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La nostra storia...


Kordian

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Era rimasto nascosto nell'ombra vicino all'entrata, e aveva visto entrare tutti. Ma nessuno aveva visto lui. Come sempre. Percepiva una presenza da qualche altra parte, li vicino, ma non riusciva a capire dove. Era qualcosa di potente, pericoloso; e come sempre quando si sentiva in pericolo passò la mano sul pugnale, per scaldarlo d'abitudine; il suo pugnale, l'arma perf...DOV'ERA?? CHE FINE AVEVA FATTO IL SUO PUGNALE?

Non lo aveva mai usato, era sempre rimasto al suo fianco oggi. L'aveva perso? Era agitato, non si era mai separato dalla sua arma.

Lentamente riacquistò il sangue freddo, si calmò e pensò.

Nn poteva averlo perso da molto, altrimenti la cortina magica che aveva posto a protezione dell'arma avrebbe cessato di esistere, senza il sopporto del suo influsso magico, e lui se ne sarebbe accorto.

Poteva ritrovarlo. Mentalmente andò alla ricerca del potere magico, lo cercò e finalmente lo trovò. Era li vicino. Dentro alla locanda!

Come era entrato la dentro? Qualcuno doveva averlo preso, e questo lo preoccupò ancora più. Appena fosse finita la sua magia il pugnale avrebbe attivato le difese magiche di cui era fornito, e qualcosa sarebbe successo. Ma neanche lui sapeva cosa. E non aveva intenzione di scoprirlo oggi. Erano tutti in pericolo, e doveva agire in fretta per evitare rischi.

Saettò dentro alla sala, e si ritrovò davanti il nutrito gruppetto di persone che si aspettava. Mancava solo l'umano, ma non lo vedeva più da un po'.

Con gli occhi scorse tutti i membri del gruppo, andando in cerca del potere della sua magia. E capì chi poteva aver preso l'arma. Quel maledetto botolo vestito con abiti dai colori assurdamente sgargianti! Lo teneva ancora in mano!

"TU PICCOLO MISERABILE! RIDAMMI IL MIO PUGNALE". Un misto di rabbia e di paura per quello che forse ci aspettava lo portò a parlare apertamente, senza preoccuparsi del fatto che tutti sentivano. La sua voce poteva assumere anche toni irosi, nonostante il candore che la contraddistingueva. Il tappo, con sorpresa di Ariaston, restituì immediatamente il pugnale, boffonchiando qualcosa riguardo l'essergli grati, il doverlo ringraziare. Ariaston non lo ascoltò neppure, e immediatamente fece scomparire l'arma nelle pieghe della maglia, occultando come d'abitudine il suo potere. Era sollevato, ora che l'arma era al sicuro.

Il botolo stava dicendo che se non era per lui ora chissà dove sarebbe stato il pugnale, vantandosi della sua persona. Ariaston non lo aveva mai visto ne sentito nominare, e chiese chi fosse.

L'umana dalla magnifica spada si passò una mano sulla fronte, il nano rantolò in preda a una crisi, e un silenzio agitato passò nella sala. Cosa stava succedendo?? Cos'era tutta questa preoccupazione?

E poi capì. Dalla bocca del tappo uscì un fiume interminabile di parole, una litania che presto assunse toni infernali, quasi come una tortura di morte. Non smetteva di parlare neanche per respirare, era inarrestabile e presto la pazienza di Ariston andò diminuendo e l'immagine delle sue mani strette al collo di quell'insulsa creatura si fece spazio nella sua mente.

Poi l'elfetta intervenne, e tappò la bocca (o caverna?) di quella cosa, e un respiro di sollievo percorse i membri del gruppo.

Il nano all'improvviso uscì di corsa, e Ariaston si spostò di lato per farlo passare, appoggiandosi poi alla parete con calma. Sapeva che presto avrebbero notato le sua mani e il suo strano volto, e sarebbero iniziate le domande, alle quali come al solito non avrebbe risposto. Ma la sua attenzione era focalizzata sulla spada dell'umana. Sembrava veramente una lama particolare, ben forgiata, e desiderosa di sangue. La guerriera osservava l'elfetta e per quanche istante non si accorse di Ariston, ma poi lo notò e si accorse dell'attenzione che destava la sua spada.

"E' inutile che la nascondi. Ormai tutti l'abbiamo vista. Una lama veramente magnifica, degna di nota. Mi piacerebbe vederla in azione un giorno e magari anche, chissà, provarla."

La sua voce dolce attirò lo sguardo di tutti, e anche l'attenzione sull'umana, distogliendola, forse, da lui.

Il nano rientrò seguito da dei bambini. Chissà da dove arrivavano?

"Qualcosa di strano è successo qui fuori, e molta morte è stata distribuita oggi." continuò Ariston tenendo sempre lo sguardo sull'arma della guerriera, analizzandola, pensando mentalmente a quale fosse la tecnica perfetta da utilizzare in battaglia da chi possedeva quell'arma. Come sempre il suo spirito battagliero lo coinvolgeva più di ogni altra cosa.

