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Cyberpunk L'Agenzia


Demian

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Tessa si risveglia nella fumosa penombra del suo appartamento, un dignitoso monolocale appena rischiarato dalla luce grigia che filtra attraverso le persiane.
E' curioso svegliarsi, per qualcuno che ormai è più macchina che carne. E' curioso dover ancora dormire, ma il cervello umano ha le sue esigenze nonostante tutto, e bisogna conviverci.
Senza fretta, Tessa si mette a sedere sul letto rimettendo in funzione le fibre artificiali della sua muscolatura bionica, un vero gioiello di cibernetica, non come le rigide protesi a basso prezzo utilizzate dalla maggior parte dei veterani del Medio Oriente o delle Pianure Centrali, gente del tipo che riempie le strade dei sobborghi di Portland. Il vicinato è quel che è.
Alzatasi, con gesti quasi meccanici la ragazza va alla finestra e la apre. Leggende popolari raccontano che un tempo le Northwest Heights fossero dei quartieri ricchi, villette di gente per bene circondate da alberi rigogliosi, una distesa di collinette e declivi lussureggianti. Dev'essere stato prima che la periferia le inghiottisse, ora sono soltanto una massa disordinata di edifici squadrati dai colori spenti, il bosco è stato sepolto da una foresta di asfalto e cemento. All'orizzonte le alture alberate aggiungono una nota di colore a questo scenario monotono, e nascondono il cuore della città, quello dove vive la gente che conta, soltanto le torri più alte riescono a svettare al disopra dei colli.
Tessa abbandona il panorama offerto dalla città e raggiunge il tavolo sul quale è poggiato il suo computer, l'appartamento è in ordine e pulito, l'affittuaria, la signora Jones, si occupa personalmente delle faccende quando la ragazza è fuori. La signora Jones è una persona discreta, "loro" si sono assicurati che lo fosse. Acceso il portatile, uno sciame di immagini colorate danza uscendo dal proiettore olografico, la connessione alla reste è stata quasi istantanea, la trasmissione automatica delle pubblicità forse è stata addirittura più rapida. Con la calma abituale, Tessa osserva senza emozioni quegli spot sgargianti, li scorre con gli occhi e li disattiva uno ad uno, uno stillicidio di pillole per la purificazione corporea, buoni per viaggi familiari a Las Vegas, paste per la pulizia dentale e chi più ne ha più ne metta. Finché, alla fine, la ragazza non trova ciò che stava cercando: uno degli spot ha un piccolo scarabocchio al disotto del nome del prodotto, un segno a malapena percepibile, praticamente invisibile a chi non sappia dove cercarlo.
Tessa sa di cosa si tratta, è un messaggio da parte "loro", c'è qualcuno per lei da Nancy, alla tavola calda sottostante. E' giunto il momento di tornare al lavoro.

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Quando individuo il simbolo sotto lo spot pubblicitario un sorriso inquietante ed involontario si dipinge sul mio viso, mi hanno lasciata in stasi per troppo tempo questa volta. Cominciavo a sentire una certa fame, quel tipo di fame distruttiva che poteva far saltare la mia posizione. Frenare i miei istinti l'ho sempre trovato destabilizzante a lungo andare ed ora so che di qualsiasi cosa si tratti a breve avrò l'occasione di sfogarmi. Lascio che mi usino per i loro scopi solamente per usare loro a mia volta. Quando mi rendo conto del sorriso soffoco l'espressione prima di spegnere il computer e di alzarmi, sono ancora in intimo quindi raccatto i vestiti abbandonati sul tavolo e li indosso. Degli stivali neri militari, un pantalone verde oliva ed un'anonima maglia nera attillata formano il quadro, sono quelli che ho indossato ieri ma non mi interessa. Prendo il solito porta pugnale e lo fisso sull'avambraccio sinistro, poi vi infilo il Nova. Mi serve una giacca per celare l'arma quindi ne prendo una dall'armadio, quella donna continua a ripormi nell'armadio gli abiti che lascio in giro. Non ne capisco il senso.

