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Capitolo Cinque - Una nuova speranza (di distruzione)
Hell'Vizz Onorato di essere stato contattato da Tharzidun in persona mi avvicino al curioso gruppo. Nell'ultimo periodo ho seguito da vicino la vicenda, come un reporter infilandomi qua in ogni anfratto e la per origliare e annotare le gesta del manipolo goblinoide. Abbasso gli occhiali da sole rubati tempi orsono a un bellimbusto di paese, insieme alla giacchetta in pelle nera. Estraggo il pettine dal taschino sistemando il ciuffo con uno sputo scatarroso come gellificante. Accendo una sigaretta e mi preparo emozionato come una groupie a fare il mio ingresso. Ehmmm... scusate. Abbiamo vissuto per anni qui a Boggerton ma non ci siamo mai conosciuti bene... Hell'Vizz, cronista canoro ufficiale del nostro supremo... al vostro servizio... Poi afferro la mia chitarrina e con un'illusione minore faccio cominciare un assolo di tromba e comincio la mia esibizione: https://www.mureka.ai/it/song-detail/Fo36GJxGxDvndpbgKc2rFN?is_from_share=1 Ecco... E'un piacere. Dico, sfoggiando il mio sorriso giallastro
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Obelisco di Dra'Kar GLORIA A VOI CHE AVETE ROTTO LE MIE CATENE Voci stratificate parlano come un coro antico: PERCHÉ MI AVETE LIBERATO, IO VI DONO LA VERITÀ. La palude trema. Una fenditura di luce viola lacera il cielo per chilometri. Mahrh sente nel profondo qualcosa che riconosce. Non nella memoria… nella carne. Il SIMBOLO del Senza Nome, quello che ha tracciato su Burt, ora brucia come una marca divina. La figura sorride — o almeno, piega il volto in un’imitazione di sorriso. La voce cala. Le ombre dell’intera palude si ritraggono, come se temessero ciò che sta per essere pronunciato. IO NON SONO SENZA NOME. IL MIO NOME È THARIZDUN. Il nome del Dio Incatenato. Il creatore dell’Occhio Ametista. Colui dell'Eterna Oscurità. DA OGGI… NON SIETE PIÙ FEDELI. Solleva una mano. La vostra pelle si accappona. SIETE PROFETI. A PARTIRE DA QUESTO SIMULACRO, BURT, CHE HA CONCESSO LA SUA VITA PER CONFERIRMI UN CORPO. MAHRH, MIO PRIMO ED ETERNO SACERDOTE, ACQUISIRAI POTERI CHE NEMMENO PUOI IMMAGINARE. SKUNK E GOBBLA, SARETE I MIEI OCCHI E LE MIE ORECCHIE. DUARK GUIDERA' IL VESSILLO DEL MIO ESERCITO, E DONKEY OTTERRA' ENORMI RICCHEZZE. LA PAZZIA DILAGHERA' NEL MONDO... E VOI SARETE I MIEI PIU' ALTI DISCEPOLI... IL MONDO NON SA CIO' CHE STA PER ARRIVARE. …e mentre l’eco della voce del dio proibito svanisce nella palude come un rintocco che non vuole morire, l’aria sembra più densa, le radici tremano, la luce viola dell'obelisco pulsa. E sentite dentro di voi un potere crescere, consapevoli che ora è tutto nelle vostre mani...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Obelisco di Dra'Kar Il cielo sopra l’Obelisco ribolle come pece in tempesta. L’altare vibra. Le Lacrime di Caos tremano. Le ombre risalgono lungo le vostre schiene come dita fredde. Dra’Kar, ormai più spettro che gigante, si torce in un rantolo che sembra un lamento e una minaccia insieme. Prima di stendersi sull’altare, Burt si volta nuovamente verso il mostro. La mano si alza. L’aria intorno a lui diventa incandescente. E ancora una volta re raggi di fuoco schizzano fuori come fruste di luce. Un braccio d’ombra di Dra’Kar si dissolve all’istante, sgretolato in cenere nera che il vento trascina via. Skunk, con il volto deformato dalla rabbia e dal terrore per aver visto Gobbla quasi inghiottito dalle tenebre, tende l’arco. Ma le mani tremano. L’agitazione spezza la mira. La freccia si conficca nel terreno, ancora vibrante. Anche Gobbla, terrorizzato, ringhia… ma non attacca. Tuttavia, da bravo assassino, Donkey sfrutta questo momento di disattenzione e dolore del mostro, emergendo dal buio con una capovolta impossibile. Proprio mentre sta per colpire, Dra’Kar libera un’ondata di ombre, un’esplosione circolare che scaglierebbe chiunque a terra. Chiunque… tranne Donkey. Lui ruota in aria, passa attraverso l’onda oscura come un ago tra i tessuti e atterra alle spalle del mostro. Le lame affondano e dal collo fuoriesce un rigurgito ombroso. Accecato dalla furia, Dra’Kar si scaglia su Donkey che lo ha appena ferito. Il primo colpo viene egregiamente evitato, il secondo, invece, . afferra Donkey per la gola. Lo solleva da terra. Stringe. Il piccolo goblin si contorce, graffiando la carne fatta d’ombra. BASTA! BASTA! PIEGATEVI AL VOLERE DELLE OMBRE! Le ombre emergono dalla pelle di Dra'Kar, entrando negli occhi e nella bocca di Donkey. Duark avanza, gli occhi illuminati da una luce psichica innaturale. La sua lama brilla di potere mentale e trafigge Dra'Kar, che inizia a liquefarsi in una serie di ombre in movimento. Un secondo colpo prova a seguirlo, ma l’entità riesce a deviare in un qualche modo il fendente con un braccio tremolante e deformato. Tuttavia, a ogni azione corrisponde una reazione. Il corpo di Donkey, ancora in volo, sembra essere scosso dal danno subito dal mostro. Le ombre penetrano nella sua carne, e il goblin collassa esanime, corrotto dall'oscurità che se lo mangia da dentro. All’altare, Mahrh completa l’ultimo verso della liturgia. Il corpo di Burt si irrigidisce, poi si rilassa, le sue braccia cadono lungo i fianchi, quasi in parallelismo con Donkey. il teschio di Malakar al centro dell’altare, in posizione verticale, le tre Lacrime in triangolo attorno al cranio, il sacrificio di Burt. Dra'Kar ormai cede, crollando a terra per il colpo inflitto da Duark, con il corpo di Donkey che cade insieme a lui. Vi guardate attorno, ma la battaglia non è finita. Vi siete concentrati sul combattimento, ma non vi siete accorti che attorno a voi un centinaio di