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Classici...


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come dici tu ti "quoto" per chi suona la campana, mentre per quello che riguarda "il vecchio e il mare" sono d'accordo con la critica di eco (ih ih) e non è un libro che amo molto. certo quando l'ho letto da ragazzina mi aveva colpito. sarà stato eco a farmi cambiare idea? acci che contraddizione! :banghead:

cosa diceva eco? :confused:

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in "Apocalittici e integrati" ancora una volta Eco commenta e riporta il pensiero altrui... cioè quello di Macdonald in "Mass cult e midcult"

vai al link qui sotto

http://lafrusta1.homestead.com/rec_heminguay.html

non l'avevo mai visto sotto questo punto di vista, ma devo ammettere che anche il recensore ha le sue ragioni.

bah, magari me lo rileggo (tanto è cortissimo) e poi vi dico.

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eco è un ottimo divulgatore, ma non sarà mai un classico.

mentre marquez potrebbe esserlo. anche se il discorso dell'affascinazione di "cento anni di solitudine" nasce soprattutto dalla diversità del "sentire". quello che ci colpisce così tanto è questo "sentire" comune a tutta la cultura sud americana e lui lo incarna benissimo. ci sono altri autori che conosciamo meno o addirittura ignoriamo...

Mi dispiace ma non sono per nulla d'accordo con voi...

Secondo la definizione datane da Alberto Asor Rosa (Torino 1992), un'”opera letteraria” si riconosce sulla base di tre assunti: 1) in primo luogo, essa è un testo che si distingue dagli altri per una tradizione consolidata nel tempo, per un lungo, ripetuto e autorevole riconoscimento; 2) In secondo luogo, all'idea di Opera è connesso un elemento di progettualità, l'intenzione da parte dell'autore di costruire qualcosa che corrisponda a un disegno definito, un prodotto la cui definizione sottintenda una tecnica e uno scopo; 3) in terzo luogo, per definire un'Opera è necessario riconoscere in essa uno stile, ovvero un'identità sua propria sia linguistica che formale, tale da renderla originale, distinguibile e irripetibile.

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[url="http://www.dragonslair.it/forum/"]

Dall'opera al classico

Scrive Asor Rosa: «I “classici” sono “opere” di particolare valore o, come io preferisco dire, dotate di un livello molto elevato di identità. Se facciamo una “scelta di opere” e le segnaliamo per la loro significatività, facciamo qualcosa che assomiglia molto a un “canone dei classici”».

Alla luce di questa definizione, la possibilità stessa di costituire un “Canone delle opere letterarie” dipende in primo luogo dal riconoscimento di un particolare Testo come “classico”. Il concetto di “classicità” è a sua volta qualcosa di estremamente problematico, ed implica almeno un'idea di primato, di autorità, primato ed autorità comunque legati al comune consenso dei lettori.

Il “Canone dei classici” è dunque un elenco di Opere che rispondono a riconosciuti criteri distintivi; e, com'è comprensibile, tali criteri possono mutare nel tempo.

Questa definizione si conforma all'opera di Eco che è riconosciuta non solo come un esercizio di stile (sia in Italia che fuori), ma anche come un'opera dalla precisa identità. Se poi prendiamo per buono che "classico" risponda al riconoscimento dei lettori, anche se la definizione di classico non è qui condivisa tra di noi, cmq è condiviso il fatto che si riconosca nell'opera un qualcosa che si distingue tra altri libri. In questo modo che lo si voglia o meno il libro di Eco risponde ai prerequisiti del "classico".

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Mi dispiace ma non sono per nulla d'accordo con voi...

Questa definizione si conforma all'opera di Eco che è riconosciuta non solo come un esercizio di stile (sia in Italia che fuori), ma anche come un'opera dalla precisa identità. Se poi prendiamo per buono che "classico" risponda al riconoscimento dei lettori, anche se la definizione di classico non è qui condivisa tra di noi, cmq è condiviso il fatto che si riconosca nell'opera un qualcosa che si distingue tra altri libri. In questo modo che lo si voglia o meno il libro di Eco risponde ai prerequisiti del "classico".

vabbò, allora anche i piccoli brividi sono un classico... :rolleyes:

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Mi dispiace ma non sono per nulla d'accordo con voi...

