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La nostra storia...


Kordian

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Il kender corse avanti rispetto agli altri. Principalmente perchè era curioso.

Ed inoltre aveva sognato quella nave durante la notte.... aveva dormito più del solito, rispetto alle notti precedenti. Ma questo forse era dovuto al fatto che gli altri non avevano voluto stare ad ascoltare quello che aveva da dire.

Chissà poi perchè, si chiese il kender.

Ma l'idea che potessero essere stanchi non lo sfiorò neppure. Semplicemente volò correndo verso la nave, sicuro che fosse quella giusta.

Il nome, dipinto sulla fiancata in una strana scritta attorcigliata, non lasciava adito a dubbio alcuno: Manto di Luce.

Garfuss guardò verso l'alto sull'albero dove alcuni marinai stavano accuratamente piegando le vele nel riflesso delle prime ore del giorno... e capì perchè la nave avesse dovuto chiamarsi in quel modo. Le vele, per quanto piegate avevano come un colore strano, sfolgorante sotto il diretto contatto col sole... forse avrebbero avuto un riflesso abbacinante quando spiegate al vento in alto mare.

Strano, questa era una cosa che non aveva sognato quella notte...

Ma il sogno che aveva fatto più che essere accentrato sulla nave in sè probabilmente era riferito al fatto che lui stava correndo sul ponte, inseguito da mezza ciurma.

Chissà poi perchè doveva fare sempre quei sogni agitati...

Quasi inosservato Garfuss mise piede sul ponte e per prima cosa notò il timone della nave dai pomoli luccicanti in argento... chissà se fosse riuscito a spostare quell'enorme ruota?

Sempre inosservato il kender salì una rampa di scale, diretto verso un grosso sestante. Chissà poi perchè nel sogno lo avevano inseguito; proprio lui che era una persona così civile!

Con le mani sollevò il sestante dal ripiano dove era appoggiato... chissà perchè lo avevano lasciato lì, alla portata di chiunque dove avrebbe potuto rovinarsi. E soprattutto chissà se quello stupendo oggetto stava dentro la sua borsa, così avrebbe potuto restituirlo al comandante quando lo avesse trovato. Perchè sicuramente il capitano doveva esserselo dimenticato, non c'era altra spiegazione.

Velocemente il kender inserì il sestante nella borsa che portava con sè.

Ma questa volta passò quasi inosservato...

-Ehm, Ehm!!- esclamò qualcuno dietro di lui.

Era il capitano.

Joram puoi continuare tu con la descrizione, io riporto su il topic per continuare :wink:

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uhm..ok..io te le posso anche inviare via mp, se ci stanno visto che sono 6 pagine word :shock: (e devo ancora finire bene..cmq intanto quelle dovrebbero bastare.E riassumerò ke cosi è stracciata). Cmq al max te la divido in più mp, ma devi aspettare stasera ke è tutto a casa..i personaggi però dovranno scoprire il tutto in "gioco" ;)

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uhm..ok..io te le posso anche inviare via mp, se ci stanno visto che sono 6 pagine word :shock: (e devo ancora finire bene..cmq intanto quelle dovrebbero bastare.E riassumerò ke cosi è stracciata). Cmq al max te la divido in più mp, ma devi aspettare stasera ke è tutto a casa..i personaggi però dovranno scoprire il tutto in "gioco" ;)

Tranquillo, non rivelerò niente a nessuno, ma mi serve per vedere se è possibile incastrare il tutto in un colpo di scena che ho in mente.

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-Fossi in te piccolo kender, rimetterei quel sestante esattamente dove l'hai trovato!- la voce del capitano del Manto di Luce era chiara, secca e gli occhi limpidi e freddi, nonostante il sorriso stampato sul volto.

Nell'insieme era decisamente minaccioso.

Garfuss fece come un sobbalzo, poi però si riprese: -Ecco, veramente. Stavo per restituirlo. E' il suo no? No, perchè pensavo... chi mai potrebbe lasciare un oggetto del genere in bella vista sul ponte di una nave. Perchè questa è una nave no? Sa che io non ne ho mai vista una?- il kender salì verso il capitano, sul cassero, tirando fuori il sestante dalla borsa mentre parlava.

-Era questo no?- gli domandò, tirando fuori una replica esatta del sestante che aveva appena insaccato alcuni istanti prima, ma di colore diverso... leggermente brunito e rovinato.

