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Visualizzazione dei contenuti con la reputazione più alta il 20/10/2018 in Commenti Voci blog

  1. Grazie mille Silent per il commento e per le critiche, appena ho un po' di tempo e di freschezza mentale lo leggo più attentamente!
  2. @Sesbassar Premessa: sono uno storico, che ha per un po' di anni frequentato anche la facoltà di psicologia e che ha studiato al liceo scientifico. In parole povere sono un umanista con una solida base scientifica o, meglio, sono un umanista il cui pensiero ha ricevuto un grande apporto, oltre che da quelle umanistiche, dalle materie matematico-scientifiche. Insomma, sono uno di quei forse abbastanza rari casi di mix disciplinare....tanto che per il mio modo di pensare non è possibile prescindere dalla collaborazione tra le varie discipline di studio per poter comprendere la realtà. Ottima inserzione, molto interessante. 😉 Condivido del tutto l'idea che la Filosofia meriti ancora oggi pieno riconoscimento, non solo per il prezioso ruolo avuto nel nostro passato, ma anche e soprattutto per la sua ancora attuale e innegabile utilità per lo sviluppo del pensiero umano. Finché l'uomo sarà in grado di pensare, inevitabilmente farà filosofia. Perché, contrariamente a quello che molti scienziati cercano di affermare, non tutto il pensiero intellettuale è scientifico e non solo il pensiero scientifico è utile al progresso della conoscenza umana. Condivido pienamente, inoltre, la condanna al positivismo. Basta dire che per i positivisti discipline come la storia e la psicologia non erano scienze, in quanto le loro conoscenze non erano considerate sperimentabili empiricamente (non puoi vedere con i tuoi occhi com'era il medioevo, non puoi percepire concretamente i pensieri di un'altra persona). Non casualmente, invece, oggi diverse discipline umanistiche come la storia e la psicologia sono considerate a pieno diritto scienze, in quanto ad esse si applica il metodo scientifico, mentre si è finalmente accettato il fatto che non è scienza solo quel campo di studi che restituisce dati che lo sperimentatore può valutare con precisione grazie solo alla sua esperienza diretta. Tanto che, paradossalmente, pure le cosiddette scienze dure possiedono i loro casi di studio basati sull'incertezza: la Fisica Teorica fa costantemente analisi matematico-scientifiche su fenomeni che probabilmente non potrà mai osservare direttamente e su cui, dunque, potrebbe non avere mai certezza assoluta; la branca della matematica conosciuta come Teoria del Caos (consiglio la lettura del romanzo Jurassic Park per chi desidera averne una infarinatura di base) studia per sua stessa definizione l'imprevedibilità dei sistemi complessi, accettando pienamente l'idea che questi ultimi possano essere conosciuti e previsti solo nella sfera delle probabilità; e stesso problema della Teoria del Caos ce l'ha la più celebre Statistica, disciplina matematica che si basa sul calcolo delle probabilità e che, dunque, non potrà mai essere davvero certa che quello che prevede si realizzerà (basta notare come spesso i sondaggi politici sbaglino a descrivere la realtà elettorale di un paese). Detto questo, ritengo (magari ho capito male io certi passaggi) che ci siano alcuni difetti di fondo nel tuo ragionamento su alcuni punti, "errori" che ho visto commettere a molti. E' solo la mia opinione, non sei obbligato a concordare. 😉 La ricerca di un senso della realtà è sicuramente una cosa preziosa, ma attenzione: solo perchè si sente il desiderio di trovare un senso e, riflettendo, se ne trova uno grazie a una tesi filosofica, non significa che la realtà poi abbia davvero quel senso. E' giusto non arrendersi all'idea che il mondo sia insensato o che non ci sia ragione per cercare un significato, ma anche il fatto di voler attribuire ad ogni costo un determinato senso alla realtà può essere un grave errore. Non poche persone, infatti, commettono lo sbaglio di appiccicare alla realtà un significato solo perchè ne sentono il bisogno o solo perchè quella teoria "sembra incastrarsi così perfettamente". Non è un errore che commettono solo filosofi e teologi, ovviamente, ma anche gli scienziati con le loro belle teorie. E' fondamentale cercare un senso...ma non bisogna presupporre alcuna risposta e, piuttosto, è necessario prepararsi all'idea di essere in errore. Sempre. E' solo così che il pensiero umano si evolve. Dal tuo discorso (ripeto, potrei sbagliare) mi sembra trasparire un errore commesso da molti, ovvero il considerare il concetto di scienza pensando solamente alle scienze naturali (fisica, matematica, chimica, astronomia, biologia, ecc.). Nel tuo discorso, infatti, sembri parlare del mondo scientifico come di un settore totalmente pratico, incentrato solamente sull'analisi concreta della realtà, ovvero di quella sola porzione di mondo empiricamente