Questa definizione si conforma all'opera di Eco che è riconosciuta non solo come un esercizio di stile (sia in Italia che fuori), ma anche come un'opera dalla precisa identità. Se poi prendiamo per buono che "classico" risponda al riconoscimento dei lettori, anche se la definizione di classico non è qui condivisa tra di noi, cmq è condiviso il fatto che si riconosca nell'opera un qualcosa che si distingue tra altri libri. In questo modo che lo si voglia o meno il libro di Eco risponde ai prerequisiti del "classico".

è una definizione di Asor Rosa. i punti di vista sono molteplici. ho riportato l'intervento di Canfora (non sono una fan di Canfora, anzi) proprio per questo.

e comunque mi piace pensare che sia un "concetto" mobile, classico per un certo tempo...

io continuo a credere che Eco sia un intellettuale, non un classico. :-)

e poi stiamo attenti agli "esercizi" di stile e di marketing...

È una grande responsabilità culturale la definizione di classico: me ne può dare una?

Non è semplicissimo. Quello che dicevo prima riguarda il canone. E il canone non è fatto tanto dalla lettura di un critico o di un editore. La definizione di canone è legata alla sensibilità di un'epoca. Quel che deve fare un editore è piuttosto dare corpo, editorialmente visibile, a questa sensibilità. Ogni generazione poi legge la letteratura in modo tutto affatto autonomo e magari differente rispetto a quella che l'ha preceduta ed è vero che la sensibilità di un'epoca cambia la definizione di un canone, magari solo in piccola parte rispetto alla precedente: un editore deve rendere disponibili i libri di riferimento per la sensibilità peculiare della propria epoca. Antonio Riccardi (oscar mondadori)

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tornando a Joyce...ho iniziato adesso "Finnegans Wake"......bè....alle prime 3 righe mi sono dovuto fermare per interpretare questa farse:

"Nel nome di Annah Agnimazicordiosa , Sempreviva, Latrice di Plurabilità, aureolificato sia il suo evanome, venia il suo vegno, sia ratta la sua riolontà così in gelo come in guerra!"

e dopo spiega da dove viene questo verso ( almeno credo)...bè non avendo mai letto JoYce direi che come primo acchito è stato "sconvolgente":rolleyes:

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tornando a Joyce...ho iniziato adesso "Finnegans Wake"......bè....alle prime 3 righe mi sono dovuto fermare per interpretare questa farse:

"Nel nome di Annah Agnimazicordiosa , Sempreviva, Latrice di Plurabilità, aureolificato sia il suo evanome, venia il suo vegno, sia ratta la sua riolontà così in gelo come in guerra!"

e dopo spiega da dove viene questo verso ( almeno credo)...bè non avendo mai letto JoYce direi che come primo acchito è stato "sconvolgente":rolleyes:

Joyce è davvero sconvolgente. Sconvolgente e mastodontico.

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è una definizione di Asor Rosa. i punti di vista sono molteplici. ho riportato l'intervento di Canfora (non sono una fan di Canfora, anzi) proprio per questo.

e comunque mi piace pensare che sia un "concetto" mobile, classico per un certo tempo...

io continuo a credere che Eco sia un intellettuale, non un classico. :-)

e poi stiamo attenti agli "esercizi" di stile e di marketing...

È una grande responsabilità culturale la definizione di classico: me ne può dare una?

