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Omicidio colposo


ectobius

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Un foglio bianco ondeggia nell’aria Lento scivola su una scala aerea… oscilla come su gradini Uno di qua uno di là, e va a posarsi su un costato martoriato.

Si macchia… di rosso sangue.

L’autobus è fermo, vuoto di passeggeri: proveniva dal deposito diretto al capolinea.

Il conducente è sceso e se ne sta ritto immobile nell’incerta luce dell’alba resa più livida dalla poca neve sporca caduta nella notte Gli occhi sbarrati fissi al portone dell’elegante condominio dal cui balcone centrale pende un nastro bianco di lenzuola annodate che oscilla pigro sull’uscio chiuso appena mosso dalla lieve fredda brezza Pendolo di un tempo sospeso.

Un ladro?… in fuga?… Impossibile!…

Una improvvisa minaccia?

Più in là una donna stretta in un lungo logoro pastrano della Caritas Lineamenti inespressivi, fermi, che un giorno furono splendenti di bellezza Il volto pallido e magro come succhiato dall’amarezza. Le trovi sempre presenti queste vecchie bellezze, disunite e logore, sui luoghi del dolore.

A qualsiasi ora Cose abbandonate.

E anche, tra le presenze insignificanti, un uomo laggiù! Il figurante che cerca il pulsante della portineria.

Lo preme, infine, mentre scosta con l’altra mano il cordone di lenzuola bianche svolazzanti sul suo viso.

Nessun altro sul palcoscenico, oltre il morto foglio svolazzante e il conducente dell’autobus.

La portinaia si è affacciata al portone.

Lo conosceva appena, l’inquilino fuggiasco del primo piano che ha interrotto laggiù la sua pazza corsa in ciabatte nella neve.

Era ingegnere!

“Assurdo… e poi a quest’ora!… Un signore normale… Serio tranquillo educato… Salutava sempre!”.

È rientrata in portineria, la portinaia grassa, per telefonare alla polizia.

Si fanno avanti sulla scena tre uomini infreddoliti.

Uno con una borsa logora in similpelle da impiegato del catasto, apatico come fosse al suo sportello: deformazione professionale, ché un impiegato modello di uno sportello che si rispetti non deve lasciare spazio a emozioni, turbamenti, incazzature. Solo l’impassibile professionalità di una macchina impiegatizia!

Gli altri due hanno borse da supermercato, bianche di plastica. Borsine!

Gonfie della pausa pranzo.

Sono molto concentrati i tre. Hanno fretta d’andare a timbrare, ma della breve sosta non vogliono lasciarsi sfuggire nessun particolare. Vogliono guardare da vicino l’insolito cadavere, sui quaranta quarantacinque, che giace di traverso sulla strada Il volto pallidissimo e intatto Il costato schiacciato. Indossa un accappatoio di buona qualità; una ciabatta di pelle è lontana come un’orma nella neve; l’altra ciabatta gli è accanto; i piedi lividi.

Pur in queste condizioni si intuisce che appartiene ad una razza sconosciuta a quei tre, e avrà certamente avuto un buon motivo per morire.

Questo pensano.

Un motivo che quelli della propria razza nemmeno si sognano quando cadono da un’impalcatura, senza lenzuola e senza il tempo di un pensiero Abbandonata nella polvere la borsina di plastica della pausa pranzo che contiene pane, frittata di maccheroni avanzati dal giorno prima… vino, per il rito celebrato in solitudine nell’ora della pausa: un pezzo di pane a me e uno a te; una fetta di frittata di maccheroni avanzati a te… uno a me…

“Mangiate, questo è il mio corpo!”.

Un sorso di vino a te… e uno a me.

“Bevete, questo è il mio sangue!”.

E Amen!

“Ite Pausa Est!”… e si affrettano all’impalcatura.

E questo qui?

Non ha da donare né corpo né sangue Non a chi donarli.

La sua morte è immotivata!

Avrà avuto tempo per pensare… a lungo e profondo… una morte tutta sua, senza un colpevole!

Nessuno la raccoglierà questa morte.

Solo, col petto schiacciato.

Solo e privo di vita.

Se ne impossesseranno del suo corpo, ma non lo mangeranno Lo squarteranno per scoprire la causa della morte… bisogna sempre scoprirla, anche quando c’è evidenza.

Interessante!

Rottura dell’arteria aorta… Stop!

È in arrivo l’auto della polizia lampeggiante con sirena dal viale deserto.

Stridono i freni.

Sono in quattro; tre in divisa; uno in abito borghese, il commissario.

“Spenga quel maledetto motore… Non sente che puzzo?”, ha gridato, il commissario E tossisce con violenza e sputa in un fazzoletto.

Raccoglie dal costato ed esamina il foglio di carta senza alcun segno di scrittura Scritto di rosso sangue.

