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La Nostra Storia 3020 - ->CyberPunk<- -


Gigared

Messaggio consigliato

Propongo di provare per chi ci riesce una sorta della nostra storia pero' a tema Cyberpunk... o cmq ambientata nel futuro al posto che nel mondo fantasy...che ne dite? Vediamo che viene fuori...

Prologo:

Il tempo passava lento nell' orologio dermale di Nicholas. Il tipo ritardava ad arrivare, come tutte le volte. Ma questa volta aveva più bisogno di lui del solito; le dosi erano finite e l' operazione che doveva avvenire questa notte non permetteva mancanze di riflessi e di improvvisazione. Il suo cyberbraccio aveva bisogno di riparazioni e non poteva permettersi di non prendere soldi per un' altra settimana.

Una volta c'era tanto lavoro per un mercenario come lui; ma ora la pace regnava sovrana. Dopo l' implosione della Terra gli umani avevano capito che non bisognava combattersi trà di loro ma bisognava migliorarsi, espandersi e sopratutto....limitare l' espansione degli alieni.

Una traccia d' inizio molto vacqua, spero vi ispiri un poketto...secondo me, se vogliamo può venire una cosa molto carina anche qui...

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Principali partecipanti

Grande Giga! Adoro Cyberpunk!

Avevo anche iniziato a scrivere le regole pe run Play by Forum.

Comunque... quello che posto adesso è un mio racconto breve, ma credo che vada benissimo per instrodurre il mio PG.

Complimenti ancora, choombatta! :D

Un bicchiere di vodka semivuoto.

Una fitta nebbia di nicotina e condensato, veleno per i miei polmoni.

Risate rauche di una banda di booster radunati intorno al palco dove un agglomerato sexy di lattice e metallo si esibisce in pose che definire pornografiche è riduttivo.

Un grassottello barista si dà da fare con piattini e tazzine, lucidando con lo stesso straccio l'olio che gli cola dal gomito del braccio cromato, mentre la gente mi spinge verso il bancone, ansiosa di ordinare un altro cocktail dal misterioso contenuto ed incuriosita da quel bicchierino davanti a me. I loro occhi dicono che non capiscono come una persona possa bere una bevanda così sorpassata.

Ricambio i loro sguardi freddamente, distogliendoli solo quando uno scrosciante applauso saluta la fine dello spettacolo, prontamente soppiantato da uno scontro tra un draghetto artificiale e 3 cani affamati.

Mi giro, conoscendo già l'esito dello scontro. Guardo il bicchiere e ne annuso il contenuto. Immediatamente il mio stomaco si ribella. E mi chiedo ancora una volta perché mai abbia voluto prendere una vodka. Lo sposto leggermente in avanti e alzo un braccio per chiedere una Coca-Cola.

Arriva la barista e con sguardo interrogativo mi toglie la vodka per mettermi davanti uno sgocciolante bicchiere di quella nera bevanda che tanto mi solletica la lingua. La guardo mentre si allontana di nuovo per tornare nella attenzioni di quell'uomo che puzza di killer a miglia di distanza. Si lascia toccare, come fosse creta nelle sue mani, ma riesco a vedere 20 EuroDollari sbucare dalla cinta della sua gonna inesistente. Eppure è così carina... se solo potessi...

No!

Bevo la Coca-Cola con avidità, le lacrime agli occhi che salgono ad ogni sorso, finché una straripa e mi riga la guancia. Mi guardo intorno con la vista leggermente appannata e mi sento gli occhi della gente addosso. Sorrido e capisco: non è normale bere una cosa del genere con tale avidità.

Ma io non ho mai detto di esser normale.

Ed inoltre ho poco tempo.

Pago ed esco.

La pioggia cade sui miei capelli mentre sotto la pelle del mio polso i LED luminosi stanno dirigendosi verso lo zero.

Allungo il passo e mi ricordo della cameriera... e ringrazio il cielo che ci sia la pioggia a mischiarsi alle mie lacrime.

Poi... il boato!

Il bar esplode in mille pezzi, facendo risuonare l'aria di grida, vetri infranti e di un cupo rimbombo che si allunga per il metallo della città come a volerla avvisare della tragedia.

