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Dragons´ Lair

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Loki86

Circolo degli Antichi
  1. Ciao ragazzi.. innanzi tutto buone feste a tutti.. volevo solo precisare alcune cose e chiedervi alcune cose per velocizzare un po la prossima risposta.. @TheBaddus per farti seguire da tanaka a casa, in queste condizioni, credo proprio che non ci sia bisogno di spendere un filo... Non credo nemmeno che, per quello che hai scritto nel post, si attivi alcuna mossa... Piuttosto.. se ti va, una volta giunti a casa tua si potrebbe ruolare le conseguenze della tua "mossa sessuale" che si era attivata ma non c'era stato il tempo di dar peso alla cosa per l'arrivo della creatura. @SNESferatu una volta che Gustav risponde alla tua ultima domanda su tuo padre poi cosa faresti? Pensi che rimarresti lì ancora con lui o ti basterebbe e te ne andresti? nel caso avresti in mente una meta? @Theraimbownerd a parte il discorso al momento in atto con Alice, vedendo anche l'orario delle lezioni, ci sarebbe qualche altro momento o interazione scolastica che ti piacerebbe giocare o preferiresti andare dritti per dritti al pomeriggio? @Ghal Maraz @Voignar a dire il vero su di voi sto aspettando che finisca il botta e risposta tra di voi per capire che direzione intendete prendere.. soprattutto per il pomeriggio.. se volete andare o no nel bosco insieme oppure fare altro... Inoltre giro anche a voi la domanda.. a scuola avete qualche altro scena o interazione che vi piacerebbe giocare?
  2. Una bella bombetta?? 😅
  3. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - nel bosco con tanaka Inizialmente Tanaka non sembra volersi riprendere, ma, dopo un po’ che lo scuoti, emette qualche colpo di tosse e apre gli occhi. Si mette a sedere, tenendosi la testa con una mano. Le sue dita passano nei suoi capelli umidi e sporchi. “Scarlett??” Ti domanda con aria confusa “cosa… cosa diavolo è successo?” Poi, sembra accorgersi solo in quel momento di essere mezzo nudo. Si stringe le braccia al petto, afferrandosi con le mani le braccia. Lo vedi rabbrividire e iniziare a tremare. Ti guarda… smarrito… fragile… esposto. “Io… non ricordo… eravamo nel bosco…” si ferma un attimo come a riordinare i pensieri. “Cory e gli altri dovevano pestare Clark… io e te abbiamo scopato… poi nulla…” torna a guardarti sempre più confuso. “Che è successo poi? Dove sono i miei vestiti? Ho freddo..” dice, provando a rialzarsi a fatica. @SNESferatu Ana Rivero - rivelazioni a casa di Gustav Mentre gli parli, Gustav smette lentamente di singhiozzare. Quando ti abbassi alla sua altezza e ti accovacci davanti a lui, le mani gli scivolano dal volto. I suoi occhi, umidi e smarriti, si sollevano fino a incontrare i tuoi. Ti ascolta. Sul suo viso affiora una breve, disorientata confusione. «Setta?» mormora. «Di… di quale setta parli?» La voce è bassa, incerta, spezzata. Scuote appena la testa. «Non… non c’è nessun altro…» esita, come se stesse cercando dentro di sé il coraggio di dire qualcosa che non ha mai detto ad alta voce. «Io… ero soltanto un povero artista senza talento. Non sono stato io a cercarla…» deglutisce. «È stata lei a trovare me… Mi ha ammaliato con le sue promesse… Con i suoi doni…» Ogni parola sembra gravargli addosso, come un peso che lo incurva un po’ di più. «Mi ha dato le capacità di creare ciò che ho fatto per anni. Di diventare qualcuno…» un respiro tremante. «E in cambio ha voluto una sola cosa.» Si ferma di nuovo. Il silenzio si allunga, teso. Alla tua ennesima esortazione, che suona più come una minaccia che come una domanda, Gustav deglutisce. «… Che accettassi il lavoro commissionato da tuo padre.» Alza lo sguardo. I suoi occhi si fissano nei tuoi, profondi, colmi di qualcosa che somiglia al rimorso. La frase successiva esce a fatica, come se gli strappasse l’aria dai polmoni. «Che io creassi… te.» @Theraimbownerd Orion Kykero - dopo l’ora di ginnastica La lezione di educazione fisica ti sembra interminabile, ma alla fine si conclude. Ne esci stremato nel corpo, con i muscoli che tirano, eppure con la mente un po’ più leggera. Ti cambi negli spogliatoi e, quando esci, la vedi. Alice è appoggiata al muro del corridoio, le braccia conserte. Ti osserva con un’espressione vagamente imbarazzata. Basta quello sguardo per ricordarti che, anche se ieri pomeriggio vi siete riavvicinati, il litigio è ancora troppo vicino per far finta che non sia mai successo. Accenna un sorriso e solleva una mano in un saluto incerto. È chiaro che stava aspettando te. In effetti, da quando sei arrivato a scuola questa mattina, non vi siete ancora detti una parola. «Ehi, Orion…» dice quando le sei vicino. «Com’è andata ieri con Marcus?» C’è sincero interesse nella sua voce. «Il fatto che tu sia qui, tutto intero, lo prendo come un buon segno…» aggiunge, con un mezzo sorriso che però non riesce a nascondere del tutto una nota di preoccupazione. Non ti ci vuole molto per capire che quell’ultima frase le ha fatto tornare in mente chi, invece, oggi a scuola non si è presentato affatto nelle migliori condizioni.
