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Amore oltre


Michelle

Messaggio consigliato

  • 1 mese dopo...

Amore oltre

E' un racconto fantasy. Un misto tra realtà e fantasia..oscura! :)

Spero vi piaccia!

Da quando aprì il “Jimi Kiss” la mia vita cambiò, da quella sera in cui l’avevo visto e non gli avevo più staccato gli occhi di dosso. Dio quanto era bello. Affascinante mentre suonava la sua bella Gibson acustica e cantava con una voce calda che ti entrava dentro.

“Stasera ti porto in un posto nuovo”, mi aveva detto quella sera Ambra, la mia migliore amica, e io avevo accettato.

Io e Ambra abitiamo a Sibiu da quando siamo nate e ci conosciamo dal liceo. Non da molto in verità però siamo amiche per la pelle.

“Allora passo da te per le 22, metti qualcosa di nero che il locale è rock”, aveva detto Ambra con il suo modo di fare ammiccante.

“Va bene, mi metto dark allora!”, avevo risposto non troppo convinta. Quando Ambra trova dei “posti nuovi” c’è sempre da stare attenti, non ha mezze misure: o sono pieni di fighetti che ti fissano in continuazione come se avessi sempre qualcosa al posto sbagliato, oppure pullulano di vecchi omaccioni ubriachi che non vedono una donna da anni.

Quella volta no. Quella volta Ambra ci aveva azzeccato, eccome!

Il posto distava circa mezz’ora da casa mia ed era venuta a prendermi lei in macchina dato che, per raggiungerlo, da casa mia doveva passarci comunque.

Era un bel localino stile irish pub con la luce bassa e i tavolini in legno. Aveva aperto da poche settimane ma sembrava andare bene. Niente fighetti o ubriaconi ma gente a posto, come noi.

Ci sedemmo ad un tavolino a caso: “Ehi ma ci suonano anche qui”, mi fece Ambra dopo qualche minuto indicando un palchetto. Ambra è un’ottima osservatrice, vede tutto e subito, al contrario di me, che devo stare un po’ a guardarmi attorno prima di rendermi conto dei particolari.

“Bello, speriamo che suonino anche stasera allora!”, le risposi. Mi piace la musica e i locali con le band dal vivo sono sempre meno, era ora che ne aprissero uno in zona!

Ordinammo due birre e parlammo un po’ della nostra giornata. “Sono stata a casa tutto il pomeriggio, tra una settimana ho l’esame di riabilitazione”, mi raccontava Ambra, che studia fisioterapia.

“Io niente esami per adesso ma continuo a pensare alla tesi”, le avevo risposto io, che invece sono al terzo anno di lingue. “L’università è una gran menata. Da un lato è bello perché vivi tranquilla, vai a lezione quando vuoi, fai gli esami quando vuoi e hai molto tempo per stare a casa; ma dall’altro è stressante perché da noi per esempio a lezione ci devi andare per forza, se salti ti ammazzano, gli esami li devo fare se no i miei mi cacciano e quando sei a casa devi studiare!”, si lamentava lei.

Certo a 22 anni non è il massimo passare la vita in casa a studiare ma noi avevamo poco da lamentarci: la sera uscivamo spesso, eravamo sempre insieme e a volte ci aggregavamo ad altri ragazzi conosciuti qua e là, una bella vita insomma.

“Uh guarda, inizia qualcosa”, mi avvertiva Ambra dopo aver visto le luci del palco accendersi.

Non feci in tempo a girarmi che..rimasi folgorata. “Oddio..”, sussurrai.

“Ahah, cosa c’è? Che ti succede? Hai visto la madonna?”, mi prendeva in giro guardando quel che si era dipinto sul mio viso: una faccia da pesce lesso!

E c’era poco da prendere in giro! Non avevo mai avuto una simile visione. Era il tipo più mostruosamente affascinante che avessi mai visto.

“Dio, ma l’hai visto quant’è figo?”, le avevo detto.

“Ahah, Tanja riprenditi, sei bordeaux!”, rideva.

Restammo lì per tutta la sera e avrei voluto che non smettesse più di cantare. Era solo lui sul palco, cantava e suonava la chitarra, faceva pezzi rock anni ’70-’80 rivisitati in chiave acustica.

Il fascino del musicista mi ha da sempre attirata, ma mai avevo avuto una sensazione così: era come se avessi bisogno di guardalo e averlo vicino.

Mi alzai tardi il giorno dopo, avrei voluto andare a correre ma era ottobre e pioveva: “Che sfiga”, pensai, non molto dispiaciuta. Non sono un tipo molto sportivo: mi piace mantenermi in forma ma preferisco poltrire sul divano a leggere qualcosa o ascoltare un po’ di musica. Fortunatamente ho un fisico esile che non fatico a mantenere.

Optai quindi per rimanere in camera mia ad ascoltare qualche vecchio cd.

Accesi lo stereo e partì la radio. Mi si bloccò il respiro quando ne uscirono le note di “Still Got The Blues” di Gary Moore, l’aveva suonata ieri il ragazzo del pub.

Quando ero tornata la sera prima non avevo chiuso occhio, continuavo a pensarci e mi ero infine addormentata con la sua immagine disegnata sulle palpebre.

“Devo essere proprio rincretinita”, pensai. Non mi era mai successa una cosa del genere. Credo nell’amore ma ho sempre pensato che non ci si potesse innamorare di una persona a prima vista, senza nemmeno conoscerla. Non era da me! Eppure..

Quel pomeriggio mi sdraiai sul letto e ascoltai per ore quella canzone guardando la pioggia che danzava sul vetro della mia finestra.

Mi persi totalmente in quelle note, non tanto per la bravura di Gary (insuperabile per carità!) ma perché alla mente mi riportavano sempre lui, e le risentivo nella mia testa proprio come le aveva suonate lui, con il suo modo, il suo tocco. Non mi piaceva solo il suo aspetto: i suoi occhi mi parlavano e sentivo qualcosa di più.

Rimasi talmente imbambolata che non mi accorsi del tempo che passava. Quando sentii la porta d’entrata sbattere capii che era arrivato mio padre. “Merda, sono già le sette!” e non avevo preparato nulla da mangiare.

“Tanja sei in casa? Che fai?”, diceva da sotto lui con la sua voce profonda. Non sembrava arrabbiato per fortuna. Mio padre è un uomo buono ma se si arrabbia può uscirgli qualunque cosa dalla bocca.

“Ciao papà, ero di sopra, mi sono addormentata sui libri”, dissi in modo poco credibile.

“Ah, brava la mia bambina”, parve credermi.

In quel periodo era molto affabile e disponibile, mi lasciava passare tutto. Anche quella sera in cui tornai sbronza dopo la festa di compleanno di Ambra dove lei stessa mi dovette accompagnare a letto, lui si accorse di tutto e non disse nulla.

“E’ quasi il tuo compleanno, te lo ricordi?”, mi disse.

“Sì, certo papà che me lo ricordo. Cosa vuoi che ti prepari per cena?”, gli risposi per cambiare argomento, ma lui insisteva: “Hai già pensato a come festeggerai? Voglio dire con i tuoi amici di scuola. All’altra festa ci voglio pensare io e ci sto già pensando.”.

“Papà non lo so ancora, non ho molta voglia di parlarne adesso.”, chiusi così l’argomento e lui non aprì più bocca. Mangiammo due bistecche in religioso silenzio e poi io sparecchiai e lui lavò i piatti. Andammo a dormire presto entrambi senza neanche darci la buonanotte.

“Ehi ciao Tanja”, sentii qualcuno chiamarmi appena varcai la porta dell’aula dopo la lezione delle 11, era Marko. Marko è un caro amico, mi chiama spesso per sentire come sto se non mi vede per un po’ di tempo, mi ascolta se ho bisogno di parlare, mi dà molti consigli e.. è cotto di me! Questo me lo diceva sempre Ambra e ormai aveva finito per convincermi. “Dai Tanja, non vedi come ti guarda? Appena ti vede si illumina e puoi chiedergli qualunque cosa che lui la fa!”, questo mi diceva sempre Ambra.

Ma per me era un caro amico e a queste cose non badavo.

“Ciao Marko, dove vai di bello?”, chiesi, “Sto aspettando di entrare in aula per la lezione di letteratura”. Marko frequenta il primo anno della specialistica di filosofia e vuole diventare insegnante e scrittore. E’ un cervellone e studiare è la sua vita.

“Bellezza ciao! ..Ciao Moscerino”, era Brad, lo “strafigo” del pianeta.

“Come stai dolcezza?”, mi aveva chiesto mettendomi un braccio attorno al collo e impigliandosi con il suo maledetto bracciale nei miei capelli: “Ahia, i capelli!”, “Oh scusa”, e aveva strattonato.

Brad è il classico ragazzo bellissimo (non lo si può negare), con il fisico scolpito, piuttosto intelligente ma davvero arrogante e presuntuoso. E’ lui che deve decidere sempre tutto e gli altri devono adattarsi, anzi nemmeno adattarsi perché per lui è normale comandare. Quelli che gli stanno bene li tratta come si deve, gli altri (come Marko) li usa come pezze da piedi! A me proprio non va giù. Con me cerca di essere gentile e spesso gli viene anche bene la parte ma non ci posso fare niente, nel profondo io so com’è davvero.