La prima giacca che vedo è una nera ricoperta di fibbie, la prendo e la indosso meccanicamente, non la chiudo visto che serve unicamente a celare l'arma. Poi finisco di prepararmi e mi lascio l'appartamento alle spalle.

Finalmente qualcuno ha smosso le acque, ed è tempo che i coccodrilli vengano a galla.

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Un passo al di fuori e ancora una volta sei nel corridoio del piano, tutto è così pulito, così asettico, così finto. La maggior parte dei vicini starà ancora dormendo, meglio così. Raggiungi l'ascensore senza fare rumore, e in un batter d'occhio sei di sotto, la strada ti aspetta. Il Sole è già sorto ma la sua luce è oscurata dallo smog, come al solito; tutto è così dannatamente familiare in questo posto, come se l'intero quartiere fosse intrappolato in un loop dove ogni cosa si ripete un giorno dopo l'altro, il signor Chen ha già aperto il suo chiosco dove vende galletti fritti e birra annacquata, alcuni tossici e senzatetto stanno dormendo sul marciapiede e, tanto per non cambiare, qualcuno è stato ucciso questa notte, una macchina corazzata della polizia è parcheggiata all'angolo della strada, in parte sfregiata da fori di proiettile e ruggine.

Due agenti, difficile dire se più annoiati o infastiditi, sono in attesa vicino ad un corpo riverso a terra, parlottano fra loro a bassa voce, uno dei due di tanto in tanto si porta una sigaretta alle labbra, a quanto pare più per abitudine che per reale piacere. Un altro morto senza nome, i poliziotti avranno messo qualche x sui moduli che i burocrati amano tanto, ed ora sono in attesa delle unità di smaltimento rifiuti organici. I morti di Northwest Heights, troppo malandati anche soltanto per avere organi che possano interessare agli spacciatori del mercato nero.

L'omicidio dev'essere stato opera delle gang probabilmente. Il quartiere era più tranquillo in passato, al tempo degli Skulls, una banda di teppisti scalmanati ma niente più, poi era arrivato Whiteface, e aveva preso il controllo della gang, l'aveva influenzata coi suoi ideali di purezza razziale ed altre caxxate neonaziste, era rapidamente salito di grado e, una volta divenuto il capo, aveva cambiato il nome della banda in Totenkopf. Northwest Heights è il loro territorio, e nessun uomo con la pelle dal colore sbagliato è al sicuro in queste strade.

L'insegna al neon del locale di Nancy risplende di un rosa sbiadito, la tavola calda è già aperta, all'interno alcuni avventori sono seduti al bancone e sorseggiano lentamente il caffé sintetico orgoglio della casa, non per gustarlo, Nancy lo serve bollente apposta, per illudersi che i suoi clienti gradiscano ciò che ha da offrire.

Nessuno di loro si volta quando entri, soltanto un uomo attira tua attenzione, capisci subito il tipo. Seduto da solo e in disparte ai tavoli, spalle al muro e volto rivolto verso l'entrata, ha scelto l'angolo migliore per tenere d'occhio l'intera tavola calda. E' ben vestito, indossa una giacca in gessato grigio, camicia bianca, cravatta scura ed un borsalino, sta usando il tovagliolo per pulire degli occhiali da Sole dalla montatura in avorio; quando ti vede entrare fa un cenno quasi impercettibile, poggia la mano destra sul tavolo e traccia un simbolo circolare con l'anulare, poi, come se fosse parte dello stesso movimento, raccoglie gli occhiali e se li porta al viso. Hai trovato il tuo contatto.