"Non so dove siano finiti lo strano viandante, che ho seguito per giorni, ne dove sia il guerriero con quella strana arma. Molte cose sono successe in poco tempo. Ma trovo che non sia frutto del caso se tutti noi ci siamo ritrovati qui oggi, radunati come se un appuntamento ci fosse stato dato. E credo che quello stregone, o qualunque cosa fosse, non si fermerà qua. Lo avete infastidito e non se lo dimenticherà, temo. Ora qualcuno di voi avrà da fare; dovrete riprendervi dalle eventuali ferite e curarvi anche dei bambini. La gente nel villaggio non uscirà per un bel po'; io ora vado a fare un giro di perlustrazione nella zona. Qualcosa mi rende inquieto..."

E, senza lasciare il tempo agli altri di obiettare, usci con un sorriso divertito, esponendo la bianca dentatura. Le sue mani corsero verso la daga leggera e affilata e lentamente si spostò sul lato della locanda. Giocando con il medaglione si fuse nell'ombra delle abitazioni e iniziò il suo giro di perlustrazione. E pensava alla spada.

Si avvicinò al retro della locanda e cercò una finestra. Controllò che nessuno lo notasse, e vi entrò furtivo. Si trovava nelle cucine, e lentamente si mosse tra i tavoli avvicinandosi all'ingresso. Procedette cauto e arrivò alla porta che dava nel salone principale, ove si trovava il gruppetto.

Si sedette a terra con calma, accanto alla porta, e ascoltò quello che veniva detto nel salone. Per ora preferiva non stare molto con loro..

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Trebor si mosse verso l'elfo, la mano che correva sulla'elsa della sua spada. Non gli piaceva il modo in cui si facevano apprezzamenti sull'arma di Aixela. E sopratutto non gli piaceva che si rivolgessero a lei.

Ma lei lo fermò con un gesto.

«Sì, è una bella arma.» disse «Spero solo che non avrete mai occasione di vederla in azione.» Poi fece un gesto come di scusa «Non voleva esere una minaccia, ma solo un augurio di usarla il meno possibile.» Poi sorrise, un sorriso che nascondeva una certa soddisfazione ed una malcelata ironia «Purtroppo non è concesso a nessuno provarla. E non per mia scelta.» Il suo sguardo si perse un attimo sulla sua arma. Già, a nessuno era permesso impugnarla, tranne che a lei. Nemmeno il fido Trebor l'aveva potuta afferrare, pur se lei stessa stava rischiando la vita.

E ancora una volta non capisce perché una lama che lei stessa ha forgiato abbia assunto queste caratteristiche magiche. Caratteristiche che lei non le ha infuso, che non saprebbe infondere.

Il suo sguardo va sulla piccola elfa.

Ma proprio in nquel momento si accorse che lì'efo oscuro se ne era andato via, sparito senza lasciare traccia. Eppure... eppure...

Si girò verso al cucina e vide un'ombra.

Vide? Non proprio.

Sentì un'ombra... sapeva della presenza di un'ombra. E le tornò in mente l'immagine di una daga.

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tra un momento libero e l'altro forse riesco a postare, per fortuna non è successo nulla...

Misterioso quell'elfo, davvero misterioso era uscito per dire che sarebbe andato in perlustrazione e poi eccolo li accucciato nell'ombra della taverna ad ascoltare senza essere visto...peccato che Sturmir avesse il dono di individuare le aure e aveva scorto la sua nel momento in cui era entrato, strano ma non sembrava pericoloso, almeno non aveva intenti omicidi palesi...

si mise in un angolo e mantenne la promessa, iniziò a narrae le avventure dei signori dei nani, della caverne con le finistre di cristallo, del risuonare delle botteghe dove gli armaioli forgiavano armi bellissime e colme di potere, in breve i bambini si misero rapiti ad ascoltare e fu allora che iniziò a cantare, la sua roca voce baritonale era colma di magia e in breve tutti i bambini si addormentaro beatamente, li coprì con delle tovaglie, si girò e vide che la piccola elfa con gli strani segni era l'unica sveglia, non se ne stupì, anzi sarebbe riamsto sorpeso del contario, "Allora giovane elfa sembra che le storie dei nani ti interssino molto forse potrei raccontartene altre..."

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Era seduto ancora a terra, da poco, e sentì dei passi avvicinarsi.

Qualcuno lo aveva forse sentito? Si mosse velocemente, passando in un soffio le mani sul medaglione, e si accucciò di fianco allo scaffale delle provviste, approfittando dell'ombra che creava. Neanche l'ombra stessa si accorse della sua presenza.

La porta si aprì lentamente, e una lunga lama entrò nella fessura, seguita dal corpo dell'umano che poco prima aveva sentito il tocco gelido della sua daga sul collo.

Stava cercando qualcosa, scrutando le ombre e i nascondigli. Non poteva aver sentito la sua presenza, non lui. Ma l'umana c'era riuscita di nuovo? Com'era possibile?

Era la prima volta che trovava qualcuno in grado di individuarlo. O meglio, non la prima, ma era molto tempo che non accadeva. Moltissimo tempo; i suoi pensieri corserò veloci al passato e la ciccatrice tornò a bruciare, per un istante; poi la sua mente tornò velocemente al presente, e allertò i suoi sensi e qualche rudimento di magia per perlustrare al meglio la stanza, senza farsi notare dal guerriero.

Si infiltrò mentalente in ogni pertugio della stanza, in ogni nascondiglio, alla ricerca di...ECCOLO! lo aveva trovato. Come in ogni cucina che si rispetti non poteva mancare un topo alla ricerca di cibo.