Ed ecco dal cielo le prime sirene blu e rosse a soccorso di chi non può essere salvato. Non c'è più niente da fare: è tutto distrutto, tutto finito... ma non per me.

Frugo nella tasca dell'impermeabile e tiro fuori una foto... la solita. La guardo e la pioggia acida diventa ancora più salata nella mia bocca.

Un lavoretto facile.

Grazie ad esso posso ancora pagarle una settimana di ospedale, sperando che esca dal coma. Oppure dovrò ancora uccidere... al modico prezzo della mia anima.

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Un'altra bella cosa è qdo scrivi su dischetto, salvi in txt... arrivi a lavoro ed il computer non ti accetta il dischetto che al quarto tentativo. Apri il documento dopo immense bestemmie e ti accorgi che sul txt manca un pezzo di quello che avevi scritto... (mi è capitato col mio ultimo post in La nostra storia...) Vabbè basta Ot... Scusa Giga...vado in elaborazione per il mio futuro post...mumble mumle... :roll:

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Biondo. Molti capelli lisci sulla testa, disordinati e ora incollati al volto. Il volto stanco dal lungo vagabondare, gli abiti consumati dal tempo e due occhi azzurri ricolmi di disperazione.

Cosi si presenta Eliah, agli occhi della gente che lo vede passare nella strada principale.

La pioggia cade battente, facendolo raggelare nonostante l'estate. Ma è grato per questa pioggia, che finalmente gli permette di bere qualcosa senza dover elemosinare.Quanto odia elemosinare!

Sa bene che è pericoloso berla, quest'acqua ricolma di acidi e di scorie radioattive. Ma non può farne a meno.

Gira nel vicolo, le mani sotto le ascelle per riscaldarsi, le spalle ricurve in un inutile tentativo di proteggersi dalla scroscio continuo. Velocemente percorre il vicolo, evitando i rifiuti e le pozzanghere come può, calciando una lattina vecchia.

E' stanco, e sperduto, ma sa che da quella parte può trovare un bar, un piccolo e pericoloso bar. Suo padre una volta gliene aveva parlato "era un mio amico..." aveva detto con un sorriso sornione sulle labbra e gli occhi pensierosi e divertiti.

Se non si ricordava male doveva essere proprio all'usita da questo vicolo.

"Devo chiedere di Scott, il barista", dice a se stesso per convincersi e darsi forza.

"Lui mi aiuterà, è amico di mio padre, si lui mi a..." un boato sconquassa improvvisamente l'aria e la zona, facendolo tremare e sussultare. Pessima mossa in mezzo a queste pozzanghere e in un attimo si ritrova disteso a terra, in un bagno di fango e lerciume.

"Cosa succede?" pensa tra se e se, imprecando per lo scivolone. Sente urlare, vede del fumo e non capisce.

Poi la paura lo coglie. Il fumo arriva da davanti a se, proprio di fronte al vicolo, da...

"NOOO!" l'urlo gli sgorga spontaneo, rabbioso e disperato dalla gola, mentre corre disperato verso la strada, per vedere con i propri occhi.

Lo spettacolo che gli si presenta davanti è disarmante, sconvolgente. Il bar che cercava è in fiamme, qualche corpo morto la attorno, morti bruciati, la polizia che si avvicina a sirene spiegate.

Ora le lacrime stanno solcando il suo volto, salate come il prezzo che anche lui pagherà per quest'atto, non conoscendo nessun altro al mondo. Nessun altro che lo voglia vivo.

Per un attimo gli balena l'idea di addossarsi la colpa dell'accaduto, sognando una cella accogliente e calda. L'idea è alletante.

Ma poi ricorda, ricorda di essere ricercato per l'assassinio della madre e del padre, e della taglia che pende su di lui, vivo o morto.

No! Non c'è nessuna cella ad aspettarlo, forse solo qualche pallottola, affatto invitante per quanto calda.

Si gira, muove qualche passo lentamente dentro al vicolo, e poi inizia a correre piangendo, tornando alla strada maestra poco più in la, dove la folla lo aiuterà a scappare..dove non si sa, ma scapperà.