ombre vi circonda minacciosa, e ora che il loro capo è morto, è giunto il momento della vendetta. L'obelisco pulsa con energia sempre più forte, Violaceo, il tempo si ferma per un attimo, fino a che un fortissimo tuono purpureo si scaglia direttamente sul corpo di Burt, in un'esplosione che fa cadere a terra Mahrh e che risuona per tutta la palude. Per un secondo vi guardate attorno confusi. Poi, dall'altare, una figura si alza, avvolta dalla stessa luce violacea. Il volto è quello di Burt, certo, ma gli occhi, quelli sono un void viola inconfondibile. Il Senza Nome. Burt è diventato un simulacro vivente. Le ombre nell’aria sussultano. Per la prima volta… hanno paura. Burt alza la mano. Non c’è gesto, non c’è parola, non c’è rumore. E le nubi sopra di voi, nere e dense come catrame, si aprono. Le ombre urlano, si contorcono, si disintegrano, e lo stesso cadavere di Dra'Kar viene corroso dalla luce violacea che filtra tra le nubi. Con un cenno della mano, Donkey riprende a respirare, shockato, osserva il suo vecchio amico. La radura torna silenziosa. Il Senza Nome — o ciò che resta di Burt — vi osserva senza occhi. La voce che esce dal suo corpo non è fatta di parole. È un ricordo di suoni, una vibrazione primordiale che vi perfora le ossa e fa tremare il midollo. GRAZIE, MIEI FEDELI PASDARAN... GLORIA A VOI.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Obelisco di Dra'Kar L’obelisco vibra, sempre più forte. Le ombre si torcono come serpenti, i sussurri diventano gemiti e Dra’Kar, l’ombra che un tempo era un gigante, si prepara a scatenarsi ancora… ma i Pasdaran non mollano. In attesa del rituale, Burt stringe i denti, le lacrime di caos davanti a lui pulsano, e la luce violacea dell’altare gli illumina il volto in un modo inquietante. Poi alza il braccio. Le sue dita si aprono. Tre raggi incandescenti esplodono dalla sua mano, fendono il velo d’ombra che avvolge la radura, illuminando per un istante il corpo di Dra’Kar, che reagisce coprendosi il volto, quasi spaventato dalla luce. Tutti e tre impattano sul torso dell’entità: l’oscurità schizza via come cera nera bruciata. Dra’Kar indietreggia di mezzo passo. Procede Skunk tendendo l’arco con la concentrazione del cacciatore. Gobbla, ringhiando come un demone in miniatura, scatta in avanti pronto a mordere l’ombra. Sfortunatamente, il terreno attorno a Dra’Kar si deforma, si incurva, come se lo spazio stesso lo proteggesse: Gobbla manca il bersaglio e scivola oltre, le zampette che calpestano fango e ombra; la freccia di Skunk devia a metà strada, come se un'ombra ne avesse modificato la traiettoria. Sotto l’altare, le rune cominciano a brillare. Le tre Lacrime di Caos pulsano come cuori non sincronizzati, ognuna emanando un’energia diversa: una calda e distorta, una gelida e innaturale, una vibrante e irrequieta. Mahrh, respirando a fatica, alza le mani e intona la preghiera. Per un istante, l’obelisco risponde con un ruggito come pietra che si spacca. Con un gesto rapido Mahrh lancia Immagine Speculare, cercando di proteggersi. Poi continua il rituale. Ed è allora che lo sente. Il potere dell’Anonimo non è una voce, non è un calore, non è una visione. È un vuoto che si spalanca nel centro del petto. Un silenzio che pulsa come un cuore nero. Le Lacrime attorno a Burt vibrano, attirate da lui. Il Teschio di Malakar si inclina verso il giovane goblin, come un animale che sente l’odore di un nuovo padrone. Dra'Kar sembra essersi distratto, osservando l'altare e bestemmiando contro le tre copie di Mahrh, cercando di colpirne una, ma fallendo miseramente. Adirato, si dirige verso gobbla, scagliandosi con una profonda ira contro la bestia, ma la stessa deformazione che aveva permesso di evitare il colpo in precedenza gli si ritorce contro, rendendo il colpo inefficace e permettendo a Gobbla di fuggire. Nel frattempo, approfittando della disattenzione del quasi semidio, dal buio dietro Dra’Kar, Donkey riappare come un sussurro assassino. Le sue due lame scendono precise: una alla base del cranio, l’altra nel fianco, colpendo entrambe in punti che dovrebbero essere vitali. Eppure la resistenza è sempre la stessa: sembra di affondare le armi nel fango freddo. La lama passa, ferisce, ma… non abbastanza. E l’ombra si richiude subito, come carne che rifiuta la guarigione ma non teme la ferita. Donkey scompare di nuovo. Ansante, ancora con il marchio dell’ultimo colpo sul petto, Duark stringe l’elsa del suo stocco. Una luce psionica, fredda, si accende sotto la sua pelle. Con un ringhio, richiama a sé le sue ultime forze e poi attacca. Il primo affondo è perfetto: la lama brilla di luce mentale, e quando penetra nel corpo ombroso di Dra’Kar, l’oscurità esplode in una raffica di schegge liquide. Il colpo è devastante. Dra’Kar grida, e per un momento una delle sue ombre si ripiega su sé stessa come un’ala spezzata. VOI NON… POTETE… Ma Duark non ha finito. Urla, si lancia di nuovo, sfonda l’aria ma il secondo affondo manca di un soffio, mentre l'abominio ridacchia davanti a voi, seppur gravemente danneggiato... danni dra'kar -50 PF duark -14 PF