Inviò un rapido impulso mentale, per suggerire al roditore la presenza di cibo nel salone principale. Sentiva che era affamato, che non avrebbe disprezzato qualche bel pezzettone di pane fresco.

Sapeva fare poco altro con la magia, ma quando si trattava di animali era sempre abbastanza abile.

E il roditore, dopo un attimo di esitazione, rispose al suggerimento e uscì correndo dalla sua tana. Si lanciò velocemente tra le gambe del guerrierone, squittendo; l'umano fu colto un attimo di sorpresa e lanciò un grugnito, e poi si voltò per vedere cosa lo aveva incrociato. Quando si accorse di ciò che era scoppio a ridere, nel vedere il roditore correre al centro del salone, spargendo paura e divertimento nei bambini radunati, improvvisamente svegli a causa del suo verso.

Trebor si voltò un istante a dare un ultima occhiata alla sala, con qualche dubbio ancora. Poi rinfoderò la spada e tornò nel salone dove echeggiavano le grida dei bimbi. Aristor fece un sorriso soddisfatto e divertito, e si mosse rapidamente verso la finestra dalla quale era entrato.

Uscì, e inizio il giro di perlustrazione che aveva promesso. A quanto pare sarebberò riusciti a difendersi anche da soli, putroppo o per fortuna.

Girò attorno all'edifico di fianco alla locanda, dirigendosi verso la piazza.

Quando arrivò in vista di essa si nascose nell'ombra, ormai per abitudine. Osservò attentamente la piazza, e vide un crepaccio al centro di essa. Non c'era nessuna traccia che indicasse dove poteva essere andato il viandante e, da quello che notava, neanche niente altro di interessante. Osservò per qualche altro istante lo spiazzo, e poi si mosse verso di esso. Non aveva notato nulla di strano, e lentamente si avvicinò per cercare indizi. Ma la sua mano era comunque posata sulla daga. Appena usci dalla soffice protezione dell'ombra accelerò il passo, sentendosi improvvisamente nudo, indifeso.

E dopo qualche passo la notò. Una catena era attaccata ad un muro, senza senso, in un luogo dove non avrebbe dovuto essere. E non capiva da dove arrivasse..era tesa, e non scendeva perdendicolarmente al terreno.

Un aria fredda lo investì, si sentì pervadere il corpo dalla dolce agitazione che precede una battaglia, e saettò verso l'albero a 15 metri da li, l'albero delle impiccagioni che già in precedenza lo aveva protetto, conscio di essere stato notato da qualcosa. Strano posto dove cercare rifugio e sicurezza...

Lasciò dietro di se una leggera scia magica, per individuare un eventuale inseguitore e alla velocità massima che le sue gambe gli consentivano vide avvicinarsi l'albero, daga nella mano destra, mano sinistra a riscaldare il bianco pugnale,e un sorriso finalmente vivo a solcare il volto...

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Aixela lo aspettava sotto l'albero.

«Non so perché mi trovo qui. Non so perché sono uscita dalla taverna di corsa, mandando Trebor a vedere chi si nascondesse in cucina per distrarlo. Non so perché ho corso così tanto. Non so chi sei tu.»

Mise mano all'elsa della spada, ma più per carezzarla che per sguainarla.

«Ma ho intenzione di scoprirlo.»

Poi sorrise.

«Bella daga.»

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Stava rinfrescando la gola con un boccale di sidro, pronto a riprendere la sua narrazione quando tutti i bambini furono svegliati dall squittio di un topolino, si misero a piagnucolare che erano stati svegliati in mezzo ad un bellissimo sogno, Sturmir sospirò, oggi nonriusciva afar finire in modo decente un incantesimo, riprese a cantare quando si interruppe...uno strano silenzio aleggiava nel'aria, poi capì, il kendere era zitto, tutti erano zitti, la sua canzone risuonava come i passi di un golem su un pavento cavo, si zitti anche lui poi percepì ciò che stava accdendo..la spada demoniaca di quel tipo che aveva attaccato il lich, stav squarciando il tessuto tra i piani...

che arma formidabile doveva essere, solo un'arma di inusitata potenza e malavgità poteva ceracre di compiere un simile disastro....

si concentrò, impiegò qualche istante poi rusci a lolizzare la fonte della magia e si aprì un portake verso quel luogo, una prigione tra i piani, un ottimo utilizzo della magia dei portali, doveva ammettere che il cadavere era in gamba decisamente in gamba.

"Esci fuori guerriero da qui potrai uscire ma rinfodera la tua spada essa è malvagia e pericolosa, scarsa è la tua lungimiranza se continui ad usarla essa ti consumerà l'anima!"

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Stolto!

Nel prestare la più completa attenzione alla catena e alla presenza che aveva percepito dietro di se, non si era curato di ciò che lo aspettava.

Appoggiata all'albero c'era l'umana, e sembrava attenderlo. Ariaston rallentò, si fermò e osservò l'umana; la scia magica alle sue spalle aleggiava ancora nell'aria, e se qualcuno si fosse avvicinato lo avrebbe probabilmente notato, quindi si concentrò su di lei.

