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In treno


ectobius

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In treno.

Recandomi alla toilette l’ho incrociato. All’ingresso della carrozza il ragazzo in jeans e fisarmonica Bello! Sedici anni… avrà avuto. Ha attaccato con “Besa me… besa me mucho…”. Sono commosso per la canzone… per il ragazzo… per il ricordo di un meraviglioso ribelle della mia infanzia che cantava sui treni e che morì poco più che ventenne nella legione straniera Pugnalato in una strada buia di Hanoi mentre cantava “O’ sole mio…”.

Non ho con me il portazecchini Gli darò dieci euro, tondi tondi, appena rientrato da aver evacuata la vescica e recuperato il portafogli dalla valigia. Ma si sono prolungati i tempi. Hai! La maledetta prostata!

Il ragazzo è già fuori Cessata la musica.

Lo cerco, il ragazzo Corro verso l’altra carrozza Dieci euro accartocciati in pugno.

Introvabile! il ragazzo.

Alcuni passeggeri commentano.

Li guardo negli occhi!... scuoto il capo in gesto inequivocabilmente eloquente di disapprovazione così E mi chiedono:

“Forse non le vanno bene i nostri commenti?”.

Non rispondo.

Loro continuano:

“Ma come permettono che salgano su un treno come questo?… Non ha mica pagato il biglietto quello lì!…”…

Mi scuoto e con calma azzardo:

“… cosa avrà racimolato?... al massimo per un panino… E come avrebbe potuto pagare il biglietto?... chiedere un mutuo, forse?…”.

Non gradiscono l’ironia:

“Questo non è neanche italiano!…”.

Ed è una signora dall’aspetto gentile che lo dice, e conclude:

“… e li picchiano anche questi ragazzi se a fine di giornata non hanno guadagnato abbastanza”.

E un altro.

“Come si può star tranquilli a lasciare le valigie nel bagagliaio se…?”.

Intervengo:

“È vita! questa... ed è complicata la vita!”.

Poi vorrei solo tacere, ché qui nessuno ha forza di convinzioni sufficiente per polemizzare.

Sì, nemmeno io.

Penso che qualche ragione questi qui… forse... anche…

Abbiamo tutti le nostre ragioni! E ragioni, forti, ce le hanno anche loro, questi poveri ragazzi così belli... Hanno le loro ragioni…tragiche!

Hanno imparato anche la lingua per meglio drogarsi col nostro benessere… innamorati di questo paese… dai racconti… perdutamente innamorati del paese esposto in vetrina... il paese dove non si fatica e sono tutti ben nutriti e lustri... dove anche gli animali mangiano bocconcini di carne ben condita che vi arriva il profumo di buono con la televisione fin nelle loro lontane baracche a tagliare il puzzo di cavolo stagnante… e sbavano alla vista dei succulenti bocconcini per gatti.

Di quella saliva che cola!

Come non avrebbero potuto?… innamorarsi E sono usciti di casa, si sono riversati tutti sulle coste del “Bengodi”… Gli albanesi, i neri, i gialli… donne incinta, vecchi, bambini e giovani forti e decisi… mandrie di gnu in migrazione. Accalcati su un gommone chi ce la fa ce la fa! E sempre qualcuno ci rimane lungo la strada e non arriva, né arriverà mai.

E per chi arriva almeno una ciotola di bocconcini per gatti? Macché! No! Brodaglia di cavoli sotto il muso a chi ce la fa ad arrivare ai verdi pascoli.

Si fa silenzio sul nostro viaggio comodo in eurostar… nessuno parla.

Io medito.

E poi c’è stata una fermata non prevista ed hanno avvertito i viaggiatori che la linea è interrotta Si prevede una lunga sosta.

Io:

“Mi è già capitato ancora… di solito si tratta di qualcuno finito sotto le rotaie”… provocatoriamente.

Interviene rude la signorina logorroica che già in precedenza si era dichiarata laureata:

“Il solito idiota che si butta sotto il treno… questo è oltraggio alla vita!”.

E hanno parlato un po’ fra di loro.

“… che modo barbaro di ammazzarsi!”.