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Il gigante, ormai divenuto incarnazione di Dra’Kar, muove i primi passi: ogni volta che il piede colpisce la terra, il terreno si increspa come acqua, e l’obelisco alle vostre spalle risponde con un brivido sinistro. Dalle ombre di un cumulo di pietra, Donkey emerge con la rapidità di un predatore. Le sue lame scintillano appena, un riflesso fugace di luce sull’acciaio. Il primo colpo, la spada corta, affonda nella carne, e la seconda lama segue subito, colpendo con precisione chirurgica, rivelando sotto di essa una sostanza scura e ribollente. Il colpo tuttavia non sembra andato a segno come al solito, incontrando una strana resistenza. Un grido profondo scuote l’aria, e Donkey, fedele alla sua natura, scompare di nuovo tra le tenebre che circondano il campo di battaglia. Mahrh alza lo sguardo verso il cielo e, mentre le ombre vorticanti si stringono come spettri affamati, invoca il Senza Nome. La voce si fa roca, gutturale, satura di riverenza e paura. Una luce violacea avvolge i Pasdaran: la Benedizione si riversa su di loro come un velo sacro. Poi Mahrh si sposta dietro l’altare di pietra usandolo come riparo. Duark non aspetta oltre. L’eco della benedizione gli scorre nelle vene, una forza fredda e precisa come il metallo. Con un urlo che vibra più di rabbia che di fede, Duark si lancia all’attacco. La lama colpisce una prima volta, e pur affondando, sembra scivolare contro una resistenza innaturale come se la carne di Dra’Kar non fosse davvero materia, ma fumo solido. Il mostro, scosso, piega il capo di lato con un ringhio sordo, il volto si deforma in un ghigno. BLASFEMI… OSATE FERIRE UN SEMIDIO? Dra’Kar alza i cinque arti, mostruosamente allungati e si abbatte su di voi. Il primo colpo manca Duark per un soffio, sollevando schizzi di fango che gli sferzano il volto. Il secondo invece va a segno. Una delle braccia lo trafigge sulla spalla e lo sbatte a terra con una forza disumana: la pelle brucia dove l’ombra lo tocca, come se l’oscurità stessa volesse strappargli l’anima. Skunk reagisce, prendendo la mira sul nemico. Le vostre ombre si contorcono attorno a voi, vive, pronte a divincolarsi e colpire. Le lacrime di caos sull’altare pulsano più forte, reagendo alla presenza di Dra’Kar come se la magia dell’Anonimo e quella dello Shadowfell si riconoscessero, e stessero iniziando a scontrarsi. DATEMI. DATEMI QUEGLI ARTEFATTI. Danni dra'kar -17 PF duark -14 PF
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Obelisco di Dra'Kar Burt si avvicina al tabernacolo, accompagnato da Mahrh, che estrae tutti gli oggetti dalla bisaccia. L’altare vibra come un tamburo di pietra viva. Le Lacrime di Caos tremano... Il cielo sopra l’Obelisco è ancora nero come vetro liquido, e dalle nubi scendono filamenti d’ombra, sempre più vicini a voi, come vene che cercano un cuore. L’aria è immobile. Ogni suono è inghiottito da un silenzio assoluto. i vostri sguardi sono concentrati sul rituale, Burt si prepara a salire sopra l'altare. Poi, alle vostre spalle, una voce. Mi avete liberato… Il gigante si erge davanti a voi, la pelle tesa e grigia come cera. Le ombre dall'alto lo avvinghiano. Dove prima il suo sguardo era stanco e mite, ora i suoi occhi sono due abissi. Lentamente, porta una mano al petto e vi sorride. Ma quel sorriso… non è umanoide. Per secoli sono rimasto prigioniero, dimenticato. Quei miseri sigilli di pietra mi hanno sottratto alla fame, alla rabbia, al mio scopo. Ma voi… Voi avete spezzato la gabbia. Il tono non è quello rabbioso di un mostro, bensì quello pacato e malinconico che vi rimanda all'abisso del suo sguardo. Dalla pelle del gigante iniziano a scaturire ombre liquide che si arrampicano sulle sue braccia e sulle spalle. L’odore di muffa e ferro riempie l’aria. Le vene del collo si gonfiano, diventando scure come l’inchiostro. Mentre osservate, il suo corpo si deforma — non cresce, ma collassa su sé stesso. Ogni osso si piega, si torce, si fonde con le ombre che lo rivestono. Quando rialza lo sguardo, non vedete più il volto del gigante, ma una maschera vuota e spaccata: gli occhi due fenditure bianche, la bocca un buco irregolare da cui esce un respiro che odora di disperazione. Abbandonate il Senza Nome, accogliete il potere dello Shadowfell! Io sono il maestro delle ombre, sacerdote, divinità abbandonata, condannato, abbandonato, DIMENTICATO! Io sono il Dolore che non trova fine. Io sono… Dra'Kar! Attorno a lui, il terreno si incrina, e le ombre scaturiscono. Le vostre stesse ombre si allungano, distorcendo le vostre sagome fino a sembrare altre creature, versioni contorte che si muovono un istante in ritardo, come se appartenessero a un altro tempo
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Obelisco di Dra'Kar L’aria davanti all’obelisco si fa più pesante. Ogni passo che Mahrh compie verso l’altare risuona come un colpo di tamburo nel silenzio della palude. I Pasdaran, ancora inginocchiati, sentono la pressione di una presenza invisibile che li osserva. Quando Mahrh si avvicina all’altare, la pietra sotto di lui comincia a vibrare lievemente. Si china per osservare meglio i simboli incisi lungo la superficie. Le rune religiose, pur essendo erose dal tempo, sono familiari, sicuramente simili a quelle già incontrate durante il viaggio, ma non del tutto chiare per il sacerdote. Riconosce solo frammenti di preghiere al Senza Nome, ma distorte. Un linguaggio rituale spezzato... Ma è il suo occhio arcano cogliere l’essenza più profonda del luogo. L’obelisco non è solo una struttura: è un conduttore di potere necromantico, un nodo tra i piani. Il teschio di Malakar e le tre Lacrime di Caos sono le chiavi che possono aprirlo completamente. Capisce che il rituale non crea energia la risveglia. Sotto l’obelisco qualcosa è imprigionato. Le ombre sopra le vostre teste non sono solo anime vaganti, ma frammenti attratti qui come ferro verso un magnete. Il suolo emette un ronzio basso, quasi impercettibile, ma ognuno di voi lo sente nelle ossa. Una voce, profonda e sussurrante, si insinua nella mente di Mahrh, e solo lui può udirla: Hai portato ciò che mi appartiene… Ora, mio servitore… mostrami il sacrificio.