Non è semplicissimo. Quello che dicevo prima riguarda il canone. E il canone non è fatto tanto dalla lettura di un critico o di un editore. La definizione di canone è legata alla sensibilità di un'epoca. Quel che deve fare un editore è piuttosto dare corpo, editorialmente visibile, a questa sensibilità. Ogni generazione poi legge la letteratura in modo tutto affatto autonomo e magari differente rispetto a quella che l'ha preceduta ed è vero che la sensibilità di un'epoca cambia la definizione di un canone, magari solo in piccola parte rispetto alla precedente: un editore deve rendere disponibili i libri di riferimento per la sensibilità peculiare della propria epoca. Antonio Riccardi (oscar mondadori)

L'intervento in cui dicevo peste e corna del Codice da Vinci. Qui non si sta parlando di un libro commerciale (Il nome della Rosa intendo) in quanto Eco non solo ha fatto un esercizio stilistico, ma parimenti ha costruito un libro senza che ci siano modelli precedenti dai quali abbia copiato. In questo senso è unico e pertanto può a buon motivo essere considerato un classico... I promessi sposi sono considerati un classico perchè sono il primo caso di romanzo in italiano per esempio e quindi il libro costituisce un modello.

Discorso diverso è quello dei casi comerciali/letterari come quello di Dan Brown dove viene sfruttata un'idea, ma non c'è uno stile innovativo di scrittura. Per cui sebbene commercialmente significativo un libro del genere non potrà mai essere considerato (stilisticamente) un vero e proprio classico.

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L'intervento in cui dicevo peste e corna del Codice da Vinci. Qui non si sta parlando di un libro commerciale (Il nome della Rosa intendo) in quanto Eco non solo ha fatto un esercizio stilistico, ma parimenti ha costruito un libro senza che ci siano modelli precedenti dai quali abbia copiato. In questo senso è unico e pertanto può a buon motivo essere considerato un classico... I promessi sposi sono considerati un classico perchè sono il primo caso di romanzo in italiano per esempio e quindi il libro costituisce un modello.

Discorso diverso è quello dei casi comerciali/letterari come quello di Dan Brown dove viene sfruttata un'idea, ma non c'è uno stile innovativo di scrittura. Per cui sebbene commercialmente significativo un libro del genere non potrà mai essere considerato (stilisticamente) un vero e proprio classico.

il libro di eco ha avuto molte critiche, da mediovalisti soprattutto. ma qui entreremmo in un discorso troppo ampio. :sleep:

comunque non è vero che non usa modelli, anzi, il trucco è che ne usa molti. da vero studioso della comunicazione e del linguaggio.

non c'è innovazione stilistica (assolutamente non di lingua - il manzoni -)

ha usato i modelli del giallo del feuilleton ecc mescolandoli secondo un modo che è del nostro tempo.

i debiti stilistici di eco poi sono molti, per esempio lui stesso ha rivelato che con la ripartizione dei capitoli secondo le ore del giorno ha contratto un debito con l'ulisse di joyce...

eco è stato comunque molto bravo perchè ha costruito un vero best seller. uno dei migliori negli ultimi anni. e non è una cosa semplice.

però ecco perchè per me, ma non ti voglio convincere, non è da considerare un classico.

ps)l'ho riletto per lavoro qualche mese fa e non mi è piaciuto come la prima volta, quando era uscito. che significhi qualcosa? :rolleyes:

ciao :-D

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il libro di eco ha avuto molte critiche, da mediovalisti soprattutto. ma qui entreremmo in un discorso troppo ampio. :sleep:

comunque non è vero che non usa modelli, anzi, il trucco è che ne usa molti. da vero studioso della comunicazione e del linguaggio.

non c'è innovazione stilistica (assolutamente non di lingua - il manzoni -)

ha usato i modelli del giallo del feuilleton ecc mescolandoli secondo un modo che è del nostro tempo.

i debiti stilistici di eco poi sono molti, per esempio lui stesso ha rivelato che con la ripartizione dei capitoli secondo le ore del giorno ha contratto un debito con l'ulisse di joyce...

eco è stato comunque molto bravo perchè ha costruito un vero best seller. uno dei migliori negli ultimi anni. e non è una cosa semplice.

però ecco perchè per me, ma non ti voglio convincere, non è da considerare un classico.