“Tanja tutto bene?”, aveva chiesto Marko, apprensivo nei miei confronti come al solito.

“Sì grazie, tutto bene”, gli avevo risposto rassicurandolo e notando che Brad guardava se il suo bracciale era ancora intatto e nemmeno si era chiesto se mi aveva fatto male. Sempre pieno di sé e del suo narcisismo.

“Dai ragazzi, vado a lezione, ci vediamo verso le 13 al solito posto per il pranzo?”, aveva detto Marko avviandosi, timoroso di perdersi i primi minuti della lezione, “Ok, a dopo, ciao”, risposi anche per Brad.

Non è male l’università da questo punto di vista: si può conoscere tanta gente nuova, soprattutto durante i cambi di aula e all’ora di pranzo. Peccato che io mangiavo sempre con le solite persone, con Marko, Brad e pochi altri. Se riuscivo qualche volta anche con Ambra, ma nel caso stavamo noi due sole.

Ah, Brad è un vampiro. Anche Marko e mio padre lo sono. E, sì, anche io.

Non siamo cattivi o chissà cosa e non mangiamo le persone e non moriamo con le croci! E soprattutto..

Ok, andiamo con ordine.

I vampiri sono una specie che esiste da secoli e con il tempo anche loro si sono evoluti. Oggi noi vampiri siamo praticamente degli umani un po’ particolari, con certi riti e usanze da rispettare. L’evoluzione ci ha permesso, grazie a lunghe ricerche durate anni da parte dei migliori scienziati che la stirpe potesse vantare, di vivere anche alla luce del sole, di esporci e interagire con la razza umana in modo assolutamente tranquillo. Infatti nessuno qui sa che io sono quel che sono, nemmeno Ambra. Penso sia l’unica cosa che non sa di me.

A Sibiu la gente sa della stirpe, sa delle faide che ci sono state e delle lotte che continuano ad esserci tra le diverse fazioni di vampiri, ma non ha paura (o almeno così sembra), perché sa che non attacchiamo l’uomo ormai da secoli.

La gente sa, ma a nessun vampiro è permesso di rivelare la sua essenza ad un umano: chiunque potrebbe essere umano o vampiro qui, nessuno sa niente. E questo è stato l’unico modo per permettere una convivenza serena tra due specie diverse.

Sempre grazie all’evoluzione non ci cibiamo più di sangue umano sgozzando le persone (bleah, mi viene il voltastomaco!) ma ci basta mangiare carne animale, proprio come gli umani. A volte i più anziani avvertono l’antico bisogno e consumano pasti a base di animali vivi. Ma credo che il “peggio” della stirpe ce lo siamo lasciati alle spalle. Niente più croci e acqua benedetta. Non vi è più un legame così saldo con il Male (se no molte cose non sarebbero state ammesse..) anche se devo confessare che qualcosa di nero nelle nostre anime c’è. “E’ la nostra natura, bambina, non ci puoi fare niente”, diceva sempre papà quando gli chiedevo spiegazioni da piccola

“Ohi, finalmente! E’ tutta settimana che non ci vediamo! Ho provato a chiamarti ieri ma non rispondevi”, era Ambra. E aveva ragione. Era da una settimana che ero praticamente sparita e non rispondevo neanche al telefono. Non so perché ma non avevo voglia di vedere nessuno. Con Ambra ci eravamo viste il venerdì prima e, come ormai tutti i venerdì da circa due mesi, eravamo andate al “Jimi Kiss”.

Era un brutto periodo per me e non capivo cosa mi stesse succedendo. Dormivo poco e mangiavo ancora meno. Le mie attività erano ridotte al minimo e passavo ore ed ore a pensare a lui. Lui, di cui non sapevo niente se non il nome, lui che nemmeno mi guardava, lui che nemmeno sapeva della mia esistenza.

Non ho mai avuto un fidanzato. Solo qualche ragazzo così, qualche uscita ma niente di serio. Perché ho sempre voluto aspettare il “principe azzurro”. E ora il mio cuore mi suggeriva che lui poteva esserlo, poteva essere il mio principe. Alan, così si chiamava (lo avevamo scoperto io ed Ambra dal barista del locale, con il quale eravamo ormai entrate in confidenza e che ci provava spudoratamente con Ambra), era bello, ma non di una bellezza invadente, la sua era una bellezza fine e lieve che si avvertiva mescolando i suoi tratti diversi, i suoi modi di fare e i suoi gesti. A me di lui piacevano i movimenti, così calmi e tranquilli e le sue mani, così agili e morbide quando suonava.

Era un pensiero costante il mio, e non potevo farne a meno, era come l’aria.

Dopo la settimana di clausura finalmente uscii e dopo il week end trascorso con Ambra, con la solita tappa al “Jimi Kiss” e il sabato in discoteca, arrivò il lunedì e ricominciarono le lezioni.

“Buona lezione e ci vediamo dopo a pranzo”, mi salutò Ambra verso le 9.

Stavo per entrare in aula quando ebbi una visione, sì quella doveva essere di certo una visione, non poteva essere realtà: “Sono davvero conciata male”, mi dissi. Ma poi mi accorsi che era tutto vero: “Ok, non sono ancora completamente impazzita.”.

Lì davanti a me c’era Alan! Era nell’atrio che consultava la bacheca ed io come una statua ero bloccata davanti alla porta: “Scusa, mi faresti passare?”, mi aveva chiesto abbastanza irritata una ragazza che doveva entrare.

Non sapevo cosa fare, ma non potevo farmi sfuggire un’occasione del genere. “Se non ci vai a parlare sei una scema!”, mi avrebbe sicuramente detto Ambra.

Presi coraggio e mi avvicinai: “Ciao!”, dissi fingendo di essere la ragazza più spigliata del mondo.

“Ciao”, mi rispose lui con un sorriso gentile.

“E’ proprio l’uomo dei miei sogni”, pensavo.

“Sei Alan del “Jimi Kiss”, vero?”

“Sì, brava, mi hai sentito suonare qualche volta?”, rispose un po’ stupito.

“Eh sì, non solo una volta. Ti seguo dall’esordio al “Jimi””, dissi e subito me ne pentii: era una frase da stupida-bambinetta-delle-medie-fan-sfegatata-dei-Backstreet-Boys!

“Ah wow, una fan!”, sorrise. Era davvero gentile e spontaneo e per niente al mondo mi avrebbe preso in giro.

“Più o meno.. Ma che ci fai qui in università?”, gli chiesi cambiando argomento.

Mi spiegò che si era laureato tre anni prima in Scienze Musicali in America, dove era nato, ed ora si era trasferito temporaneamente con amici, giravano il mondo per cercare fortuna e sfondare nella musica.

“Mi piace Sibiu e sono un po’ stanco di girare. Pensavo di fermarmi qui. E se trovo un’offerta interessante credo proprio che lo farò”. Voleva specializzarsi e cercava una facoltà all’altezza, ma a Sibiu purtroppo non c’erano corsi di musica. Ovviamente questo non glielo dissi!

“Ehi, ti va di fare colazione?”, mi chiese. Avevo lezione ma come potevo dirgli di no?!

“Certo!”, dissi con fin troppo entusiasmo e dopo, timidamente, mi presentai: “Ah, comunque io sono Tanja”.

Andammo al bar dell’università e ci sedemmo ad un tavolino. Gli raccontai un po’ di me e delle serate al “Jimi” con Ambra.

“Che bello avere una fan! Non lo credevo possibile! Il “Jimi” è un gran locale, sono fiero di suonarci”, mi diceva.

Scoprii che aveva anche un gruppo rock con il quale si esibiva nei locali fuori Sibiu, più adatti al genere.

Da vicino era ancora più bello e mentre mi parlava la mia mente volava leggera e piano abbandonava il mio corpo che, credo, tremava. Era alto, non così magro come sembrava, anzi, da vicino aveva delle braccia piuttosto muscolose, i capelli neri lunghi fino alle spalle, gli occhi nocciola, un naso sottile e una bocca rosa e morbida. Portava sempre un bracciale di cuoio nero al polso sinistro, aveva dei jeans chiari e una t-shirt verde militare: non aveva niente della rockstar!

Dopo il caffè mi spiegò che doveva andare da un suo amico per provare i pezzi che avrebbero suonato quella stessa sera in un locale a nord di Sibiu: “ Se ci vieni mi fa piacere”, mi disse.

“Ok, vedo cosa posso fare”, gli risposi e ci salutammo.

All’ora di pranzo, quando vidi Ambra, le raccontai tutto. Non stavo più nella pelle e appena la vidi la sommersi di parole.

“Sei una grande”, mi disse.

“Non lo so neanche io come ho fatto, non è da me andare da un ragazzo che non conosco e presentarmi!”, ero abbastanza sconvolta. Sono una persona timida e mai al mondo mi sarei sognata di fare una cosa così. Non io. Ma in quel momento è come se la parte più esuberante del mio ego mi avesse trascinato e mi avesse costretto a seguire il suo volere. Beh, ciò mi piaceva!

“Mi ha chiesto di andare da lui stasera!”, l’avevo detto almeno mille volte.

“Sì Tanj, l’hai già detto.. Ci andiamo?”.

“E me lo chiedi?!?!”, avevo urlato abbracciandola: “Ti adoro Ambra!”, le dissi.

“Sei pazza, baby”, mi disse stringendomi e sorridendo.