Il capitano, leggermente spaesato, strabuzzò gli occhi:

-Cosa hai fatto al mio...-

Garfuss lo interruppe: -Ah, no, mi dispiace mi sono sbagliato, non è questo... ma allora ne avevo un'altro qui dentro. Prima o poi dovrei decidermi a fare un'inventario...- e dicendo questo prese a svuotare la sua sacca ai piedi del capitano, cominciando ad affiancare un bel po' di oggetti sull'impiantito del cassero.

Il capitano continuò ad osservarlo, sempre più sorpreso, la tinta del volto però che virava decisamente sul paonazzo.

Un attimo prima che esplodesse Garfuss estrasse il sestante, appena appena impolverato, visto che era a contatto con un sacchetto contenente una strana polvere. Uno scarpone, una bussola, diversi anelli, sacchettini di spezie o borsellini e perfino una piccola sfera nera come l'ebano erano già ammassati attorno ai piedi del capitano del Manto di Luce.

-Dammi qua, razza di..- esclamò il capitano, strappando di mano al kender il sestante, con un movimento un po' troppo brusco.

Troppo brusco.

Involontariamente urtò la piccola sfera nera che cominciò a rotolare sul cassero e di qui cadde con tonfi sordi sugli scalini di accesso al cassero. Garfuss si girò e cominciò a correrle dietro.

Ariaston e Perenor, ormai sulla passerella che conduceva sul ponte osservavano la scena con terrore... qualcosa non tornava in quella piccola sfera. Ricordava loro qualcosa.

I marinai sul ponte e sull'albero ridacchiavano, evidentemente sorpresi dalla piccola scena che aveva avuto luogo. La sfera rotolò poco lontano dalle murate...Garfuss la afferrò appena in tempo.

-Allora che facciamo?- mormorò Aixela che era sopraggiunta con gli altri alle spalle di Perenor ed Ariaston.

Perenor guardò il capitano: era sceso dal cassero e si era avviato verso di loro.

-Buongiorno stranieri. Il mio nome è Paltron e sono il capitano di questa nave... desiderate qualcosa? Ovviamente non appena mi sarò liberato di questo piccolo insignificante impiccio..- e così dicendo scoccò un'occhiata velenosa in direzione del kender il quale stava allegramente intrattenendo alcuni marinai con i suoi racconti.

Perenor gli sorrise: -Certo. Potremmo metterci d'accordo su come liberarla dalla presenza del kender... anche perchè suppongo che le sarà difficile liberarsene senza il nostro aiuto!- e dicendo questo sollevò lo sguardo verso l'alto.

Paltron lo guardò astutamente, ma senza capire del tutto, allora con espressione corrucciata si girò e guardò nella stessa direzione del giovane chierico.

Garfuss era salito lestamente sulla sommità dell'albero maestro..

-Iuuuhhuuu che bello da quassù! Spero che il viaggio sia lungooooooo!!!!- urlò Garfuss, la voce leggermente distorta, forse dal fatto che stava in bilico tra la vedetta e le funi appena allacciate alla sommità delle vele...

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Otto son uno, come l'albero e le radici.

L'Ombra nella notte, viva come la foresta in fiore, cerca la sfida e soffre il passato.

L'Esulo della terra, come la terra è più forte nel profondo, e guarda la strada.

Il viaggiatore mai stanco, come il vento del tempo, porta notizia e scompiglio.

L'Angelo e Il Guardiano, il sereno e la tempesta, fendono l'aria ma si racchiudono nel seme.

La Sfera di Cristallo, calma come il mare, ma solo se il vento tace.

L'Astuto, forte come una roccia, ma in balia della montagna.

Il Seguace, novizio della vita, ora di nuovo trova la sua fede e cura il futuro.

Al calare dell'ombra e al tornare del vento nero, solo chi combatte cambia gli eventi. Vostra è la scelta, vostro il creato.

Ancora queste parole nella mente di Aixela, mentre il mare scorreva sotto di lei, ribollente di schiuma bianca. La nave era partita. Non era la prima volta che Paltron seguiva questa rotta e, come aveva detto lui stesso, “spero vivamente che non sarà l’ultima”. Lui ed il suo equipaggio dovevano portare un carico oltre l’isola dove era situata Merenil, quindi li avrebbero lasciati lì e sarebbero ripassati a prenderli dopo 10 giorni. Se avessero perso la nave, avrebbero dovuto aspettare un altro carico verso la lontana città di Port Warley, un carico che veniva trasportato una volta al mese, circa. Il solo pensiero di dover rimanere per più di un mese in quel luogo fece rabbrividire Aixela.