ps)l'ho riletto per lavoro qualche mese fa e non mi è piaciuto come la prima volta, quando era uscito. che significhi qualcosa? :rolleyes:

quoto. con tutta la stima per l'autore, imho non si può definire il nome della rosa un capolavoro. alle validissime ragioni postate da saehrimnir, ne aggiungo una: manca di necessità. non c'è niente dell'egocentrica e aggressiva voglia di creare qualcosa di unico, che invece accomuna tutte le opere d'arte veramente grandi imho.

sul discorso delle possibili analogie al codici da vinci, credo che da un piano prettamente formale, oppure se ci riferiamo soltanto all'apporto di un'opera all'arte alla quale appartiene, il nome della rosa e ICDV siano quantomeno paragonabili. entrando in un giudizio personale, ritengo però che il libro di eco sia di molto superiore, la narrazione è più serrata, la trama meglio orchestrata, i temi principali, imho, molto meno futili.

ps. ma perchè non ne parliamo nel MIO topic su eco, che scarseggia pericolosamente di repliche? :confused::evil:

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  • 2 settimane dopo...

Mi sembrava bella la discussione che stava nascendo tempo fa in un altro topic

Secondo voi, tra i grandi classici (italiani sopratutto, ma anche non, quelli che si studiano a scuola ad esempio), quali sono quelli molto sopravvalutati e quali invece meritano la nomea di autentici capolavori con la quale ce li presentano?

Lo dico da laureato in Lettere: quasi tutti i classici della letteratura italiana, soprattutto antecedente al '900, sono più o meno sopravvalutati.

Cito qualche nome, in ordine sparso.

Boccaccio è diventato un classico solo perché serviva un padre nobile per la nostra letteratura in prosa, e hanno scelto il meno peggio; in realtà il Decamerone è un'opera modesta, che si distingue a malapena dalle centinaia di opere simili risalenti all'epoca. Spassosi gli sforzi degli autori delle antologie quando tentano di trovarci significati inesistenti.

Leopardi è stato un grande poeta, anche se nel suo canzoniere, a fianco di liriche bellissime, ce ne sono tante altre poco memorabili o addirittura brutte. Ma il Leopardi prosatore, cioé quello dello Zibaldone e delle Operette Morali, è tutto da buttare.

Non condivido il diffuso discredito nei confronti di Manzoni, nel senso che i Promessi Sposi non m'è mai sembrato così noioso. Però, diciamocelo, al di là dell'interesse storico e linguistico è proprio un'operina da poco, specie se consideriamo che in quello stesso periodo la Francia sfornava Proust.

Un discorso simile vale per Machiavelli: le sue opere hanno, al massimo, un interesse legato al loro valore di testimonianze storiche, ma sul piano artistico sono sottozero. Unica eccezione: la Mandragola, che è una perla.

La Gerusalemme Liberata è l'Eneide della lingua italiana: una lagnosa rottura di palle. Quindi, eliminiamo anche Tasso.

Parini, ah ah, non riesco neanche a nominarlo senza ridere, è indifendibile.

Carducci, ormai, non viene più considerato un autore maggiore neanche sulle antologie delle scuole medie.

Potrei continuare, ma per amor patrio mi fermo qui.

In compenso, la Divina Commedia è uno dei più immensi capolavori non della nostra letteratura, ma di tutte le letterature di tutti i tempi. Solo che per capirla veramente devi leggerla nella sua interezza, dal primo all'ultimo verso, e mi rendo conto che è una bella mazzata. Ma, credetemi, ci sono poche soddisfazioni più grandi.

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Lo dico da laureato in Lettere: quasi tutti i classici della letteratura italiana, soprattutto antecedente al '900, sono più o meno sopravvalutati.

Cito qualche nome, in ordine sparso.

Boccaccio è diventato un classico solo perché serviva un padre nobile per la nostra letteratura in prosa, e hanno scelto il meno peggio; in realtà il Decamerone è un'opera modesta, che si distingue a malapena dalle centinaia di opere simili risalenti all'epoca. Spassosi gli sforzi degli autori delle antologie quando tentano di trovarci significati inesistenti.