Dieci metri, dieci metri nella strada maestra, e poi tre bulletti lo notano, vogliosi di fare a pugni nonostante la pioggia battente.

Una volta suo padre lo avrebbe difeso, insegnandoli qualche colpo nuovo mentre picchiava quei bei bambocci, ma ora non c'era.

Cerca di evitarli, di ignorarli facendo un sorriso divertito alle loro offese. Sorriso che dura qualche istante, fino a quando il primo pugno non lo raggiunge al basso ventre, togliendogli il fiato.

E poi sono colpi, sangue e oblio.

Tra le spazzature. Proprio li lo hanno buttato, dove una volta lui buttava i topi che uccideva con la piccola balestra laser che suo padre gli aveva comprato. E luogo dove ora si nascondeva meglio, ancora grondante sangue e con gli abiti logori. Due respiri, e poi il buio cala su di lui, in attesa del mattino che forse arriverà e forse no..

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Nicholas scoppiò in una grassa risata. L' umanità ultimamente era diventata sempre più egoista e scontrosa. Ognuno pensava solo a sè stesso. Ogni giorno che vivevi poteva essere l' ultimo. Si stancò di aspettare e scese dalla sua Bmw ormai da rottamare. Fece per accendersi una sigaretta e ancor prima che la fiamma bruciasse la sigaretta il bar difianco a lui espose sbalzandolo da terra e facendolo atterrare sul cofano della macchina dietro di lui.

Fumare fà male, ora ne era convinto.

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OT Uffi... scusate l'assenza ma il weekend è stato parecchio incasinato...ecco qui OT end

La strada corre veloce sotto i suoi piedi... pedala. Ancora, sempre più forte, tra il traffico mediamente impazzito. Il pacco traballante da consegnare ben legato dietro e quella sensazione di libertà infinita. Corre con la sua bicicletta nuova fiammante, ma gli altri non possono saperlo perchè apparentemente l’ha mascherata con della sintoruggine. Questo dovrebbe proteggerla dai furti, assieme al fatto che non la lascia mai senza l’allarme innescato ed una scossa da ventimila volt non fa mai bene a nessuno. Il cielo grigio sopra la sua testa comincia pian piano a gocciolare. Ancora poca strada, rammenta mentalmente infilandosi velocemente in un vicolo ben conosciuto e così facendo tagliando la strada ad una di quelle mercemvù finta pelle...

-Puttana!!!!- gli grida dietro qualcuno.

Mostra il dito, veloce ed in un istante preme più forte sui pedali, ma non per scappare. Se il tipo volesse potrebbe rincorrerla con il suo macchinone, ma tanto è un codardo, come tutti quelli del suo genere. E poi non ha forse visto che porta indosso l’uniforme dei pony express? Non ha tempo da perdere lei...

Il vestito sintetico la tiene calda e la protegge dalla pioggia, ma sotto l’elmetto in kevlar i capelli lunghi e stopposi sono già tutti bagnati. Stasera, a casa dovrà convincere il padrone di casa ad aprirle l’acqua calda per farsi almeno una doccia. Sarebbe illegale... acqua ce n’è poca ormai e non viene sprecata per lavarsi, ma lei può a volte. Lo conosce bene e le deve dei favori. Sospira al pensiero di una doccia calda alla fine di una dura giornata di lavoro.

Ma per oggi questa è l’ultima consegna. Ferma la bicicletta sul marciapiede e la lega ad un palo. Passa un dito sul lettore di impronte digitali, dopo aver slegato il pacco ed aspetta il familiare ronzio dell’antifurto...

Ecco si è innescato. Mentre la pioggia diviene fina, quasi nebbiosa entra con decisione nel bar... è strapieno di gente lì dentro, alcuni ballano... c’è la musica alta. Ma lei sa dove andare, con sicurezza ed esperienza si dirige al banco, accanto ad un tipo che sta bevendo, tra i tanti. Ma quello è l’unico seduto tra i soliti tanti in piedi che si fanno avanti per essere serviti. Chiama ad alta voce qualcuno dietro il banco: -Consegna rapida!- grida, spintonando e facendosi largo tra la folla. E’ sottile e minuta, ma forte e resistente, sa farsi valere. Allunga la ricevuta che viene rapidamente firmata e fa per uscire.