Cercò di non pensarci e tornò con la mente alle parole della profezia. Raccontava di otto persone ed invece ora erano solo sette: Ariaston, Sturmir, Garfuss, Alathariel, Perenor, Lirian… e lei. Mancava l’Astuto. Pensavano si riferisse a Artemis, invece evidentemente era sbagliato. Come era sbagliato pensare che il Guardiano fosse Trebor, caduto sotto i colpi di quel kyton. Invece il Guardiano era lei stessa e Lirian il suo Angelo.

Si girò verso il ponte della nave e vide i marinai indaffarati con vele e corde, mentre tra di loro il kender correva incuriosito, a volte inseguito da uomini inferociti, altre da Sturmir che si chiedeva sempre come mai lo dovessero portare dietro a loro. Aixela si scoprì a sorridere nel vedere la scena del nano che prendeva il kender per la schiena e lo trascinava tra i suoi lamenti in sottocoperta.

Con la code dell’occhio vide Perenor che discuteva con Paltron. Sembrava parlassero del modo migliore per arrivare all’isola. Il capitano non voleva avvicinarsi troppo, quindi li avrebbe fatti scendere tutti e sette a largo, facendo loro raggiungere l’isola con una scialuppa. Perenor sembrava d’accordo, ma chiedeva se potevano lasciare a bordo la piccola elfa, una richiesta che l’uomo si affrettò a rifiutare: non gli piaceva l’idea di avere una bimba, oltretutto molto strana, a bordo. Portare una donna su una nave significava sfortuna… e lui già si riteneva molto magnanimo ad averne ospitate tre.

Aixela sospirò. Le dispiaceva mettere in gioco la vita della piccola elfa ed una parte di lei voleva veramente che le venisse risparmiato un altro viaggio pericoloso, ma il suo istinto le diceva che lei era fondamentale in questa ricerca. Aveva troppe cose che combaciavano con lei, oltre i tatuaggi, ed era l’unica che poteva attingere alla sua fonte di magia. L’unica insieme a Lirian. Entrambe con tatuaggi simili ai suoi.

L’Angelo, il Guardiano e la Sfera di Cristallo.

Forse tutto questo aveva un significato, ma non riusciva a capirlo. Avevano affrontato demoni, erano stati teleportati in un altro piano da cui poi erano usciti. Ma era tutto finito, tutto risolto. Perché mai ora stavano dirigendosi verso quell’isola e quella città maledette? Per trovare delle risposte? Ma delle risposte a cosa? Potevano anche andare al Diavolo tutte quelle profezie e quei libri incomprensibili! Aveva perso il suo Trebor ed ora voleva solo starsene tranquilla. Magari avrebbe preso una casa con la sua Lirian, adottando la piccola Alathariel. Avrebbero aperto una locanda, coltivato la terra, allevato animali. Avrebbero vissuto in pace, privi di quelle preoccupazioni e di quelle afflizioni che le hanno perseguitate fino a quel momento.

Aixela abbassò gli occhi verso la spada. La accarezzò come se fosse un gatto, magari immaginando anche delle fusa dal quel pezzo di metallo. La sfoderò ed il sole la colpì, riflettendo raggi iridati dalla sua lama e facendole capire che non sarebbe riuscita a restare ferma, ma che la sua natura l’avrebbe portata sempre alla ricerca di avventure ed emozioni.

Rinfoderò la spada e sorrise.

Ancora pochi giorni di viaggio ed avrebbero visto finalmente Merenil e forse avrebbero risolto il mistero della profezia e del libro.

Si toccò il tatuaggio sulla spalla.

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Le onde.

L'elfo ora si sentiva stranamente a suo agio.

Appena erano salpati si era sentito instabile, troppo in balia di qualcosa che non controllava minimamente.

Le prime onde, e i primi colpi di vento avevano fatto dondolare lentamente la nave, e la sensazione si insicurezza, di non controllo si era insinuata in lui; aveva visto la terra allontanarsi dalle sponde della nave, e all'improvviso si era reso conto in pieno che la vita di tutti loro era nella mani di quell'uomo.

Non che non si fidasse della sua abilità, anzi, era convinto che quel capitano fosse un uomo valente e conscio di ciò che faceva. Ma non gli era mai piaciuto affidare la propria sorte a qualcun altro, neanche per un istante.