La sera Ambra passò da me prima e insieme scegliemmo vestiti e trucco.

“Questa volta suona con il suo gruppo e sarà un concerto rock vero e proprio!”, spiegai.

“Ok, mettiti quella gonna nera e gli stivali con il tacco”. Ambra era bravissima a scegliere abiti e trucco, io invece non ero molto abile a truccarmi ma in compenso avevo dei bei vestiti.

Per la serata mi misi una gonna di jeans nera piuttosto corta e stretta, una canottiera di pizzo con sopra un golfino viola scuro e gli stivali neri consigliati da Ambra. Ero davvero molto rock!

“Con i tuoi capelli ci sta bene qualsiasi colore”, diceva Ambra mentre pensava a come truccarmi.

I miei capelli sono lunghi fino a mezza schiena, lisci e neri e,quando non mi metto il phard e mi vesto con abiti lunghi e scuri non so come Ambra non possa accorgersene..

Ho la pelle bianchissima e gli occhi di un azzurro talmente chiaro che tende al bianco. Non esco mai senza truccarmi (per quanto ne sia capace!) perché senza trucco ho paura che gli altri scoprano quello che sono.

Ma quando sono a casa e Ambra viene da me mi vede al naturale, eppure non mi ha mai detto nulla..

Ah sia chiaro, non ho canini sporgenti e quant’altro!

“Pronta!”, esclamò Ambra facendomi sobbalzare sulla sedia: mi ero persa in pensieri vari mentre lei mi metteva l’ombretto.

“Mmm, che fantasia..”, le dissi. Ci aveva messo mezz’ora e aveva usato venti ombretti ma il risultato erano due occhi nerissimi!

“Eh che palle che sei! E’ un concerto rock e messa così sei una degna fan di un chitarrista rock!”, sentenziò.

“Se lo dici tu..”, mi alzai scettica e finii di preparami.

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..continua..

Il locale era grande e stracolmo, e anche se ci avevamo messo quaranta minuti per arrivare al paese e altri dieci per trovare il posto, ne era valsa la pena.

C’era gente di ogni tipo: metallari, ragazzi glam, punk, e perfino fighetti!

Mi sentivo un po’ più sollevata, il mio look non stonava.

“Vado un attimo in bagno, arrivo, stai qui”, mi disse Ambra.

Mi fermai vicino al bancone e osservai il palco: era molto grande e alto, le apposite macchine stavano già spruzzando il fumo per creare l’atmosfera, gli strumenti erano pronti e la sua chitarra acustica era stata sostituita da un’elettrica per l’occasione.

“Ehi, ma quanto sei ****?!”, mi si avvicinò un metallaro enorme che subito dopo quel dolce complimento scomparve.

Circa mezz’ora dopo iniziò il concerto. Erano dei veri rockers e dei musicisti molto preparati. Questa volta Alan si limitava a suonare, ogni tanto prendeva parte a qualche coro, ma le parti vocali erano affidate ad un altro bravissimo cantante.

“Andiamo un po’ più avanti”, mi spinse Ambra, e finimmo sotto al palco.

Eravamo dal lato di Alan che, quando mi vide, mi lanciò un sorriso.

Finita l’esibizione i musicisti si ritirarono nei camerini e noi tornammo verso il bancone per prendere qualcosa da bere.

“Fa un caldo”, dissi ad Ambra.

“Sì, ci saranno un milione di persone!”, esagerò.

“Grazie di essere venute”, disse una voce dietro di noi: era lui.

Rimase con noi per un po’, gentile e calmo come la mattina al bar, poi tornò dagli altri e noi ci avviammo verso casa.

Era stata una giornata stupenda e io mi sentivo al settimo cielo.

I giorni successivi furono peggio della settimana che avevo passato a casa e in menata. E ora forse capivo anche il perché. Questa volta mi ero davvero presa una bella cotta, se di cotta si poteva parlare: io nei miei sogni già mi immaginavo in una bellissima villetta con giardino, con lui e due bambini tutti nostri, felici e contenti per il resto dei nostro giorni! Ero innamorata!

E questo mi rendeva al contempo felice e preoccupata.

Come posso negare quello che sono? Come posso dirglielo? Come può volermi? E soprattutto, sarebbe possibile?

“Hai già pensato a come festeggerai? Voglio dire con i tuoi amici di scuola. All’altra festa ci voglio pensare io e ci sto già pensando.”, le parole di mio padre mi riecheggiavano nella mente e non trovavo pace.

Mi sdraiai sul letto e la mia mente iniziò a vagare, i miei pensieri finirono da mia madre..

Lei non c’è più. E questo è il prezzo che ha dovuto pagare per permettermi di essere qui adesso.

Sì, proprio così. I vampiri ora non saranno più le bestie terribili dei tempi di Dracula ma, tempo fa, una cosa terribile successe.

Era il periodo in cui iniziava l’integrazione tra umani e vampiri, si era deciso per un patto tacito tra le due specie per finirla una volta per tutte con le guerre. Nessuno voleva più morte e disperazione. E anche i vampiri, abbandonati alcuni “stili di vita”, confermarono la giusta scelta.

Agli umani non era dato sapere chi fosse vampiro e chi no, questo per evitare loro uno spavento inutile se per caso si fossero trovati a tu per tu con uno di loro (di noi..), e ai vampiri non era consentito svelare agli umani la loro appartenenza e..neanche cibarsi di loro!

L’evoluzione permise così di non riconoscere dai tratti somatici un appartenente alla nostra razza e ci permise inoltre di alimentarci in svariati modi, senza più recare danno all’uomo.

Ma tutto era solo all’inizio quando mia madre e mio padre si conobbero.

Mia madre era una giovane studentessa di lettere, di giorno studiava per diventare insegnante e di sera lavorava come cameriera nel bar di mio nonno. Era bellissima e mio padre, che lavorava nel panificio di fronte al bar, non aveva potuto fare a meno di notarla.

Si erano così conosciuti, al bar, lui cliente e lei padrona. Lei umana e lui vampiro.

Fu un amore folgorante il loro, non potevano fare a meno l’uno dell’altra e la sera appena smettevano di lavorare correvano al loro posto segreto per vedersi e stare insieme.

Ma fecero quello che non ero permesso. In una calda notte di passioni le emozioni ebbero il sopravvento e i due si unirono in un amore incontrollabile.

I vampiri erano (e sono tutt’ora) divisi in diverse fazioni. Al tempo ce n’erano molte e mio padre apparteneva alla fazione dei “corvi” il cui capo dovette subito essere informato dell’accaduto.

“Noi non possiamo rivelarci, quindi loro non sanno se quello che hanno davanti è un vampiro o meno.

Ma noi sì! Noi abbiamo il nostro lato animale che ci permette di capire al volo chi abbiamo davanti! I nostri sensi non ci ingannano mai! E non puoi dire il contrario Andrei!”, così il capo si era rivolto a mio padre, e aveva ragione.

Disperato, mio padre vagò per giorni e notti senza meta, pensando a cosa avrebbe potuto fare. Avrebbe voluto scappare con mia madre ma se li avessero trovati li avrebbero uccisi entrambi.

Fu una decisione dura da prendere e mio padre ancora adesso non si dà pace.

“Lo farò, Andrei, per la nostra bambina, lo farò. Io voglio che viva. Se non lo facessi, probabilmente moriremmo comunque o ci perseguiterebbero. Così almeno voi vi salverete.”, così aveva detto mia madre e aveva accettato di sacrificarsi per darmi alla luce. Non ebbe nessuna esitazione quando mio padre le racconto la verità, e non ebbe paura di lui: lo amava per quello che era.

“Il sacrificio è grande, ma deve essere fatto per porre rimedio a questa eresia!”, e con queste parole il capo dei “corvi” diede inizio ad un rituale che segnò la fine di mia madre e l’inizio della mia vita.

“Tanja!”, sobbalzai. Era mio padre che mi chiamava ad un centimetro di distanza. Era mattina ed ero a letto vestita, la sera prima mi ero addormentata sfinita da quei terribili pensieri.

“E’ ora di alzarsi e andare a scuola!”, disse.

“Università papà, università. Se dici scuola sembra che vado ancora alle medie!”, mi ero alzata col piede storto.

Mi lavai, mi misi un paio di jeans e una maglietta pulita, feci colazione e mi avviai a lezione.

“Tanja, ciao!”, era Alan.

“Ciao Alan!”, risposi.

“Come stai?”, mi diede due baci sulle guance (ebbi un brivido), “Vi è piaciuto poi il concerto l’altra sera?”.

“Certo, siete stati bravissimi e il posto era bello! A quando il prossimo?”, chiesi.

La giornata stava già migliorando.

“Il prossimo non si sa, almeno non so se in quel locale ci andremo ancora. Il posto è bello ma il proprietario non ci ha trattati un granché bene. Però, se ti va, posso invitarti da me e farti sentire qualche pezzo acustico.”

Ero in delirio: “Da te?”, balbettai.

“Sì. Stasera gli altri sono fuori e io sarò da solo. Niente di impegnativo, potresti venire a cena: prendiamo due pizze e suoniamo qualcosa, che dici?”, mi propose col sorriso.

“Eh, dico che va bene!”, esclamai.

“Perfetto, allora stasera da me alle 20. Abito vicino al bar “Luce”, hai presente?”.