Leopardi è stato un grande poeta, anche se nel suo canzoniere, a fianco di liriche bellissime, ce ne sono tante altre poco memorabili o addirittura brutte. Ma il Leopardi prosatore, cioé quello dello Zibaldone e delle Operette Morali, è tutto da buttare.

Non condivido il diffuso discredito nei confronti di Manzoni, nel senso che i Promessi Sposi non m'è mai sembrato così noioso. Però, diciamocelo, al di là dell'interesse storico e linguistico è proprio un'operina da poco, specie se consideriamo che in quello stesso periodo la Francia sfornava Proust.

Un discorso simile vale per Machiavelli: le sue opere hanno, al massimo, un interesse legato al loro valore di testimonianze storiche, ma sul piano artistico sono sottozero. Unica eccezione: la Mandragola, che è una perla.

La Gerusalemme Liberata è l'Eneide della lingua italiana: una lagnosa rottura di palle. Quindi, eliminiamo anche Tasso.

Parini, ah ah, non riesco neanche a nominarlo senza ridere, è indifendibile.

Carducci, ormai, non viene più considerato un autore maggiore neanche sulle antologie delle scuole medie.

Potrei continuare, ma per amor patrio mi fermo qui.

In compenso, la Divina Commedia è uno dei più immensi capolavori non della nostra letteratura, ma di tutte le letterature di tutti i tempi. Solo che per capirla veramente devi leggerla nella sua interezza, dal primo all'ultimo verso, e mi rendo conto che è una bella mazzata. Ma, credetemi, ci sono poche soddisfazioni più grandi.

Tranne sulla Divina Commedia, non sono affatto d'accordo con te.

Come fai a dire che una poesia di Leopardi è brutta e una è bella, all'interno della stessa opera? Sono un'opera organica di cui ne fanno parte tutte, alcune hanno più successo o meno, ma in base a quali canoni puoi dire che una poesia è brutta? Riguardo le operette morali, poi sono sicuro che tralasci il valore filosofico che portano con sè. Il Pessimismo Cosmico del Leopardi senza si perde e con lui anche il valore delle poesie che tu ritieni più belle (?).

Dire che le opere di Machiavelli hanno solo un valore storico, è molto superficiale, perchè le opere vanno contestualizzate. Quando è stato scritto il Principe, il valore politico-intellettuale dell'opera era tutt'altro che da sottovalutare. Certo, letto oggi e pensando all'oggi, magari dirai: "ma che ca***te ha scritto questo?"

E poi vorrei capire perchè i promessi sposi sono un'opera da poco. Lasciando stare il fatto che è estremamente scorretto dire: "al di là dell'interesse storico e linguistico", perchè non è che puoi prendere un'opera e privarne di alcuni punti di forza e poi dire "per il resto fa schifo...". Nei promessi sposi c'è tutto il sentimento risorgimentale-patriottico italiano, se questo sfugge, e per giunta a un laureato in lettere, è una cosa davvero triste...

Poi non hai parlato di male di Foscolo e Verga, forse li hai dimenticati...

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Lo dico da laureato in Lettere: quasi tutti i classici della letteratura italiana, soprattutto antecedente al '900, sono più o meno sopravvalutati.

Cito qualche nome, in ordine sparso.

Boccaccio è diventato un classico solo perché serviva un padre nobile per la nostra letteratura in prosa, e hanno scelto il meno peggio; in realtà il Decamerone è un'opera modesta, che si distingue a malapena dalle centinaia di opere simili risalenti all'epoca. Spassosi gli sforzi degli autori delle antologie quando tentano di trovarci significati inesistenti.

Leopardi è stato un grande poeta, anche se nel suo canzoniere, a fianco di liriche bellissime, ce ne sono tante altre poco memorabili o addirittura brutte. Ma il Leopardi prosatore, cioé quello dello Zibaldone e delle Operette Morali, è tutto da buttare.

Non condivido il diffuso discredito nei confronti di Manzoni, nel senso che i Promessi Sposi non m'è mai sembrato così noioso. Però, diciamocelo, al di là dell'interesse storico e linguistico è proprio un'operina da poco, specie se consideriamo che in quello stesso periodo la Francia sfornava Proust.

