Tocco
    Colpa mia, dai, ci voleva un'altra mappa. Sono stato pigro. @SamPey:
  23. Ah, speravo in qualche commento per quest'ultimo articolo, più controverso dei precedenti 🙂 Grazie! Dunque, io mi riferivo prettamente ai giocatori. Se i giocatori sono tutti convinti che una certa parte sia la Parte Sbagliata ma uno di loro si diverte a interpretare un personaggio che pensa che sia giusta, ai fini di questo articolo lo considero un conflitto chiuso. Questo non vuol dire che non possa essere interessante da giocare, eh, ci mancherebbe. Hai ragione, però, che ai fini della storia che ne viene fuori, della "trama emergente", potrebbe sembrare un conflitto aperto, se quel giocatore interpreta bene la sua parte. Non so che dire, non me ne intendo molto, il mio approccio al gioco è molto distante da quello, per così dire, "recitativo". Ma guardacaso, proprio la settimana prossima pubblicherò uno speciale in cui si parlerà, tra l'altro, di D&D e teatro. Grazie perché mi hai offerto uno spunto interessante in più su cui riflettere. Hai ragione, per questo ho detto "in misura minore". Dipende molto dalla definizione di Legge e Caos. Vederli come deontologia (è il principio che conta) vs. consequenzialismo o come si chiama (il fine giustifica i mezzi) senza dubbio può dare il la ad alcuni conflitti interessanti, anche se personalmente tenderei a dire che di per sé non è comunque un buon conflitto perché rimane astratto. Di solito serve un altro conflitto, un conflitto aperto su qualcosa di concreto, e a quel punto si può vedere all'opera la diversità di approccio tra chi pensa che il fine giustifichi i mezzi e chi no. Detto in altri termini: tra il ladro CB che vuole salvare la principessa a qualunque costo e il paladino LB che vuole farlo secondo la legge e l'onore il vero conflitto aperto non è, secondo me, quello tra Caos e Legge, bensì quello tra Bene e Legge; più in dettaglio, quello tra la salvezza dei propri cari e la salvezza di un sistema di valori universali. Altre visioni di Legge e Caos, come la dicotomia cosmica tra conservazione e cambiamento (quella di Moorkock), o come la dicotomia tra interesse della società e interesse del singolo (come li vede Angry), sono addirittura più adatte, secondo me, a creare un conflitto aperto. Io sono da tempo approdato a un'altra definizione di Legge e Caos (con altre finalità) e quella si presta un po' peggio a creare un conflitto aperto. Ma potrebbe. Di nuovo, più tra Bene e Legge che tra Caos e Legge, secondo me.
  24. Credo che quello che dici nel post iniziale, @MadLuke, sia già la risposta: visto che i giocatori sono tutti diversi, hanno esigenze diverse, e ognuno di noi (giocatori e anche master) ha modi diversi di giocare e intenti diversi per giocare, la cosa che serve di più è la capacità di comunicare con le altre persone al tavolo (verbale e non verbale; inclusa anche la capacità di ascolto, che è fondamentale) Non è del tutto presente nelle opzioni del sondaggio (diciamo che nel rispondere l'ho considerata parte di "buona intesa coi giocatori", ma lì si specifica "al momento del gioco" mentre ci vuole innanzitutto una buona comunicazione e capacità di ascolto a gioco fermo: pre-campagna, pre-sessione, post-sessione). Edit: comunque buona idea quella del sondaggio, sarà in ogni caso interessante