«Non so perché mi trovo qui. Non so perché sono uscita dalla taverna di corsa, mandando Trebor a vedere chi si nascondesse in cucina per distrarlo. Non so perché ho corso così tanto. Non so chi sei tu.»

«Ma ho intenzione di scoprirlo.»

Appena la mano dell'umana si spostò sull'elsa della spada, quella magnifica spada, i muscoli di Ariaston si contrassero, tesi e pronti a reagire, e alzò la daga in posizione di battaglia.

Ma la spada non uscì dal fodero; la mano si era spostata su di essa per accarezzarla, come lui faceva spesso con il suo pugnale.

«Bella daga.» disse la guerriera. Ariaston la osservò qualche istante e poi fece scomparire l'arma tra le pieghe del mantello.

"Qualcosa è nella piazza. Ne ho percepito la presenza, anche se non so dove si nasconda. Meglio stare all'erta. Dici che vuoi sapere chi sono io? Beh, mi vedi. Un elfo, curioso più che altro. Ma il problema ora non è che sono io, ma chi sei TU. Io non ti ho mai vista ne sentita nominare, ma non sembra lo stesso per gli altri. L'ho notato quando osservavano la tua spada, quando osservavano te. E i tuoi occhi nascondono qualcosa."

Continuò a osservarla, spostandosi lentamente ma con sicurezza verso l'albero, dove si appoggiò con la schiena osservando la piazza. Entro poco tempo sarebbe probabilmente arrivato l'umano suo amico, appena si fosse accorto della mancanza della bella donna. Aveva notato i suoi occhi. Strani per un umana.

"Chissà..." riprese con la sua voce melodiosa e dolce, con uno sguardo serio negli occhi, e un sorriso leggero a increspare le labbra e la ciccatrice.

"Ma a dire la verità non mi interessa molto sapere chi sei per gli altri. Giudicherò io chi sei, conoscendoti se ne avrò l'occasione. Non mi interessano le opinioni degli altri, chiunque essi siano."

Si girò a osservare la donna, brevemente, per capire le sue reazioni alla sua voce e alle sue parole...sembrava stupita e incuriosita...attese la sua risposta osservando la piazza con attenzione, mentre la sua scia magica era svanita...

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«Chi sono io?» Sorrise «Ti mentirei se ti dicessi che sono qualcosa di speciale. Ti mentirei se ti dicessi che ho qualche potere speciale di cui sono a conoscenza.»

Si appoggiò all'albero, guardando l'elfo.

«No, non ti preoccupare. Trebor non arriverà. Mi sento un po' in colpa per averlo lasciato lì e starà preoccupandosi per me. Lo fa sempre.» Scosse la testa, come se ricordasse affettuosamente degli episodi nella sua mente. «Ma non verrà. Non ha la minima idea di dove siamo.»

Si staccò dal tronco. Accarezzando ancora una volta la spada.

«E neanche io ho la minima idea di dove siamo. So solo che sapevo che tu saresti venuto qui. Anche se, come ti ripeto, non ho la minima idea di dove sia qui. Come non so perché mi succedono queste cose.»

Guardò verso la piazza, come se fosse dimentica della presenza dell'elfo. «Percepisco anche io la presenza di qualcosa nella piazza. Percepisco tante cose. Troppe. Non so come fare. Non so come faccio.» Si girò per fissarlo negli occhi. «Come non so perché so che ti chiami Ariaston. Non so perché quella piccola elfa sia così simile a me... e abbia questi segni sulle tempie.» Si slacciò i primi due bottoni della sua camicetta, scoprendosi in un modo involontariamente sensuale la spalla. Sulla pelle chiara risaltavano distintamente dei segni che avevano tutta l'aria di essere tatuaggi, anche se apparivano del tutto naturali.

Vide l'elfo guardare quei segni con attenzione (forse era anche trasalito?). Poi, come accorgendosi solo in quel momento di avere la spalla scoperta, si affrettò a rivestirsi, arrossendo leggermente.

Diede le spalle all'elfo.

«Credo che tu possa aiutarmi. Lo so... ma, come sempre, non so perché.» Sorrise ironicamente. Si girò di nuovo verso di lui. «Se vuoi sapere qualcosa di me, non hai che da chiedere.»

[OT: Wolf, se vuoi ti mando la storia di Aixela via MP, visto che lei racconterà solo quello che lei sa e non quello che è realmente successo.]

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L'umana misteriosa lo metteva un po' a disagio. Si era spogliata una spalla per mostrare due strani tatuaggi (o forse non erano tatuaggi? sembravano cosi naturali..), e un attimo dopo si era girata arrossendo.

Se si comporta sempre cosi con tutti gli uomini rischia parecchio, la guerriera..., pensò Ariaston, divertito.

Ma poi tornò in se, e considerò la situazione, in silenzio. L'umana sapeva il suo nome, anche se lui non lo aveva mai rivelato. E diceva di non sapere perchè. Questo lo metteva un po' in allarme, non si fidava di lei, anche se sembrava sincera. Ma aveva imparato a non fidarsi delle donne. Non più.

«Sembri confusa ragazza mia. Sai molte cose, ma non sai perchè. E' vero, mi chiamo Ariaston. E tu Aixela, se non ho sentito male prima. Senti, non mi piace stare qua allo scoperto; non mi sento a mio agio, come dire. E poi il tuo amicone si starà preoccupando, non vedendoti. E se ci vede qua per sbaglio mi sa che ci sarà da divertirsi. E resta sempre il problema di quel "qualcosa" nella piazza.