“Sì sì, so dov’è”.

“Ecco, la casa gialla.”.

“Va bene, a stasera allora.”, gli sorrisi timidamente.

“Ciao Tanja”, mi salutò e andò via.

Quando pronunciava il mio nome era come se mi conoscesse da una vita, come se una parte di me diventasse sua.

Chiamai subito Ambra per raccontarle l’accaduto ma non la trovai.

“Papà, stasera esco a cena, in frigo comunque c’è qualcosa”, avevo detto a mio padre appena l’avevo sentito rientrare verso le sette.

Ero in camera mia da due ore, avevo tirato fuori dall’armadio qualsiasi cosa e ancora non sapevo cosa mettermi per la serata!

“Ambra perché non ci sei!”, dicevo tra me e me.

“E’ un primo appuntamento e a casa sua. Non puoi metterti sexy, sembreresti spregiudicata”, immaginavo quello che mi avrebbe detto Ambra.

Alla fine optai per un paio di jeans e una magliettina nera semplice ma carina.

Pioveva un po’ ma casa sua distava circa quindici minuti a piedi dalla mia, quindi arrivai in tempo per non beccarmi l’acquazzone.

“Ciao! Vieni entra”, mi disse sorridente come al solito dopo che finalmente mi decisi a suonare alla sua porta.

“Carino qui”, dissi guardandomi attorno. Era una bella casetta, con pochi mobili e piena di divani, dischi e libri.

“Sì, in tre ci stiamo bene. Siamo tutti uomini e per giunta tutti musicisti, quindi scusa se c’è un po’ di disordine”, scherzò.

Mangiammo due pizze sull’enorme tappeto in salotto, appoggiati con le schiene ad un grande divano rosso.

“A me piace molto la musica sai? Ho provato anche io a suonare la chitarra da piccola, però poi ho smesso. Ma mi avevano detto che avevo talento.”.

“Dai, veramente?”, sembrava entusiasta. “Allora adesso mi fai sentire qualcosa!”.

“Ma sei pazzo? Non suono da secoli!”.

“Dai dai, suoniamo insieme”, mi convinse.

Andò nella stanza accanto e tornò con due splendide chitarre elettriche. “Ehi, vuoi fare sul serio, eh?”, gli dissi.

“Beh, sei o non sei una rocker?”, e mi porse la chitarra.

In realtà sì, sono abbastanza una rockettara, sia nel modo di vestire (poco curato, cosa che mi rimprovera sempre Ambra!), sia nelle scelte musicali.

Gli feci vedere quello che sapevo fare: “So fare solo questi accordi”, dovevo essere rossissima in viso.

“Tranquilla, vai alla grande! Te ne faccio vedere altri se vuoi”, mi disse mostrandomi delle semplici progressioni. Il suo modo di fare mi piaceva sempre di più.

“Ecco, e questo è un fa maggiore”, disse. Cercai di riprodurlo ma uscì un suono orribile!

“Oddio!”, esclamai.

“Tranquilla, è normale. Guarda, questo dito spostalo così”, e mi toccò la mano.

I miei occhi si sbarrarono e il mio cuore galoppava all’impazzata sentendo il suo respiro così vicino a me.

Mi guardò dritto negli occhi: “Ecco vedi, così va meglio..”, si avvicinò e cercò di baciarmi.

Mi scostai di colpo: “Io..”, non sapevo cosa dire.

“Scusami, non so cosa mi è preso..”, agitato, cercava di scusarsi.

“Non dovrei essere qui, ho fatto un casino”, avevo paura.

“Sei fidanzata?”, mi chiese più tranquillo.

“No..è che non posso..per altri motivi. Non lo so se posso, capito?!”, praticamente urlai.

“Ehi, tranquilla.”, lo avevo spaventato.

Mi rimisi a sedere e cercai di guardarlo ancora. Si mise davanti a me in ginocchio, mi prese le mani e mi guardò teneramente.

“Scusami, davvero. E’ che tu mi piaci. Però hai ragione, forse ho affrettato un po’ i tempi.”, si dichiarò.

Era una sensazione bruttissima quella che stavo provando: avevo una gran voglia di baciarlo e stringerlo ma ero assolutamente frenata da una miriade di pensieri angoscianti.

“Scusami tu”, dissi, “Anche tu mi piaci, ma ora non credo di potere..”, cercai di spiegarmi.

“Non ti preoccupare. Vorrai vedermi ancora?”, mi chiese.

“Ma certo”, gli risposi con il cuore in mano.

Lui era così dolce. Quella sera a casa sua mi aveva fatto capire tante cose: mi piaceva tutto di lui. Era sempre sorridente e prendeva tutto con tranquillità, ascoltava con attenzione e parlare con lui era un piacere. Al tutto si aggiungeva il suo fascino irresistibile ai miei occhi e la sensibilità tipica del musicista.

“Tanja, ehi Tanja!”, come al solito il mattino dopo andai in università e Marko mi dovette chiamare più volte prima di avere la mia attenzione.

“Ciao Marko, scusami, ero sovrappensiero”, gli dissi.

“Come va? Come stai bene oggi con quell’ombretto”, mi disse. In realtà era il solito ombretto blu che mettevo quasi sempre, ma ogni volta lui doveva usare un pretesto per farmi un complimento.

“Grazie, come sei gentile!”, gli risposi carina. Lo salutai e andai a lezione.

Quella mattina non ascoltai nulla di quello che dissero i professori. Nulla di tutte le sei ore di lezione.

Pensavo continuamente alla sera prima con Alan.

“Non è possibile, il ragazzo di cui sono innamorata persa mi vuole baciare e io mi tiro indietro!”, mi dicevo.

Nel pomeriggio tornai a casa con gli stessi pensieri che mi avevano accompagnata per tutta la mattina.

“Hai già pensato a come festeggerai? Voglio dire con i tuoi amici di scuola. All’altra festa ci voglio pensare io e ci sto già pensando.”, in più si aggiungevano le parole di mio padre che mi ritornavano sempre alla mente.

Con Alan non era un problema solo per la mia razza (che già non è una cosa da poco!), c’era dell’altro e forse anche più serio.

Con quella frase mio padre si riferiva al mio ventitreesimo compleanno.

Le usanze da rispettare, i riti da compiere per noi giovani non sono molti.

Al diciottesimo compleanno c’è stato il rito dell’”unione fraterna”. Niente di che: ci hanno fatto dei piccoli taglietti sui palmi delle mani, ci hanno fatti unire in un cerchio di modo che tutte le nostre mani (dei novellini che compivano diciotto anni) fossero strette le une alle altre e il nostro sangue si unisse. Era un rito di fortificazione, dicevano.

Ogni tanto si faceva la “prova della croce” che serviva per rimanere immuni alle croci e ad altri oggetti del genere.

Ma al ventitreesimo compleanno, dal tempo dell’integrazione, si era aggiunto un nuovo rito.

“Per rimanere immortale, godere del nostro dono più grande e vantarci della nostra possibilità, al ventitreesimo compleanno ogni vampiro deve affermare il suo essere”, così diceva il capo della più antica (tra le uniche due rimaste) fazione di vampiri di Sibiu.

Gli umani non sapevano di questo anche se il rito li riguardava da vicino e anche se potevano rimanerne segnati in eterno.

“E’ l’affermazione della nostra essenza. E’ un grande orgoglio per noi. Ed è quello che ci fornisce l’immortalità”, mi aveva spiegato mio padre quando avevo compiuto vent’anni, mi stava preparando.

Il terribile rito consisteva nel risvegliare i più sopiti istinti della stirpe e, nel cuore della notte, succhiare il sangue da un collo umano. Questo, se era forte abbastanza da contrastare un giovane vampiro, non avrebbe avuto nessun problema nell’avvenire e al mattino dopo si sarebbe risvegliato con soli due segni sul collo che sarebbero spariti dopo pochi giorni; ma se questo fosse stato troppo debole o il vampiro troppo forte, l’umano avrebbe potuto morire o, forse ancora peggio, diventare un “vampiro indegno”: un uomo debole che in vita non seppe contrastare un vampiro e che nell’altra sua vita avrebbe dovuto guadagnarsi a fatica il rispetto della stirpe.

Era una cosa terribile. Io non mi interessavo mai ai riti da compiere: se ero costretta a farlo lo facevo, più che altro per far contento mio padre, ma non ho mai provato un vero interesse e una devozione particolare per la stirpe. Se mi sentissero gli anziani probabilmente mi impalerebbero!

Questo rito però era davvero grave. Come avrei potuto fare una cosa del genere sapendo che il povero malcapitato avrebbe potuto non svegliarsi mai più dal suo sonno?

Più si avvicinava il giorno del mio compleanno e più non ci dormivo la notte.

In più, si era aggiunta un’altra notizia che mi aveva dato mio padre qualche giorno prima.

“I più giovani stanno cambiando. La stirpe si sta indebolendo. Dobbiamo fare accoppiare i più forti e sperare che generino creature migliori”, mio padre aveva riportato le parole del vampiro più anziano e saggio di Sibiu.

“E’ stato decretato Brad come uno dei più forti, belli e valorosi giovani vampiri”, diceva mentre io ascoltavo attentamente, non aspettandomi nulla di buono.

“Ieri c’era anche lui alla riunione ed ha espresso il desiderio di averti per la fortificazione della razza”, concluse calmo.