  25. Eccovi l'undicesimo ed ultimo articolo della mia serie di consigli per progettare le avventure. Progetta Le Tue Avventure #1: Tutto é Storia Progetta Le Tue Avventure #2: I Primi Passi Progetta Le Tue Avventure #3: Ferrorie e Scatole di Sabbia Progetta Le Tue Avventure #4: Si Va in Campagna Progetta Le Tue Avventure #5: Tessitura di una Campagna - Teoria Progetta Le Tue Avventure #6: Tessitura di una Campagna - Pratica Progetta Le Tue Avventure #7: Va In Scena La Sfida Progetta Le Tue Avventure #8: Fallire Senza Morire Progetta Le Tue Avventure #9: Programmazione ad Incontri Progetta Le Tue Avventure #10: Un Esempio di Programmazione ad Incontri Quante volte avete sentito l’espressione “senza se e senza ma”? È tipica di chi, oggigiorno, nell’ambito di un conflitto di qualche tipo (morale, civile, politico…), vuole dire che c’è un Giusto e uno Sbagliato con una chiara linea di demarcazione, senza sfumature, senza grigi. Il che è anche condivisibile, in certi casi; meno in certi altri. Ma quando ci sediamo alla scrivania con indosso il sacro abito talare da Diemme abbiamo un compito: che è quello di permettere che avvenga un bel gioco con una bella storia. Per questo scopo le sfumature e i grigi sono una miniera d’oro, sono il santo Graal. In tutti i media narrativi (libri e film compresi). Ma soprattutto per un GdR. Questo articolo deve molto a un vecchio post di The Angry GM che a suo tempo mi ha colpito. Lo trovate qui, in lingua inglese (vedasi anche le letture consigliate per qualche nota riguardante l’autore). È sua l’idea centrale su come creare un eccellente conflitto. Di mio ci aggiungo qualche riflessione personale sulle migliori soluzioni, e su… beh, su un certo tipo di cattivo conflitto. Conflitti chiusi Un conflitto chiuso è uno elementare, liscio, in cui ci sono solo la Parte Giusta e la Parte Sbagliata. Senza se e senza ma, appunto. Questo dal punto di vista di chi sta intorno al tavolo, giocatori e Diemme: è la loro prospettiva che conta, non importa cosa pensano i personaggi dentro il gioco. (Ricordiamo, comunque, che stiamo parlando di D&D, o meglio del mio D&D). Dal punto di vista delle scelte, dei princìpi, un conflitto di questo genere è già risolto: non ci interessa scoprire “chi ha ragione” perché lo sappiamo già, lo diamo per scontato. Ne Il Signore degli Anelli è chiaro che Sauron è il Cattivone ed è giusto opporsi a lui. Lo stesso vale per Voldemort della saga di Harry Potter, o per Thanos del ciclo cinematografico degli Avengers. Ne I predatori dell’Arca perduta (e in molte altre storie ambientate nella stessa epoca) questo ruolo lo hanno i nazisti, in Guerre Stellari l’Impero e il Lato Oscuro. Se vi associate alla recente corrente (vedi qui) che usa i GdR come terreno di rivendicazione sui diritti delle minoranze, magari darete quel ruolo agli oppressori bigotti, razzisti, omofobi o roba del genere. Ora, il fatto che un conflitto sia chiuso non vuol dire che non ci si possa basare una campagna: ho appena citato svariate opere di successo in cui ce n’è uno, prova evidente che funziona. Infatti può essere irrisolto sotto altri profili. Il caso più tipico è quello in cui il conflitto chiuso fornisce l’obiettivo finale alla storia: ci interessa scoprire se, e come, i protagonisti riusciranno a sconfiggere Sauron / Voldemort / Thanos / l’Impero / i nazisti / gli oppressori. Un caso alternativo è quello in cui il conflitto chiuso costituisce semplicemente lo sfondo della vicenda: non ci interessa in alcun modo agire su di esso, o rispetto ad esso, la storia riguarda altro. I protagonisti vivranno la propria storia (magari con un’evoluzione interiore, o con un obiettivo di altra natura) mentre il conflitto chiuso si sviluppa intorno a loro e indipendentemente da loro, come una cornice. In una storia lovecraftiana nessuno può sconfiggere Cthulhu: quello che ci interessa è scoprire se i personaggi riusciranno a sopravvivere all’orrore o usciranno di testa. In una storia realistica ambientata negli anni Trenta nessuno si aspetterà davvero di debellare il nazismo: quello che ci interessa è scoprire come i personaggi riusciranno a cavarsela con i loro scopi (quali che siano) mentre intorno imperversa questo male. Conflitti aperti Siete un