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Raggiungo il tavolo senza rallentare o accelerare il passo, incedendo verso l'uomo con la mia solita calma. Ho individuato l'uomo dove mi aspettavo di farlo, sapevo che avrei trovato lì il contatto visto che io per prima avrei scelto quel posto. Quella piccola informazione mi dice che l'uomo non è un semplice burocratico e so di dover rimanere in allerta come un predatore che studia un altro predatore.

Mi siedo al tavolo lentamente per poi poggiare i palmi delle mani sul tavolo, in una posizione offensiva visto che mi permetterebbe di allungare il braccio destro ed infilare la lunga lama, celata al suo interno, nella gola dell'uomo. Punto i profondi occhi blu notte sull'uomo, specchiandoli nelle lenti nere, mentre lo studio senza celarlo, il mio viso è totalmente inespressivo mentre rimango in silenzio.

Socchiudo la bocca per inumidirmi le labbra con la lingua, lo faccio lentamente ed in modo accurato.

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Quando ti siedi l'uomo ti sorride accogliendoti cordialmente, poi batte alcuni colpetti sul tavolo con le dita, e si rivolge alla proprietaria del locale: Un'altra tazza di caffé, Nancy.

Un po' di scena per non insospettire i presenti, nulla d'inaspettato. Lo sconosciuto si mette più comodo e finalmente ti rivolge la parola: Allora T, come vanno le cose qui nelle Heights?, mentre parla si porta una mano alla tempia e la massaggia lentamente. Sai che non si tratta di emicrania, ti sta segnalando che ha un dispositivo per la trasmissione wireless di dati, "loro" devono avergli dato i codici per trasmettere al nervo ottico della tua protesi oculare. Nella testa di quest'uomo ci sono le informazioni sul tuo prossimo bersaglio, è venuto a trasmettertele di persona per impedire che qualcuno le possa intercettare sulla rete.

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Come al solito, è una noia mortale... dico quasi sillabando le parole mentre gli occhi restano vacui e inespressivi.

Quando la proprietaria si avvicina mi rilasso anche io, o almeno lascio che sembri così. Mi appoggio finalmente allo schienale, tirando le braccia a me in modo che solo i palmi poggino sul tavolo. Attendo in silenzio che l'uomo mi invii i passi, mi mordicchio l'angolo destro del labbro inferiore questa volta perché sono ansiosa di iniziare.

Probabilmente l'uomo sta aspettando che la proprietaria si allontani prima di cominciare, ma non ho mai sopportato l'attesa.

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Nancy poggia la tazza di caffè sintetico di fronte a te e ti saluta con allegria, l'odore ed il colore sono quasi convincenti stavolta. Ciao, bentornata. Un altro dei tuoi amici, eh? Perché non mi venite a trovare più spesso?, il sorriso color ciliegia su quella faccia bianca e flaccida è talmente dolce che potrebbe farti venire il diabete.

La solita Nancy, sempre troppo espansiva e impicciona. Uno dei tuoi vecchi contatti l'ha abituata troppo bene, socializzava con lei come parte della sua copertura, per non destare sospetti. Dal bancone Vito, uno dei tanti debosciati che passano le loro giornate da Nancy, prende anche lui la parola, prova empirica che al peggio non c'è mai fine: Dai Nancy, lascia i piccioncini da soli, voglio un'altra birra.

Mentre la grassona distoglie i suoi occhi azzurri da voi, l'uomo al tavolo con te comincia a trasmettere i dati, essi entrano nei tuoi occhi cibernetici sotto forma d'immagini, fotografie che scorrono rapide. La prima raffigura un orientale in giacca nera, con una cravatta dorata raffigurante un drago stilizzato, anch'esso nero; i tratti spigolosi del volto e la forma degli occhi fanno pensare ad un giapponese, è il bersaglio. La seconda immagine è lo screenshot di un sito d'informazione, l'articolo descrive la nomina di Jotaro Mishima a segretario generale della Mishima Corp, è lui il soggetto. La terza immagine è una fotografia della scura torre della IntelCo che si staglia al disopra del grande aeroporto di Hillsboro, ti fa capire che la Mishima Corp è una sussidiaria della ben più potente ed opulenta IntelCo, si tratta di una Corporazione molto influente a Portland. Infine un'immagine della piantina della città, un punto rosso è stato disegnato per focalizzare l'attenzione sull'area portuale del fiume Willamette, nel Northwest Industrial, non è molto lontano da dove sei ora, quel quartiere si trova subito dopo le alture del Forest Park, sulla mappa sono state anche scritte una data ed un'ora, ti dovrai recare li stasera.