Allora si era avvicinato all'albero maestro, appoggiandoci una mano come a cercare un punto fermo, non trovandolo. Dondolava anch'esso, incerto e forse insicuro nella forza del mare. Il kender di lissù urlava circa la bellezza del mare e la sua vastità, assolutamente incurante del volo che avrebbe potuto fare. I suoi occhi vedevano solamente qualcosa di cosi grande che avrebbe potuto descrivere con quelle parole che tanto amava per tantissimo tempo.

Paltron si era avvicinato all'elfo, osservandolo. La mano di Ariaston era sempre istintivamente molto vicina al bianco pugnale che teneva nella tasca interna del mantello, invisibile agli occhi dei più; il capitano aveva fatto deporre le loro armi nelle stanze, pregandoli di non girare armati per la nave, per non suscitare tensioni, ma Ariaston non si separava mai dalla sua arma.

Troppo ricordi e cose importanti erano legate ad esso!

Quando lo vide avvicinarsi l'elfo allontanò il palmo della mano dall'impugnatura dell'arma, per non suscitare sospetti; l'uomo appoggiò anch'esso la mano all'albero maestro.

Assunse un aria concentrata, come in ascolto di parole che solo lui poteva sentire.

"Si, lo so. Anche io la prima volta ebbi una reazione simile." Cominciò, parlando come a se stesso e all'elfo contemporaneamente, e forse anche al legno su cui poggiava.

"Salii sulla prima nave 15 anni fa, per attraversare il mare con mio padre, partendo da Port Warley. Lui ora è tornato li, per finire i suoi anni in pace.

Salii con lui, che mi rassicurava sulla solidità della nave, nonostante gli leggessi negli occhi che aveva più paura di me. Non mi fidavo della barca, e dell'apparente solidità che dimostrava.

Conoscevo anche troppo bene le storie di navi robustissime distrutte dalla forza indomita del mare!

Ma salii lo stesso, e appena partimmo mi sedetti nel pontile, attaccato ad un parapetto per muovermi il meno possibile.

Rimasi li, mangiai li, e rimasi fermo per tre giorni, troppo spaventato dell'idea di muovermi." Sorrise, assorto nei suoi pensieri, nostalgico.

"Poi la sera del terzo giorno venne un temporale; tutto l'equipaggio si agitava, all'opera, per resistere al meglio al fortunale.

Fu tremendo!

Sembrava che la forza di tutto il mare si stesse scatenando contro noi, per abbatterci; ora so che era solo un temporale, robusto, ma un temporale, ma allora credetti che fossimo destinati a morire sotto i colpi d'ascia del Dio Tempesta.

Non so cosa mi successe, ma a stare attaccato a quel legno per tre giorni e a percepirne lo sforzo nel solcare le onde, me ne ero affezionato.

Avevo imparato a prevedere i movimenti e i rumori di quelle travi abbastanza bene, ascoltando le vibrazioni che le percorrevano e percorrevano anche me. Lo sentivo vicino.

Mi alzai in piedi, e corsi verso l'albero maestro.

Tutte le vele erano già state ammainate, per non farle distruggere dal vento e per non offrire il fianco al vento, e io mi arrampicai velocemente per i primi tre metri di quel legno lisco e solido.

Rimasi li per tutta la tempesta, con mio padre che mi urlava di scendere, mentre io ascoltavo solo il rumore del vento nelle orecchie e l'acqua che scrosciava sul mio petto esposto al nemico fortunale."

Si spostò, scostando la mano dal tronco, e si mise a fianco dell'elfo. Sospirò lievemente, e guardo il guerriero.

"Quando arrivai al porto iniziai a lavorare in una nave, raccolsi soldi, e diventai quello che sono ora. Capitano.

Impara a conoscere la nave su cui sei, e non ti farà più paura.

Il mare non bisogna dominarlo, sarebbe da pazzi pensarlo."

Fece un passo avanti, e urlò a tutti, con voce tonante:

"Il mare è come una donna; va amata, assecondata, coccolata, ed infine, quando meno se lo aspetta, FOTTUTAAAAAA"!

Una risata si levò fragorosa da tutto l'equipaggio, dopo che aveva fatto da coro al suo capitano.

Ariaston sorrise a sua volta, e si allontanò da lui con uno sguardo grato.

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