“Che cosa?!?! Non gli avrai detto di sì spero! E poi cosa viene a chiedere a te una cosa del genere, ma che imbarazzo!”, urlai girando per la cucina con il viso tra le mani.

“Calmati Tanja, ascolta. Sappiamo che non è possibile altrimenti. Voglio dire, tu sei una vampira e dovrai scegliere un vampiro come tuo compagno. Hai quasi ventitre anni e non ho mai percepito un interesse per qualcuno della stirpe. Brad mi sembra il più adatto..”

“Il più adatto?!?!”, lo interruppi bruscamente, “Il più adatto per cosa? Per mettere al mondo un figlio? Ma cosa sono in vendita?!”, ero sconvolta.

Il fatto che mio padre avesse acconsentito ai deliri di Brad mi dava fastidio, ma la cosa che più mi distruggeva era la verità: non potevo che stare con uno della mia stessa razza! E Alan non avrebbe mai potuto avere un posto vicino a me..

Il giorno dopo rimasi in casa tutto il giorno e non parlai mai con mio padre. Passò Ambra nel pomeriggio e le raccontai della serata con Alan.

“E’ stato bellissimo..”, le dissi.

“Tanj, ma che aria da funerale! Non si direbbe che sia stato bellissimo..Che succede?”, mi disse giustamente.

“Sono giù Ambra. Ho problemi con mio padre. Non credo gli stia bene che veda Alan. Lui punta su Brad..”, spiegai approssimativamente.

“Brad?! E ci credo, è un tocco di figo!”, esclamò. Ambra ha sempre avuto un debole per Brad. Più che altro per i suoi muscoli.

“Dai, non scherzò più. So che a te non frega niente di Brad. Dillo a tuo padre, vedrai che capirà.”, mi consigliò.

Lei d’altronde non poteva capire. In una famiglia normale avrebbe potuto anche funzionare ma.. parlare con mio padre non sarebbe servito a molto, anche se avrei potuto provarci.

Il pomeriggio seguente andai al centro commerciale per fare spesa e comprai un bel po’ di buona carne: avevo deciso di parlare con mio padre e volevo farlo davanti ad una cenetta impeccabile!

Stavo per entrare al supermercato quando vidi Alan, era con un amico e stavano guardando la vetrina di un negozio di scarpe. Lo fissai per un po’. “Quant’è carino”, pensavo.

Alla fine si accorse di me e mi salutò con la mano.

Poi si avvicinò: “Ciao Tanja! Tutto bene? Facevo un giro..”, mi disse solare.

“Ciao, tutto bene grazie, ma il tuo amico?”, chiesi non vedendolo più.

“Doveva andare. Vai a fare spesa? Se vuoi ti accompagno”, mi disse. Era proprio carino.

Fare la spesa con lui fu la cosa più divertente che avessi mai fatto. Avrebbe comprato tutto ciò che di più inutile si potesse comprare! Nel fare la spesa non era un granché, ma nel ridarmi il buon umore era il numero uno.

Usciti dal supermercato, ci sedemmo su di una panchina a parlare. Questa volta mi parlò molto di lui, mi svelò cose piuttosto intime e ne fui contenta.

“Tanja, io non so perché ti sto dicendo tutto questo.. Sento qualcosa di forte, tu mi piaci molto..”, mi disse sincero.

Mi avvicinai a lui e senza pensarci due volte lo baciai. Sentivo il suo respiro crescere e quando mi strinse a sé avvertii il suo cuore battere forte. Le mie mani si infilavano nei suo morbidi capelli, mentre lui teneva le sue sui miei fianchi e mi baciava lentamente.

Le sue labbra erano morbide e delicate, mi dava piccoli e leggeri baci e mi guardava negli occhi.

In quel momento seppi cos’era l’amore.

“Alan, io credo di amarti”, gli dissi staccandomi dolcemente dalla sua bocca.

Sorrise: “Sei sicura? L’altra sera non mi sembravi molto convinta”, disse quasi scherzando.

“Sì, lo so. Ho qualche problema con mio padre..è un uomo un po’ all’antica..”, mentii.

“Capisco.. Tanja, anche io ti amo”, e mi baciò di nuovo.

Al solo pensiero di poter fare una cosa così terribile ad un umano (proprio come Alan!) mi sentivo svenire.

Dovevo dirglielo! Lui doveva sapere di me e dovevo parlare a mio padre. Io non potevo farlo! E non me ne fregava niente di essere immortale! ..Immortale..L’immortalità! Non ne so nulla ma, di solito è una cosa a cui si può rinunciare. E se non farò il rito non sarò immortale! Probabilmente mi tirerò dietro i malocchi più terribile dagli anziani ma.. che mi importa!

Mi sentii fortissima dopo quel ragionamento e andai da mio padre convinta.

“Tanja, ma cosa stai dicendo?”, la sua consueta calma stava svanendo.

“Papà, non è così?”, volevo sapere.

“Ma tu sei un vampiro, devi essere immortale! E’ il nostro orgoglio!”, urlò.

“Sono un vampiro..non lo sono invece! Non totalmente!”, gli ricordai.

“Papà, io mi sono innamorata. E lui è un umano! Ti ricordi tu e la mamma? Come puoi non capire?!”, dissi in lacrime.

“Come osi parlare di tua madre?! Non sai niente! Non sai quanta sofferenza ha portato il nostro amore! E’ stato devastante, l’amore ha rovinato tutto! L’amore tra due stirpi diverse non è possibile!”, nelle urla neanche lui trattenne le lacrime.

Mi calmai e mi sedetti su di una sedia. Eravamo in cucina e stavamo per cenare ma, una volta avviata la discussione, non assaggiammo niente di tutto quello che avevo preparato.

“Papà”, cercai di parlargli di nuovo, in modo tranquillo, “Io so tutto invece, di notte mi capita di rivivere quello che avete vissuto tu e la mamma, quello che provava la mamma quando io ero nel suo grembo.

Lo so che non è possibile, ma mi chiedevo se la rinuncia all’immortalità potrebbe cambiare qualcosa. Sai che io non ho una grossa devozione ai vari rituali ma ho sempre fatto quello che mi hai chiesto. Se non fosse così importante, pensi che te l’avrei chiesto?”.

“Oh Tanja, io non voglio perderti. Ma so che non potrai restare qui con me per sempre. Promettimi che ci penserai a lungo prima di decidere. Pensaci ancora per questi venti giorni che ti separano dal tuo compleanno.”, mi chiese, e poi si fece serio: “Un modo c’è. Tua madre era un’umana, quindi tu sei per metà vampiro e per metà umano. Io ti ho fatto fare tutte le tappe per condurre la tua esistenza come un vero vampiro perché così avevamo deciso io e tua madre prima della tua nascita. Tua madre aveva un immenso amore nei miei confronti e, dopo la scoperta della verità, imparò ad amare anche le mie usanze.”, non capivo dove volesse arrivare. “Il rito del ventitreesimo compleanno ti porterebbe al raggiungimento pieno dell’essenza del vampiro. E così guadagneresti l’immortalità. Ma per la tua particolarità, la rinuncia al rito ti porterebbe ad accostarti alla razza umana: saresti mortale e lentamente perderesti le tue caratteristiche da vampiro.”, così concluse.

Mi sentivo confusa: ero libera grazie a quello che mi aveva appena detto, ma sapevo che ciò gli avrebbe provocato un grande dolore.

“Papà, io non voglio farti soffrire. Ma credo che Alan sia davvero importante per me. Ci penserò te lo prometto. Ma tu promettimi di essere felice per me, qualsiasi scelta farò”, lo baciai.

“Amore mio!”, urlò Alan appena mi vide uscire dall’aula il giorno dopo. Aveva ormai imparato gli orari delle mie lezioni ed era venuto a prendermi per stare un po’ insieme.

Lo abbracciai forte e gli diedi un bacio.

“Ti va di andare al parco? Ho anche la chitarra con me!”, era felice.

“Va bene, così mi suoni qualcosa”, gli sorrisi.

Quando stavo con lui tutto mi sembrava facile. Non avevo paranoie e mi sentivo sempre a mio agio. Con lui parlavo di tutto e mi sorprendeva ogni volta il suo interesse per tutto quello che dicevo.

“Dovresti fare la ballerina”, uscì con questa frase.

“Cosa?!”, esclamai, “Non ho mai ballato in vita mia!”.

“Sì, hai un fisico bellissimo. Dovresti fare la danzatrice del ventre”, ogni tanto sparava certe cavolate!

“Ehi, ma le danzatrici del ventre hanno la pancia!”

“Beh..hanno il ventre!”, disse furbescamente mentre io gli saltai addosso per fargli il solletico.

Restammo tutto il pomeriggio al parco, all’ombra di un grande albero. Io appoggiata a lui e lui che suonava per me: mi sembrava un sogno.

“Alan”, mi alzai, “io ti amo”, gli dissi guardandolo negli occhi.

“Anche io Tanja”, rispose con il sorriso.

“Farei di tutto per te. E rinuncerò..”, stavo andando troppo avanti nella mia dichiarazione!

“A cosa devi rinunciare? Tanja, che succede?”, iniziava a preoccuparsi.