Un discorso simile vale per Machiavelli: le sue opere hanno, al massimo, un interesse legato al loro valore di testimonianze storiche, ma sul piano artistico sono sottozero. Unica eccezione: la Mandragola, che è una perla.

La Gerusalemme Liberata è l'Eneide della lingua italiana: una lagnosa rottura di palle. Quindi, eliminiamo anche Tasso.

Parini, ah ah, non riesco neanche a nominarlo senza ridere, è indifendibile.

Carducci, ormai, non viene più considerato un autore maggiore neanche sulle antologie delle scuole medie.

Potrei continuare, ma per amor patrio mi fermo qui.

In compenso, la Divina Commedia è uno dei più immensi capolavori non della nostra letteratura, ma di tutte le letterature di tutti i tempi. Solo che per capirla veramente devi leggerla nella sua interezza, dal primo all'ultimo verso, e mi rendo conto che è una bella mazzata. Ma, credetemi, ci sono poche soddisfazioni più grandi.

d'accordo con darth vader.

qualche riflessione che mi è venuta spontanea:

Tasso ha creato una lingua "labirintica" e mi approprio dell'aggettivo di un critico letterario perché lo trovo così appropriato che è diventato mio. solo per questo motivo sarebbe da rileggere con un altro approccio.

anche sulla lingua e lo stile di Boccaccio si potrebbe fare un discorso, non credi, invece di liquidarlo come uno dei tanti pescato a caso. anche shakespeare allora è uno dei tanti del teatro elisabettiano. e tutti fanno parte della loro epoca.

e liquidare parini con una risata è accettabile solo se preceduto da un: personalmente parini mi fa ridere... personalmente. nessuno nega un discorso di gusto personale. e non voglio farti cambiare idea.

ed è giusto situare i vari "protagonisti" nel loro periodo, per cui scoprire anche i limiti di carducci e della letteratura italiana di un certo periodo.

ma stiamo attenti a dire che gli autori italiani sono sopravvalutati, perché è sminuire scioccamente la "nostra" cultura, mentre questo stesso discorso (con l'identica leggerezza) lo si potrebbe fare con tutte le letterature.

e spesso i minori vengono riscoperti (ed è giusto), ma anche perché è l'occhio con cui si guarda che è cambiato.

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quoto darth saehrimnir. non si può fare di tutta l'erba un fascio. su carducci ti do ragione, ma imho non si dire che boccaccio è solo uno dei tanti. sarebbe una banalità assurda, come dire che omero è solo un plagiatore che si è sbattuto a scrivere e cucire insieme una serie di vecchie leggende noiose.

e riguardo a macchiavelli credo che il valore artistico, sebbene ci sia, non è la cosa più importante delle sue opere, che, se contestualizzate, ci rivelano una lungimiranza e uno sguardo sui tempi che raramente troviamo in un'opera.

parini lo conosco pochissimo, e quindi sto zitto.

riguardo al discorso in generale mi pare pericoloso sminuire così di brutto l'80% della letteratura italiana, perchè se lo stesso metro venisse applicato a tutta le lettere, o, peggio ancora, a tutta l'arte mondiale, allora non ci resterebbe altro da fare che non distruggere chi è venuto prima di noi.

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Come fai a dire che una poesia di Leopardi è brutta e una è bella, all'interno della stessa opera?

Non lo dico io, lo dice la critica. Ci sarà un perché se alcune poesie di Leopardi (La Ginestra, L'Infinito, Il Canto Notturno e così via) sono universalmente note e studiate, mentre altre (ad esempio tutte le poesie patriottiche, che paradossalmente furono quelle alle quali Leopardi dovette la sua fama mentre era in vita) non vengono mai citate da nessuno, non compaiono sulle antologie e sono oggetto di studio solo da parte dei leopardisti più fanatici.

Ripeto: io credo che Leopardi sia stato un grandissimo poeta. Ciò non toglie che abbia anche scritto delle poesie mediocri; ma questo è vero per tanti altri poeti, ad esempio Saba.