  4. Esattamente ahah.. sarebbe uno scontro figo.. ma che vi ridurrebbe solo ad osservatori impotenti quando invece dovete essere voi i protagonisti.. proprio per questo zarneth è casualmente fuori città 🤣🤣 Però sarei curioso di vedere Scarlett per chi tiferebbe 🤣🤣
  5. Si.. lei ormai ha molti pezzi del puzzle effettivamente! Anche se in realtà il nome dell'entita' dietro a tutto era già in vostro possesso.. o meglio.. in possesso a uno di voi sin dalla prima sera. Darius aveva trovato l'informazione "guardando nell'abisso" dopo aver subito l'attacco della creatura. (Pagina 11 del tdg) 😁😁
  6. Ah povero ingenuo Nathan! 🤣🤣 cosi convinto che Scarlett sia una povera vittima ahahah.. Chissà se Darius lo lascerà vivere nella sua convinzione felice o se invece gli aprirà gli occhi 🤣🤣
  7. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - sottoterra, sfidando divinità pagane sconosciute Sposti il pugnale dal cuore di Tanaka alle corde che lo tengono legato. Le inizi a tagliare, e lo fai con una facilità quasi disarmante. La lama scivola, morde, recide. Con un tono beffardo, sicuro di te, rispondi alla voce che hai udito nella tua testa. A quella voce che ha commesso l’errore di non credere che tu fossi capace di tenerti stretti i TUOI TESORI con le sole tue forze. Disobbedisci. Liberi Tanaka. E lo fai aspettandoti di pagarne il prezzo. Proprio come era successo poco prima con quella strana euforia, vieni travolta da un turbinio di emozioni. Potenti. Invadenti. Estranee. Una fitta pungente di insoddisfazione e delusione… No. Forse è sorpresa... Curiosità. Poi qualcosa esplode. Un’ondata di approvazione, di esaltazione pura. Una risata ti invade la mente mentre ti carichi Tanaka sulle spalle e inizi a trascinarlo fuori da quella stanza rituale. Non è una risata beffarda, né di scherno. È una risata di soddisfazione assoluta. Profonda. Antica. Potente. La scacci dalla mente. O almeno… ci provi. Ripercorri quasi alla cieca lo stretto corridoio, puntando verso l’unica via di fuga che conosci. Raggiungi la scalinata. La luce del giorno si staglia in alto, sopra di te. Inizi a risalire, a fatica, trascinandoti dietro il peso di Tanaka. Il cuore ti sussulta a ogni gradino. La paura che, da un momento all’altro, la sagoma della creatura dal teschio di cervo si stagli davanti alla tua unica via di fuga cresce, passo dopo passo. Ma non accade. Sei fuori. Di nuovo all’aria aperta. L’aria gelida e profumata ti riempie i polmoni. Continui ad allontanarti senza voltarti, senza concedere neanche un ultimo sguardo alle tue spalle. Attraversi la radura. Rientri nel bosco. Alla fine non ce la fai più. Sei sfinita. Crolli a terra, i muscoli in fiamme, il fiato corto. Al tuo fianco c’è Tanaka. Il TUO TESORO. Ancora svenuto. Ma vivo. @SNESferatu Ana Rivero - a casa di Gustav Quando indichi il simbolo, Gustav si avvicina di qualche passo, quasi senza rendersene conto, per capire di cosa stai parlando. Nel momento esatto in cui i suoi occhi si posano sulla pagina aperta del libro a terra, qualcosa gli attraversa il volto. Non è solo paura. È brama. È riconoscimento. È terrore puro. Un’espressione che dura un battito di ciglia… ma che dice troppo. Ti scosta con una mano, con una forza e una determinazione che non gli avevi visto fino a pochi istanti prima. È un gesto brusco, istintivo. Raccoglie il libro e lo richiude di scatto, quasi fosse qualcosa di vivo, di pericoloso. Nel momento in cui il simbolo scompare alla vista, noti che tira un piccolo sospiro, spezzato, come se un peso invisibile gli fosse stato appena tolto dal petto. Stringe il volume contro di sé, le braccia serrate, come a proteggerlo… o a proteggersi da esso. «Questo? Questo non è niente…» dice in fretta, passandoti accanto e dirigendosi verso una grossa libreria impolverata. La voce è tesa, forzatamente neutra. «Sono cose in cui non dovresti—» La tua rabbia lo ferma a metà frase. Lo afferri d’istinto, senza pensarci. Le dita si chiudono su di lui con una forza che non tenti nemmeno di controllare. Lo sbatti contro il muro. Il colpo è secco. Il libro gli sfugge dalle mani e ricade a terra con un tonfo sordo. Gustav si affloscia contro la parete. Di nuovo piccolo. Di nuovo fragile. Le spalle chiuse, lo sguardo basso. Impaurito. Debole. Stavolta non tenta di allontanarsi, né di fingere. Pretendi risposte. Le esigi. Subito. E lui lo capisce. «Ok… ok, Ana…» balbetta con voce tremante. Il suo sguardo scivola di nuovo verso il libro ai vostri piedi. Deglutisce. «Quel simbolo… quel simbolo…» La voce gli si spezza. La mandibola trema. Si interrompe. Deglutisce ancora, come se ogni parola fosse un macigno. Poi ti guarda. Negli occhi non c’è più esitazione. Solo terrore nudo. «È il simbolo di… Lilith…» mormora le ultime parole appena udibili. Le ginocchia gli cedono. Crolla davanti a te, a terra, e si porta le mani al volto. Il suo corpo è scosso dai singhiozzi. Non di un uomo colto in fallo. Ma di qualcuno che sa di aver già pagato… e che teme di dover pagare ancora. off game Mi sono permesso di fare agire Ana nel trattenerlo e pretendere da lui delle risposte subito perché mi sembrava coerente a come la stavi ruolando in questo momento.. Almeno ho velocizzato leggermente la scena! @Voignar @Ghal Maraz Darius e Nathan - di nuovo insieme verso l'infermeria Vi lasciate la palestra alle spalle, sentendo ormai la voce del coach e quella dei