“Io devo dirti una cosa.. Forse tu non sai perché vieni da fuori, ma qui..”, ci provai ma lui mi bloccò: “Ho sentito strane cose su Sibiu sì, ma non credo sia quello che stai per dirmi!”

“Dipende: cosa sai tu?”.

“Amore, mi hanno detto che qui voi vivete con i vampiri. Ma io non ne ho mai visto uno e giro spesso di notte..”, mi disse tranquillo. Ma io raggelai.

“Tanja, tutto bene?”, mi chiese quando feci un sussulto.

“Alan, non ci crederesti mai.. Vorresti parlare con mio padre?”, mi sembrò l’unica cosa da fare.

“Non capisco.. Ma se è per qualcosa che ti preoccupa certo che gli parlo!”, si mostrò disponibile e sincero.

Andammo subito a casa mia e dopo neanche venti minuti mio padre fu a casa.

“Papà, lui è Alan”, dissi.

“Ecco, questa è la storia”, mio padre aveva raccontato tutto. Ora Alan conosceva per filo e per segno la mia vita.

Era pallido in volto e sembrava sull’orlo di uno svenimento.

“Alan, tutto bene?”, gli chiesi.

“Sì, tutto bene. Ma tu faresti davvero questo per me?”, mi chiese. L’episodio “rinuncia dell’immortalità” era quello che più l’aveva colpito!

“Sì, lo farei. Ora sai tutto di me, nessun’altro lo sa, nemmeno Ambra. Se mi vuoi ancora io rinuncerò a tutto.”, mi aprii.

Mio padre ci guardava con amore, aveva capito. Sapeva quanto per me fosse importante Alan, e ora capiva anche il perché della mia decisione.

Era passata una settimana e Alan non si era più fatto vedere, da quella sera.

Ero in crisi, tanto che quella sera decisi di uscire da sola in discoteca e sbronzarmi.

Misi i vestiti più corti che avevo e partii: destinazione devasto.

Il posto era pieno e faceva caldo. Tutti i maschi mi guardavano, avrebbero voluto avermi.

Trovai Ambra: “Tanja, che ci fai qui da sola?”, era insieme al barista del “Jimi Kiss”, finalmente ce l’avevano fatta ad uscire!

“Niente, non avevo voglia di restare a casa”, risposi in fretta.

“E Alan? S’è poi risolta con tuo padre?”, mi chiese ma non ebbe risposta.

Mi fiondai al bancone e presi due cocktail a caso. Dopo averli seccati in un lampo mi buttai in pista.

Ballavo freneticamente e tutto intorno a me girava sempre di più.

Sentii poi delle braccia che mi si avvinghiavano alla vita. Era Brad. Ballai con lui lanciandogli sguardi di provocazione. Bruciava. Stette un po’ al gioco e alla fine mi sbatté contro al muro ed inizio a baciarmi e toccarmi.

Ambra mi aveva visto e sapeva che non ero in me. Venne a chiamarmi: “Tanja, io pensavo di andare, tu che fai?”.

“Non vedi che è occupata?”, rispose Brad.

“E tu non vedi che è ubriaca?!”, gli disse lei scostandomelo di dosso.

“Andiamo via Tanja!”, mi prese per un braccio e mi trascinò verso l’uscita.

Stavamo quasi per varcare la porta quando qualcuno fermò Ambra. Oddio, era Alan.

“Che fate qui? Tanja, che hai fatto?”, chiese preoccupato e disgustato al contempo.

“Io non so niente ma qualcosa mi dice che è colpa tua!”, Ambra gli rispose sputandogli in faccia queste parole e girandosi subito per uscire.

Alan rimase per un po’ immobile ma poi ci fermò di nuovo: “Aspetta! E’ vero, è colpa mia. Tanja, io ho avuto bisogno di tempo per pensarci. Ma ora ho capito. Ho capito che nessun’altra farebbe mai quello che vuoi fare tu per me. E nessun’altra potrebbe rendermi felice come sai fare tu. Tanja io ti amo e voglio stare con te.”.

Ambra era quasi commossa, la sua scorza da dura era stata scalfita dalle parole del principe.

Io non mi reggevo in piedi ma il cervello, lentamente, aveva captato le sue parole e, dopo averle elaborate, mi permise di abbracciarlo e sussurrargli un: “Ti amo.”.

Non mi ricordo altro.

Mi svegliai nel letto la mattina dopo con un gran mal di testa.

“Tanja, ma che hai fatto?!”, mio padre era ancora in casa.

“Papà, mi dispiace. Ho bevuto troppo ieri sera. Lo so, è stupido, non devo farlo ma..”

“Tanja, mi riferisco ad Alan e Brad!”, disse cupo.

Sbarrai gli occhi: “Cosa?! Che è successo?!”, esplosi.

Mio padre mi raccontò che Ambra mi aveva portata a casa, lui era ancora sveglio e la aiutò. Dopo lei le raccontò cosa era accaduto in discoteca.

Brad mi aveva visto con Alan e lo aveva pestato a sangue. Ero incredula, non poteva essere vero. E io non mi ero accorta di nulla!

“Ma ora dov’è? Come sta?”, non ragionavo più e piangevo.

“E’ a casa sua, vive con due suoi amici che lo hanno aiutato ieri. Pare che si sia danneggiato una mano e un occhio”, disse mio padre a bassa voce.

Alan gli stava simpatico, ma era più preoccupato di tutto il contorno che di lui.

“Una mano?! Oh mio dio, lui suona! Starà malissimo! Devo andare da lui!”, e cercai di avviarmi verso la camera per cambiarmi e uscire ma mio padre mi fermò: “Tu non vai da nessuna parte! Forse non ti rendi conto. Sai che Brad è molto influente, è uno dei nipoti del vampiro più potente di Sibiu. Non so come faccia Alan ad essere ancora vivo, e ancora Brad non sa della tua rinuncia..”, era sconvolto ma cercava di mantenere la calma.

Non vidi ne sentii Alan per cinque giorni. Ero preoccupata e volevo solo uscire da tutto quel casino!

Ebbi un’idea: dovevo andare dal vecchio saggio vampiro e spiegargli della mia rinuncia.

Arrivata al castello, dopo una camminata di quasi un’ora, mi feci annunciare e Ardalon mi accolse senza farmi attendere.

“Tanja, qual buon vento? Non ti vedo nella mia dimora dal tuo diciottesimo compleanno!”, mi fece accomodare.

“Ecco, io..”, non appena aprii bocca davanti a me comparve mio padre con Alan.

“Ma..voi..che fate qui?!”, stavo impazzendo.

“So già tutto, Tanja”, mi spiegò Ardalon.

“Ma..la lite in discoteca? Brad? Era tutto inventato?”, chiesi spiegazioni a mio padre.

“E’ tutto vero, Tanja. Brad è ancora una minaccia per voi due, per questo sono venuto personalmente da Ardalon per parlagli. Ed ho portato anche Alan, che mi aveva chiesto cosa poteva fare.”, disse mio padre.

“La vostra famiglia ha già sbagliato e pagato e sofferto molto in passato. Non voglio che si ripetano gli stessi errori. Per questo ho acconsentito alle richieste di tuo padre, e alle tue.”, disse Ardalon.

“Potrò rinunciare..?”, sussurrai.

“Sì. Dovrà compiersi un rito al tuo ventitreesimo compleanno. Tu sarai resa mortale ed entrambi avrete l’obbligo di non parlare a nessuno della vostra storia”, aggiunse Ardalon.

“Tra mezz’ora sarai ventitreenne, Tanja. Facciamolo subito.”, disse Alan.

Scoccata la mezzanotte Ardalon preparò le frasi da pronunciare per la mia rinuncia.

Mi porse un abito nero, che simboleggiava la morte, contrapposto a quello rosso che avrei dovuto indossare invece se avessi compiuto il rito della suzione del sangue.

Mio padre mi guardava, con orgoglio e malinconia al contempo, ma nei suoi occhi leggevo la felicità di vedermi innamorata e di portare a compimento lo stesso sogno che avevano lui e la mamma.

“Così oggi al tuo ventitreesimo compleanno, tu Tanja Brazov, rinunci alla vita eterna, per tua unica decisione. Ti avvicinerai alla vita umana, breve e mortale e nulla più di vampiro scorrerà delle tue vene.”, queste furono le parole di Ardalon. Sentenziose riecheggiavano nella stanza superiore del suo castello.

Mi aveva posto al centro di un rombo formato da candele che, alla fine della sua orazione, si spensero per poi riaccendersi alcuni secondi dopo più brillanti.

Dormii per due giorni di seguito. Mio padre era preoccupato anche se il vecchio Ardalon lo aveva avvertito: “E’ molto pesante questo rito. Avrà bisogno di riposo.”.

Alan: “Tanja, dove sei?”

Tanja: “Sto preparando qualcosa qui in cucina, vieni?”

Erano passati tre anni e io ed Alan vivevamo insieme.

Stavamo nella sua casa di prima, senza più gli amici però!

Mi sembrava di vivere in un sogno ma da tempo ormai mi ero resa conto che non lo era, era la realtà.

“Oggi a pranzo viene Ambra con il suo nuovo fidanzato, ce lo presenta!”, gli dissi.

“Ah, ho già paura!”, scherzò lui baciandomi da dietro mentre preparavo le tartine.