Spostiamoci sul fianco di quella casa, dove potremmo controllare meglio la situazione.» E cosi dicendo si avviò verso il lato della casa sul lato opposto della locanda, all'inizio della piazza. La ragazza lo segui, ma Ariaston non riuscì a capire se con riluttanza o tranquillità. Quella ragazza, cosi confusa su se stessa e sulle cose, sembrava molto sicura di se quando ci poteva essere del pericolo. O forse era semplicemente incosciente.

«E cosi io dovrei poterti aiutare? E a far che? A capire cosa sai? O cosa sei?» Si appoggiò alla casa, con i sensi all'erta come sempre e lentamente si sedette a terra, con i palmi delle mani a toccare il suolo.

«E chi ti dice che voglia aiutarti?Per ora, a parte la tua spada, non sembri avere null'altro d'interessante, o per lo meno che non abbiano anche altre donne.» Mentre diceva ciò lanciò un'occhiata d'intesa, divertito. La ragazza non sembrò apprezzare la battuta. Tornò serio, e riprese, con la melodiosa voce che empiva l'aria e il candido sorriso che rifletteva il sole:

«Ah no, dimenticavo i tatuaggi sulle spalle. Ma per quello che ne so io potrebbero essere semplici disegni, come ce ne sono tanti. A questo punto diventa interessante solo l'elfetta.» Guardò con attenzione l'umana per capire cosa pensasse...e la sua mente corse ai tatuaggi che lui stesso aveva sulle mani...

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Lo aveva seguito fin sul lato della casa senza dire una parola, nella sua mente soltanto la confusione e la determinazione di non lasciarla trasparire. Appena arrivarono accarezzò la spada per più di una volta, come se l'elsa fosse un cagnolino affettuoso, una parte di lei.

Ascoltava le parole dell'elfo con interesse, assumendo un'aria fredda per cercare di non far trasparire la sua delusione nel vedere che lui non aveva intenzione di aiutarla. Perlomeno questo aveva capito.

Nascose un sorriso quando egli fece apprezzamenti sul fatto che, essendo donna, poteva dare solo una cosa. Se solo avesse saputo i suoi gusti non avrebbe detto quella frase.

I suoi pensieri andarono a Trebor. Tra poco l'avrebbe trovata. Lo faceva sempre. E lei avrebbe dovuto difendere l'elfo dalla sua furia e se stessa dalla sua gelosia.

Ma ora non le importava.

Guardava le mani dell'elfo apoggiate a terra... e si sorprese a toccarsi le spalle, coma abbracciandosi, passando le dita sui suoi segni.

«Ho ucciso...» Cominciò a dire.

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Magia e morte! Unite insieme! Il segnale gli arrivò come una freccia in mezzo agli occhi talmente forte che spostò indietro la testa come se davvero qualcosa l' avesse toccato.

Subito si catapulto sul tetto ove aveva attaccato la catena e in poki istanti era sopra quel strano albero....

Si stava facendo sera e iniziava a muoversi con più calma, più allo scoperto, sicuro di nn essere visto da nessuno.

Quando arrivò putroppo la traccia magica stava già svanendo e nn riuscì a capire ove era o erano andati... la trama indicava ora che era lì 2 traccie magiche, anche se ben diverse tra loro... una passiva, una attiva... peccato...

Si senti stranamente a proprio agio in quel posto, molte anime erano state strappate del loro corpo e il bello, ciò che lo faceva divertire, era che molte di loro erano state strappate dalla vita terrena senza un motivo giusto...quale oscuro piacere...

I proprietari della magia cmq nn potevano essere distante...ma per ora lui sarebbe stato lì, quel posto lo rigenerava sia fisicamente che moralmente... Viaggiare per tutta la vita non era stato del tutto inutile... aveva acquisito alcune interessanti abilità al di là di un comune Kyton...e probabilmente gli sarebbero tornate presto utili... a quanto pareva in questo paese nulla era quello che sembrava...

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Dopo essere rientrato nella locanda, seguito da un gruppo di bambini, il nano, un certo Sturmir, prese a raccontare ed infine a cantare. I bambini lo ascoltavano affascinati, assieme alla piccola elfa... anche il kender per il momento sembrava troppo occupato a seguire quei racconti. Perenor tirò dentro di sè un sospiro di sollievo... per il momento erano salvi... da Garfuss!

Vide che l'umana, senza farsi troppo notare, era scivolata fuori dalla locanda... nello stesso tempo il guerriero era passato sul retro.

Perenor pensò che fossero andati ciascuno in perlustrazione, a controllare se tutto fosse sicuro in quel luogo.

Silenziosamente inosservato il giovane chierico raggiunse la porta ed uscì.

Fuori nient'altro che il deserto...

Il cielo era ritornato limpido e non vi era rimasta traccia del male che aveva infestato quel luogo. Con circospezione Perenor espresse l'incantesimo, pochi gesti e poche parole per poter capire se realmente fosse tutto tranquillo.

Tremando per la sua improvvisa incoscienza si addentrò nella piazza, sapeva quanto potesse essere pericoloso, ma allo stesso tempo doveva assolutamente fare qualcosa...