vostri compagni sempre più distanti. Non sapete come la conversazione stia procedendo.. Se qualcuno stia facendo il nome di Cory Edwards... Se stia continuando ad esporsi Sasha o se abbia preso parola qualcun'altro.. Non capite nemmeno se il coach se la stia prendendo con loro pensando che il responsabile sia qualcuno della classe. I corridoi a quest'ora sono vuoti, deserti.. Così avanzate in un silenzio quasi imbarazzato. @Voignar Darius Mentre cammini accanto a Nathan, avverti un leggero prurito al naso e agli occhi. Niente di violento. Più simile a una leggera reazione allergica improvvisa, come se l’aria fosse cambiata senza preavviso. Poi arriva l’odore. Debole, sfuggente. Erba schiacciata. Linfa. Polline. Qualcosa di vivo, di verde… decisamente fuori posto, in mezzo a corridoi di linoleum di una scuola. Non ne sei sicuro, ma a tratti, quando passate sotto una luce al neon, ti sembra di vederla tremolare per un istante. Non uno sfarfallio netto. Piuttosto una vibrazione, come se la luce esitasse. La sensazione ti resta addosso più del ricordo visivo. E senza un vero motivo, la mente torna a lunedì, in mensa. Lo sfogo di Nathan. I suoi occhi che, per un attimo, avevano avuto qualcosa di… diverso. Un dettaglio minimo, facile da ignorare. Ma tu eri lì, vicino. E l’avevi notato. Nathan. Siete in classe insieme da anni, eppure, a pensarci bene, sai sorprendentemente poco di lui. Solo che è… strano. @Ghal Maraz Nathan Mentre cammini accanto a Darius, quel senso di inquietudine torna a farsi sentire. Lo stesso che ti aveva travolto ieri pomeriggio nel bosco. Solo che ora non è forte. È distante, attenuato. Ma è inconfondibile. Per un istante ripensi a quella presenza. All’enorme figura confusa che avevi visto stagliarsi nel cielo durante la visione nella Selva Fatata. Immensa. Incombente. Non sai perché il ricordo riaffiori proprio ora. Forse perché tutto, in qualche modo, almeno temporalmente, sembra collegato: il bosco, il pestaggio di Cory e dei suoi tirapiedi, il dolore che ti accompagna fino all’infermeria. Perso in questi pensieri, il tuo sguardo scivola su Darius. Sul suo collo, appena sopra una delle sue clavicole. Quel tatuaggio. Non ti sembra di averlo mai visto prima. Eppure siete in classe insieme da tempo. Possibile che lo abbia fatto di recente? La pelle, però, non è arrossata. Non c’è alcun segno di guarigione, nessuna imperfezione. Sembra… stabile. Come se fosse lì da sempre. Ti accorgi di fissarlo un secondo di troppo. E una sensazione strana ti attraversa il petto, difficile da definire: non paura, non curiosità. Qualcosa di più sottile. RUOLATE PURE TRA DI VOI QUESTA SCENA MENTRE ANDATE IN INFERMERIA!! (credo che sia più interessante giocare questa interazione tra i vostri due pg piuttosto che l'ennesima visita di Nathan dall'infermiera :D @Theraimbownerd Orion Kykero - in palestra Alle parole di Sasha, il coach posa lo sguardo su di lei e inarca le sopracciglia. «Potresti essere più chiara, O’Connor?» chiede con tono fermo. «O immagini che io sappia leggerti nella mente?» Il silenzio dura un battito di troppo. Poi la voce di Tyler lo spezza. «Coach Moss… credo che molto probabilmente il responsabile di quello che è successo a Nathan sia Cory Edwards.» Ti piace pensare che sia stato proprio il tuo leggero colpo di gomito a dargli il coraggio di parlare. Il coach sposta lo sguardo su Tyler, al tuo fianco. Sul suo volto passa un’ombra di sorpresa. «Edwards, dici?» replica. «E avresti delle prove a sostegno di questa accusa, McConnell?» Il tono si fa più duro. Tyler esita appena un istante. Sasha accenna uno sbuffo di risata, come a dire che la domanda è quasi assurda e inutile. Poi Tyler riprende a parlare, non lasciando il tempo al coach di soffermarsi sul gesto della compagna. «No, coach. Non ho prove dirette. Ma è risaputo che Cory abbia minacciato più volte Nathan in questi ultimi giorni. Non gli è mai andato giù che Nathan abbia parlato con la preside dopo averlo visto fumare erba nei bagni. Ha saltato l’ultima partita per quello…» Si interrompe un attimo, consapevole che quella parte è ben nota al coach e non è il punto centrale. «Ieri ho provato a parlargli. Gli ho detto di lasciar perdere Nathan. Pensavo di essere stato chiaro…» stringe le labbra. «Ma a quanto pare mi sono solo illuso.» Un breve silenzio. Poi aggiunge, con voce più ferma: «Me ne assumo la responsabilità.» Il coach ascolta senza interrompere. Incrocia le braccia al petto, l’espressione tesa, pensierosa. «Sono accuse importanti, Tyler...» dice infine. «Ma voglio fidarmi del tuo giudizio. Più tardi convocherò Edwards e sentirò la sua versione dei fatti. Se sarà davvero responsabile, verranno presi provvedimenti.» La questione si chiude così, almeno in apparenza. Subito dopo il coach vi ordina di riprendere gli allenamenti. Il ritmo, però, cambia. Diventa più duro, più pesante, come se stesse scaricando su di voi tutta la frustrazione accumulata. Appena riprendete a correre, Tyler si affianca a te. «Grazie..» dice soltanto. «Avevo bisogno di un po’ di motivazione.» Ti fa l’occhiolino, poi accelera, tornando al suo solito passo. Ti lascia indietro, con il fiatone… e quella sensazione sottile di vittoria morale che ti resta appiccicata addosso. Motivazione ha detto? Esatto.. Proprio quella che avresti bisogno anche tu per affrontare a testa alta la prova che ti aspetta nel pomeriggio!