Mio padre era rimasto nella nostra vecchia casa, andavo a trovarlo ogni pomeriggio e ogni pomeriggio non faceva che ripetermi quanto era felice per me: “Alan è un bravo ragazzo, hai fatto la cosa giusta. Brad non vi darà più fastidio, deve solo provarci! Il vecchio Ardalon lo brucia vivo!”, e ridavamo.

Anche io ero felice.

Di sera io ed Alan ci mettevamo sul tappeto in salotto. Io appoggiata a lui e lui suonava per me.

“Alan, io ti amo.”, gli dicevo.

“Anche io ti amo, Tanja.”.

Non era cambiato molto da prima: Ambra era ancora la mia migliore amica ,vivevo sempre a Sibiu e lo amavo alla follia.

Ora però non andavo più all’università ma al liceo, ad insegnare inglese.

Non vivevo più con mio padre ma con Alan.

E non ero più vampira, ma umana.

Beh, forse sì, qualcosa era cambiato.

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  • 2 settimane dopo...

Twilight, vero?

Eheheheh...

Per alcune cose ricorda molto i libri della Meyer. Per altre invece è abbastanza spontaneo ed interessante. Diciamo così: se non fosse stato scritto bene non sarei riuscito a finire il pdf. Ed invece prende... è ben scritto insomma. I dialoghi sono credibili.

L'unica cosa è che la fine mi ha dato un po' l'impressione di essere stata fatta in maniera sbrigativa. Uno aspetta fin dall'inizio il climax ed invece la cosa si risolve così con due cose... forse avresti dovuto metterci un po' di suspence in più. Magari inserendo altre connotazioni di contrasto.

Comunque non malaccio.

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Ihihihih "non malaccio" è fantastico come commento! :P

Cmq NO TWILIGHT!!!! Ma xkè appena vedete Vampiri automaticamente pensate a Twilight??

L'ho scritto prima di aver visto il film e non ho neanche letto i libri!

Poi a dire il vero non c'entra molto, se non per il fatto che i protagonisti sono giovani!

Cmq sono contenta che sia piaciuto, spero lo leggerà qualcun altro..

Amo molto il mondo fantasy e quello oscuro, questa però era + che altro una storia d'amore..

Grazie di aver letto e commentato il mio racconto! :)

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Perchè Twilight? Perché all'inizio lo ricorda moltissimo. Molti qui nel forum si accaniscono quando si dice di aver letto certe cose, però quiando si ama la scrittura si deve leggere di tutto. Purtroppo è così (anche Eragon...bleah!).

Comunque non ho detto che sia copiato da twilight. Messo così sembrava all'inizio una riproposizione dei personaggi mescolando un po' le carte ed aggiungendo qualcosa di nuovo.

Però mentre lo leggevo pensavo: "si vede che NON è come twilight perchè si sente un buon lavoro di introspezione dei personaggi e dei loro rapporti".

E' fatto molto bene questo tuo inserimento di particolari discordanti, tipo la seconda festa che all'inizio non si capisce o appare come qualcosa di strano. Dopodiché nella narrazione assume un senso.

L'unico problema è che secondo me con una costruzione del genere in fondo concludi sbrigativamente. Avresti potuto approfittare della preparazione per creare suspence finale. Tutto qui...

Comunque il tuo racconto si lascia leggere bene. Non devi ringraziare!

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:-D

bene bene! sono contenta! :-)

mi piace molto scrivere. e quando lo faccio mi viene tutto di getto (beh non tutto di seguito, però quando sto creando un racconto non penso ad altro in quei giorni :lol: ), anche x le canzoni è così.

il problema è che devo essere davvero ispirata!!!

infatti non ho scritto molti racconti! però dai, pochi ma buoni ihihih

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  • 2 settimane dopo...

Ciao,

ti dico la mia.

Prendila bene.

Il racconto ha un punto debole: l'argomento non è ne nuovo, anzi, peggio, è inflazionato.

Il bel ragazzo vampiro di questi tempi è un problema.

A questo punto, scartata la novità dell'argomento, deve entrare in gioco lo stile e qui iniziano seriamente i problemi: ho fatto veramente fatica ad arrivare in fondo.

Guarda commento solo la prima frase, poi se vuoi continuiamo, anche se qualcosa mi fa pensare che non ne avrai molta voglia.

La prima frase ha un refuso o è scarsamente comprensibile.

Da quando aprì il “Jimi Kiss” la mia vita cambiò, da quella sera in cui l’avevo visto e non gli avevo più staccato gli occhi di dosso.

Il soggetto sott'inteso rende scarsamente comprensibile la frase.

Se il soggetto fosse il bel vampiro, il problema c'è sulla dialettalità della frase <<aprì il “Jimi Kiss”>>, perché o è il padrone del locale, ma sappiamo che invece è un musicista che ci suona, oppure volevi dire che aveva fatto da apripista/gruppo spalla ad un concerto.

Se invece il soggetto è il personaggio che parla in prima persona, a questo punto il verbo corretto dovrebbe essere aprì, ma aprii.

Dio quanto era bello. Affascinante mentre suonava la sua bella Gibson acustica e cantava con una voce calda che ti entrava dentro.

Ecco, il proseguo è abbastanza un caso di come debba veramente lavorarci su sto racconto :D

Vediamo: <<era bello>>, <<Affascinante>>, <<bella Gibson>>. No no no. Non va bene affatto.

Anzitutto, una costruzione del pensiero di questo tipo fa sembrare la protagonista una ragazzina sedicenne alla prima cotta, non una ventiduenne in procinto di laurearsi, che nella norma, dovrebbe aver già consumato con qualche essere vivente.

Ci presenti la scena focale all'inizio, un frame che dovrebbe essere importante e focale per il personaggio - e quindi per la voce narrante - in maniera totalmente statica: dovevi fare in modo di far correre lo sguardo del lettore, che invece rimane fermo su un pupazzo bello Affascinante, con in mano una bella Gibson.

Aloa!

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ciao,

i commenti li accetto tutti, non solo quelli positivi!

ti rispondo subito.

ma l'hai letto il racconto? il protagonista non è un bel vampiro ma unA vampirA! che si innamora del ragazzo musicista. e se ne innamora in modo assolutamente delirante. infatti è lei stessa ad ammettere (se leggi bene) che lo pensa continuamente come fosse una sedicenne alla prima cotta!!

sulla prima frase... o non l'hai letta o, non so come xkè è italiano, non l'hai capita.

"da quando aprì il jimi kiss" significa: "dal momento in cui il locale aprì", si dice!

non c'è un soggetto da specificare! quando dici "oggi riapre l'alcatraz d milano" non dici il nome del soggetto che materialmente aprirà il posto! capito ora?

il racconto è scritto in prima persona. con modi informali e a volte tipici del parlato, ma la cosa è voluta. x nn farlo sembrare un romanzo troppo "serio" e pesante!

spero ti siano serviti i chiarimenti.

grazie x aver letto il racconto.

ciao!

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quiando si ama la scrittura si deve leggere di tutto.

OT: Mica vero: io amo le donne, ma non andrei mai con Marisa Laurito.

Detto questo, la prima frase poteva effettivamente essere resa meglio, ma a mio avviso non è affatto incomprensibile. In generale non mi entusiasmano troppo l'argomento e certe note di "sono ggggggiovane", nonché un uso della punteggiatura (a mio avviso) non impeccabile.

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Comunque fenna si riferiva alla difficile comprensione del periodo

Da quando aprì il “Jimi Kiss” la mia vita cambiò, da quella sera in cui l’avevo visto e non gli avevo più staccato gli occhi di dosso.
parlando della seconda parte. Sembra che la protagonista si rimasta colpita dal locale.

Comunque condivido ciò che hanno detto gli altri, il finale è un po' debole, e dovresti aggiustare la punteggiatura, ma nell'insieme non è un cattivo lavoro.

EDIT: il linguaggio da SMS è vietato dal regolamento del forum. E non so se l'errore sia contenuto anche nel racconto, ma si scrive ''perché'', non ''perchè''. ;-)

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@Michelle

Mi scuso per il refuso.

I commenti erano relativi allo stile di scrittura. In generale sembra che tu l'abbia scritto un po' come ti veniva e l'abbia immediatamente pubblicato, ma non si scrive come si starnuta, sui testi bisogna lavorarci, poi tutto può essere discusso.

Ripeto, se vuoi e se ti interessa entro nel merito.

Aloa!

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Eh già, hai ragione.. non si scrive come si STARNUTA, per fortuna!!

per i.am.leo97:

sulla punteggiatura, per esempio?

per quanto riguarda la prima frase: la rileggo ma non ci trovo nulla di sbagliato. si capisce benissimo andando avanti.

>>>Da quando aprì il “Jimi Kiss” la mia vita cambiò, da quella sera in cui l’avevo visto e non gli avevo più staccato gli occhi di dosso. Dio quanto era bello. Affascinante mentre suonava la sua bella Gibson acustica e cantava con una voce calda che ti entrava dentro.<<<

Mi risulta difficile che un locale possa cantare!!

L'ho reso così per non fare capire subito. Insomma, avessi scritto "Una sera andai in un locale e trovai un ragazzo bello che suonava" non sarebbe stato un attacco un po' triste e super scontato? anzi, più che scontato direi da medie!