Il vecchio Fizban si era fidato di lui nonostante tutto.

Ma perchè? I suoi pensieri per poco non lo distrassero dall'incantesimo che avviluppava l'area attorno a lui... sgombrò la mente dalle preoccupazioni e si concentrò.

Nulla per il momento. Là fuori, eccetto quei cadaveri contorti in mezzo al piazzale sembrava tutto tranquillo.

Sembrava soltanto, riflettè Perenor, rivolgendo i suoi passi di nuovo verso la locanda. Ed i suoi occhi si soffermarono casualmente su una catena che penzolava dal tetto di una casa.

Prima non l'aveva notata.

Si guardò attorno e decise che era il caso di rischiare, apparentemente ora nessuno poteva vederlo. Gocce di sudore freddo gli rigarono il volto mentre mentalmente preparava un nuovo incantesimo...

Non aveva mai provato a fare una cosa del genere... ancora si guardò intorno e velocemente compose la formula, un simbolo lampeggiò fugacemente sul terreno davanti all'ingresso della locanda, quindi si spense... Col sorriso sulle labbra ed un rinnovato sollievo Perenor spinse davanti a sè la porta... ora doveva andare assolutamente sul retro.

Non si accorse che in mezzo al piazzale si cominciava ora a levare una strana nebbia...

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Era un po' che stavano in quella locanda e il Kender gia' aveva passato in rassegna qualsiasi cosa si potesse fare in uno spazio chiuso.

Aveva cominciato con l'esporare il locale alla ricerca di cose simpatiche, ma aveva trovato soltanto un pezzo di legno che ricordava vagamente la faccia di Sturmir. Siccome gia' non gli piaceva la sua faccia dal vivo, lo rigetto' nell'angolo dove l'aveva raccattato.

Aveva poi scassinato praticamente qualisasi serratura disponibile del locale, ovvero quelle delle due porte, un lucchetto spezzato e una scatolina che poi aperta rivelo' una famiglia di ragni. Quelli li prese e li ficco' nella sacca insieme al ranocchio.

Il nano aveva cominciato a raccontare storie a quel gruppo di ragazzini che si portava appresso, e il kender non poteva certo lasciarsi scappare un'occasione simile! In un primo momento gli era capitato di interrompere occasionalmente il nano con frasi del tipo "Il mio amico nano diceva sempre che la parte piu' divertente dei nani esce fuori solo quando si scolano tre barili di birra a testa, dopodiche' scoppiano risse con i fiocchi che tendono a ridurre a macerie i posti nelle quali si svolgono, infatti mi disse anche che il classico bar dei nani, oltre essere fornito di canaletti per far scolare il vomito per terra, è anche composto interamente di mithril, che ok, fa male se dato in testa ma almeno ogni volta non si deve ricostruir..." Di solito a questo punto il nano lo guardava in draghesco.

Che belle quelle storie! Per quanto avesse girato il mondo, non era mai riuscito ad entrare nel reame dei nani. Appena lo vedevano sbarravano le loro porte di pietra, che di solito coincidevano con il costone di una montagna. Non erano molto simpatici ora che ci pensava bene.

Era rimasto imbambolato nell'ascoltare degli immensi reami dei nani, scavati sotto le montagne, immense sale sorrette da colonne maestose, tunnel che pareva non finissero mai, i cristalli e i metalli preziosi che brillavano come stelle nel firmamento, il tutto mentre un'operoso e fiero popolo scavava e costruiva, e mentre lo faceva cantava di antichi clan gloriosi.

Anche Sturmir a un certo punto si mise a cantare. La canzone era molto bella, seppur triste, e al kender vennero gli occhi pesanti. Si scosse un paio di volte...mica poteva addormentarsi cosi'!

Cadde steso a terra russando sonoramente.

Era in una sala ampia , molto lunga. Non sapeva bene come ci fosse finito.

"hem.....HEEI!" strillo', ma gli rispose soltanto un'eco che si spense dopo quasi un minuto.

Si guardo' i piedi, e vide che stava calpestando uno splendido disegno. Era inciso nel pavimento con molti colori e rappresentava una sfera, solo un po' schiacciata, azzurra e marrone. Non capi' bene cosa fosse. Tra l'altro non riusciva nemmeno a capire bene di COSA fosse fatto il pavimento. Era piu' lucido del marmo.

C'erano delle statue, ai lati della stanza. O almeno all'inizio pensava fossero statue. Rappresentavano tutte le razze: li' c'erano gli Elfi e i Nani, gli Orchi e gli Uomini, Coboldi, Kuoh'toah, Goblin, Ninfe, e altre che non aveva mai visto, alcune bellissime, altre orribili. C'era anche la sua razza! Si avvicino' alla statua del suo simile.

"Woow è fatta proprio bene...gli si aprono pure la sacche! E questo che cos'e'? Hei amico non e' che ti dispiace se lo prendo in prestito per un po' vero?" La statua stringeva in mano un bastone, ma molto strano, Garfuss non ne aveva mai visti di simili. Era alto come lui, e aveva da un lato una fionda, mentre dall'altra parte, dove si poggiava per terra, era fissa una punta di bronzo.