  8. Nell'attesa che @Voignar risponda per portare avanti la narrazione con @Ghal Maraz, ho iniziato a rispondere a @TheBaddus e @SNESferatu per portare avanti le loro trame che, al momento, sono quelle che hanno un'intensità narrativa più potente. Così poi, una volta che capisco la direzione che prende la loro narrazione per la mattinata posso portare avanti anche la trama di voi altri senza il rischio di creare paradossi troppo evidenti 😁
  9. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - nell'antro del mostro Inizi a tagliare le spesse corde che tengono Tanaka intrappolato all’altare di pietra. Il coltellino è minuscolo, la lama smussata, quasi ridicola contro l’intreccio duro delle fibre. Strappi, incidi, premi… e non ottieni praticamente nulla. Senti un gemito. Tanaka si lamenta. Non è sveglio… no. Ma almeno è vivo. «LASCIA… FARE… a me…» La voce familiare che ti martella in testa da qualche giorno ritorna nella tua mente. Ora più distante, come filtrata attraverso l’acqua, ma abbastanza presente da farti arrestare il movimento. Istintivamente, obbedisci. Il coltellino ti scivola dalle dita. Ti sfiori la base del collo, grattando quella zona che pulsa e brucia — un prurito strano, invadente. Ma non è quello che importa ora. Afferri di nuovo le corde a mani nude e tiri. Con tutta te stessa. Con una forza che non riconosci, una forza che sembra arrivare da un punto dentro di te che non hai mai toccato prima. Il mondo attorno si assottiglia, diventa un bordo nero e indistinto. Ci siete solo tu, l’altare freddo… e lui, il tuo TESORO. La corda del braccio destro inizia a sfilacciarsi, cigola, cede. «Forza… forza… ancora…» La voce è un sussurro ovattato, sempre più distante. Agendo d’istinto ti porti a cavalcioni sopra di lui... Nella stessa posizione del bosco il giorno prima. Le tue mani serrate come artigli sulla corda. Con un ultimo strappo violento la fibra si lacera. Le tue mani sanguinano, le nocche arrossate e tagliate… ma è un dettaglio insignificante, un fastidio ignorabile. Subito ti butti sulla corda che tiene bloccato l’altro braccio. E all’improvviso — «Finalmente… sei venuta da… meee…» Una voce nuova. Femminile. Antica. Opprimente come una mano gelida sul cuore. Ti blocchi all’istante. Solo ora ti accorgi che non c’è più la stanza. Solo oscurità. Oscurità totale, soffocante, infinita… E tu e Tanaka sopra questo altare sospeso nel nulla, illuminati da una luce che non ha fonte. E poi la noti. L’altra cosa illuminata. Su un piedistallo, dall’altro lato dell’altare: un pugnale. Una lama ondulata, seghettata. Il manico è una mezzaluna, l’impugnatura termina in una croce allungata. Antico. Bellissimo. Terrificante. Era lì sin dall’inizio? Non sapresti dirlo. Lo prendi senza pensare. La sua superficie è fredda. Sollevi lo sguardo sulle corde che tengono ancora Tanaka. Poi, come attratta da un impulso euforico non tuo… lo sposti sul suo petto nudo. Sul punto esatto in cui batte il suo cuore. «Fallo…» La voce è velluto e veleno... Attraente, potente, euforica. «Fallo, e lui sarà per sempre tuo.» Una pausa che ti attorciglia lo stomaco. «Fallo… ed IO farò in modo che lui non voglia diventare mai il TESORO di nessun'altro.» off game A te la scelta 😁 seguire la voce e le sue promesse allettanti e pugnalare al cuore? oppure usare il pugnale per tagliare le corde? Oppure qualcos'altro ancora?? @SNESferatu Ana Rivero - a casa di Gustav La tua rabbia esplode, incontrollabile. Ad ogni passo… ad ogni parola… qualcosa del grande tavolo da lavoro di Gustav vola a terra e si frantuma. Lui ti osserva con gli occhi spalancati, terrorizzati. Indietreggia di qualche passo, le spalle che si chiudono, il corpo che si fa piccolo, quasi a voler sparire. Non tenta nemmeno di fermarti. Almeno questo te lo concede... Il tuo sfogo... la tua rabbia... in questo momento sembrano essere per lui ben più importanti di qualsiasi sua opera o creazione che stai distruggendo in questo momento... Sai che è così... Sai che non è soltanto la paura a frenarlo. «Tu… tu non capisci, Ana…» balbetta, appena un istante prima che un piatto di ceramica cada e si frantumi in una pioggia di cocci che zittisce ogni sua parola al posto tuo. Quando ti volti, dopo aver pronunciato la tua condanna, il tuo rifiuto, la sua voce torna a sfiorarti la schiena. È fragile. Infranta. Timida come un soffio. «Tu… non sei mia. Non… non lo sei mai stata…» mormora, come se stesse cercando di convincere più sé stesso che te. «Tu non capisci…» ripete ancora, disperato. «C’è qualcosa… di molto più grande…» Si interrompe... Come se andare avanti lo spaventasse. Queste parole, solo per un battito di secondo, ti fendono il petto come un ago sottile. Ti costringono a fermarti. I tuoi occhi scivolano verso uno dei tanti libri che hai rovesciato nella furia. È aperto su una pagina qualsiasi… eppure qualcosa ti attrae con la forza di un magnete. Un piccolo disegno, non più grande di cinque centimetri. Una mezzaluna. E sotto… una croce che ha la forma di una spada. Una versione più raffinata e artistica dello stesso segno che hai visto nell’ufficio del coach… Lo stesso segno che hai visto "tatuato" sul collo di Darius.
  10. Eh.. diciamo che Gustav ha anche lui un background bello complicato...
  11. @TheBaddus Scarlett Bloomblight- sottoterra Inizi a scendere lungo la scalinata con passo incerto, le dita serrate attorno al coltellino fino quasi a farti male. Ogni gradino è un tuffo più giù, nella terra e nell’oscurità… e a ogni passo il freddo diventa più intenso, pungente, quasi vivo. L’odore di umido e marciume ti avvolge come un manto pesante che ti si appiccica addosso, entrando nelle narici e graffiandoti la gola. Il battito del tuo cuore è un tamburo impazzito: bum bum — bum bum — bum bum. L’unico suono in questo silenzio sepolcrale. Perdi il conto dei gradini — potrebbero essere cinquanta, potrebbero essere cento — e la luce pallida del giorno alle tue spalle è ormai solo un ricordo sfumato, lontano, irraggiungibile. Gli occhi cercano disperatamente di adattarsi al buio, ma l’oscurità qui sotto è troppo spessa, troppo assoluta. Tanto che quasi inciampi quando il terreno cambia all’improvviso: nient’altro gradini. Il corridoio prosegue in piano. Deglutisci, voltandoti un istante. L’ingresso dell’arcata è