“Coprite questo disgraziato!”.

Lo agita eloquente, il foglio… spazientito fa il gesto come a pulirsene il ****.

“È senza importanza!… lo metta comunque agli atti! E chiami l’autorità giudiziaria.”

Poi, rivolto al conducente dell’autobus che è… come dire?… sotto shock!

“Lei si fermi qui… non si allontani!”

“Io sono innocente!”

“Aspetti a dirlo! Un uomo è morto!… e non si muore mai senza colpe!”.

“Ma…”

“Taccia… le conviene! In fragranza di reato potrei arrestarla… quantomeno per omicidio colposo!… Per ora sarà trattenuto!… Sotto inchiesta!… Cominci comunque a pensare ad un avvocato…”.

L’autorità giudiziaria tarda ad arrivare.

Il traffico si infittisce e rallenta per dar tempo ai trasportati delle auto mortifere, piene di fumo, di vedere la sagoma del morto sotto il lenzuolo.

Chiusi negli abitacoli si affannano a pulire con le mani i vetri appannati Occhi assonnati lacrimosi nel fumo Sfatti.

E finalmente arriva, l’autorità giudiziaria E c’è già un traffico intenso e l’aria è densa oleosa e fa tossire il commissario… e la tosse si accentua alla vista di quest’omino piccolo, occhialini rotondi con montatura in oro, borioso e di malumore per l’ora inopportuna.

“Scelgono sempre le ore meno comode!… ‘sti disgraziati!”.

Ha guardato il morto Poi lo sguardo è andato al portone.

Le lenzuola!

Ha considerato i disegni in gesso sull’asfalto.

L’autobus!

Ha capito tutto in un attimo ed ha concluso.

“Certo che se questo stronzo… se quest’autobus fosse arrivato con un minuto di anticipo o meglio di ritardo…”.

Ha firmato alcune carte… fumando lì in piedi. Il commissario tossisce ché il fumo della sigaretta dell’autorità lo insegue… come sempre.

A supporto della penna d’oro dell’autorità viene utilizzata la borsa del cancelliere Un ometto modesto sempre un passo indietro.

“Mi permetto di farle osservare…rispettosamente s’intende…che l’incidentato fuggiva… Era forse minacciato… ”, gli viene impedito con un gesto brusco di continuare.

“È solo uno squilibrato uno che fugge così!… Beh, cosa aspettate a sgomberare?”

E se ne va!

Il commissario è colto da un accesso di tosse violento dal timbro quasi asmatico.

Sussurra:

“Coglione!”.

Il carro dell’obitorio è già arrivato.

Messo in un sacco nero della spazzatura… lenzuolo e tutto… e via!

Via anche l’autista dell’autobus con l’auto della polizia.

Via l’autobus con conducente di ricambio.

Lo spettacolo è finito! Resta solo il festone delle lenzuola annodate come una decorazione.

E traffico bestiale.

Il commissario e due agenti si avviano verso il condominio

La portinaia chiede rude che venga eliminato quello sconcio in fretta… le lenzuola penzolanti annodate al balcone.

“È un condominio rispettabile questo Tutte persone a modo Rispettate e con un lavoro onesto… di prestigio… medici… ingegneri… Famiglie serene… Nessun drogato!”

E il festone della fuga è marchio ingiusto! Intollerabile

Il commissario ne conviene.

“Protrarremo al minimo il disagio… Certamente!… Colpevole… Indegno!… Ma io voglio scoprirlo l’altarino… Ah! Se lo scoprirò… Succedono di quelle cose nei quartieri alti!… Ci indichi l’appartamento di ‘sto disgraziato!”.

La porta dell’appartamento è chiusa Una porta di ottima fattura Lucida, e senza un graffio

Uno dei poliziotti propone di forzarla.

Il commissario.

“Coglione!… una bella porta così!... Il balcone è aperto, entreremo per di là!”.

Tenta di arrampicarsi alle lenzuola, il commissario… Non ce la fa!… Tossisce furiosamente.

“Se non fosse per questa dannata asma…”

L’insuccesso lo ha molto contrariato E tossisce ancora… Il timbro è asmatico.

Fallisce miseramente anche il tentativo, a turno, degli agli altri due, per quanto più giovani del commissario… e senza asma.

Si rincuora il commissario e comanda. Il tono è rude, come di chi ha riacquistato l’autorità messa inopinatamente a rischio da un’impresa impossibile alla sua età, in sovrappeso e con asma.

Ce le ha tutte le scuse buone!

“Telefoni ai pompieri!… Presto!”

L’appartamento è un monolocale, ed è in ordine.