Ora che si era avvicinato di piu' alla statua pero' noto' che NON era una statua! Era a dir poco perfetta, e quando ne tocco' la pelle, era calda.

"Sicuro che non sei sotto l'effetto di quei funghi strani del sottosuolo che ti fanno restare immobile con il sorriso stampato in faccia per ore?"

Gli mosse la mano davanti alla faccia. Niente. Gli spinse la guancia con un dito. E a quel punto anche la SUA guanci avenne spinta! Garfuss salto' letteralmente a due metri di distanza e si guardo' intorno curioso?

"AAAAAAAAAAh ma allora ci sei!! Fatti vedere!" strillo'. Gli rispose di nuovo solo l'eco. Dopo che fu passato un po' di tempo, Garfuss si riavvicino' alla statua con un'idea che gli girava nella testolina. Fece toc toc con il pugno sulla testa della statua, e anche lui ricevette dei colpi in testa, nello stesso istante!

"INTERESSANTE!!"

Dopo aver passato circa venti minuti a stringersi le mani con la statua, tirargli sassolini, pizzicargli il naso e prendendola a craniate, era stufo.

Senti' una voce dietro di lui.

"Giovane, non è che hai visto il mio cappello? Non riesco proprio a trovarlo, eppure ero sicuro di averlo Lasciato da queste parti!"

Garfuss si giro': era il vecchio con la barba scomparso poco tempo prima nella piazza, e ancora non trovava il suo cappello! Ma se cel'aveva in testa! Glielo disse.

"Oh grazie! Beh era tanto che lo cercavo! Ma ora che ci penso.. cosa ci fai tu qui? Oh ok ok chiudi il becco. Bene, penso sia il momento che tu torni dai tuoi amici...ah, hai ancora la mia piuma vero?" Il vecchio sorrise.

Quando si sveglio' vide che Aixela non era piu' nella sala, mentre il suo compagno guerriero era da una parte e sghignazzava sommessamente. Le porte erano accostate.

"Yaaawnnn....hei ragazzi ho fatto un sogno stranissimo! C'erano tante colonne e c'erano tutte le razze come statue, solo che non erano come le statue che di solito sono dure come...staute, ma erano come persone, solo che stavano totalmente ferme, tipo come se ti va negli occhi la polverina nella foresta di arbusti Hop'ium solo che li cominci a cantare la prima cosa che ti viene in mente..." L'elfetta aveva la manina tesa.

"Ok ok la smetto...hei ma noi non ci siamo ancora prensentati!" fece all'elfetta "io mi chiamo Garfuss Pottlepot, per te zio Garfuss ne-resterà-soltanto-uno! Ma pensa, il mio amico re degli elfi mi aveva dato una spilla che ti starebbe benissimo, dove l'ho messa..." Si sedette a gambe incrociate per terra e comincio' a svuotare le sacche, in un turbine di posate, foglie, pezzi d'oro, stecche di legno, pugnali da lancio. Ogni tanto proveniva dal centro del vortice la voce del kender che si lamentava di non trovarlo. Ad un certo punto, si fermo'. Subito dopo il ranocchio (che fine avevano fatto i ragni?) ritrovo' la piuma che aveva raccolto solo poco prima. Era del vecchio. La fisso' per un attimo, le pupille gli si dilatarono. Ricordo'.

Era passato tanto tempo... quanto, non saprebbe nemmeno dirlo. Ricordo' di aver gia' visto quel vecchio, e ricordo' una filastrocca che gli aveva insegnato. Comincio' a dirla ad alta voce.

"Otto son uno, come l'albero e le radici. L'Ombra nella notte, viva come la foresta in fiore, cerca la sfida e soffre il passato. L'Esulo della terra, come la terra è piu' forte nel profondo, e guarda la strada. Il viaggiatore mai stanco, come il vento del tempo, porta notizia e scompiglio. L'Angelo e Il Guardiano, il sereno e la tempesta, fendono l'aria ma si racchiudono nel seme. La Sfera di Cristallo, calma come il mare, ma solo se il vento tace. L'Astuto, forte come una roccia, ma in balia della montagna. Il Seguace, novizio della vita, ora di nuovo trova la sua fede e cura il futuro.

Al calare dell'ombra e al tornare del vento nero, solo chi combatte cambia gli eventi. Vostra è la scelta, vostro il creato."

Ammutoli'. Tutti lo guardavano, allibiti. C'era una puzza di stantio nell'aria.

"Hei non mi guardate cosi', non l'ho fatta io! E' stato Sturmir!"

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Ok, scusate per il poema, ma visto che stagnava un po' la storia ho deciso di movimentare un po' le acque, dicasi Antica Profezia. Che ne pensate?

OT dico fica! good...qualcosa di nuovo..ora c'è da interpretarla e dare una scossa al tutto..qualcosa ho capito, ma bisogna sfruttarla... :) /OT

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Era tornato. In qualche modo ci era riuscito. Ma non aveva la più pallida idea di come avesse fatto...non riusciva a capire se fosse stato merito della sua spada, o se il nano, che ora lo guardava in maniera strana, aveva preso parte in qualche modo alla sua iberazione.

Fino a qualche attimo prima si trovava sulla riva di un ruscello, in un luogo a lui del tutto sconosciuto. Ora invece si trovava nella sua città.