ormai solo un varco sospeso nel nulla, lassù, sempre più lontano… È allora che la voce nella tua testa sussurra di nuovo: «AVANTI… Noi… Siamo fiere…» Ma non è come prima. Non è decisa, non è infallibile. Trema. O sei semplicemente tu ad esitare? E insieme a quel sussurro senti un’altra ondata… un fremito di euforia, caldo, estraneo, che ti percorre la spina dorsale senza permesso. Avanzi a tentoni nel corridoio, le mani sui muri di pietra fredda. L’oscurità è così totale da strapparti via ogni punto di riferimento, costringendoti infine ad attivare la torcia del telefono. La luce è debole, pallida, illumina appena un paio di metri davanti a te… ma è sufficiente a non cadere. Continui così, lenta, con il cuore bloccato in gola e il fiato corto, come se l’aria stessa lottasse per restare nei tuoi polmoni. Poi — una vibrazione improvvisa nello stomaco — là davanti, più in fondo, compare una luce tremolante. Una fiamma. Spegnere la torcia del telefono è un riflesso immediato, quasi animale. La penombra ti riavvolge, ma i tuoi occhi adesso vedono quel barlume dorato, lontano, instabile. Avanzi in punta di piedi, ogni passo il più furtivo possibile… se la Creatura dal teschio di cervo è nella sua “casa” almeno non ti sentirà arrivare. Giunta sulla soglia, ti blocchi. Davanti a te si apre una stanza circolare di circa dieci metri di diametro, scavata nella pietra viva. Le pareti e il pavimento sono composti da blocchi antichi, lisciati dal tempo e consumati dall’umidità. Su alcune colonne sono appese torce di ferro battuto, le cui fiamme tremolanti proiettano bagliori caldi e instabili, facendo danzare le ombre come presenze vive. A terra, sparse ovunque, ci sono candele nere: alcune integre, altre ridotte a moncherini, con la cera scura rappresa sul pavimento come lacrime congelate. Sulla sinistra, uno scaffale colmo di volumi antichi, coperti da uno spesso strato di polvere. Sulla destra, una strana arcata murata: sembra una porta… una porta che qualcuno ha sigillato. E sopra l’arcata, inciso nella pietra, un simbolo familiare: una mezzaluna, e sotto una croce lunga. Il simbolo che porti inciso sulla pelle del collo. Di fronte a te, dall’altro lato della sala, una porta di legno rinforzata da sbarre di ferro. E lì al centro, come un altare sacrificale, un tavolo di pietra. Sopra, a petto nudo, giace Tanaka. Legato mani e piedi. Immobilizzato. Svenuto. Indifeso. Il tuo respiro si spezza. Il coltellino trema tra le tue dita. E l’euforia — quella strana, inspiegabile euforia — diventa un urlo silenzioso nel petto. Un urlo che cresce e ti fa avvertire un’improvvisa, quanto inappropriata, ondata di lussuria che ti risale lungo l’interno coscia, sino all’inguine. @Ghal Maraz Nathan Clark - in palestra Prima di entrare in palestra e mettere via il telefono, fai appena in tempo a leggere la risposta di Kathlyn. Una notifica rapida, essenziale… eppure carica di un peso che senti subito nello stomaco. “Spero tu stia bene… più tardi ci vediamo in mensa?” Quando raggiungi il coach Moss, vieni passato al setaccio da uno sguardo che pare misurarti più che giudicarti. I suoi occhi scendono prima al livido evidente sulla tua gamba — impossibile da nascondere ora che hai i pantaloncini — poi risalgono al segno sul tuo volto. «Cos’è successo, Clark?» La sua voce è ferma, tagliente. Non un rimprovero, non ancora, ma un chiaro avvertimento: non dirmi palle. Non gli rispondi subito… forse non sai da dove cominciare. E lui non ha intenzione di aspettare. «Forza… alza la maglietta. Voglio vedere.» Questa volta il tono è secco, intransigente. Quando tentenni ancora, il coach allunga una mano, non aggressiva ma incredibilmente sicura di sé. Afferra un lembo della tua maglietta e lo solleva quel tanto che basta a scoprire il grande livido violaceo che ti attraversa il fianco e risale fin quasi alle costole. Il contatto, per quanto leggero, ti fa sussultare. E subito la mente corre al giorno prima: al pestaggio da parte di Cory e dei suoi tirapiedi, al Bosco… alla strana e inquietante visione che hai avuto… e immediatamente provi quel senso di disagio che forse non hai mai davvero scacciato. Il coach Moss ti osserva in silenzio, l’ombra di un pensiero pesante che gli passa dietro gli occhi. «Chi ti ha fatto questo, Nathan?» Questa volta ti concede qualche secondo per rispondere. Non sembra sorpreso… sembra analizzare. Poi scuote lentamente la testa. «Ti sei fatto vedere da qualcuno?» Quando risulta evidente che la risposta è un semplice “no”, il coach inspira piano, lo sguardo che scivola oltre te, verso la classe che corre. Per un istante sembra valutare qualcosa, come se stesse pesando una decisione già presa. Poi la sua voce risuona nella palestra: «Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.» Una pausa. Poi, più forte: «Tutti gli altri, venite qui! Adesso!» @Voignar Darius Whitesand - in palestra Quando, prima di scuola, riveli a Ben quello che è successo e le indicazioni che lo “spirito” ti ha impartito, avverti un leggero bruciore al simbolo che hai impresso sul collo. È solo un attimo, sostituito subito da un fugace brivido di eccitazione e divertimento a cui non sai dare una spiegazione. Ben rimane in silenzio, soppesando le tue parole. Valutando, forse, se sei sincero o meno con lui. Alla fine ti dice che ha bisogno di tempo… per metabolizzare la cosa. Quando iniziate a correre in palestra, finalmente Ben si porta al tuo fianco. Non dice nulla… Senti che è lì e che sta cercando il coraggio, o le parole giuste, per dirti qualcosa. Butti un’occhiata al coach. Sta osservando con attenzione Nathan, non prestando minimamente attenzione a voi altri che correte. Non sentendoti il suo fiato sul collo puoi permetterti di rallentare leggermente, procedendo a una velocità più gradita a Ben. Non appena rimanete un po’ arretrati rispetto agli altri Ben finalmente si decide. “Ok Darius… Ti credo!” Dice con tono deciso “Dopo mi devi assolutamente raccontare meglio! Voglio sapere tutto!” Aggiunge poi, iniziando a parlare in modo più affannato. Fai giusto in tempo a rispondergli qualcosa di veloce, chela voce del coach rimbomba nella palestra. Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.» Una pausa. Poi, più forte: «Tutti gli altri, venite qui! Adesso!» @Theraimbownerd Orion Kykero - in palestra Ti unisci al resto del gruppo nei primi giri di corsa, cercando di non dare troppo nell’occhio. Il coach, per una volta, sembra avere di meglio da fare che massacrarvi: tutta la sua attenzione è su Nathan, e questo, per te, è quasi un regalo divino. Scarlett però non c’è. Un fastidio ti punge sotto lo sterno: se quella ragazza ha deciso di saltare proprio oggi, quando deve consegnarti le informazioni su Jeremy… beh, si è appena guadagnata un debito enorme. Almeno suor Margaret non infesterà l’ambiente col suo moralismo stantio. Il seguente pensiero su tua madre ti fa stringere lo stomaco. Ormai mancano poche ore all’incontro con la Somma Sacerdotessa di Chicago… Stai correndo senza troppo entusiasmo, immerso in questi pensieri, quando qualcuno si avvicina al tuo fianco. È Tyler. Non parla subito: tiene un ritmo costante, rilassato, da atleta vero. Tu fai finta che non sia faticoso seguirlo. «Hey…» mormora alla fine, senza voltarsi, «grazie per prima. Per essere stato diretto primo…» Il tono è sincero. Diretto. Poi fa un cenno col capo in direzione del coach Moss. Lo vedi intento a squadrare Nathan. «Credi che si sia accorto di qualcosa?» Il fatto che il coach, proprio in quel momento, afferri un lembo della maglietta di Nathan e lo sollevi scoprendo un grosso livido viola sul costato risponde alla domanda di Tyler molto meglio di come potresti fare tu. Sta per aggiungere qualcos’altro quando il boato del coach taglia l’aria: Whitesand! Qui, subito! Accompagna Clark in infermeria.» Una pausa. Poi, più forte: «Tutti gli altri, venite qui! Adesso!» @Ghal Maraz @Voignar @Theraimbownerd Nathan - Darius - Orion - in palestra Vi stringete tutti attorno al coach, trattenendo il fiato. Il suo tono è così rigido da non lasciare spazio a repliche o scuse. Moss sfiora con lo sguardo ogni volto, poi si ferma su Darius. «Forza… voi due andate in infermeria.» La sua mano si posa per un istante sulla spalla di Nathan, un gesto che vuole sembrare paterno. Poi si rivolge al resto della classe, la voce che rimbomba nella palestra: «E voi altri! Se qualcuno sa cosa è successo a Clark… parli adesso. SUBITO.» Il silenzio che segue è pesante, quasi fisico. Le scarpe scricchiolano sul parquet quando Nathan e Darius iniziano ad avviarsi verso l’uscita. Accanto a Orion, Tyler lascia uscire un lungo sospiro. Non uno di stanchezza: uno di chi si sta facendo forza, forse deciso a dire qualcosa. Ma non ne ha il tempo. È Sasha ad anticiparlo e a prendere parola. E lo fa con la sua solita sicurezza e sfrontatezza, senza troppi giri di parole… “Beh… Non posso dire di sapere cosa gli sia successo… Ma immagino che lo sappiamo tutti benissimo chi possa essere stato!” Le sue parole cadono come un sasso nell’acqua, facendo vibrare l’aria. E nessuno, per un istante, osa fiatare. Off game Darius e soprattutto Nathan, decidete pure voi se andare in infermeria o restare e interagire con la scena in palestra. Orion… mi dispiace se questa scena forse è poco interessante per te… ci rifaremo nel pomeriggio 😁😁 @SNESferatu Ana Rivero - a casa di Gustav Le tue parole si abbattono su Gustav come colpi secchi, uno dopo l’altro. All’inizio non reagisce. Rimane dov’è, immobile accanto al banco di lavoro, con le mani sporche di polvere grigia che tremano appena. Non ti interrompe, non si difende, non prova nemmeno a mascherare lo smarrimento che gli attraversa gli occhi quando pronunci la parola padre. È come se quella sola sillaba gli avesse tolto l’aria. Il silenzio che segue è denso. Lo vedi ingoiare a vuoto—una, due volte— “Tu… tu non capisci… Tu non sai…” Farfuglia confuso, mentre osserva la tua giacca e la tua camicetta cadere al suolo, il tuo corpo esposto, la crepa che ti lacera la pelle come una ferita impossibile. Ed è lì che qualcosa in lui cambia. Non dice nulla, ma gli occhi lo tradiscono: un lampo di riconoscimento, di orrore… e di bramosia. Una fame antica, trattenuta a stento. La stessa fame che ha avuto quando ti ha scolpita la prima volta. Per un istante avverti quasi la sua mano che vorrebbe avvicinarsi, toccare quella frattura, studiarla, capirla. Ripararla. Non la muove. Ma tu sai che vorrebbe. Si passa una mano sul volto, come se cercasse di svegliarsi da qualcosa. Poi murmura, quasi senza voce: «Dio… Ana… cosa hai… cosa ti hanno fatto?» Non aspetta risposta. Forse non la vuole nemmeno sentire. Cambia nuovamente espressione. Fa un passo indietro, come se avesse improvvisamente paura. Si porta una mano al volto, si strofina gli occhi, le tempie. Come se volesse cancellare un pensiero che continua a tornare, ostinato. Quando finalmente parla, la voce non ha nulla del tono del creatore che ricordi. È ruvida. Stanca. Quasi spezzata. «Non… non avrei dovuto. Tutto questo… tu…» Si interrompe, stringendo la mascella. «…è stato il mio errore più grande…» Lo dice non riuscendo a guardarti negli occhi… Fissa il pavimento, quasi come se stesse parlando più a sé stesso che a te. Quando torna a guardarti, gli occhi sono rossi d’ansia e di qualcosa che ricorda la vergogna. La sua voce però si indurisce, come se improvvisamente avesse paura. «Non dovevi tornare qui con… con queste cose...» Ti indica la crepa, ma è evidente che non parla solo di quella. «Non voglio più avere niente a che fare con… con ciò che ti riguarda.» Un altro passo indietro. Non da te: da ciò che rappresenti. «Vai via, Ana.» Un ordine che suona quasi come una supplica. «Per favore… Vattene. Non tornare più.» Percepisci che sta mentendo a se stesso. Che una parte di lui vorrebbe trascinarti dentro, studiarti, toccare quella crepa, ripararla. Ricominciare tutto da capo. Lo leggi in un bagliore nei suoi occhi, ancora fissi su quella crepa.
  12. @Voignar giusto per precisare.. l'altro giorno stavate facendo la campestre ed eravate all'aperto.. per il momento invece ottenere ancora in palestra e vi ha detto do fare giri di campo della palestra per scaldarvi.. per raggiungere il bosco dovresti proprio sgattaiolare fuori dalla palestra sperando di non essere visto.
  13. Non era stato detto e non ci avevo nemmeno pensato a dire il vero a questo dettaglio 🤣🤣 maaa.. informandomi ora velocemente, scopro che in realtà nei protestanti non esiste la figura della suora.. c'e solo il pastore! Ergo è per forza cattolica!