Parlare di "stessa opera", poi, non ha senso: il canzoniere di Leopardi racchiude centinaia di liriche scritte nell'arco di un'intera vita, senza seguire alcun piano interno. E' assurdo invocare una presunta organicità strutturale, come se stessimo parlando di un romanzo.

Riguardo le operette morali, poi sono sicuro che tralasci il valore filosofico che portano con sè.

Lo tralascio apposta, perché per me la filosofia leopardiana non vale niente. Come ho detto, ritengo che Leopardi sia stato un grande poeta; poeta, non filosofo. A leggere le sue opere con attenzione (e, credimi, l'ho fatto) è impossibile non rendersi conto che la sua presunta "filosofia" ha lo spessore di una lunga crisi esistenziale da adolescenti, appena dissimulata con qualche parolone. Tra il Pessimismo Cosmico leopardiano e un liceale che scrive "la vita è brutta" sulla Smemo perché la sua compagna di banco non gliela dà, l'unica vera differenza è che Leopardi era un grande letterato e aveva qualche freccia lessicale in più nel suo arco: ma il succo è lo stesso.

Dire che le opere di Machiavelli hanno solo un valore storico, è molto superficiale, perchè le opere vanno contestualizzate. Quando è stato scritto il Principe, il valore politico-intellettuale dell'opera era tutt'altro che da sottovalutare. Certo, letto oggi e pensando all'oggi, magari dirai: "ma che ca***te ha scritto questo?"

E' curioso che, pur volendo contraddirmi, tu finisca col dire la stessa cosa che ho detto io. Le parole di Machiavelli erano rivoluzionare per la sua epoca; per un lettore di oggi sono solo banali. Uno dei presupposti per diventare un classico non dovrebbe essere l'universalità? Dante è universale, Shakespeare è universale, Machiavelli non lo è. Per il lettore moderno, il Principe non ha nessun interesse se non, appunto, quello della testimonianza storica.

E poi vorrei capire perchè i promessi sposi sono un'opera da poco. Lasciando stare il fatto che è estremamente scorretto dire: "al di là dell'interesse storico e linguistico", perchè non è che puoi prendere un'opera e privarne di alcuni punti di forza e poi dire "per il resto fa schifo...". Nei promessi sposi c'è tutto il sentimento risorgimentale-patriottico italiano, se questo sfugge, e per giunta a un laureato in lettere, è una cosa davvero triste...

Non mettermi in bocca cose che non ho detto. Non ho mai detto, ad esempio, che i Promessi Sposi sono da buttare: l'importanza del Manzoni, non foss'altro che per l'influenza che ha avuto sull'italiano moderno, è innegabile. E non c'è dubbio neanche sul fatto che nei Promessi Sposi si riverberi lo spirito dell'epoca, ci mancherebbe; ma questo mica basta a fare di un'opera un capolavoro.

Poi non hai parlato di male di Foscolo e Verga, forse li hai dimenticati...

Non me la sono presa con Verga perché è tra i pochi che salverei. Intendo, naturalmente, il Verga naturalista, dai Malavoglia in poi.

Di Foscolo salverei giusto i Sepolcri. Per il resto il buon Ugo era, come autore e come uomo (leggete la sua biografia a opera di Montanelli per farvi quattro risate), uno al quale importava molto più dell'apparenza che della sostanza.

E in questo senso, effettivamente, era molto vicino allo spirito contemporaneo.

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Non lo dico io, lo dice la critica. Ci sarà un perché se alcune poesie di Leopardi (La Ginestra, L'Infinito, Il Canto Notturno e così via) sono universalmente note e studiate, mentre altre (ad esempio tutte le poesie patriottiche, che paradossalmente furono quelle alle quali Leopardi dovette la sua fama mentre era in vita) non vengono mai citate da nessuno, non compaiono sulle antologie e sono oggetto di studio solo da parte dei leopardisti più fanatici.

io direi che se si studiassero tutte non basterebbe il tempo, scolasticamente parlando. Ovviamentesi si fa una selezione di poesie, ma è una questione di canoni, tra 20 anni sarà diversa.