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata Dopo lo svenimento il viaggio riprende tra il fango che si attacca agli stivali. La palude sembra accompagnarvi, come un animale morente che non vuole lasciar andare la preda: ogni passo solleva un gorgoglio, ogni albero pare inclinarsi a spiare il vostro passaggio. La luce del giorno (se davvero giorno si può ancora chiamare) è ora un chiarore grigiastro che filtra a fatica tra le nubi. Ma non sono nubi normali: guardando bene, vi accorgete che si muovono come fossero vive. Sono ombre. Ombre che sussurrano. Le voci si fondono in un coro di lamenti, di preghiere spezzate. Sembrano chiamare, sempre nella stessa direzione. E quando finalmente la vegetazione si dirada e il terreno sale, capite perché. Davanti a voi, svettando oltre ogni proporzione, si staglia l’Obelisco Nero di Dra’Kar. È immenso, almeno venti metri d’altezza, una colonna d’ossidiana pura che riflette una luce che non c’è. Le sue superfici sono levigate ma percorse da venature purpuree che si accendono e si spengono, pulsando come vene sotto pelle. Intorno, il terreno è nudo e nero: la palude sembra terminare di colpo, come se la terra stessa avesse paura di toccarlo. Sopra di esso, le ombre delle anime liberate dopo la rapina del teschio di Grimhold si raccolgono, vorticando in una spirale che scende lentamente verso la punta della stele. Ogni tanto, una di esse si separa, cade, e scompare in un bagliore azzurro, come risucchiata al suo interno. Un sentiero di pietra nera, coperto di muschio, conduce ai gradoni che circondano la base dell’obelisco. E al centro, un altare di marmo grigio, liscio, come se attendesse proprio ciò che portate con voi: il teschio e le lacrime. E' stato così facile che quasi non vi sembra vero...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata Donkey si sdraia sulla pedana, e il suo colpo d'ingegno sembra essere ricompensato. La pedana si illumina e gli occhi del serpente allo stesso modo. seguite le indicazioni, sistemandovi sulle pedane in pose quasi comiche: le rune cominciano a brillare di luce verde, poi azzurra, poi d’un bianco purissimo. Un suono profondo vibra nel pavimento, come un respiro liberato dopo secoli di apnea. Le pedane affondano lentamente, e le statue, come se finalmente potessero riposare, si incrinano e si dissolvono in polvere. La teca al centro della stanza comincia a vibrare, e gli ingranaggi arrugginiti prendono vita. Le catene scorrono, i contrappesi si muovono, e con un tonfo secco il vetro si ritrae, lasciando fluttuare il fragile cristallo al centro dello stanzone. Basta sfiorarlo e un lampo di luce vi investe, un vento caldo vi spettina, e l’energia arcana scivola via come acqua evaporata. Quando riaprite gli occhi, il cristallo è ridotto in frantumi scintillanti. Siete riusciti. Non so chi sia questo vostro… Anonimo, ma se mi ha mandato voi, allora ha un senso. Io, Grûhm il Saggio, camminerò al suo fianco. Vi accompagnerò fino all’Obelisco Nero. Il terreno trema leggermente mentre si rialza, torreggiando su di voi. L’ombra del gigante si proietta lunga sul fango e sulla luce morente della palude. Per la prima volta da ore, sentite di non essere più soli nel cammino verso l’Obelisco. Proseguite così lungo la via verso l'obelisco, tappa finale del vostro percorso, finchè, dopo una decina di minuti, l'aytollah crolla a terra, svenuto. Gravi spasmi lo scuotono mentre i suoi occhi vengono ricoperti da una patina violacea. x mahrh Il mondo si frantuma in un lampo violaceo. Ti senti cadere, ma non hai peso: sei sospeso sopra un altare nero. Una voce senza lingua ti avvolge come una carezza ghiacciata, e davanti a te appaiono immagini nitide. Vedi tre gocce violacee, lucide come pece, che cadono lentamente nella cavità del cranio di pietra. Le gocce brillano di venature porpora e, al contatto con l’osso, il teschio freme come un cuore preso a colpi. Intorno, rune crescono e fioriscono sulla pietra, un intreccio che sembra disegnare una porta nell’aria. Vedi il rituale in sequenza, come se te lo mostrasse passo dopo passo: il teschio di Malakar al centro dell’altare, in posizione verticale, le tre Lacrime in triangolo attorno al cranio: una all’occidente, una all’oriente, una al mezzogiorno, occorre un sacrificio: non necessariamente di carne, l’atto deve essere quello di un’anima che viene ceduta. Può essere una vita pura offerta senza costrizioni, oppure un corpo scelto che accoglie l’entità. La visione mostra anche i costi: chi sacrifica o chi accetta di diventare involucro rischia di perdere sé stesso; chi assiste senza protezione sente le voci insinuarsi nella testa; se il rito è interrotto, l’energia esplode, corrompe il luogo, richiama non-morti e lascia cicatrici che non si cancellano. Poi la luce ti abbandona: il respiro si spezza, il mondo ritorna. Ti senti cadere, e per la prima volta dopo giorni, scivoli in un sonno profondo, svenuto.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata Donkey osserva la statua, ma oltre alla runa sulla base non sembra esserci alcuna scritta, tantomeno una leva. L'enigma che imprigiona il gigante probabilmente ha a che fare proprio con le pedane da schiacciare...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata Ci ho già provato... li ho premuti tutti almeno una volta... ma non ho mai avuto successo. Bofonchia il gigante quando proponete le vostre idee. Mahrh nel frattempo si avvicina verso la libreria, ma non è un libro ad attirare il suo sguardo, bensì una scritta nascosta che si trova proprio accanto alla credenza, ma che dalla vostra posizione all'ingresso era difficile scorgere. E' ancora una volta runico, ma abbastanza semplice da comprendere. “Solo chi si trasforma in ciò che non è può ottenere ciò che non ha.”