  14. @Ghal Maraz tutto bene? Ci sei? Io ho mandato avanti oggi senza aspettare la tua risposta perchè Questo weekend sarò abbastanza impegnato e non credo riuscirò a postare.. non volevo tenere fermi gli altri troppo tempo… comunque nel caso continuiamo pure in spoiler la scena prima di scuola se vuoi!
  15. @TheBaddus Scarlett Bloomblight - nel bosco a mettersi nei pasticci Sei quasi certa della direzione da cui la creatura è arrivata. Anzi… no. Nei sei sicura. Il ricordo della sua sagoma alta e innaturale, nera come un’incisione nella notte, ti attraversa la schiena come una lama di ghiaccio. Per un istante vacilli — un istante appena — chiedendoti se sei impazzita a tornare qui, da sola, in questo stato. Ma basta un respiro. L’euforia ti rimbalza nel petto, la droga ti gonfia il coraggio, e soprattutto il pensiero di Tanaka — del tuo Tesoro — ti spinge avanti con violenza. Allora parti, decisa, nella direzione che sai ti porterà alla radura. Di tanto in tanto ti chini, osservi il terreno. In un punto le foglie sembrano più schiacciate… fai per seguirle… ma anche più a destra ce n’è un’altra serie. E più avanti altre ancora. Il bosco è un groviglio di sentieri possibili, tutti identici. Nei film basta uno sguardo per capire dove è passato qualcuno… qui ogni foglia sembra uguale all’altra. Alla fine ti rassegni: ti affidi all’istinto. Segui ciò che “senti” appena sotto la pelle, ciò che ti attira senza un motivo logico. A volte ti accorgi di aver preso una direzione sbagliata e torni indietro, irritata, per poi cambiare strada di nuovo. Non sai quanto tempo passi così — minuti? mezz’ora? di più? — ma più cerchi, più l’euforia scema e la ragione torna a ghermirti. E con la ragione arriva il dubbio. Sempre più grande. Sempre più rumoroso. Stai quasi per arrenderti, per voltarti e chiederti se riuscirai persino a ritrovare l’uscita (ora che hai vagato come una scheggia impazzita, ne sei davvero sicura?)…quando la vedi. Tra gli alberi. La radura. E lì, al centro, come un monolite che ti aspettava: l’arcata. Con la scalinata che sprofonda nel buio. Rimani immobile sul limitare degli alberi. La mano stretta attorno al coltellino. Le nocche bianche. Il cuore che batte a un ritmo disordinato e feroce. Poi inspiri. Ti fai forza. E avanzi. L’aria che esce dall’imboccatura della scalinata è gelida — una lama fredda che scosta una ciocca dei tuoi capelli. Odore di umido, di pietra antica… di qualcosa che marcisce nell’oscurità. Tendi l’orecchio. Niente. Solo il vento che sibila tra gli alberi. Nessun animale. Nessun canto. Nessun rumore umano. Deglutisci. Il respiro ti si incastra in gola. Un prurito alla base del collo, quasi un formicolio… A malapena te ne accorgi… Valuti per un lungo, interminabile istante se scendere davvero… o se — per la prima volta — lasciar parlare la prudenza. Off game Non voglio assolutamente dirti di non scendere nella scalinata eh… il mio bloccarmi in questo momento è proprio per lasciare a te la decisione ultima su cosa fare! @SNESferatu Ana Rivero - a casa di Gustav Suoni il campanello. L’attesa dura pochi secondi, ma a te sembrano minuti interi. Il cuore batte forte, le dita tremano. Forse non c’è nessuno… forse è meglio così… forse dovresti andart— Passi lenti, trascinati, arrivano da dietro la porta. Poi un click. La porta si apre solo di uno spiraglio, bloccata dalla catenella di sicurezza. Attraverso l’apertura riconosci un volto scavato, arcigno, coronato da capelli arruffati e ribelli come un nido di fili d’argento. “Chi è? Che vuoi?” La voce è dura, ruvida da anni di solitudine. Poi i suoi occhi — occhi azzurri, chiari come schegge di vetro — ti inquadrano. E qualcosa cambia. La mandibola gli si abbassa appena. Sorpresa. Incredulità… e qualcos’altro, più profondo, che non sai nominare. All’improvviso la porta si richiude in faccia. Secca. Netta. Il cuore ti crolla nello stomaco. Forse non ti vuole. Forse non ti ha mai voluta. Un interminabile momento di silenzio. Poi un altro click: quello della catenella. La porta si apre di nuovo. Davanti a te, Gustav. Proprio come lo ricordavi… eppure no. È più vecchio. Il viso è scavato e segnato da rughe profonde, i baffi sono incolti, la barba a chiazze. Indossa una vestaglia macchiata di vernice e argilla, consumata ai gomiti. Odora di legno, solvente e notti insonni passate a scolpire. Ma soprattutto, ha lo sguardo di chi non riceve visite da una vita. “A… Ana?” mormora, come se il tuo nome gli graffiasse la memoria. “Sei… sei davvero tu?” Deglutisce. “Non dovresti essere qui…” Ritrova un briciolo di contegno, si sporge oltre la soglia con aria sospettosa, lanciando occhiate rapide a destra e a sinistra, come temesse che qualcuno ti avesse seguita. Poi posa una mano pesante sulla tua spalla. La sua mano è calda, callosa. Più paterna di quanto vorrebbe ammettere. “Forza… entra.” Varcata la soglia, la porta si richiude con un tonfo sordo. La luce dentro è fioca: tendaggi pesanti soffocano il sole, la stanza è un caos controllato di oggetti, strumenti, sculture incompiute, tele inclinate, libri ammassati. Il pavimento è pieno di schegge di legno e pezzi di creta secca. Sembra più un antro che una casa. Il suo antro. Gustav inspira profondamente, poi ti rivolge lo sguardo. La voce, burbera, vibra ora di un’ombra di… preoccupazione? “Perché sei qui, Ana?” Il suo tono non è un rimbrotto. Non del tutto. Somiglia più alla domanda di un padre che teme la risposta. @Theraimbownerd Orion Kykero - fuori da scuola Tyler ti ascolta senza interromperti, con quella sua calma solida che raramente vacilla. Non c’è sfida nei suoi occhi, né fastidio: solo rispetto. Rispetto per quello che dici, e per come lo dici. E quando arrivi al punto — Cory e i provvedimenti che andrebbero presi nei suoi confronti — non si irrigidisce, non si mette