po’ stufi dei conflitti chiusi? Volete aggiungere più “pepe” o più “impegno” tematico alla vostra campagna? Può essere il momento di sperimentare un conflitto aperto. Esso si basa su una domanda di principio di cui non si sa a priori la risposta. Non c’è, dal punto di vista di chi gioca, una Parte Giusta e una Parte Sbagliata in maniera netta e assoluta. Non si tratta di schierarsi in modo ovvio e poi lottare per la giusta soluzione, si tratta invece di trovare la soluzione, il che è molto più difficile e può produrre un role play molto più interessante. L’esempio principale che fa Angry nel suo articolo è sempre tratto da Il Signore degli Anelli. Non dovrebbe sorprendervi: può esserci più di un conflitto in una storia. Si tratta del conflitto tra il fato (la predestinazione, la Provvidenza) e il libero arbitrio (le azioni dei singoli e la loro facoltà di scelta). È una questione che il libro (e in parte il film) affrontano in modo bellissimo e poetico, eppure pochi se ne accorgono, convinti (erroneamente) che l’unico conflitto degno di nota sia quello dei Buoni contro i Cattivi. Altri esempi di Angry includono: natura/ambiente vs. tecnica/industrializzazione, e poi sicurezza vs. libertà individuale. Entrambi grandi classici, da cui si potrebbero trarre infinite storie. Si nota subito la loro caratteristica chiave: entrambi i fronti hanno i loro lati positivi, anzi, entrambi sono essenziali in una certa misura, non se ne può davvero fare a meno; eppure, entrambi i fronti se portati all’eccesso sono devastanti. Volete un esempio del tutto diverso, dal mondo delle favole? La cicala e la formica. Vale a dire: dilettevole vs. utile, arte vs. duro lavoro, espressione di sé vs. bisogni materiali. Ne verrebbe fuori una campagna niente male! Quasi quasi un giorno ci provo. Progettare un conflitto aperto In prima approssimazione, un conflitto aperto si può schematizzare come un duopolio (i due “fronti” contrapposti) in cui ognuno dei due poli ha pregi e difetti, lati positivi e lati negativi, per cui alla fine si ha un quadripolio. Polo A Polo B Pro (+) A+: lati / aspetti positivi del polo A B+: lati / aspetti positivi del polo B Contro (-) A-: lati / aspetti negativi del polo A B-: lati / aspetti negativi del polo B Badate: come sempre, dall’inizio dell’articolo, con “positivi” e “negativi” intendo positivi per chi gioca e negativi per chi gioca. Questo è molto importante. Se tutti al tavolo siete arciconvinti che gli aspetti positivi di un certo polo siano delle sciocchezze di poca importanza, o non siano davvero così positivi, potete fare tutte le tabelle che volete ma di fatto state giocando un conflitto chiuso: credete di starvi ponendo una domanda, ma sapete già dall’inizio la risposta. Stesso discorso per quelli negativi. Da Diemme, quindi, per progettare un buon conflitto aperto, scegliete due cose (idee, valori, concetti…) antitetiche o in conflitto tra loro ed elencate, per ciascuna, aspetti positivi e aspetti negativi. Importante: durante il gioco non dovrete mostrare ai giocatori le due cose, bensì gli aspetti elencati. A questo scopo può essere utile associare ciascun aspetto (positivo o negativo) a specifici PNG, specifici fatti o specifiche entità concrete del mondo di gioco, con cui i PG potranno interagire: questo vi permetterà di dare agli aspetti un senso di realtà e concretezza. Dopodiché, dovete solo lasciare che i giocatori interagiscano con il conflitto e scelgano, di volta in volta, da che parte stare. Un mio esempio Vi descriverò rapidamente un conflitto che avrei tanto voluto mettere in scena al mio tavolo. Ci avevo basato una campagna, ma putroppo essa è naufragata prima ancora di cominciare a scalfire la superficie. Un giorno forse ci riproverò. Riguardava la condivisione della