Il flusso d'immagini si spegne e la tua vista torna normale, di fronte a te il contatto sta finendo di sorseggiare tranquillamente il suo cappuccino, ha inarcato quasi impercettibilmente il sopracciglio destro, chiedendoti silenziosamente se ci sono domande, Nancy ha nel frattempo detto a Vito di aspettare un attimo, e sta tornando a dedicarvi la sua attenzione.

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Punto lo sguardo assente prima sulla donna e poi sul caffè, non lo sfioro e non mi passa neanche per la mente di berlo. Ho avuto quello per cui sono venuta ed ora non ho più intenzione di partecipare a questa piccola farse, ne di tollerare l'uomo o la stupida donna. Mi alzo e se l'uomo non mi ferma lascio la tavola calda con la stessa calma con cui sono entrata.

Gli uomini dell'Agenzia riescono sempre ad irritarmi in un modo che io stessa non comprendo, forse si credono superiori. E devo sempre reprimere l'istinto di sgozzarli come maiali, non perché ne senta il bisogno ma per pura e semplice irritazione. Mi fermo all'esterno facendo un lungo respiro ed osservando il pezzo di strada davanti a me, poi controllo l'ora sul display della protesi oculare.

Andrò a fare una visita al porto per vedere quello che mi aspetta.

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Mentre fai per allontanarti dalla tavola calda di Nancy senti le campanelline sopra la porta a vetri suonare nuovamente, l'uomo col borsalino è uscito anche lui e sembra intenzionato ad andarsene per la sua strada, prima però ti rivolge nuovamente la parola: Un momento, c'è un'altra faccenda.

Subito due nuove immagini ti vengono trasmesse nella protesi oculare, vedi una donna sulla quarantina, castana e con gli occhi verdi, è vestita con abiti da viaggio ed è stata fotografata con alle spalle un paesaggio arido, ti da l'idea della giornalista, di quelle che amano ficcarsi nei guai, una reporter di guerra. L'immagine seguente ti fa ripiombare nel passato, quando perdesti la testa e massacrasti dei civili durante un'azione militare, è una vecchia foto delle tue vittime di quel giorno, poggiata sopra ad un dossier che parla di te. L'uomo è calmo, quando parla la sua voce non lascia trasparire emozioni, al punto che ti viene da chiederti se non gli sia stato installato un chip per la soppressione emotiva: Una certa Mary Bennett sembra voler far carriera a tutti i costi, punta al Neo Pulitzer e pensa di poterci arrivare scatenando un polverone su vecchi casi di crimini di guerra. E' convinta di aver trovato qualcosa di grosso dopo esser riuscita a parlare con alcuni veterani reduci del Medio Oriente, due dei quali sembrano essere, pensa un po', tue vecchie conoscenze. Sembra che sia diretta in città per finire l'articolo che la porterà al suo grande scoop.

L'uomo smette di parlare mentre si accende una sigaretta, poi, dopo una pausa calcolata, riprende: A quelli sopra non frega un caxxo di quello che accadrà, non è un problema loro. Sei libera di agire come ti pare, le uniche indicazioni: non sporcare troppo e non fare casino, per il resto puoi gestire la scribacchina come ti pare. Del resto, ne va della tua testa.

Detto questo, il contatto si volta e si allontana in direzione della sopraelevata.