Con la coda dell’occhio nota che il tipo di prima è sparito... è un’osservatrice, sia per hobby che per un’altra noiosa abitudine, quella di saper sopravvivere. Non lo vede più in mezzo alla folla, è come se si fosse volatilizzato. Ma tanto per lei la giornata è finita ed ora finalmente può tornare a casa....

Fuori piove a dirotto ora, con una rapida occhiata si assicura che la bici sia ancora là dove l’aveva lasciata. Eccola infatti... e poi nota qualcosa. Il tipo di prima che cammina sempre più veloce, allontanandosi dal bar. Anzichè recuperare la bicicletta fa per seguirlo, non sa perchè mai dovrebbe farlo: istinto forse. C’è qualcosa di strano in lui.

E poi qualcosa la solleva da terra da dietro e la scaraventa sul duro asfalto, lingue di fuoco che la avvolgono e si spengono nella pioggia accanto a lei. Il mondo capovolto per un attimo. Le orecchie tappate senza che riesca a capire il perchè... poi si alza faticosamente da terra, dolorante e guarda dietro di sè. Fiamme alte, lamiere contorte e la sua bicicletta scomparsa in una voragine di macerie. Si passa la mano sulla fronte e la ritira inzuppata di sangue e pioggia.

-Bastardo!- mormora.

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Non voleva saperne nulla, non ora! Probabilmente le telecamere l' avevano già visto e identificato...ma provò lo stesso.

Entrò come meglio poteva in macchina, una scheggia o un pezzo di lamiera lo aveva colpito di striscio in fronte e perdeva sangue a fiotti. Nulal di che, ormai c' era abituato. Accese la sua autovettura ormai in punto di morte e inoltre ora anche bella bianca per la polvere provocata e sparì nel traffico. Compose mentalmente il numero del cellulare del suo pusher e attese.

<< Cyberslave, dove cazzo sei finito? Qui è successo un casino! Dove ci troviamo? Ho bisogno di quella roba o sono nella merda!>>

...

<<Come non puoi?>> La faccia di Nicholas cambiò esperssione

<<Ma porc.... e ora come ca**o faccio? Se ti trovo ti ammazzo! Lo giuro sù dio!>>

Fece cadere la linea. Ora era nella merda. Lo aspettavano per le 22 al solito posto pronto per l' azione e non aveva le sue dosi.

Dieci minuti dopo era a casa. Entrò il più velocemente possibile nel suo alloggiocubo e si collegò. La spina entrò facilmente e la vista si offuscò. Poco dopo era nella realtà virtuale. Nella sua casa, nel bel mezzo del nulla. Per ingannare la polizia cybernetica si collegava attraverso un server in Indonesia... gli avrebbe dato 4 5 secondi in più per disconnettersi in caso di necessità. Caricò i suoi programmi guardia e lasciò la casa. Le colline passavano veloci sotto di lui e entro breve arrivò al Lamia Bar. Riconobbe certe identità, ma lui ne cercava una in particolare...

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"Quanto sarà passato?? un'ora all'incirca..ahia..fa malissimo..devo avere una costola rotta..o forse è solo una botta...azz." Eliah sta borbottando da solo, mentre si rialza dalle spazzature, indebolito e tutto contuso.

Pian piano muove qualche passo, lentamente, verso la strada. Il volto ripulito dalla pioggia presenta dei tagli e delle contusioni, ma non è orrendo da vedere, e si può permettere di girare per strada. Ma puzza terribilmente. Quelle spazzature erano fresche.

In strada c'è poco luce, i lampioni ridotti al minimo in quest'epoca di tecnologia dilagante che permette a tutti di vedere la notte.A tutti coloro che possono comprarsi dei dispositivi ottici avanzati.

"Devo pensare, pensare. Da chi posso andare, senza rischiare la vita?..uhm..domanda sciocca...da nessuno! ok..da chi posso andare e rischiare il meno possibile la vita??" si dice Eliah, tra se è se con un sorriso sarcastico e rassegnato sul volto.