Solo il letto è disfatto; la porta di ingresso è chiusa a chiave ed ha inserito il dispositivo di sicurezza, ma all’occhio esperto del commissario non sfugge una porticina camuffata, nascosta dietro un cassettone.

“Spostate quel cassettone!”.

Oltre la porticina una scaletta ripida e buia.

Una ventata di aria umida e ammuffita fa tossire violentemente il commissario.

“Con prudenza… CRAaK! CRAaK!, ‘sta tosse accidenti!… scendiamo con prudenza a controllare… CRAaK! CRAaK!, ‘sta tosse, accidenti!... chè qui potrebbe esserci la chiave di tutto”.

È la cantina!

Che puzza laggiù: carta igienica, spesso anche imbrattata… una bambola che mostra la paglia dalla pancia sventrata, guercia da un occhio e l’orbita vuota è un buco nero con un fondo di nulla… anche qualche topo in fuga… dei topi sono entrati nell’orbita e rodono… rodono… compiono un lavoro profondo… anelli di una catena sul pavimento, inerti… uno specchio infranto manda lampi della follia…

“Che schifo!”, e tossisce in modo preoccupante, il commissario.

Poi pensieroso, con un filo di voce:

“… che schifo!... ho le spalle piene di brividi… presto, risaliamo… qui c’è la merda…”.

Si riprende lentamente il commissario:

“Ecco!… L’avevo sospettato!... E’ evidente!… qualcuno lo minacciava… si è barricato ed è fuggito… si complica la faccenda… Altro che rispettabili!… Questi sporcaccioni!… Dal pianerottolo le minacce?... dalla cantina?... i topi… ah, se non ci fosse stato quel maledetto autobus… proprio in quel momento… a complicare l’indagine!… Ma scoprirò lo stesso lo sporco intrigo… a costo di installarmi qui… notte e giorno… non può aver ragione quel giudice coglione”.

A questo pensiero riprende a tossire.

Rimettono il cassettone contro la porticina, chiudono il balcone e pongono i sigilli.

Aprono la porta con la chiave che era nella toppa.

Escono sul pianerottolo… chiudono a chiave e pongono i sigilli.

Il processo al conducente dell’autobus viene celebrato con rito abbreviato.

Ha riconosciuto la colpa e si affida alla clemenza della corte.

L’accusa ha brevemente esposto i fatti.

“È appurato da scrupolosi calcoli che l’autobus è transitato sulla scena del delitto con ben un minuto di anticipo rispetto all’orario previsto… chiaro quindi che se fosse transitato in orario giusto non ci sarebbe stato l’omicidio… Chiaro anche che per arrivare in anticipo sono stati superati i limiti di velocità, ma forse non c’è stata volontarietà… Forse… ma colpa sì!: Imprudenza Imperizia Negligenza… omicidio colposo!”.

Scroscia un applauso dal pubblico.

Prima che la difesa prenda la parola, il Presidente invita l’avvocato ad essere conciso:

“… Guardi il mucchio di pratiche… etcetera!”.

“Signor Presidente, mi rendo conto di approfittare del suo tempo prezioso, ma nell’interesse del mio assistito dovrò essere preciso… fino allo scrupolo. Mi perdoni e non si spazientisca! Mi occorre un minimo di tempo… Parto direttamente dal nocciolo!… Se il mio cliente fosse giunto sul posto con qualche attimo di ritardo, le conseguenze sarebbero state ben più gravi, e, invece che il costato, sarebbero stati ridotto in poltiglia gli arti inferiori con esito probabilmente ugualmente letale, ma tra grandi sofferenze… o peggio avremmo avuto un invalido in carrozzella da mantenere per una vita… e non consideriamo le spese ospedaliere!… Che se poi il ritardo fosse stato appena più lungo, ci avrebbero pensato le ruote posteriori dell’autobus piuttosto che quelle anteriori!… Tutto evidenzia una fatalità… una necessità!”.

Il Presidente mena colpi terrificanti sulla cattedra col suo martello, ché dal pubblico si è levato un mormorio di disapprovazione… il pubblico esige un colpevole e una pena esemplare!

Il giudice presidente non si lascia comunque influenzare ed emette il suo verdetto.

Rivolgendosi all’avvocato della difesa

“Apprezzo le sue considerazioni, ma ritengo ad ogni modo il suo cliente colpevole di omicidio colposo, per quanto con attenuanti generiche… In nome, etcetera etcetera… si condanna l’imputato all’ammenda massima per l’eccesso di velocità ed alla sospensione della patente per mesi due. La condanna tiene conto delle agevolazioni derivanti dal rito abbreviato… Il caso è concluso!”.

Il pubblico rumoreggia… il Presidente mena colpi col martello.

Crucifige! Crucifige!

“Chi è senza peccato scagli la prima pietra!… Il caso è concluso!…Faccia sgomberare l’aula!”.

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