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata Le rune chiariscono le vostre idee: SERPE - ROSPO - CAVALLO - CORVO Sono le parole che si trovano sulle basi delle statue, in corrispondenza dell'animale.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata La magia di Mahrh si diffonde nella stanza, e subito le rune incise sulle pedane rispondono, pulsando di una luce più viva. Non è un bagliore minaccioso, piuttosto sembra il respiro di qualcosa che attende da troppo tempo di essere risvegliato. Ma ad attirare l'attenzione del cultista è il cristallo riposto al centro della stanza, che emana una straordinaria magia abiurativa, una forza benevola, risalente a chissà quanti anni fa. Non ricordo nemmeno come sono stato imprigionato, ma sono piuttosto sicuro che sia colpa di quel coso... Ho perso la memoria e sto studiando da tempo, cercando di comprendere la forza che ci lega, ma non ho ancora trovato nulla a riguardo.... La teca non sembra magica, ma è estremamente solida, ed è chiaramente collegata alle pedane, anch'esse emananti una leggera energia abiurativa. All'esterno della casetta invece, la palude continua ad emanare una forza necrotica, a tal punto che Mahrh è in grado di individuare anche la bestia che in precedenza vi aveva attaccati, ormai lontana. Nel frattempo Donkey si muove circospetto, toccando con mano statue e pedane. Le sue dita lasciano impronte leggere nella polvere, sfiorano il legno e la pietra corrosa dal tempo. Basta un attimo e quando Skunk chiede se ci siano trappole, Donkey preme leggermente una delle pedane. La runa si colora prima di azzurro, e dopo qualche secondo, la statua, raffigurante il serpente, prende vita, attaccando di fronte a sé. Ecoo... le statue... si muovono quando le premo... donkey tiro salvezza su destrezza, CD 13, eventualmente becchi 10 danni se fallita
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Il gigante resta immobile per qualche istante, solo il lento movimento della sua mano sulla barba spezza il silenzio. Poi emette un lungo sospiro, qualcosa tra un ruggito strozzato e il vento che passa tra le rocce. Piccoli… non siete come gli altri. Non siete venuti a chiedere tesori, né a ridere della mia prigionia. Avete il coraggio dei disperati. O dei devoti. Abbassa lo sguardo, le sue dita enormi sfiorano il tomo sulle ginocchia, come se quel gesto lo radicasse ancora a qualcosa di familiare. Poi lo chiude, piano. Io vi minaccio perché voglio andarmene di qui, e questa è la mia occasione. La maledizione che mi imprigiona è viva. Il gigante punta un dito enorme verso la casetta di legno, semi-affondata nel fango. Lì dentro, in quella tana di legno marcio, c’è ciò che mi tiene qui. Un'antico enigma che io non sono stato in grado di risolvere in autonomia. E' necessaria la collaborazione. Facciamo così. Liberatemi e io verrò con voi. Il mio sapere, la mia forza, i miei occhi nella palude saranno vostri fino al compimento del vostro cammino. E poi sarò libero. Convinti dalle parole del gigante, condizionato dalla buona parlata di Mahrh, vi avvicinate alla cascina. Entrando, la porta si apre su un'unico stanzone, simile a una piccola biblioteca dimenticata. Sul muro di fronte, libri di ogni tipo emanano il loro odore di carta ammuffita. Al centro, sospeso dentro una teca di vetro collegata a un intrico di leve e contrappesi arrugginiti, brilla un cristallo verde-azzurro, pulsante di energia arcana. Non è la prima volta che una teca si frappone tra voi e il vostro obiettivo, ma questa volta non sembra così semplice da aprire. Tutt’intorno, ai quattro angoli della sala, ci sono quattro statue ricoperte di licheni. Ognuna si erge davanti a una pedana di legno scuro, su cui sono incise rune ormai sbiadite ma ancora leggermente luminescenti. Le quattro statue hanno tratti consumati dal tempo, ma i dettagli più importanti resistono ancora. La prima raffigura una creatura possente, con il muso allungato e i fianchi scolpiti in tensione, come se stesse per scattare in corsa. Le zampe, robuste, poggiano tutte a terra. Un’altra si sviluppa invece in lunghezza: un corpo sinuoso, che si avvolge su se stesso in spire di pietra, con la testa sollevata e la bocca spalancata in un silenzioso sibilo. Non lontano, una figura più minuta sembra pronta a librarsi in aria: le braccia, o meglio le ali pietrificate, sono tese verso l’esterno, e il corpo leggero sembra sbilanciato in avanti, come colto nell’istante di un battito. L’ultima è tozza e schiacciata, con arti corti piegati e il ventre rigonfio che poggia quasi a terra. La bocca spalancata ricorda un gracidare eterno, e persino la pietra intorno agli occhi sembra gonfia e sporgente.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il gigante rimane immobile per un istante, lo sguardo dietro gli occhiali che sembra scavare nel profondo del chierico. Poi, lentamente, un sorriso si apre tra la barba ispida. Voce dell’Anonimo, eh? ripete con tono quasi divertito, ma senza scherno. Non capita tutti i giorni di incontrare un goblin che parla come un profeta… e con quella forza nello sguardo. Si sporge leggermente in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, e abbassa la voce, come se confidasse un segreto: L’Obelisco Nero di Dra’Kar… sì, lo conosco. Da questa palude lo si può quasi percepire, se si ascolta abbastanza a lungo la sua "voce". È antico, più antico di me, più antico di ogni regno umano che ricordiate. Alcuni lo chiamano maledizione, altri promessa. Ma una cosa è certa: ciò che vi attende là non è per i deboli. Poi si raddrizza e ride, una risata profonda e cavernosa che fa tremare lo spiazzo. Ma voi… voi sembrate avere quell’aria. Determinata. Folli, ma determinati... Il gigante rimane in silenzio per un istante, poi sospira. La sua voce, quando riprende, è più cupa, meno annoiata: Voi parlate di destino, goblin… e forse non è un caso che siate arrivati qui. Io non posso muovermi da questo spiazzo. Non da anni. Questa capanna — indica la casetta semi-affondata alle sue spalle — è la mia prigione. Sono vincolato a essa da una maledizione... Per questo non posso più allontanarmi, per questo la mia vita è diventata solo pagine e silenzio. Si piega in avanti, le mani enormi che stringono il libro con forza, e gli occhiali che riflettono un lampo di luce lattiginosa. Dentro quella casa c’è la chiave. Non vi dirò di più, non mi è concesso… ma in solitudine non potrò mai essere in grado di sciogliere quella catena... E' da decenni che nessuno si avventura fin qui... e devo cogliere l'occasione. Ora o mai più. Poi sorride, e il suo sorriso non ha nulla di rassicurante: Se vorrete aiutarmi, vi lascerò passare verso il cuore della palude, e forse vi concederò anche qualcosa che possa servirvi. Se rifiuterete… beh, non ho più molto da perdere. E voi non andrete da nessuna parte.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il pericolo sembra momentaneamente superato. L'Otyugh scompare alle vostre spalle e ne approfittate per proseguire verso la fine della radura. Superato uno stretto corridoio alberato, la radura si apre nuovamente, dove la palude si fa meno opprimente e l’aria porta l’odore umido e quasi piacevole di legna vecchia. Avanzate qualche minuto e vi trovate di fronte una scena inattesa. Al centro di un piccolo spiazzo, accanto a una capanna di legno mezzo affondata nel fango, siede un essere imponente. La pelle è grigiastra, segnata da rughe profonde. La testa è lucida e pelata sulla parte superiore, e radi capelli grigi si uniscono a una lunga barba e baffi grigi e crespi. Indossa un abito logoro ma elegante, degli occhiali, e con le mani enormi sfoglia lentamente le pagine di un tomo poggiato sulle ginocchia. Al vostro arrivo solleva lo sguardo. La voce che ne esce è cavernosa, ma più stanca che minacciosa: Ohh… che miracolo. Dei viandanti, qui, dopo tanti anni. Nessuno si spinge più fino alla mia casa. Tutti hanno paura della palude… e io mi annoio. Ma voi… voi siete diversi. Goblin, e per di più portate con voi un’aura… interessante. Il gigante, osservando Mahrh, chiude il libro con un tonfo, e lo posa a terra. Poi si gratta il mento con lentezza. Quindi, piccoli... cosa vi porta da queste parti?