Ultima nota: lo stile l'ho adattato alla protagonista. ripeto, è scritto in prima persona. lei è una ragazza di 22 anni, tranquilla e i suoi pensieri li esprime in quel linguaggio!

del resto nella vita reale neanche noi impazziamo per formulare un periodo nel modo più corretto possibile quando parliamo con un nostro amico! giusto?

se avete letto "Io non ho paura" di Ammaniti capirete di cosa parlo. Lì lo stile e il linguaggio sono perfettamente creati su misura del protagonista bambino. Infatti certe cose che lui dice non si dicono in italiano standard (che nemmeno noi usiamo!) ma lui che è un bambino le dice eccome! è un modo per dare vita e una personalità ai personaggi.

detto questo, spero di poter leggere qualche vostro lavoro.

bye bye

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Be', ci sono frasi che sarebbero più chiare se ci fosse una virgola in più, e altre in cui invece sarebbe meglio usare un punto e virgola, per dare più respiro alla narrazione.

Ovviamente, tutto ciò che scrivo è IMHO.

P.S.: io mi esprimo in maniera corretta e sono molto attento ai tempi verbali anche quando parlo con amici e familiari. ;-)

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MIchelle

Il punto è che non si scrive come si parla, sono due media differenti.

Resa così, ti assicuro, la ragazza pare una sedicenne.

Io vado un po' avanti

“Stasera ti porto in un posto nuovo”, mi aveva detto quella sera Ambra, la mia migliore amica, e io avevo accettato.

<<mi aveva detto quella sera>> ci sta proprio male poteva essere o tolto direttamente, per passare alla descrizione di Ambra.

Io e Ambra abitiamo a Sibiu da quando siamo nate e ci conosciamo dal liceo. Non da molto in verità però siamo amiche per la pelle.

Ecco la costruzione della frase è molto semplice, potrebbe andare bene, solo che avrei approfittato per dare due pennellate di descrizione in merito ad Ambra, giusto una cosa del tipo "un metro e cinquanta di energia saltellante" - l'esempio è stupido, ovviamente, ma spero renda l'idea -.

La cosa più importante però è che riflette un errore rintracciabile in tutto il esto e che appesantisce di molto la lettura: pur scrivendo in prima persona continui a ripetere frasi in cui metti: io e me.

“Allora passo da te per le 22, metti qualcosa di nero che il locale è rock”, aveva detto Ambra con il suo modo di fare ammiccante.

“Va bene, mi metto dark allora!”, avevo risposto non troppo convinta.

Questo dialogo, per come la vedo io, non ha senso di esistere, se non come preambolo alla descrizione del locale, ma una frase indiretta, sarebbe andata meglio.

Quando Ambra trova dei “posti nuovi” c’è sempre da stare attenti, non ha mezze misure: o sono pieni di fighetti che ti fissano in continuazione come se avessi sempre qualcosa al posto sbagliato, oppure pullulano di vecchi omaccioni ubriachi che non vedono una donna da anni.

Quella volta no. Quella volta Ambra ci aveva azzeccato, eccome!

Il posto distava circa mezz’ora da casa mia ed era venuta a prendermi lei in macchina dato che, per raggiungerlo, da casa mia doveva passarci comunque.

Era un bel localino stile irish pub con la luce bassa e i tavolini in legno. Aveva aperto da poche settimane ma sembrava andare bene. Niente fighetti o ubriaconi ma gente a posto, come noi.

Allora, per dire che Ambra ci ha azzeccato, oltre all'usare il punto esclamativo, cosa da non fare, ci dici che è passata a prenderti perché era di strada, se non lo fosse stata? Che importa? Il senso del preambolo è che la protagonista doveva essere li e incontrarsi col bel chitarrista. Al lettore non gliene può fregare di meno se ci va in tram, autobus, motocicletta o elicottero.

La descrizione del locale e dei suoi abitanti è scialba.

Quello che sappiamo da lettori è che ci sono i locali con fighetti e vegliardi ubriaconi che non piacciono alla ragazza, ma non sappiamo quanto è liungo, se è frequentato, quante persone siano ai tavoli, c'è qualcuno in particolare che attira l'attenzione? Al bancone ci sono ragazzi che servono. Niente. Sappiamo che è un Irish pub con luci basse e tavolini in legno e la distanza da casa...

“Ehi ma ci suonano anche qui”, mi fece Ambra dopo qualche minuto indicando un palchetto.

Dopo qualche minuto è da togliere, Ambra parla per dare l'informazione che suonano.

Al posto di usare una frase comparativa avrei solo detto una cosa del tipo <<fece Ambra, mostrando ancora una volta le sue doti d'osservatrice>>

,

<<le rsposi>> va tolto, oppure devi usare un puntoevirgola per collegare la frase successiva e per evidenziare il cambio di soggetto.

Il punto esclamativo va usato con parsimonia, anzi andrebbe proprio evitato come la peste in narrativa. Aggiungo che, ancora una volta il "Mi" poteva essere evitato con un <<Adoro la musica dal vivo>>

Il dialogo è proprio grezzo; a me di che università fa Ambra o di che Università frequenta la protagonista interessa veramente poco; quello che mi potrebbe interessare sapere è che fanno l'università, o se Ambra parla "a macchinetta" ogni volta che è tesa per un esame, questo perché da una descrizione del contesto.

Aggiungo inoltre una constatazione, dall'uso dei tempi verbali, pare che la protagonista stia raccontando da una data imprecisata nel tempo, un avvenimento passato, del resto la frase iniziale era al passato.

In questo passaggio la voce narrante usa il presente: <<che invece sono al terzo anno di lingue>>.

Cosa che contina anche poi.

Ora, se tu fossi Joice potresti anche cavartela con il flusso di pensiero o se fossi Breton - o qualche surrealista :D - avresti la scusa della scrittura automatica, ma questo è un errore di scrittura, anzi di impostazione del testo.

Ancora una volta, non aggiunge niente del rapporto fra le amiche ed è piatto piatto.

Ancora una volta i tempi verbali ballerini. <<Mi avvertiva Anna>>, <<sussurrai>>, <<mi prendeva in giro>>.

Ancora: <<mi prendeva in giro guardando quel che si era dipinto sul mio viso: una faccia da pesce lesso!>>

Non va bene. E' proprio brutto da leggere senza contare che ha l'esclamativo per l'ennesima volta. Poteva essere resa anche solo con <<disse deridendo la faccia da pesce lesso che mi si era dipinta in viso.>>.

<<E c’era poco da prendere in giro! Non avevo mai avuto una simile visione. Era il tipo più mostruosamente affascinante che avessi mai visto.>>

Non si inizia una frase con "e", poi perdi l'occasione di descrivere questo ragazzo, come era vestito? Era alto? Le mani erano grandi? Nodose? Come stava sul palco? Inpiedi, seduto? Le luci basse come tagliavano le ombre sul viso?

Risolvi l'incontro cruciale e che hai detto essere criciale, con un "mostruosamente affascinante"... un po' poco.

Quello che sappiamo è che tipo di musica fa:

Il che mi fa pensare che hai dei buoni gusti musicali, ma non ci siamo.

Domani continuo.

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complimenti per il tempo dedicato a riscrivere il racconto!!

però penso che ognuno abbia un po' il suo stile... cioè prima mi dici che se ci va in macchina, in tram, in bus non frega niente a nessuno (che racconto è senza dettagli??) e poi vuoi sapere i particolari? beh decidiamoci..

comunque non trovo per niente utili e costruttivi tuoi appunti.. ho preferito gli altri commenti che dicevano per esempio del finale debole o della punteggitura.. queste sono critiche utili per i prossimi lavori...

il fatto di dire "no non ci siamo", "non va bene" mi fa intuire che per te una cosa può essere scritta solo in un modo. invece credo non sia così, se no ognuno avrebbe lo stesso modo di scrivere o parlare... sai che allegria.

ultima cosa: non si scrive come si parla, non è vero! soprattutto ai giorni nostri col mondo delle chat e quant'altro e per la letteratura moderna!

chiudo qui la discussione. ciao.

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Direi invece che serva un bel corso di scrittura.

Le obiezioni sui tempi verbali sono giuste; un po' più aleatoria è l'analisi di quello che interessa o non interessa ai fini della descrizione del racconto.

Tempo fa scrissi il racconto di un barbone che cammina nella nebbia e venni tacciato come un razzista, solo perché chi l'aveva letto non aveva capito nulla del racconto stesso. La scrittura è molto personale e se va fatta una critica costruttiva al testo letterario occorre concentrarsi su due cose in particolare:

1) gli errori grammaticali e sintattici;

2) le lacune nella trama narrativa (incongruenze, inesattezze errori).

Consiglio questo blog che postò tempo fa Samirah e che mi sembra abbia un approccio costruttivo allo scrivere.

http://fantasy.gamberi.org/

Per quanto riguarda un corso di scrittura su questo forum è arrivato il momento di aprire il topic.

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ok, grazie del link.

in sostanza però non credevo di aver scritto cose incomprensibili e praticamente in una lingua che non sia italiano! giudicando dai commenti...:-(

leggendo qualche altro raccontino qua e là, forse il mio lavoro non è azzeccato per il forum... voglio dire, avevo postato altri 2 lavori tempo fa e sono stati apprezzati. ma erano molto diversi; a questo punto forse più in linea con lo stile del forum. erano più fantasy "classico", non un misto tra fantasy e moderno.

chissà.. :confused:

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