dimostrabile. Per questo credo tu parli di un mondo scientifico che si è disinteressato della ricerca di un senso delle cose. Sembra, dunque, che - come molti fanno - tu ti sia dimenticato dell'esistenza delle scienze sociali, molte delle quali studiano proprio il senso che l'umanità attribuisce al mondo. L'Antropologia studia le culture umane e, dunque, il modo in cui l'umanità nei secoli ha percepito o percepisce ancora il mondo attorno a sè, come la valuta, come lo interpreta, come lo descrive; la Storia vuole comprendere ogni aspetto dell'esistenza umana, cercando di capire perchè l'uomo ha agito e agisce in certi modi (e il perchè delle azioni dell'uomo è stabilito anche dal senso che l'uomo attribuisce alla realtà); la Psicologia studia il pensiero umano e i modi in cui le persone percepiscono sè stesse e il mondo che li circonda; e così via. Attenzione, insomma, a non commettere tu un errore paradossale: finire intrappolato nella visione positivista della scienza, dimenticando di considerare che la scienza di oggi non è solo rivolta allo studio dei fatti concreti, pratici, matematici, ma anche alla ricerca della comprensione della realtà umana (ovvero quel significato di cui tu parlavi). 😉 L'idea che Filosofia e Scienza non si pestino più i piedi tra loro, secondo me, non solo è impossibile, ma nemmeno auspicabile. Parlando di filosofie, infatti, se c'è che una cosa che la storia ha ampiamente dimostrato nei millenni è che l'esistenza è lotta costante: ogni cosa è in costante lotta con tutto il resto del mondo, per sopravvivenza o affermazione; anche se può sembrare un processo crudele, è la lotta ciò che consente il progresso, perchè costringe all'evoluzione e al perfezionamento. Scienza e Filosofia saranno sempre in lotta fra loro, perchè vivono del medesimo campo di studi: la comprensione della realtà che ci circonda. Studiando la stessa cosa prima o poi si trovano inevitabilmente costrette a rivaleggiare, a litigare per dimostrare chi ha ragione, a lottare per mantenere il controllo sulla loro fonte di sussistenza, ovvero il loro campo di studi. Ed è un'ottima cosa che sia così. E' questo tipo di concorrenza che costringe le due discipline a perfezionarsi, a tirare fuori nuove idee e a contribuire nel far progredire la conoscenza umana. Anzi, entrambe le discipline sono preziose, perchè l'una contribuisce a rispondere alle incognite lasciate aperte dall'altra. Pretendere che le due discipline evitino di infastidirsi tra loro, invece, significa solo rischiare che - pur di non invadere il campo dell'altra - esse smettano di essere in grado di far progredire la conoscenza. La storia ha ampiamente dimostrato, infatti, che nel tempo alcune discipline possono aiutare a trovare nuove risposte in campi che altre discipline ritenevano già definitivamente spiegate. Le discipline di studio DEVONO pestarsi i piedi tra loro e, se possibile, magari anche collaborare tra loro per consentire all'uomo di sviluppare ancora meglio la sua comprensione del mondo.
  3. Se la metafisica è la ricerca del 'senso' e la fisica la spiegazione dei modi, non c'è una necessità di collegarle. Molti modelli fisici ugualmente validi nei loro rispetti ambiti d'utilizzo, che possono o no anche contraddirsi - non sul piano delle previsioni, certo - in merito all'interpretazione del mondo, non contengono in essi alcuna informazione utile a comprendere il 'senso delle cose', a meno che non vi si costruisca sopra una metafisica, appunto, con pretese piuttosto forti. E se io fossi un filosofo (ma sono un fisico) non darei per scontato l'esistenza di una particella elementare puntiforme solo perché è un buon modello fisico-matematico di come certi oggetti non diversamente noti rispondono agli urti. Il fatto che, per esempio, l'atomismo sia stato indagato come modello possibile per il mondo anche molti anni prima della 'scoperta' degli atomi è possibile che sia incidentale, o che dipenda da qualche somiglianza nel modo in cui sono state condotte le diverse indagini che hanno portato al medesimo (che poi ci sono meno somiglianze di quello che vorremmo) risultato. Con questo non sto dicendo che 'gli atomi non esistono', sto dicendo che dovremmo fare attenzione a cosa intendiamo per esistere, e non sto dicendo che la filosofia non può essere uno strumento d'indagine accettabile, solo che non dovrebbe indagare la scienza. Tornando al positivismo, io stesso mi oppongo alla sua presenza nel modo di ragionare di tanti scienziati e pensatori scettici 'laici', perché è vero che si stanno mescolando ambiti di indagine che non si sovrappongono in modo banale, ma si sfiorano continuamente e spesso divergono anche. Dawkins è una persona che non sopporto, tanto per nominare qualcuno, per come si approccia alla conoscenza banalizzando molte questioni complesse, ma contemporaneamente non ritengo posizioni come