Io non captavo tutto Ascoltavo distratto Ma quando poi hanno nominato un certo disgraziato di un medico del Veneto, Friuli o giù di lì che ha chiuso i manicomi… che non ricordavano il nome… Automaticamente ho suggerito:

“Basaglia!”.

Che espressioni!

“Ah i manicomi… quelli di una volta. Li hanno chiusi ed eccoci qua!”.

Lager per tutti, per tutti i diversi E il carcere o lager anche per il ragazzo bello di sedici anni!

La sua laurea!

Della laureata dichiaratasi così, “a schiovere” Che teneva banco l’orgogliosa impiegata, schiacciata su una sedia Lo si vede dal suo culone piatto .

Cosa può sapere questa qui di quanto dolore può contenere un fragile corpo umano? Questa qui?… e a che livello finisca col tracimare, il dolore?

“E’ il momento dell’intensità… ci si sfida a urli e pieno di vino fino al naso… Guai ai deboli allora! Chi è piccolo le prende. I cazzotti spiaccicano al muro tutto quello che non si può difendere e ribattere: bambini, cani o gatti”…

Chi ha scritto questo?

Non di certo un fesso!

Mi estraneo Guardo oltre il finestrino la nebbia Dieci euro stropicciati stretti nel pugno.

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Don Chisciotte?... o Alberto Sordi?

Alberto Sordi! Che poi mica è detto che fosse così Interpretava bene il personaggio, ergo... Eh, No! era un bravo professionista! Avrà fatto tanti soldi, ma non ha fatto figli per una vita di ***** Non glie l’hanno perdonato, il personaggio e il non aver seguito il precetto, lui che i figli avrebbe ben potuto mantenerli. E se ne andato quasi in sordina... Disprezzato come il personaggio... l’uomo: “Non mi piacciono gli Alberto Sordi!”. Un funerale con pochi applausi... vuoi mettere il funerale in morte di un cantante di canzonette... lungo che dura ancora. Un cantante di canzonette del quale non ricordo nemmeno più il nome, ma mi verrà in mente! Più o meno questo pensai allora dopo la morte del cantante, che per giorni si continuava a blablabla in memoria:

“Oh!… Ma non andremo mica ancora avanti co ‘sta solfa della morte di un cantante… Sessantatreenne, Sì!, che può essere anche considerata un’età precoce per morire… ma se la si paragona a……?”.

E la si menava così alla lunga in ragione del fatto che una volta aveva detto:

“La libertà è Partecipazione!”.

Una frase mica poi tanto profonda e che poi probabilmente glie l’aveva scritta qualcun’altro, la frase, e quel qualcuno altro l’aveva certamente sentita gridata ad ogni angolo di strada, ché così usava esprimersi a quei tempi.

Sì, ma… ‘sto cantante, si diceva, era, politicamente parlando, un anarchico! Sì, ma… e il povero Valpreda, allora? Anarchico anche lui, e lo avevano eletto il “mostro” di piazza Fontana. Che si fece anche il carcere? E, a proposito, sapete che è morto anche lui, il Valpreda?… Ah, non vi risulta?… No, dico sul serio!, è morto! Anche lui… chi non muore mai è il Pannella! Ed è morto anche Carmelo Bene…

“Oh! Ma non mi dire che è morto!”.

“Sì! È morto!... ma detto fra noi… chi era ‘sto Carmelo?... dal nome un siciliano di sicuro!”.

“BOH!”.

‘Sto anarchico, sembra sia stato un buon cantante di canzonette… a detta di chi se ne intende… e può bastare questo per un casino così in morte di un cantante di canzonette! E sì che basta! Tanto che le scene si ripetono ancora ora… strazianti e a raffiche… e ancora programmi TV ogni altra volta che muore un contante… Per dirne una: lucio dalla!

Certo ad una canzone, ad una voce... sì!, ad una canzone, ad una voce, possono andare a legarsi ricordi, commozioni Si possono provare nostalgie struggenti a riascoltare un motivetto… ma un casino così? ... ogni volta… ma non è un tantino eccessivo? … Esagerato addirittura… Forse addirittura kitsch!!