E mentre cammina per strada passa davanti a uno di quei monitor nelle pareti, quelli che servono a distribuire informazioni e a collegarsi nella rete. Stanno trasmettendo un notiziario locale, e la sua attenzione viene attirata dalle immagini del bar esploso li vicino.

Una voce mettallica e sintetica annuncia: " ..il bar esploso qualche ora fa era di proprietà di Aduel Scott, un barista di mezza età con un passato da mercenario. Sembra, da voci raccolte in queste ultimi minuti, che ultimamente avesse avuto degli screzzi con la banda Psycodeath, un gruppo di solitari mercenari di vecchia conoscenza dell'uomo. Probabilmente il fatto è imputabile a questi avvenimenti, ma tra le vittime dell'esplosione sembra essere stato rinvenuto anche il cadavere del segretario Governativo Mc. Donuldin, personalità che proponeva l'introduzione di un chip dermale per l'individuazione automatica di ogni essere vivente, proposta che non andava molto a genio a buona parte delle bande sparse pe...." eliah si allontanò.

Gli Psycodeath erano la banda di solitari in cui lavorava suo padre, e lui sapeva benissimo che quello non era il loro modo di agire. Ma suo padre ora non c'era più e magari potevano aver cambiato tecnica, per non farsi distinguere. Se cosi fosse, beh, allora era proprio un "grande amico di suo padre" quello Scott. Sorrise amareggiato e stupito per la sua igenuità.

Chissà se il segretario c'entrava qualcosa con l'esplosione?

Se ne disinteressò, e gli venne in mente un nome, o quasi. Un trafficante che più volte aveva procurato cyber-ricambi per suo padre e la sua banda, il rifornitore di fiducia. Ma non ricordava il nome per intero, anche se ricordava il volte..Cyberslime, Cyberstone...no, non era cosi..come si chiamava..ah si: Cyberslave!! suo padre lo chiamava spesso slave, canzonandolo, mentre quel contrabbandiere diceva " cyber, solo i dispositivi cybernetici mi comandano!! " arrabbiato, mentre cercava di controllare i suoi impulsi neuronici virtuali.

Doveva trovarlo in qualche maniera, ma per ora non sapeva come. Si accucciò qualche centinaio di metri più in la, spossato e affamato, appoggiando la schiena ad un muro, raccogliendo le ginocchia al petto, con una mano appoggiata a terra, palmo al cielo, sperando nella clemenza di qualche passante. Aveva molta fame.

QUANTO ODIAVA ELEMOSINARE!!!

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"Dannatissima, schifossima città!!!!" Era stata una notte tranquilla, MIke era rilassato, finalmente sarebbe potuto tornare a casa da Nora, portarle il regalo che le aveva comprato per il suo compleanno e invece no!

Uno dei tanti psicotici che giravano per lo sprawl aveva fatto salatre un bar di un ex mercenario, c'erano numerosi feriti, e lui doveva andare a fare un sopralluogo...dannazione cinque minuti e avrebbe finito il turno!!!

La telefonata a Nora non era stata delle più piacevoli, anche se aveva capito la delusione nella sua voce era chiara ma non poteva farci nulla,. il tenente era un fottuto idiota con il cuore di adamantio e ill cervello bruciato ma era il uo tenente e lui doveva obbedire agli ordini.

Giunse sul posto..beh il botto era stato forte, i feriti erano ovunque storditi e malconci, una testa troneggiava su una cabina, un macabro cartello di benevuto in quella tomba di acciaio cemento e fuoco che era divenbato il bar!

Scesa dalla macchina la sua corazzatura anti sommossa cigolva e il ticchettio della pioggia su di essa era insistente ma Mike lo ingnorò, si avvicinò ad una ragazza con la pettorina dei pony express che fissava i rottami di quella che sembrava un bicicletta...sembrava ferita ma ignorava il sangue che le inzuppava la fornte presa com'era a maledire :"Il fottuto bastardo ch mi ha fatto salatre per aria la bicicletta!" come sostenva testualmente!