conoscenza. Il polo A era l’idea per cui la conoscenza dovrebbe essere libera, diffusa, condivisa: se sai una cosa, dovresti dirla a tutti; tutti hanno il diritto di sapere la verità. I pregi di questa idea sono chiari: niente menzogne, coperture, tentativi di nascondere le cose; persone più informate e consapevoli. I suoi difetti sono meno intuitivi, ma in un mondo fantasy è facile farli emergere: ci sono cose che, se sapute, potrebbero portare al caos, all’isteria di massa; o conoscenze che, nelle mani sbagliate, possono fare gravissimi danni. Il polo B era l’idea per cui la conoscenza doveva essere protetta, custodita, tenuta al sicuro: solo chi è pronto a sapere dovrebbe sapere; ci sono cose che sarebbe meglio fossero dimenticate. I pregi di questa idea sono: sicurezza, tranquillità, guida illuminata da parte di pochi. I suoi difetti sono, ovviamente, l’elitarismo, il rischio di oscurantismo, l’uso della menzogna come copertura. Un monastero pieno di libri e di sacerdoti-studiosi, sempre in prima linea nell’erudizione del popolo e nella ricerca di nuovi, strani fenomeni per studiarli, incarnava A+. Mentre un eccentrico e potente mago solitario, assetato di nuove conoscenze e disposto a qualsiasi cosa pur di svelare certi arcani misteri, incarnava A-. La chiesa della dea del sole e della guarigione, che metteva al primo posto la salute e la protezione del popolo, e perciò aveva messo al sicuro certi pericolosi segreti affinché fossero dimenticati, incarnava B+. Infine, una potente squadra di inquisitori fanatici, devoti al dio della giustizia e votati a reprimere, anche con la forza, qualunque cosa sembrasse anche solo vagamente “strana” o minacciosa, incarnavano B-. Risoluzione del conflitto aperto Una cosa a cui Angry non dedica spazio, ma che a me preme molto, è questa: come si risolve un conflitto aperto? In teoria ha quattro possibili soluzioni. Vince A, o Vince B: le due soluzioni più ovvie; uno dei due poli del conflitto prevale sull’altro e si afferma. Questo si traduce nell’affermazione, più o meno completa e più o meno marcata, dei suoi aspetti positivi e dei suoi aspetti negativi, e nella negazione invece di quelli dell’altro polo. Pessimismo Cosmico: è quella preferita dall’autrice emergente Snee Dronningen (è bravissima – nonostante sia mia sorella – leggetela!) e da molti altri autori contemporanei dei vari media; in pratica, il conflitto finisce per logorare e dilaniare tutti gli schieramenti. Alla fine si affermano, in modo più o meno completo e marcato, gli aspetti negativi di entrambi i poli, mentre i positivi, schiacciati, finiscono per soccombere. Sintesi Costruttiva: è quella che vorremmo tutti, o almeno tutti noi ingenui positivisti trekker che ancora ci ostiniamo a sperare che le cose possano migliorare; in pratica, consiste nel combinare i poli in un compromesso, o a volte in un qualcosa di completamente nuovo, che risolva il conflitto in maniera non distruttiva. Di conseguenza si affermano, in modo più o meno marcato, gli aspetti positivi di entrambi i poli (o, almeno, un ragionevole compromesso tra essi), mentre i negativi vengono molto attenuati o neutralizzati. Naturalmente, nel gioco di ruolo dovrebbero essere i giocatori a portare il conflitto verso uno di questi esiti, a seconda di quello che vorranno fare e riusciranno a fare. Ma conoscere a livello teorico le possibili soluzioni può aiutare noi Diemme a capire dove si potrebbe andare a parare. Questo è importante soprattutto perché a volte facciamo l’errore di mettere troppi ostacoli preventivi contro una delle possibili modalità di soluzione (generalmente, contro l’ultima dell’elenco). In certi casi lo facciamo senza volerlo… ma diciamocelo: a volte siamo così innamorati del nostro bel conflitto aperto che ce la mettiamo