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il terreno vibra mentre la bestia si avventa. Con un ringhio gutturale, l’Otyugh spalanca la bocca ricoperta di bava nerastra e affonda i denti nel fianco di Duark. Il morso strappa carne e metallo, facendolo barcollare di dolore. Subito dopo, un tentacolo schiocca verso il fondo della formazione, avvolgendo Mahrh in una stretta gelida che gli toglie il respiro. Ma quando un secondo tentacolo si abbatte su Gobbla, il piccolo compagno schizza via come una saetta: l’impatto goffo dei due arti fa vibrare l’aria e spezza la presa su Mahrh, che ricade a terra ansimante. È il vostro momento. Skunk alza l’arco, l’occhio fisso sulla massa putrefatta, e marchia la creatura con la sua magia predatoria: l’Otyugh si illumina per lui come una preda segnata. Gobbla, lanciato in avanti, tenta un morso, ma le zanne scivolano sul carapace melmoso senza lasciare traccia. Dalle ombre sbuca Donkey: il goblin si muove come un 'ombra. La sua lama corta affonda nella carne flaccida del mostro con precisione brutale, seguita da un pugnale che si infila tra le pustole necrotiche. Il sangue nero cola, fetido, mentre Donkey si ritira già nascosto dietro le radici. Duark, ancora scosso dal morso, scatta con lo stocco brandito, ma il destino lo tradisce: il piede inciampa in una radice nascosta, e il guerriero ruzzola a terra rovinosamente. Il colpo che doveva essere un affondo letale si dissolve in una caduta goffa. Dal fondo, la voce di Mahrh risuona cupa. Evoca l’Anonimo, e l’aria si fa fredda, il buio si contrae intorno all’Otyugh. La previsione è corretta. Quello non è un semplice Otyugh, ma un cadavere mostruoso rianimato da chissà quale magia necromantica. Una forza invisibile scaccia l’abominio: la creatura rianimata emette un verso stridulo, e per la prima volta retrocede, trascinando con sé melma e putridume. La creatura, pur ferita, è in pieno panico e tenta di fuggire nel fango. DM Duark - 12 (2d8 + 3) danni perforanti Mahrh - 7 (1d8 + 3) danni contundenti più 4 (1d8) danni perforanti. Otyugh - 29 PF, spaventato e in fuga
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il terreno cedevole e fangoso lascia spazio a una lingua di terra più solida, coperta da erbe marce e radici contorte. L’odore di putrefazione è forte, ma paradossalmente meno soffocante del fetore delle acque alle vostre spalle. Vi sentite più sicuri, come se il cammino fosse divenuto finalmente più agevole. Skunk, con i sensi tesi e lo sguardo acuto, nota però ciò che gli altri non vedono: non siete soli. L’erba sembra schiacciata da passi recenti, e ci sono segni profondi di impronte. Vi avverte immediatamente, e girandovi verso destra notate che da un mucchio di sterpaglie scure che pareva solo un ammasso di fango e radici, la terra inizia a muoversi. Un corpo massiccio, umido, si solleva con un suono sordo e viscido. L’aria si riempie di un odore nauseante di carne marcia. Davanti a voi emerge una creatura colossale, alta più di due volte un goblin, fatta di fango, rami e ossa che stillano melma nera: un Otyugh putrefatto, risvegliato dal potere necrotico che dilaga nella palude e che ora percepite sempre più forte man mano che si avvicina. Le sue fauci si aprono a ventaglio, emettendo un ringhio gorgogliante che sembra mescolarsi a voci sussurranti, che vi penetrano nella mente. INTRUSI - VICINI- ORA - MORTE. Se Skunk non si fosse accorto del mostro probabilmente sareste stati colti in un agguato. Ora la bestia si muove puntando il piccolo gobbla. Tirate iniziativa.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Sentiero dei boschi morti Attraversate il Sentiero, seguendo il percorso individuato tra le assi marce e le radici che si tuffano nel fango. L’aria diventa sempre più densa, pesante di umidità e di un odore acre di decomposizione. Le radici degli alberi marci si intrecciano come ossa affioranti, costringendovi a salti rapidi, con il rischio di inciampare o scivolare sul muschio. Finalmente il terreno si fa meno instabile: un argine di terra umida si alza davanti a voi, ricoperto di sterpaglie. Al di là, la palude sembra aprirsi in una radura più asciutta. Per un momento vi sentite sollevati… Voltandovi, notate ciò che avete appena superato...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Sentiero dei boschi morti Skunk si china, le mani nodose che toccano con diffidenza le assi marce. Picchietta con le nocche, inclina l’orecchio e ascolta il suono vuoto del legno. A un primo sguardo sembrerebbe tutto precario, ma il suo istinto da ranger lo guida. Nota che alcune assi, quelle più scure e coperte da muschio, hanno già assorbito troppa umidità: nemmeno sotto il peso di un leggero goblin (e ancor di più di Duark) non reggerebbero un battito. Ma c’è un dettaglio: lungo il bordo del sentiero emergono radici e tronchi caduti che, se seguiti con attenzione, permettono di alternare assi solide e appigli naturali. Con un po’ di cautela, riuscite a tracciare un percorso più sicuro attraverso il cammino, evitando i punti destinati a crollare.