Parlare di "stessa opera", poi, non ha senso: il canzoniere di Leopardi racchiude centinaia di liriche scritte nell'arco di un'intera vita, senza seguire alcun piano interno. E' assurdo invocare una presunta organicità strutturale, come se stessimo parlando di un romanzo.

se proprio sicuro che nelle opere poetiche non ci sia organicità? Se non ci fosse, a che scopo differenziare le varie raccolte?

Lo tralascio apposta, perché per me la filosofia leopardiana non vale niente. Come ho detto, ritengo che Leopardi sia stato un grande poeta; poeta, non filosofo. A leggere le sue opere con attenzione (e, credimi, l'ho fatto) è impossibile non rendersi conto che la sua presunta "filosofia" ha lo spessore di una lunga crisi esistenziale da adolescenti, appena dissimulata con qualche parolone. Tra il Pessimismo Cosmico leopardiano e un liceale che scrive "la vita è brutta" sulla Smemo perché la sua compagna di banco non gliela dà, l'unica vera differenza è che Leopardi era un grande letterato e aveva qualche freccia lessicale in più nel suo arco: ma il succo è lo stesso.

Fai bene a dire per te... La filosofia di schopenhauer allora è una filosofia adolescenziale, ma forse anche la sua compagna di banco non gliela dava. in ogni caso, le Odi di Leopardi, senza il pessimismo leopardiano non significano nulla.

E' curioso che, pur volendo contraddirmi, tu finisca col dire la stessa cosa che ho detto io. Le parole di Machiavelli erano rivoluzionare per la sua epoca; per un lettore di oggi sono solo banali. Uno dei presupposti per diventare un classico non dovrebbe essere l'universalità? Dante è universale, Shakespeare è universale, Machiavelli non lo è. Per il lettore moderno, il Principe non ha nessun interesse se non, appunto, quello della testimonianza storica.

Non ti volevo contraddire, volevo sottolineare come non contestualizzi. Anche le universalità di Dante e Shakespeare a questo punto sfuggono, se cacciati fuori dal loro contesto...

Poi sarebbe utile se approfondissi il tuo concetto di "interesse" così capiamo perchè Machiavelli non è interessante (io l'ho letto con piacere).

Non mettermi in bocca cose che non ho detto. Non ho mai detto, ad esempio, che i Promessi Sposi sono da buttare: l'importanza del Manzoni, non foss'altro che per l'influenza che ha avuto sull'italiano moderno, è innegabile. E non c'è dubbio neanche sul fatto che nei Promessi Sposi si riverberi lo spirito dell'epoca, ci mancherebbe; ma questo mica basta a fare di un'opera un capolavoro.

Però, diciamocelo, al di là dell'interesse storico e linguistico è proprio un'operina da poco, specie se consideriamo che in quello stesso periodo la Francia sfornava Proust.

se non l'hai detto ci sei andato vicino...

Di Foscolo salverei giusto i Sepolcri. Per il resto il buon Ugo era, come autore e come uomo (leggete la sua biografia a opera di Montanelli per farvi quattro risate), uno al quale importava molto più dell'apparenza che della sostanza.

Era un neoclassico, ma insomma è ovvio che dava importanza all'estetica, ma da questo a dire che le sue opere siano prive di sostanza ce ne vuole.

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Di Foscolo salverei giusto i Sepolcri. Per il resto il buon Ugo era, come autore e come uomo (leggete la sua biografia a opera di Montanelli per farvi quattro risate), uno al quale importava molto più dell'apparenza che della sostanza.

E in questo senso, effettivamente, era molto vicino allo spirito contemporaneo.

Foscolo era sostanzialmente un copione nella prosa ed intendo le Lettere di Jacopo Ortis.

Machiavelli è invece universalmente riconosciuto non per lo spessore dello stile, ma per lo spessore delle idee che esprime. Non so... la ragion di stato ti dice nulla?:rolleyes:

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