proprio tutta per impedire che si possa arrivare a una sintesi; ci sembra troppo facile, troppo comodo. Beh, in generale questo atteggiamento non è carino, lasciatemelo dire: i giocatori si meritano di avere tutte le possibilità; poi magari falliranno, ma è un altro discorso. Aperti ma chiusi: propaganda C’è un aspetto che Angry accenna appena nel suo articolo, ma che io voglio espandere un po’. Abbiamo visto i conflitti chiusi, dove si assume che tutti diano per scontato qual è la Parte Giusta e chi sono i Cattivoni. Sono comuni e non c’è niente di male: producono buone storie da millenni. Poi abbiamo visto quelli aperti, con tanti “se” e tanti “ma” che servono a mettere in discussione, in dubbio una questione. Sono caratteristici delle storie eccellenti, a cui danno una marcia in più. C’è un terzo tipo di conflitto nella fiction: quello in cui non si assume che chi guarda / legge sappia qual è la Parte Giusta, ma glielo si vuole insegnare. In pratica, per l’autore dell’opera il conflitto è chiuso, ma anziché presentarlo come tale lo presenta come se fosse aperto, e finge di metterlo in discussione mentre in realtà ogni scena serve a dar ragione sempre alla stessa parte e a puntare sempre verso la stessa conclusione. Questo si chiama propaganda, ed è una cosa che vi sconsiglio caldamente di fare nel vostro gioco. La propaganda tende a produrre pessime storie: in effetti, tra i tre tipi di conflitto, è quello che generalmente produce di gran lunga le storie peggiori. Ma in un GdR è ancora peggio: è la morte del gioco, perché ne fa un uso strumentale. Questo a prescindere da cosa si vuole propagandare. Una caratteristica essenziale che deve avere un’attività per essere gioco è il fatto di essere fine a se stessa: se non lo è più, diventa altro. Pensate a chi usa il role play per fini terapeutici o didattici: si fa da decenni, a volte con ottimi risultati. Non metto in dubbio la validità di questi usi, sono cose bellissime, ma (per me) non sono più giocare; tant’è vero che sconsiglio fermamente di praticarle senza uno specialista (psicoterapeuta per il role play terapeutico, insegnante per quello didattico). Se c’è un tema più o meno impegnato che vi sta a cuore e su cui siete nettamente schierati, secondo me avete, come Diemme, tre opzioni. Escludere quel tema dal gioco: metterlo da parte, parlare d’altro. Va benissimo: non siete tenuti a combattere in prima linea per ogni ora di ogni giornata. A quel punto, tra l’altro, potete giocare anche con chi la pensa in modo diverso da voi (ma anche no, eh: non siete obbligati). Giocare solo con chi la pensa come voi in materia, e mettere in scena il tema come un conflitto chiuso: da una parte (dalla “vostra” parte) ci sono i protagonisti, le brave persone, le cose buone e giuste, dalla parte opposta i Cattivoni. È lecito, e può essere catartico. Per inciso, è quello che farei io se volessi trattare il tema della schiavitù, dell’omotransfobia o del genocidio (qualche volta l’ho fatto). Giocare anche con chi non la pensa come voi, e mettere in scena il tema come conflitto aperto. È un’arte difficile, perché dovete dare spazio anche agli aspetti negativi della “vostra parte” e a quelli positivi della parte opposta (se non riuscite a vederne non potete farlo); ci vuole molta empatia e immedesimazione. Ma soprattutto è una mossa rischiosa, perché comunque la pensiate dovete, dovete, accettare il rischio che i giocatori portino la storia da un’altra parte, verso una conclusione diversa. Dovete lasciarli liberi. Quello che (per l’amor di Pelor!) vi scongiuro di evitare è architettare una giocata strutturata per dimostrare a chi non la pensa come voi quanto ha torto, e farlo sentire un escremento se non cambia idea. Quando un gioco funziona così non è più un gioco. Nessuno