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Boggerton - Sala del trono La sala del trono, scavata nella roccia, vibra di rumore, odore di fumo e sudore di corpi ammucchiati: centinaia di goblin accalcati ascoltano i vostri discorsi. Le parole di Mahrh risuonano con un forte eco nella caverna. Quando solleva il Teschio, un brivido percorre la folla: alcuni goblin cadono in ginocchio, altri si limitano a fissare con occhi sgranati, incapaci di distogliere lo sguardo dall’artefatto. Il silenzio rispettoso è inusuale, quasi innaturale. Duark arringa con entusiasmo, e quando parla di ricompense tangibili — armi, schiavi, femmine — la folla esplode in cori e risate sguaiate, più facili da comprendere per le menti meno affinate. Le mani battono, i piedi percuotono il pavimento roccioso. In poco tempo la sala riecheggia di: Viva l’Oscuro! Viva il Senza Nome! Il vecchio Gun’ta, rimasto seduto accanto al trono rozzo di Schnitz, scuote appena il capo e sussurra con voce roca: L’Obelisco Nero vi aspetta, figli dell’Anonimo. La folla acclama, ignara o incurante del monito. Presi con voi il teschio e le lacrime, prendete la direzione indicata da Gun'ta. Camminate per due giorni interi, spostandovi verso l'entroterra, tra foreste che gradualmente trasmutano in acquitrini veri e propri. Luoghi malsani, dove insetti di qualsiasi tipo vi ronzano attorno e fungono da antipasto tra una camminata e un riposo. Tutto d'un tratto il clima si fa più freddo, e comprendete di essere giunti al Sentiero dei boschi morti, che il saggio vi aveva menzionato. Avanzate nella palude e davanti a voi si apre un vecchio cammino di assi marcite, quasi inghiottite dall’acqua scura che vi lambisce ai lati. Gli alberi ammuffiti si ergono come dita contorte verso il cielo plumbeo, i loro rami secchi intrecciati a formare archi naturali sopra le vostre teste. Il sentiero di assi non sembra molto sicuro. Ogni passo scricchiola sotto il vostro peso, e a ogni scricchiolio vi sembra che l’intera impalcatura stia per cedere, pronta a farvi risucchiare dalla melma sottostante. Radici grosse e nodose emergono qua e là dall’acqua, e, potreste giurarlo (ma forse è solo soggezione) alcune sembrano muoversi lentamente...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Boggerton Il ritorno a Boggerton avviene sotto cieli densi e minacciosi. Le caverne del villaggio, solitamente brulicanti di vita e odori pungenti di cucina goblin, sembrano più silenziose del solito. I cunicoli rocciosi, umidi e screpolati, amplificano ogni piccolo suono, ma soprattutto amplificano i sussurri. Li si sente solo di notte, provenienti dall'esterno… l’eco di un qualcosa che si sta muovendo da quando avete liberato il Teschio. Mahrh, da quando ha stretto tra le mani il Teschio di Malakar, è afflitto da visioni continue. Il Monolito, gigantesco e immobile in una palude nebbiosa che pare viva, che respira. E attorno a esso, sempre, un’ombra in forma umana, che si ricompone a ogni nuova visione, lentamente, come se stesse rinascendo dall’oscurità stessa. Il cielo sopra le campagne vicine ha preso a imbrunirsi giorno dopo giorno. Non piove. Non tuona. Ma un velo di nubi immobili e nere grava sopra le radure, e persino le bestie hanno smesso di avventurarsi oltre la selva. Alcuni goblin di guardia giurano di aver visto ombre camminare vicino ai cancelli di Boggerton... Il Teschio e le tre Lacrime del Caos, ora custoditi, rimangono fermi… eppure chi li guarda a lungo giura che vibrino, che il loro potere trattenga il respiro, come se aspettassero un segnale per esplodere. Fu parlando con Gun’ta, l’anziano sacerdote mezzo cieco, che la verità emerse. Il vecchio goblin, con voce tremante, raccontò delle cronache perdute del culto del Senza Nome, e del famigerato Obelisco Nero di Dra’Kar. Una stele d’ossidiana, alta venti metri, piantata in una palude infestata, teatro — se le leggende dicono il vero — di un tentativo fallito di divinizzazione oscuro, avvenuto secoli fa. Ora, il rituale può essere completato. E il mondo non sarà più lo stesso. Eppure, a Boggerton la vita pareva tornata tranquilla. Il piccolo Schnitz, assurto a carica di leader dopo l’ultima crisi, ha riportato l’ordine tra le tribù goblin. I mercati hanno riaperto, le risse sono tornate a essere "non letali", e persino le catapulte cerimoniali sono di nuovo funzionanti. Ma l’aria che si respira è quella del giorno prima della guerra. Ora, convocati presso la corte, tutti i goblin si radunano. C'è fermento. Si spargono voci, si fanno scommesse. Al centro della sala, Mahrh, Donkey, Duark, Skunk e Burt vengono chiamati a parlare. È tempo di rivelare cosa hanno scoperto.