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Inclino il capo di lato nel venire richiamata non capendo che altro ci sia da discutere, mi paralizzo mentre le immagini mi passano davanti agli occhi. Alla prima immagine continuo a non capire Un altro bersagl- un brivido mi risale la colonna vertebrale rianimando vecchi scheletri che credevo ormai sepolti, non mi accorgo neanche del fatto che sto strusciando i palmi delle mani sui fianchi. Quella singola immagine rievoca una catena di sensazioni e di desideri che persino io considero pericolosi, che potrei descrivere unicamente come desiderio di libertà. Neanche io lo comprendo a fondo, ma so di non dover cedere a quel richiamo se non voglio perdere la lucidità che mi rimane. Non voglio finire come un cane rabbioso, incapace di pensare, che vada in giro a macellare tutto ciò che incontra fino ad essere accerchiato e soppresso. Eppure una parte di me lo desidera.

L'uomo si è allontanato e solo ora inizio ad elaborare le sue parole. Stringo le cosce per qualche istante, estasiata ed eccitata, mentre alzo lo sguardo al cielo nuvoloso e mi inumidisco nuovamente le labbra prima di sogghignare Si prospetta una giornata meravigliosa... sussurro a me stessa. Poi mi rendo conto che non ho chiesto il nome dei due uomini che hanno parlato di me alla donna.

Abbasso il capo mentre quel luccichio che aveva animato i miei occhi per questi brevi minuti si spegne, piano piano questi si coprono nuovamente di un velo opaco.

Mary Bennett... Non vedo l'ora di incontrarti! Continuo a pensare alla donna mentre mi avvio verso il porto.

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Mentre ti allontani dalla dannata tavola calda della grassona, in cui i tuoi contatti si ostinano a farti andare ogni volta che c'è una nuova missione, assapori i ricordi delle immagini dei bersagli, pregustando il momento in cui saranno tuoi. Il Sole è sempre più alto sopra le nubi, e la sua luce rischiara il grigiore squallido e puzzolente delle Heights; molte ore ti separano dal tuo appuntamento con Mr Mishima, e il viaggio fino al Northwest Industrial non durerà molto, devi soltanto decidere se chiamare un taxi o prendere la sopraelevata, ovvero se passare del tempo prezioso con uno sconosciuto soltanto, che probabilmente avrà voglia di chiacchierare, o confonderti fra la folla del treno. Per il resto la giornata è tua.

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Raggiungi la stazione di Bonny Slope a piedi, osservando con distacco la città che si risveglia, gente che esce di casa per andare al lavoro, senzatetto che si rannicchiano nei loro stracci per dormire un altro po, e tossici in cerca di nuove dosi. Incroci anche un paio di byker della gang Totenkopf, riconoscibili per i vistosi teschi bianchi cuciti sui loro cappotti di pelle scura, alcuni barboni se la danno a gambe vedendoli sfrecciare per la strada, ma evidentemente i gangster hanno altro da fare perché non sembrano degnarli di un'occhiata.

La stazione è piena di persone in attesa, l'odore di pelle, sudore e fumo è insopportabile, tenti di trovare un angolo riparato da questa marmaglia nell'attesa che arrivi il treno, ma sai benissimo che difficilmente riuscirai a trovare riparo da questo assalto di "effluvi". I vagoni della sopraelevata sono ricoperti di graffiti multicolori, risultando ciononostante tristemente ingrigiti dallo smog, ti fai strada fra la folla che prende d'assalto il treno, e riesci quasi per miracolo a trovare un posto in cui sederti, puoi così osservare l'esterno distogliendo la mente dal resto dei passeggeri che sgomita nel tentativo di attutire gli sbalzi di velocità della monorotaia.