sulla difensiva. Anzi. In un lampo capisci che questa conclusione l’aveva già sfiorata anche lui… forse da più tempo di quanto voglia ammettere. “Hai perfettamente ragione, Orion.” La sua voce è ferma, senza esitazioni. “La squadra per me è importantissima… ma ci sono cose, ci sono valori, che vengono prima di tutto il resto. Cory ha esagerato.” Fa una breve pausa, inspirando a fondo. Le parole che seguono sembrano misurate, pesate, come se volesse scegliere quelle impossibili da fraintendere. “Non perché mi ha mancato di rispetto, o perché — come hai detto tu — mi ha fatto fare la figura del debole. Di quello non me ne frega niente. Ma quello che ha fatto a Nathan…” Si interrompe un istante, lo sguardo che scivola verso il vostro amico poco distante. “…quello ha superato il limite. E di molto.” Sincerità pura. Quasi brutale. “Il problema…” riprende poi, tornando a te, “è che non ho io l’autorità per cacciarlo. L’ultima parola spetta al coach.” Un’ombra di frustrazione attraversa il suo viso, ma non dura. Tyler non è il tipo da farsi bloccare. “Oggi gliene parlerò. Vorrà delle prove che sia stato Cory… prove che, ovviamente, non ho.” Stringe la mascella, deciso. “Spero solo che si fidi del mio giudizio.” E dal modo in cui lo dice, capisci che farà tutto ciò che è in suo potere per proteggere Nathan e penalizzare Cory. @Voignar Darius Whitesand- fuori da scuola Ben sobbalza quando gli posi la mano sulla spalla. Le tue parole gli arrivano, questo lo capisci: gli tremano le labbra, ma il panico negli occhi cambia sfumatura. Non è più paura verso di te ora… forse.. è più terrore verso qualcos’altro. Qualcosa di cui non aveva neppure immaginato l’esistenza… fino a quando tu non gliel’hai messo davanti, nudo e crudo. Quando ridi per sdrammatizzare, Ben deglutisce così forte che lo senti. Non ride con te. Sembra quasi che quel gesto gli confermi quanto tutto questo sia più grande di lui. “D–Darius… io…” Si passa una mano dietro al collo, abbassando lo sguardo verso le sue scarpe come se volesse infilarsi dentro l’asfalto. “Non pensavo… che fosse… così…” Fa un respiro corto, spezzato. “Tu parli di… di morire… e io… io non capisco cosa stia succedendo davvero. Io… io ho solo sentito dei rumori, ok? Dei passi veloci… delle voci… e quando ho visto qualcosa muoversi nell’ombra ho pensato che fosse… non so… qualcuno che scherzava. Poi ho visto te.. ed Ana… parlavate di demoni… Suor.. suor Margareth è stata aggredita… Io.. Io non dovevo essere lì. Non è… non è roba per me…” Alzi il dado come se stessi tirando davvero, e lui sobbalza un’altra volta, come se quel gesto — familiare, innocuo — gli ricordasse quanto sia lontana e diversa la realtà da cui è appena stato strappato. “Che… che CD è?” ripete. Poi, prende un respiro tremante, quasi volesse dare un punteggio al suo stesso panico. “Alta. Molto alta.” Solleva lo sguardo verso di te, e per la prima volta ti fissa senza scappare. “Tu… tu dici che vuoi proteggermi. Io… io mi fido di te, Darius. Sempre. Ma… per favore…” Si stringe alle spalle, come se avesse freddo. “…non lasciarmi fuori. Dimmi cosa sta succedendo davvero. Ho paura… ma non sapere mi fa ancora più paura.” E in quelle parole c’è tutto Ben: ingenuo, fragile, ma sinceramente disposto a crederti. Anche se è chiaro che la rivelazione lo ha frantumato più di quanto tu volessi. @Voignar @Ghal Maraz @Theraimbownerd Darius, Nathan, Orion - prime ore di scuola Quando la campanella finalmente suona, vi riversate nell’edificio insieme al flusso degli altri studenti, tutti diretti verso l’aula di biologia. Nei corridoi l’atmosfera è elettrica: si parla quasi solo di due cose. Il post con le foto pubblicate da Nathan su Blabber — ormai virale — e suor Margaret, caduta il pomeriggio precedente e portata via in ambulanza con un femore spezzato. Due argomenti molto diversi, ma entrambi abbastanza succosi da far ronzare l’intera scuola. Anche Cory si presenta, ma la sua sola presenza cambia la temperatura del corridoio: è teso, irritabile, con quell’aria da “non provateci” che dice molto più delle sue parole. Chiaramente non ha gradito l’esposizione pubblica… e gli sguardi che lo seguono ovunque — accusatori, indignati, curiosi — non aiutano affatto. In classe, il professor Brooks procede con l’appello. Noah oggi è presente; in compenso mancano Scarlett e Ana. L’insegnante non commenta, non cambia espressione: spunta i nomi e passa oltre. La lezione scorre senza particolari eventi, piatta e ordinaria, come se per un’ora il mondo avesse deciso di sospendere ogni anomalia. Quando suona la campanella, vi dirigete verso gli spogliatoi per cambiarvi in vista dell’ora di educazione fisica. Nel brusio dei ragazzi che ridono, parlano e sbattono gli armadietti, si percepisce un filo di tensione. Una volta pronti, raggiungete il coach Moss in palestra. Durante l’appello il suo sguardo si blocca per un istante sul nome di Ana — un micro-secondo di esitazione, quasi impercettibile — ma riprende a scorrere come se nulla fosse. Poi alza lo sguardo. “Clark! Cosa ti è successo?” esclama, la voce che rimbomba nella palestra. I suoi occhi si fissano sui lividi ben visibili. “Vieni un attimo qui!” ordina. Poi, rivolto al resto del gruppo: “Voi altri, cominciate con dieci giri di corsa per scaldarvi!” La sua voce è un colpo secco, e i ragazzi scattano in movimento mentre Nathan viene chiamato a sé, attirando non pochi sguardi di curiosità. Off game Se volete giocate pure in spoiler le scene interrotte fuori da scuola prima dell’inizio della lezione… poi, se volete approfittare di questo momento per interagire con qualcuno dei compagni fate pure.. se invece vedrò che non c’è molto interesse a giocare questa scena procederò a velocizzare la cosa saltando ad un altro momento..

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