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Fuori Grimhold Garruk osserva in silenzio mentre Donkey svuota la sacca. Le reliquie in oro tintinnano una dopo l’altra sulla coperta, riflettendo la pallida luce dell’alba con un luccichio smorzato. I suoi uomini si fanno un passo avanti d’istinto, come cani affamati davanti a una carcassa, ma un cenno della sua mano li blocca sul posto. Il mercenario si accovaccia lentamente, le ginocchia scricchiolano sotto il peso del corpo. Passa una mano callosa sopra gli oggetti, senza toccarli, solo misurandoli con lo sguardo. Un goblin che rispetta gli accordi… commenta, quasi tra sé. A quanto pare devo iniziare a riscrivere i miei pregiudizi... Si rialza, e con un gesto secco chiama uno dei suoi: un giovane dalla barba rada e dall’aria nervosa. Prendi la nostra parte. Solo quella. Il ragazzo si avvicina, raccoglie un quarto esatto del valore mostrato, contando due volte sotto lo sguardo vigile di tutti. Una volta finito, Garruk annuisce. Affare chiuso. Per oggi. Fa un passo indietro e guarda ancora verso la valle. I lupi ora sono cinque, ben visibili, ma non minacciosi. Si muovono in cerchio, lenti, come se stessero proteggendo o aspettando qualcosa. Qualcosa si è rotto. Non nel patto, ma nel mondo. Lo sentite anche voi, vero? Poi vi rivolge un ultimo sguardo. Non so cosa abbiate combinato o cosa speriate di fare, ma spero che la nostra onestà e il nostro aiuto possano salvare la pelle a me e ai miei compagni. Buona fortuna compagni goblin. Gira sui tacchi, e con un fischio richiama i suoi. I mercenari si allontanano alle luci dell'alba, recuperando dei cavalli poco lontano e galoppando verso la costa, lontano dalla foresta e dalle ombre che avanzano. Notate in fondo alla vallata gli altri membri del gruppo di Garruk, pronti, con sacche e provviste, per fuggire dal caos che avete generato.... Insieme all'accolito imbavagliato osservate l'orizzonte... Poi Mahrh crolla a terra, come in trance. Mahrh Mentre gli ultimi bagliori dell'alba si confondono con le nebbie della valle, avverti un impulso gelido attraversarti la spina dorsale. I rumori si ovattano, il mondo sbiadisce. Una pressione invisibile ti schiaccia verso terra. Poi, l’Oscurità. Non quella naturale della notte o delle profondità, ma una tenebra viva, pulsante, che ti avvolge completamente. Nel mezzo dell’oscurità, si accende una fiamma viola. Tre gocce violacee cadono lentamente sfiorando la fiamma che si contorce. Un teschio appare tra le ombre, ma non è più solo un oggetto inerme: le orbite si incendiano di un bagliore empio, e la mascella si muove in un sussurro senza voce. Dalle sue fauci, filamenti d’ombra si stendono verso una figura informe, avvolta da veli di nebbia altrettanto violacea. Venite. Preparatevi. La Rinascita ha bisogno di testimoni. Poi ti ritrovi a fluttuare in un cielo nero come pece, senza stelle, senza luna. Sotto di te, un mare immobile di nebbia bianca. E lì, in mezzo a quel vuoto silenzioso, si erge un Monolito. È immenso, alto quanto una torre, affondato a metà nel terreno marcio di una palude oscura. La sua superficie è liscia, di pietra nera lucida come vetro, e pulsa con una luce interna color porpora, come un cuore antico che batte lentamente. Attorno a esso, le acque si agitano senza vento, e ombre senza volto si inginocchiano, come se attendessero un padrone. Poi senti ancora la voce del Senza Nome. Portami al Monolito… lì dove il Velo è più sottile… dove i morti ascoltano… Le Lacrime si uniranno. Il Teschio prenderà forma... E il mondo avrà il suo nuovo regnante... Una visione secondaria si accende: vedi te stesso e i tuoi compagni disporre il teschio in cima a un altare rozzo di ossidiana, mentre le Lacrime del Caos si sollevano a mezz’aria, roteando lentamente... Poi la visione svanisce. Ti ritrovi sudato, tremante... Il momento finale è vicino.
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Grimhold Vi gettate nel tombino con un clangore sordo, il metallo che si richiude alle vostre spalle con un lamento roco. L’aria putrida delle fogne vi avvolge subito, familiare e disgustosa. I passi risuonano nell’umido labirinto sotterraneo mentre vi fate largo a memoria. Il sole fatica a filtrare tra le nubi dense quando, infine, mettete piede fuori dalle fogne. Ad attendervi, proprio come da accordi, c’è Garruk Tre Dita. Il suo mantello logoro si muove appena nella brezza mattutina, mentre i suoi occhi vi scrutano uno a uno, fermandosi brevemente sul teschio tenuto stretto tra le braccia di Mahrh. Al suo fianco, quattro della sua banda: visi duri, mani pronte alle armi, lo sguardo carico d’avidità trattenuta. Garruk non perde tempo in saluti. Pensavo vi foste già fatti scorticare dai preti… commenta, e accenna un sorriso storto, ma senza allegria. Ma vedo che il bottino c’è. Bene. Un quarto, come d’accordo. E senza imbrogli, o saranno i miei ragazzi a scortare il vostro cadavere, non la vostra merce. Alle sue spalle, poco oltre il confine della boscaglia, il fruscio dell’erba alta fa voltare più di uno di voi. Occhi riflettono la luce tra i cespugli: almeno due, forse tre lupi, silenziosi, in agguato. Non attaccano, non ringhiano. Osservano. Garruk si volta per un istante verso la vallata. Non siamo più soli, amici goblin. Non so cosa sia, ma qualcosa là dentro sta cominciando a muoversi. Poi vi guarda di nuovo. Allora? Mostratemi cos’avete portato…
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Tempio di Grimhold - Sala della reliquia Duark si avvicina senza esitazione, afferra il teschio, che pare pulsare tra le sue dita, e con un ghigno di scherno lo porge a Burt. Burt lo accoglie con cautela. Il teschio, ora privo di sigilli, è gelido e leggero… troppo leggero. Eppure ogni sua fibra gli urla che ciò che stringe non è solo un oggetto. Alle loro spalle, l’accolito balbetta ancora qualcosa. Sta implorando, forse pregando. Donkey lo osserva in silenzio per un lungo istante, la spada ancora sollevata. Poi sbuffa, lo strattona in piedi e lo spinge avanti con la punta dell’arma. Non c’è tempo per riflettere. Vi muovete rapidi, tornando sui vostri passi. Le scale vengono percorse in senso inverso, la cappellina secondaria è deserta: nessun altro accolito è giunto, nessuna trappola è stata innescata. Raggiungete il retro della cattedrale. L’aria del mattino vi colpisce in pieno: umida, grigia, incerta. All’orizzonte, laddove Grimhold inizia a mescolarsi alle colline e alle pianure, le ombre si muovono. Non si tratta di soldati o animali in fuga. Sagome troppo sbilenche, troppo piegate, si trascinano in silenzio, avanzando come attirate da una fiamma invisibile. Le ombre stanno giungendo.