Il treno scende fino a Cedar Mill, dirigendosi poi verso le Sylvan Highlands, ovunque vedi una massa di edifici accatastati gli uni sugli altri, ricoperti da luminose insegne al neon, le strade sono un incubo d'ingorghi e traffico, in ogni dove l'espansione urbana ha inglobato quelli che molto tempo fa erano quartieri di villette con giardino, soltanto quando il mezzo raggiunge le Arlington Heights puoi osservare un panorama differente, meno claustrofobico: le verdi alture del Forest Park, un'area attorno alla quale è cresciuta la metropoli, lasciata incontaminata nel bel mezzo di Portland, meta preferita delle gang che vogliono eliminare un prigioniero stando lontane da occhi indiscreti. Oltrepassato il tunnel ferroviario il treno giunge in vista del cuore della città, quartieri puliti ed ordinati, dove in genere quelli come te non sono liberi di entrare, gli alti edifici di cristallo riflettono la luce del Sole come se volessero lanciare una sfida al cielo, e sopra agli altri svettano le immense arcologie dove risiedono le corporazioni e dove vivono i loro dipendenti. Scendi alla stazione di Goose Hollow, non ti sarebbe stato possibile proseguire verso Downtown senza un visto speciale, ma per tua fortuna la cosa non è necessaria, raggiungi infatti un altro binario e con quel treno ti dirigi a nord, oltrepassando il Northwest District e scendendo infine a Northwest Industrial. Il quartiere è un labirinto di magazzini e cantieri, gru e scali commerciali, conosci la zona, è un luogo di lavoro per molti, un posto dove i più poveri fanno turni di quattordici ore per poi andare a riposarsi in baracche malmesse e sovraffollate.

L'immagine trasmessati dal contatto indicava un capannone non molto distante da dove sei ora, grazie alla mappa sei riuscita a capire qual'è l'entrata della struttura che da sulla strada, e puoi raggiungerla in breve tempo, ti resta da decidere se andare subito li o se fare prima un giro di perlustrazione della zona, stai pensandoci quando ti rendi conto che alcuni sconosciuti ti si stanno avvicinando alle spalle, sono tre uomini che sono scesi dal treno assieme a te, sono vestiti da operai portuali.

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Rallento il passo limitandomi ad assimilare l'ambiente che mi circonda tramite l'udito e l'olfatto, è un terreno di caccia per vari tipi di diversi predatori. Ma non per me, non più, voglio sentirli combattere e disperarsi... ma quelli che sopravvivono in queste condizioni tendono ad accettare la morte più facilmente, o addirittura hanno già perso la speranza.

Osservo i tre con la coda dell'occhio, esamino i loro visi con accuratezza per poi cominciare a muovermi. La mappa mi permette di avere una conoscenza della zona, se gli uomini mi vengono dietro inizio ad allontanarli progressivamente del capanno designato, se invece smettono di seguirmi faccio un giro dell'isolato e ritorno in zona. In realtà li voglio quei tre anche se non sembrano nulla di speciale; mi muovo con passo leggermente incerto, muovendomi come se non sapessi dove andare mentre il mio scopo è quello di isolarli. Una parte di me mi dice di allontanarli il più possibile dall'obiettivo e di non sporcarmi di sangue.

Mentre cammino estraggo dalla tasca dei pantaloni un piccolo e rettangolare portapillole di metallo, prendo una delle piccole pillole violacee al suo interno e la inghiottisco prima di riporre l'oggetto. Sono delle semplici razioni che utilizzo per alimentarmi, una pillola può sostenere il mio corpo e placare la fama per un'intera giornata.

Spoiler:  
Mi descrivi i loro volti e quello che riesco a percepire dal loro atteggiamento e dallo sguardo?

Anche se non mi aspetto di trovarne evito cautamente tutte le telecamere (non sia mai che qualche magazzino ne abbia qualcuna).