si diverte a sentirsi un escremento. Appendici Ma Allora Gli Allineamenti? Come ho ripetuto tante volte gli allineamenti sono una cosa opzionale, che nelle edizioni più recenti (D&D 5e) si può eliminare in modo indolore. Detto questo io li trovo molto utili e li uso sempre, come ho illustrato in una serie apposita di articoli. Il discorso che ho fatto in favore dei conflitti aperti non la contraddice: indica semplicemente che il contrasto Bene vs. Male (o, in misura minore, Legge vs. Caos) non è il miglior conflitto centrale per una campagna “impegnata” perché generalmente non è aperto. Non significa che Bene, Male, Legge e Caos non possano esistere: nelle mie campagne esistono, con le loro belle definizioni. In effetti mi aiutano a rendere le cose più complesse, perché non è affatto detto che personaggi con lo stesso allineamento abbiano la stessa posizione rispetto al conflitto centrale. E trovarsi avversari, rispetto a quel conflitto, di qualcuno con cui però si condivide una serie di altri valori vincolanti (quelli del Bene o della Legge) porta a chiedersi quanto quel conflitto conta davvero per noi, e a pensare a dei modi per convincere l’altro anziché limitarsi a sconfiggerlo. Naturalmente esistono anche le campagne basate, ad esempio, sulla classica lotta tra il Bene e il Male: in tal caso siamo di fronte a un conflitto chiuso, come ho spiegato sopra. Non è sbagliato: io le adoro. Volendo, in quelle stesse campagne può esserci (in effetti, raccomando che ci sia) anche un altro conflitto, aperto, per renderle più animate e coinvolgenti. Proprio come ne Il Signore degli Anelli. Due ultime, "malefiche" note Il fatto che un conflitto sia chiuso non significa che il Cattivone non possa essere delineato in modo complesso, carismatico e non superficiale. Per Sauron e Voldemort questo non avviene, ma per Thanos sì. Il Cattivone può “avere le sue ragioni” ed essere sfaccettato e credibile, ma se nessuno (autore o spettatore, giocatore o Diemme) dubita del fatto che sia il Cattivone, che sia dalla Parte Sbagliata, il conflitto è comunque chiuso. Cosa che, come ho detto, può andare benissimo. Similmente, il fatto che un antagonista (Cattivone di un conflitto chiuso, o polo di un conflitto aperto: non importa) sia complesso, sfaccettato e in sfumature di grigio (vere o presunte) non garantisce una bella storia, né l’antagonista più bidimensionale e meno sfumato del mondo ne garantisce una brutta. Prendete Malefica, quella vera: è chiaramente un Cattivone, bidimensionale (in pratica è cattiva perché sì), eppure è uno dei villain più affascinanti del mondo Disney, in un film che forse non è il top (specie per i nostri tempi) ma si difende egregiamente. Prendete la sua brutta copia live action: si intuisce che vorrebbe essere un personaggio complesso e profondo, con sentimenti e motivazioni credibili, eppure ne viene fuori una storia orrenda. Ok, il fatto che tutti gli altri personaggi del suo film siano piattissimi non aiuta. Ma il problema è soprattutto che il conflitto tra il mondo magico e quello degli uomini, che avrebbe tutto il potenziale per essere un bel conflitto aperto, viene gestito coi piedi, riducendolo a questioni personali tra gli individui, e non viene mai messo davvero in discussione. (Naturalmente c’è chi apprezza quel film; ed è curioso vedere che in tal caso, in genere, lo interpreta come un manifesto, che non lascia dubbi, che ha anzi precisamente lo scopo di dimostrare come le ragioni stiano da una sola parte. Sapete come si chiama questo, vero? Bravi: propaganda. Legittima, ma… non fatelo a casa! Non nel vostro gioco di D&D.) Link all'articolo originale: https://dietroschermo.wordpress.com/2021/07/12/tanti-se-e-tanti-ma-progetta-le-tue-avventure-episodio-11/ Visualizza articolo completo