"Non vorrei interrompere il suo sfogo signorina, ma se ha visto qualcuno o qualcosa, potrebbe aiutarmi a trovare il fottuto bastardo in questione!" disse sorridendo un po' per addestramneto e un po' perchè la ragazza era carina davvero "E poi sarebbe meglio se andassea curarsi in ospedale o da un dottore, il taglio non sembra brutto ma una cicatrice su di lei sarebbe un crimine!"

OT Strike scatta l'operazione baccaglio in divisa!!!! :twisted::twisted::twisted:

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Un solo vicolo. Gli basta un solo vicolo.

Eccolo.

Con una precisione ed una rapidità dettata dall'abitudine, si infila in uno degli enormi inceneritori dei rifiuti. La gomma sulla faccia comincia a fare male. Il suo mandante glielo ha detto chiaro e tondo: se vuole più soldi deve privarsi di qualche comodità. E lui ha bisogno di quei soldi. Più ne ha e meno deve uccidere... e meno la sua anima urlerà sensi di colpa nella sua mente.

Si toglie la maschera che lo rendeva un altro e la parrucca. I capelli biondi lasciano il posto ad un più anonimo e soprattutto originale castano. Le lenti gli cadono tra le mani ed i suoi occhi ridiventano di quel verde scuro che tanto odia.

Si toglie il soprabito. L'ennesimo.

Esce dall'inceneritore un altro uomo. Un anonimo nomade vestito di pelle, jeans e camicia nera. I capelli castani arrivano arruffati fino alle spalle ed una leggera ed incolta barba raccoglie qualche lacrima mentre la mano spinge il pulsante che cancella tutte le tracce di una delle sue momentanee identità.

Ed ora è il momento di darsi un'altra pulita alla coscienza, una piccola lustrata per non perdere anche quel briciolo di umanità.

Facendo un giro larghissimo per non sbucare dallo stesso vicolo, raggiunge il bar... o quel che ne rimane. La vista di uno spettacolo terribile, uno spettacolo che nella sua teatrale oscenità lui stesso ha creato, lo fa traballare un attimo sulle sue gambe.

La polizia è sul posto, intenta a raccogliere indizi, a interrogare, a scavare tra macerie di carne e metallo. Si avvicina per dare una mano. Non è il primo nomade che lo fa e non sarà l'ultimo. E' loro usanza rovistare tra i rifiuti e le macerie in cerca di corpi e parti di ricambio. La polizia li lascia fare a patto che non tocchino le "prove"... e in cambio di una parte del loro "ricavato".

Comincia anche lui la sua ricerca, fingendo di cercare guadagno e rovistando invece nella speranza di qualche superstite che possa redimerlo un minimo ai suoi stessi occhi.

Un lamento.

Scava più in fretta, aiutandosi con un pezzo di trave metallica che si accorge solo in quel momento essere un cyberbraccio. Ecco... un pezzo di pelle... poi... il viso... è la cameriera! Quella che stava di fronte a quel tizio dall'aria di killer.

Si scopre a sorridere. Un sorriso amaro. Un killer a pagamento ucciso da un killer che non ha nessuna intenzione di esserlo.

Ma ora deve pensare alla cameriera.

Lei lo vede, ma naturalmente non lo riconosce. Dopotutto è un'altra persona, ora. Continua a scavare, cercando di liberare il resto del corpo.

«Ti prego...»

La voce di lei è uno strazio. Non voleva farle del male. Voleva portarla fuori con lui. Ma non poteva. Non poteva!

Continua a scavare... poi si blocca di colpo, gli occhi sgranati. Le lacrime bussano ancora di più sul suo volto.

«Tirami fuori di qui... non mi sento le... le gambe...»

No, tesoro mio. Non le senti più perché non le hai più.

Si alza in piedi, guardando quel corpo straziato a metà. Lei lo implora di restare. E lui resta. Prende la sua pistola. Mette il silenziatore. Nessuno si accorge di nulla. Il fumo copre le sue azioni. E lui finge ancora di scavare.

Poi... un solo colpo dritto in fronte.

Sangue... ancora.

E lacrime.

Ancora.

Si alza in piedi e si allontana. Se credesse ancora in un dio si sarebbe fatto il segno della croce o una cosa del genere. Invece le manda solo un bacio, prima di svanire di nuovo in un vicolo, mani in tasca e cuore a pezzi.