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Squadri rapidamente i tre uomini mentre ti allontani in direzione della strada, la tua esperienza ti permette di cogliere in pochi istanti i loro tratti più peculiari: uno di loro è un nero, il suo volto è in parte sfregiato, come se fosse stato colpito da acido, ed una vistosa protesi oculare di metallo gli ricopre parte del viso, una placca argentea modellata sul suo zigomo, con un occhio meccanico rosso luminoso. Anche se fa tanto Terminator, si tratta di un innesto economico. Uno degli altri è un uomo barbuto, capelli castani e carnagione chiara, non ostenta protesi o innesti, è muscoloso, probabilmente un risultato del lavoro al porto. Infine c'è il più grosso dei tre, un mulatto palestrato che indossa una tuta da lavoro in jeans ed una berretta di lana blu, ti squadra come se fossi una bistecca e ti rivolge la parola mentre ti allontani: "Ehi, dove te ne vai bambolina? Non lo sai che questo è un quartiere pericoloso per dei gioiellini come te?".

Il barbuto pure ti guarda con interesse, ma sembra più preoccupato da altro: "Lascia stare, Joe. Non ho voglia di arrivare in ritardo un'altra volta, Mr Kimura ci farebbe il c**o.".

Dei tre, il nero è quello che ti presta meno attenzione. Potrebbero essere giusto un paio di portuali infoiati, ma non è detto, puoi provocarli per attirarli in un luogo più appartato, dove potrai lavorarteli con calma, ma potresti anche limitarti a lasciarli perdere, sei vicina al luogo dove dovrai colpire il tuo bersaglio, andare a caccia potrebbe attirare attenzioni indesiderate se non sarai discreta.

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Quando il mulatto mi rivolge la parola mi blocco voltando leggermente il capo verso di loro, mostro solo la parte destra del volto come se fossi sdegnata. Rivolgo loro uno sguardo disinteressato mentre li squadro attentamente. Noiosi. Rimango lì ferma per qualche secondo per poi voltar loro nuovamente le spalle ed andandomene. Altro che divertimento, quei tre sarebbero solo un fastidio e non mi va di perdere tempo per coccolarli. Se saranno abbastanza intelligenti da andarsene li lascerò fare, altrimenti mi vedrò "costretta" a prendermi cura di loro.

Non sono qui per cacciare ma so anche che gli eventuali dovrebbero rimanere nascosti solamente fino a domani. Un'idea mi sfreccia nel cervello Chi sa se quella donna verrà ad investigare su quello che farò questa notte... sorrido tra me e me Oh... mi assicurerò di fare qualcosa di speciale.

In ogni caso se i tre continuano a venirmi dietro ho già scelto quello a cui rivolgere le mie attenzioni speciali, quello che morirà per ultimo.

Spoiler:  
Se i tre mi vengono dietro mi cerco qualche cantiere\magazzino abbandonato dove possa trovare "intimità"
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Joe ti lancia qualche altra frasetta di apprezzamento e sembrerebbe intenzionato a seguirti, ma i suoi due amici sono più interessati a non perdere il posto e lo rimettono in riga, entro breve i tre si allontanano in direzione di un cantiere poco distante, tu nel frattempo t'incammini verso la tua destinazione, che scopri essere un complesso recintato, c'è un cancello d'ingresso con guardiola e sbarre, ed è protetto da uomini armati, agenzie di sicurezza private, uno di loro è un orientale e noti che porta, sul collo, parte di un tatuaggio che si allunga verso il basso sparendo poi sotto la camicia. Potrebbe esserci lo zampino della Yakuza qui, impossibile però dire se essa sia legata soltanto alle agenzie di guardia o anche agli affari che porteranno qui il tuo bersaglio.

A parte il cancello, l'intero perimetro del complesso è sbarrato da una rete a maglia metallica sormontata da filo spinato, non c'è però traccia di videocamere, e questo è strano, evidentemente qualunque cosa facciano qui non dev'essere ripresa, al costo di abbassare il livello di sicurezza. All'interno, il complesso è formato da un capannone centrale con binari che raggiungono uno dei moli, e da alcune baracche fatiscenti, evidentemente ci sono famiglie di operai che vivono qui.