E ancora mi chiedevo già all’epoca: e quando morirà Michele Buongiorno?... ed infatti è morto! e gli hanno tributato funerali di stato con tanto di volo di frecce tricolori... e poi se lo son rubato anche putrefatto.

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“La macchina moderna è ogni giorno più complessa e l’uomo moderno ogni giorno più elementare”.

Aveva incominciato anche da subito a deportare, la locomotiva Già appena nata. Quando ancora esibiva fumaioli lunghi con fumo nero e denso e vagoni di legno delle tre classi al seguito E nei vagoni gelidi di legno grezzo della terza classe si ammassavano gli emigranti, sepolti sotto un’inverosimile montagna di miseri bagagli tenuti insieme non si sa come E il finestrino di un vagone di treno di terza classe misurava le distanze dell’abbandono. Gira in vortice la terra lacerata di vapori, e il fumo oscura lo schermo del finestrino come un sipario che, allo svanir del fumo, si riapre su una scena che è altra Sempre più estranea!… più fredda! Che non evoca, ma assorbe ed annulla i ricordi nell’angoscia e nella solitaria solitudine.

Stazione di Porta Nuova, Torino!

Annunciano gracchiando gli altoparlanti:

“IL TRENO… VIAGGIA CON UN’ORA DI RITARDO!”…

Rocchino!

La stanchezza lo appesantisce e cerca una panchina libera Una vera impresa a quest’ora che le panchine sono già quasi tutte trasformate in alcove di stracci.

È fortunato!… Si accomoda Si sdraia Già dorme.

Viene scosso!

Soprattutto la sua spalla destra viene scossa e qualcuno anche lo chiama per nome:

“Rocchì!… Rocchì!...”

Rocchino si sveglia da un incubo... apre gli occhi Chino su di lui il viso noto di Pasquale che è appena sceso dal treno in ritardo.

Gli scuote la spalla destra, lo desta:

“... E che, Rocchì, ti si’ addurmut’?”.

Si abbracciano.

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Si caricano dei bagagli e si avviano fuori dalla stazione.

Procedono fra monumentali edifici d’altra epoca e completamente anneriti di smog. Pasquale sente ancora angosciante la stretta al petto, quella stessa che aveva provata al momento del distacco dal paese… Rocchino cerca di mostrarsi emancipato… uomo di mondo.

Quella sporcizia… quella città color antracite... Pasquale non l’aveva immaginata così tetra la grande città! L’aveva pensata grandiosa, ordinata e pulita. Tanta spazzatura accumulata ad ogni angolo di questa città della ricchezza e del benessere… il miraggio della città che fu anche capitale e centro di civiltà andava precocemente svanendo La città che ora espone senza pudore le sue vergogna: desolati e vuoti gli edifici più prestigiosi già sedi di dispute eccelse e progetti grandiosi; piazze segnate da un intreccio di rotaie dei tram; parchi con alberi malati; cattedrali scrostate ed annerite; palazzi dagli alti tetti spioventi con abbaini polverosi, topaie in affitto ai migranti.

La nebbia sale dal suolo e ci si imbatte di tanto in tanto in figure spettrali imbottite di stracci Frugano nella spazzatura e qualcuno anche ti chiede del danaro.

Tutto avariato! La realtà del miraggio in realtà è un incubo.

Lentamente, si allontanano dal centro cittadino.

Nei sobborghi le case popolari, allineate, addossate… le facciate una fioritura di croste E ancora più in periferia, dal groviglio di case e capannoni, le ciminiere si innalzano ovunque ed imbrattano il cielo di una scura nuvolaglia giallastra. Ad ogni balcone e finestra, biancheria stesa di colore grigio.

Si respira a fatica un magma denso ed oleoso.

Si fermano su un piazzale vuoto, deserto e squallidamente illuminato da rari lampioni di luce gialla che fende la nebbia. In fondo al piazzale si eleva la facciata lunghissima di una grande industria con al centro, ben illuminato, un gran portale che dà in un cortile interno.

“Fermiamoci un momento!... Tra poco usciranno gli operai… C’è il cambio turno”.