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Niente.

E' tardi, e passa poca gente. E nessuno di quelli che passa ha voglia di dare qualche soldo a un mendicante. Anche perchè la maggior parte delle persone non ne ha in tasca.

Eliah si rialza, ha freddo e non sa dove andare. Anche stanotte dovrà dormire all'aperto. E' la terza di seguito e la fame e la fatica cominciano a farsi sentire.

Decide di rischiare e tornare verso il bar. Vuole vedere la situazione, e capire se gli Psycodeath c'entrano qualcosa. Pe strada ripassa davanti al monitor, altro notiziario in corso.

Ascolta brevemente e vede le immagini del segretario che si pensava morto nel bar, rassicurare la popolazione al microfono di un giornalista. Era a casa al momento dell'esplosione e aggiunge che non frequenta quei postacci. Probabilmente era un suo sosia li dentro.

Ripercorre il vicolo, arriva di fronte al bar esploso e si appoggia al muro, nascosto da un cassone di immondizie. C'è molta polizia, e per lui è rischioso rimanere li, ma vuole capire. Poco più in la c'è una ragazza accucciata su una bicicletta distrutta. Ha la divisa da pony express e sembra molto arrabbiata. Un poliziotto le si avvicina e le dice qualcosa, con aria interessata.

Eliah non riesce a sentire cosa si dicono, però osserva interessato. Forse può tornargli utile quella bicicletta, prima o poi...

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Si chinò sulla bicicletta, od almeno su quello che ne era rimasto. Non le importava nulla del sangue che le colava in un rivolo dalla fronte... quella bicicletta era il suo futuro, la promessa di qualche cosa in più nella propria vita. La promessa di qualcosa di finalmente suo...

Chiunque fosse quello che era scappato dopo aver messo la bomba, avrebbe voluto veramente mettergli le mani addosso.

Tirò un calcio sul cumulo di lamiere cotorte e bruciacchiate che era quanto fosse rimasto della sua bicicletta. Ed ora, come se non bastasse avrebbe dovuto anche tornare a casa a piedi, od ancora peggio in autostop, visto che casa sua era dall'altra parte della città.

- Maledetto fottutissimo bastardo!- biascicò tra i denti, rosa dalla disperazione.

Qualcuno le sfiorò la spalla, facendola sussultare. Si girò di scatto e si ritrovò davanti un tipo alto, con un taglio di capelli militare. L'alternarsi del blu e del rosso delle sirene le ferì gli occhi, impedendole di percepire altri particolari. Uno sbirro, pensò irrigidendosi.

Finse un sorriso mentre il tipo ci provava spudoratamente: non si era mai fidata dei poliziotti. Ancora peggio di quelli che ci provavano. Ed anche se avesse saputo qualcosa questo non sarebbe stato di alcuna utilità. Aveva visto quel tipo per un solo istante e poteva anche essere che si fosse travestito... se era un bastardo la metà di quanto lei lo considerava quel fottuto killer doveva sicuramente aver indossato una maschera, o qualcosa di simile. Però... ne ricordava l'odore, il puzzo di sudore e di tensione inconfondibile. Ma questa cosa, già inutile di per sè, sarebbe stata superflua con tutta quella pioggia.

Mentre sorrideva imbarazzata allo sbirro, qualcuno dietro di loro frugava dalle macerie... il cielo smise di gocciolare, lasciando dietro di sè il rumore delle grondaie fatiscenti.

-La ringrazio- rispose, cercando di non essere troppo dura- ma non ho bisogno di nulla e non ho neppure visto molto. Ho solo avuto la sfortuna di lasciare qui la mia bici... e così adesso sono a piedi.-

L'altro la ricambiò con un'espressione delusa.

Nel frattempo lei guardava intorno nel buio, ai limiti del campo visivo, nel sottobosco di straccioni che ripulivano le macerie dagli oggetti utili. Ed ecco che vide una figura che si allontanava velocemente da loro e nel suo cervello fu come se si accendesse una lampadina. Non lo riconosceva, ma aveva la stessa identica andatura del bastardo di prima, frettolosa, ma fluida, apparentemente inosservata.

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