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Paesaggio Cabalistico


Seifen

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Passeggiava per le strade di ***, polverose ed arabesche. Svolto a sinistra e vide un cammello moro.

Sconcertato, si avvicino e gli chiese:

-Qual'è il tuo nome?

-Il mio nome è Yesòd e sono un dromedario. Rispose sorvolando sul fatto che lo scrittore avesse sbagliato.

Gli salì in groppa e gli chiese di condurlo, come si fa coi regni.

Camminarono per giorni ma la palude sabbiosa li seguiva da vicino e, non avendo acqua e cibo si fermarono per acquistarne.

Entrarono in un negozio (dalla volta molto alta, si intende) e videro tre uomini che litigavano, il primo splendente e raggiante, un altro che sembrava essere carismatico e il terzo vestito d'uniforme e tante spillette luccicanti (forse c'era anche la legion d'onore, sebbene sia d'altro paese); il mercante li guardava sconcertato, i due gli si fecero vicini e chiesero ciò per cui erano entrati. Subito i tre gli furono addosso chiedendo loro chi dei tre avesse diritto di acquistare della merce.

Si presento il primo:

-Io sono Tiféret, e sono un uomo bello, un mercante dovrebbe essere onorato dal fatto che un uomo (bello come lui) come me stia comprando la sua merce.

Il secondo irruppe nella conversazione:

-E perché non dovrebbe essere onorato del fatto che Hod, glorioso e glorificante, compri la sua merce?

Il terzo, templare, ironico:

-Perché le tue glorie non surclasseranno mai la vittoriosità di me stesso, di Nétzah.

Straniti, i due gli dissero:

-Non è forse gloria l'esser belli, o valersi di tante vittorie; non è forse tramite le vittorie che si acquisisce la gloria e la bellezza agli occhi della gente; non è forse bello essere gloriosi e vittoriosi?

Comprarono acqua e viveri e, facendo attenzione alle teste, i due uscirono.

Ripresero la via sulla destra, superarono un paio di semafori (o forse eran' palme, chissà) non senza il rischio di tirar sotto qualche vecchietta. Fortunatamente i boy scout facevano il loro servizio anche a ***.

Percorsero un viale di diossido di Silicio (che non può essere alla base della vita, altrimenti Mercurius et Sulfur non avrebbero avuto senso) ed arrivarono in un grande piazzale. Dove le mediane s'incotravano, stavan' due figure, una a terra l'altra (premeditando l'uccisione) in piedi affianco.

Dunque, si avvicinarono e chiesero al futuro assassino perché stesse uccidendo il malcapitato:

-Sto uccidendo Khésed perché è stato vinto in combattimento.

I due chiesero quindi a Khésed perché non implorasse pietà:

-Che vantaggio trarrei, che vantaggio trarrei gridando “Ghevuràh pietà!”, altri non invocherei che me stesso, fonte di pietà.

Il Cavaliere non capì, ma Yesod che era intelligente prese la spada (cosi la chiamiamo se poi era una lama bruciata e malfatta?) e taglio due crini dalla sua chioma e li donò a Khésed dicendogli:

-Ecco, vai, alzati e usa il mio essere, proclama il regno della pietà!

Cosi Ghevuràh, geloso prese la propria lama e sgozzo il cammello (o dromedario, secondo lui).

Il Cavaliere scese dal dorso dell'(ormai) amico e scacciando Vinto e Vincitore pianse tutta la notte.

Solo e triste l'ex-cavalcatore cammino per le strade di *** per i successivi due mesi, un giorno, ricoperto di sabbia, tagli e dei pochi vestiti rimasti intatti vide due bellissime donne.

La prima, alla sua sinistra, era intenta a controllar' l'ebollizione che stava avvenendo in un alambicco (nel mezzo della strada). La seconda, invece, immersa in una fontana, somigliava ad una Creneide.

Nuovamente sconcertato Egli si avvicino alla Creneide, e ammutolito resto a guardarla; ella, senza pudore si mostro a lui nuda e gli disse:

-Il mio nome è Khokhmàh, ma questo non importa.

Egli, ormai sedotto, la segui per le vie tortuose di ***, non prestava molta attenzione a quale fosse il percorso che seguivano, e nemmeno voleva saperlo.

Entrarono in una piccola casupola, fatta di paglia e terracotta, lei gli si fece accanto, e lo spinse su un letto (di paglia, ma pur sempre letto), usci dalla stanza dicendo che sarebbe tornata presto.

Tentò di capire perché in quel posto, perché avesse seguito quella donna che più donna per lui non era; immagino molte cose, e sperò che potessero succedere di lì a poco.

Khokhmàn rientrò più tardi che più somigliava a una Lampade che alla Creneide ch'era prima, e lo bastonò.

Egli raccolse le proprie cose e lacero si indusse verso la porta, la apri e notò una mensola: cocci di vaso rotti.

Era di nuovo solo, e cosi, più per disperazione che per intuito ritrovo la piazza dov'ella l'aveva sedotto, l'altra era ancora la, e ancora fissava i propri vetri (sebbene la distillazione fosse ormai ultimata). Lo vide e gli andò vicino:

-Io sono Binàh.

Ed egli si accorse che ella eguagliava la Creneide, o Lampade che dir si voglia, in bellezza; nuovamente sedotto segui Binàh.

Anch'ella gli fece traversare contorti passaggi e piccole stradine fino a giungere davanti ad un grande palazzo, entrarono. Ella lo spoglio e lo fece accomodare su un soffice giaciglio (che stavolta era un vero letto), con aria complice gli disse di aspettarla.

Egli aspettò, ma ridotto com'era dopo poche ore si addormentò. Ella ritornò e vide che stava dormendo, irata trasse dal proprio seno una sostanza che gli fece bere.

L'ex-Cavaliere ebbe un sussulto, un altro, si sveglio che gli usciva schiuma dagli occhi e lacrime dalla bocca, si prostro in ginocchio a Binàh ma lei lo respinse col tacco, battè la testa contro una mensola, ed un vaso cadde, rompendosi.

Tre mesi più tardi, senza più l'uso della parola ne della vista, egli si trascinava ancora per le strade di ***.

Gli si fece vicino un vecchio, dalla sapienza inestimabile, e gli chiese:

-Malkhùt, povero Malkhùt. Come potevi sapere? Cercavi forse l'En Sof?.

Egli, impaurito tentò di correre via, ma di nuovo senti la voce vicina a sé:

-Malkhùt, perché scappi da me? Scappi da me che sono l'unico che non ti ha ancora fatto del male. Io che ti battezzai cosi, per essere condotto! Hai capito ora? Esseri superiori, tu e i tuoi fratelli (o sorelle che siano); male superiore, senza rispetto. Ti condannarono ad un esistenza prossima a quella umana, ma tu viaggiasti per queste vie, per questo paese di *** che luogo fisso non ha.

Sei diventato tutti loro, e loro hanno rotto i propri vasi, non esserne rattristato, ora vai. Conoscenza e Saggezza, Forza e Pietà, Bellezza, Gloria e Vittoria.

Cosi Malkhùt si alzò sulle gambe e ritorno nella propria abitazione. Si sveglio il giorno successivo e sali sul tetto della propria abitazione e vide un uomo ed un cammello moro, tre signori ed un mercante, un Vincitore ed un Vinto e due bellissime Donne.

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