Ed eccoli gli operai!

Raggruppati, in fila per tre nel cortile interno Poi… come ad un ordine… si muovono oltre il portale ordinati e coperti.

Al passo!

In divisa e su ogni casacca e cappello spiccano una scritta e un numero.

Sul piazzale si sciolgono le righe e gli operai rimangono per un po’ fermi, come disorientati prima di disperdersi.

Senza dir parola Rocco e Pasquale girano le spalle al piazzale dove ancora qualche operaio si guarda in giro “ ‘mbambalut’ ”.

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Vanno verso casa Rocco e Pasquale La squallida stanza in affitto oltre la ferrovia.

Si conoscono dalla nascita, se così si può dire.

Sono nati nella stessa “stretta”, in due case a faccia fronte, e sono cresciuti insieme nella stretta Forti e sempre in gioco, sorvegliati a vista dalle donne che anch’esse vivevano in allegra comunione all’aperto sulla soglia di casa A fianco, legato ad un anello al muro, il maiale, e tra i piedi le galline razzolanti con il nastrino d’appartenenza legato ad una zampa.

Erano stati re dei giochi di strada Arrampicatori di alberi altissimi a caccia di cardellini Ladri di frutta Scavezzacolli in gara a bordo di carrettini traballanti sulle ripide discese sconnesse Capibanda e attaccabrighe Maestri di “staccia” ricchi di bottoni formelle e cioccoloni.

E la loro stagione regale era finita! Pluf!!

Anche loro sono stati affidati alla locomotiva delle sorti magnifiche e... ché qui, in paese, ormai c’è solo la fame infinita.

Sono giunti al passaggio a livello.

Per un attimo i due amici riprovano il fascino di quel miscuglio di paura e piacere del vento e del risucchio del treno Dello spettacolo dei finestrini fuggitivi nel buio della notte I luminosi fotogrammi sfolgoranti di una pellicola accelerata.

Il passaggio a livello è chiuso, illuminato e scampanellante in attesa del rapido.

Persi nella notte.

E dalla sbarra a strisce bianche e rosse pendono i cartelli:

“Pericolo di morte!”.

Inciso nel metallo il teschio con le due tibie incrociate della bandiera dei pirati.

Rocco si è piegato ed è passato sotto le sbarre Pasquale lo segue senza parlare. Si dirigono alla cunetta dal forte familiare odore di piscio e carbone, di calce e catrame E nella cunetta aspettano accucciati, gli occhi fissi al lungo serpente di ferro sul quale, da ragazzi, avevano sognato avventure in città e paesi lontani.

Rocchino guarda l’orologio e si arrampica sulla bassa scarpata di pietre Si sdraia e pone l’orecchio sul binario, lo sguardo rivolto nella direzione opposta alla marcia del rapido.

“A guardare verso il treno sono tutti buoni!...”.

Attendono così ancora per un po’ E Pasquale è in ansia e ha gli occhi fissi nella direzione dell’arrivo del rapido.

Infine Pasquale lo scorge, il rapido che si avvicina veloce Due grandi occhi illuminati!

Rocchino se ne resta sdraiato, immobile e tranquillo, concentrato con l’orecchio sul ferro del binario.

Bello!

Muscoli tesi pronti al balzo

All’ultimo istante

Il rapido molto vicino

Si avvicina

Più veloce delle littorine!

È un attimo.

L’ansia di Pasquale cresce, tracima incontrollata.

Pasquale urla:

“ROCCHÌÌÌÌÌÌÌÌÌÌÌ!… ATTIENT!!!”.

Ma il corpo di Rocchino già rotola giù dalla scarpata senza la testa e come una bizzarra bomboletta a spruzzo disegna sulle pietre bianche un inquietante luminoso murales rosso vermiglio.

È SUICIDATO!

E infatti ecco qua… il traffico fermo su tutta la linea.

“I treni son fatti per la notte e la rovina.

Noi per la canzone, e per il peccato”

“Tossischino! Scaràcchino! Si disossino! Si sderedanino!

Se ne volin via con trentamila scoregge nel codione!

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