Anche se non era tornanto nella piazza riconosceva la taverna in cui si trovava...e in cui si trovavano anche tutti quei tipi strani che poco tempo prima aveva visto nel caos della piazza.

Rinfoderò l'artiglio di caronte, la sua spada senziente, e si avvicinò al nano, il quale era intento a raccontare delle storie ai mocciosi lì intorno...

" Non so se sia opera tua, ma sapi che se lo è la mia riconoscenza nei tuoi confronti non andrà mai oltre questo grazie". Lanciò un occhiata torva agli astanti, e fece per prendere la porta, quando una vocetta stridula intonò una spece di poesia...era quell'accidente di kender ( non poteva sopportarli..peggio degli halfling, piccoli ladri codardi e fastidiosi)che, alzatosi di soprassalto, decantò tutto d'un fato quelle strane parole...scosse la testa esasperato e se ne andò...accidenti a loro, tutti quanti! non aveva ancora la minima idea di cosa fosse successo quel giorno nella sua città, ma era certo che quei tipi buffi avessero qualcosa a che farvi.

Stava per allontanarsi dalla taverna quando gli giunse un messaggio mentale...forte, tenace...si guardo attorno, ma non vide niente di strano , a parte un catena che pendeva da un muro...la sua concentrazoine era volta a scoprire la fonte del contatto...poi capì: era la sua arma...stava mettendosi in contatto con lui, sfidando le difese che Entreri aveva eretto attorno alla sua mente. Doveva essere qualcosa di veramente importante, altrimenti la spada non si sarebbe mai arrischiata in questo modo: l'ultima volta, la battaglia mentale tra i due aveva provocato non poca sofferenza alla psiche dell'artefatto. si disse che doveva ascoltarla.

"Ascolta...la profezia...già una volta la udii...molto e molto tempo addietro...è importante...tu ne sei parte...tanto quanto loro...ascolta..ascolta..."

Incredibile...non aveva mai avuto uno scambio del genere con la volontà dell'artiglio di caronte...e la cosa lo spaventava.

Fece dietro front...rientrò come una furia nela taverna, dirigendosi verso il kender. Lo trovò ancora seduto in terra, gli si avvicinò, lo prese per il bavero, alzandolo da terra.I suoi occhi di ghiaccio si piantarono in quelli del kender, gli stessi occhi che tanti dei suoi nemici avevano temuto più della stessa morte.

"Adesso tu ed io faremo un bel discorsetto"

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<<Senti... credo che zio Garfuss non riuscirebbe a ripetere quella Profezia nemmeno se lo volesse.. ha troppe cose che gli girano per la testa tutte insieme... e poi per la prima volta da quando lo conosco non ha detto nulla di irritante! Dai, lascialo!>>

La piccola elfetta con i suoi occhioni ghiaccio guardava dritto dritto l'energumeno che reggeva in malo modo il kender impiccione, un po' sorpresa dalle parole che aveva appena proferito ma di sicuro intenzionata a difenderlo, (aveva guadagnato punti con la promessa della spilla)... nonostante avesse la netta sensazione che occuparsi di quel kender sarebbe stato difficilissimo...

<<Guardaci, tutti in questa stanza vogliamo sapere cosa potrebbe accaderci, vogliamo sapere che cosa si è scatenato e perchè è così malvagio, vogliamo sapere se è solo un caso o c'è dietro dell'altro... ma maltrattare chi per primo ci da degli indizi non mi sembra una cosa saggia, non credi?

Adesso, ti ripeto, lascialo o chiamo Aixela...>>

la piccola elfetta si ostinava nel suo intento ed aveva afferrato il polso del nerboruto individuo anche se il confronto pareva quasi ridicolo.

Tuttavia i suoi occhi stavano acquistando una strana luminescenza..

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Teneva ancora il piccolo kender appeso per il bavero , quando qualcosa gli tocco il polso..si girò.

Vide che era la mocciosa di prima, che adesso gli stava intimando di lasciare "zio Garfuss" ( alora era questo il nome del buffone!). solo ora fu in grado di notare che la piccola non era umana, ma un'elfa...e con degli strani tatuaggi sulla testa.

"...lascialo, o chiamo Aixela!".

"E chi diavolo sarebbe questa Aixela? Ma soprattutto...chi sei tu per osare minacciare me?" Entreri era furioso..quella era la goccia che fece trabboccare il vaso.

Stava per colpire la bimbetta con un manrovescio...quando sentì per la seconda volta nella stessa giornata l'intrusione mentale della volonta dell?artiglio di caronte.

" Fermati...non è lei il tuo nemico...proteggila invece...perchè lei saprà proteggere tutti voi..."

Rimase bloccato a mezz'aria, con la mano alzata, e la piccola che si copriva il volto...

Non era possibile...la spada era entrata in contatto con lui 2 volte di seguito, nonostante le sue difese mentali le infliggessero sempre grandi soferenze!!

Decise di placarsi.

Si allontanò dalla bimba e dal kender, andandosi a sedere in una panca in fondo alla sala; da lì, nell'ombra potè fermarsi a pensare agli avvenimenti della giornata, senza perdere d'occhio nessuno degli astanti.

Avrebbe avuto delle spiegazioni esaurienti...le avrebbe avute dal kender o da quella cucciola di elfo...le avrebbe avute...o se le sarebbe prese.

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