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Quando i tre se ne vanno non so se sentirmi delusa o meno, in ogni caso dimentico rapidamente la questione torno sull'obiettivo. Facendo attenzione a non farmi notare faccio un giro del complesso per studiarlo, poi mi allontano, faccio un giro del quartiere e vado ad esaminare il molo e la parte di esso collegata al complesso.

Spoiler:  
Ti dico tutto quello che cerco di scoprire\memorizzare:

  • Grandezza della zona recintata e distanza del capannone dal recinto\molo.
  • Posizione e numero delle baracche.
  • Sistemi\grado di illuminazione? Ci sono riflettori e cose del genere?
  • Il numero delle guardie e quanto mi sembrano efficienti. Le guardie sono solo nei pressi della guardiola?
  • In che modo vi si accede dal molo? c'è direttamente una parte della banchina recintata, e quindi vi si può accedere dall'acqua? nel caso la distanza dalla banchina al capannone?

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Esamini con attenzione il complesso, allontanandoti un po' dal cancello per non destare l'attenzione delle guardie. Il capannone centrale è grosso, circa 150 metri per 200, la facciata è rivolta verso i moli, mentre le baracche si trovano sul retro. Da dove sei ci sono circa trenta metri fra la recinzione e l'edificio, mentre il capannone principale dista circa sessanta metri dall'acqua, dalla banchina dovrebbe essere possibile accedere alla struttura, ma sarebbe necessario scalarne la parete poiché le scale metalliche a pioli che scendevano verso l'acqua sono state ritirate sul bordo del molo.

Le guardie sono quattro, tre di loro hanno delle vecchie corazze militari da fanteria, ridipinte coi colori dell'agenzia di sorveglianza di cui fanno parte, la Okamoto. Ad indossarle ci sono dei tipi truci, forse ex poliziotti, o veterani delle guerre nei territori contesi. L'unico senza armatura è il giapponese tatuato, quello in camicia, intuisci che si tratta del loro ufficiale comandante, e il fatto che sia senza protezioni ti fa pensare ad un cyborg.

Le baracche sul retro sono sei, edifici rugginosi ottenuti con l'accatastamento e l'adattamento di vecchi container, ci sono cani e bambini che giocano sul davanti, probabilmente almeno otto famiglie vivono qui. Sorprendetemente, sul retro del capannone vedi che ci sono delle videocamere, per qualche motivo il complesso è videosorvegliato soltanto qui e non sul davanti, la cosa ti fa pensare che i proprietari facciano arrivare dal fiume dei carichi di cui non deve restare traccia, neppure negli archivi video della compagnia.

Il complesso dispone di riflettori e di comuni lampioni, l'impianto d'illuminazione è buono, ma è impossibile dire, al momento, se viene attivato completamente durante la notte. Non hai visto altre guardie, ma non è detto che non ce ne siano all'interno del capannone.

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Deduco rapidamente che le telecamere sul retro servono a tenere sotto sorveglianza i lavoratori, per sapere chi ficca il naso dove non dovrebbe. Osservo con particolare attenzione quelle telecamere per memorizzare i loro angoli ciechi. Nel caso potrò usare quelle persone come un diversivo.

Continuo il giro per cercare eventuali sistemi e memorizzare tutte le entrate. Non lo faccio per progettare un piano d'azione, ma solamente per avere già tutte le informazione che non mi servono. In modo che quando mi serviranno le avrò già in memoria.

Spoiler:  
Si notano sistemi di allarme sul magazzino?

Quante entrate ha il magazzino e dove sono posizionate? oltre a quella principale che da sul molo.

Quindi se ho capito bene su tre lati il magazzino è distanziato dalla recinzione di 30m e sul quarto di 60m dall'acqua.

Oltre al retro sugli altri tre lati ci sono non so, container o robe del genere che possano offrire copertura?

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