quella di Hawking del tutto problematiche, perché quando afferma che si può spiegare l'universo senza ricorrere a Dio, dice qualcosa di sensato: ovvero che è possibile dare una spiegazione del mondo rinunciando a porsi certe domande. Il che si riallaccia al problema della morte della filosofia (all'interno della società) e al rapporto di ciò con positivismo, empirismo e compagnia bella. Il modo di ragionare che si evolve dal pensiero scientifico è un procedere per problemi e soluzioni, con teorie predittive e verificabili. È un modo di procedere efficacie, ma arbitrario. Nello scegliere quali schemi di ragionamento adottare siamo ciechi, arriviamo ad un punto nella costruzione di una teoria (che sottolineo ancora è sempre un modello più o meno efficacie o attendibile, non è mai vera) in cui è necessario porre degli assiomi. Questa stessa affermazione può essere messa in discussione in quanto si autogiustifica in qualche modo. È un assioma essa stessa. Ma non posso fare a meno in un ragionamento logico di adottare qualche logica, per l'appunto, e se il mio obiettivo è giustificare la costruzione di una logica sono incastrato (vedi gente come Gödel). Ecco perché la filosofia della logica è sana e utile, per esempio, permette di risolvere (circa) problemi come questo, che sono una bella gatta da pelare se vogliamo comunicare in termini accettabili da tutti. Ma la metafisica o l'ontologia che ruolo hanno? Come ogni forma di scienza (nel senso di disciplina di ricerca formalizzata, rigorosa) costruiscono modelli. Il punto qui è che si sta cercando di ottenere un modello che non solo sia predittivo, ma anche vero. L'uomo moderno è maestro della falsificazione, e accetta come vero (provvisoriamente) tutto ciò che non sia stato falsificato, ma che strumenti abbiamo per verificare un modello? Non soltanto le sue previsioni, ma il modello stesso? Quest'ultima domanda ha molte risposte possibili. La mia opinione è che non ne abbiamo, perché non possiamo liberarci di alcuni pregiudizi di fondo dati dalla nostra esistenza in una precisa forma in un preciso contesto (una sorta di analogo del principio antropico) e dal fatto che pensiamo in un certo modo e non altri. Alla luce di queste obiezioni, anche non formulate in modo compiuto e ben argomentate, ma che comunque non possono essere ignorate del tutto, mi viene in mente di mettere in dubbio (e non solo a me) la pretesa di qualunque teoria (non solo scientifica) di non essere soltanto predittiva ma vera, e non sto inventando lo scetticismo oggi. In un certo senso questa non è neppure una posizione filosofica, quanto piuttosto un modo di procedere nella filosofia e nel pensiero in generale. Uno strumento di indagine, posto in fin dei conti come assioma (ci risiamo). E allora dove sta lo spazio per dare un 'senso' al mondo, evitare il vuoto, l'apatia, la mancanza di ideali, il rifiuto dei doveri, dell'etica e tutte le cose spaventose per cui hai dato la colpa ai positivisti? Nella fede. Non necessariamente nella fede tradizionale. Io sono ateo e non posso che riconoscere che il mio ateismo è un atto di fede, e sulla base di questo (essere un ateo e uno scettico) io avrò diversi metri per giudicare il mondo dai tuoi o da quelli di un pensatore cattolico, per esempio, o positivista. Ma dobbiamo trovare un linguaggio che metta tutti d'accordo, e qui ancora può (e deve) operare la filosofia (anche la metafisica). Detto questo la crisi di valori in cui siamo caduti ha cause piuttosto contingenti, e accusare i positivisti o il pensiero scientifico di questa crisi generale è una bella caccia alle streghe da parte tua. Ti invito soltanto a valutare come in realtà la maggioranza delle persone comuni non sia veramente dotata di adeguate basi scientifiche e si lasci influenzare in maniera negativa da divulgazione sensazionalistica, populismi, teorie prive di fondamento non solo scientifico (manco falsificabili, figuriamoci stare a chiederci se sono vere o meno), e che questa stessa gente un centinaio di anni fa fosse guidata non da illuminate letture di Hegel, ma al più dal Vaticano, dai partiti politici, o semplicemente da valori tradizionali che (quelli sì) sono stati messi in discussione (sai com'è, la crisi degli ultimi stati monarchici, la caduta di un paio di grossi imperi, due guerre mondiali, il conflitto economico-poilitico-filosofico tra i movimenti di derivazione comunista e il capitalismo nascente, l'inizio e la fine dell'imperialismo e la globalizzazione e anche, ma non solo, il conflitto tra la scienza e non la filosofia, ma la religione, e poi tutti i problemi del mondo di oggi, la sovrappopolazione, i cambiamenti climatici, la gestione dei rifiuti, il dibattito sull'alimentazione sostenibile...) mentre si scontravano con problematiche concrete e facilmente percepibili nella vita di tutti i giorni. E in tutto questo caos, la costruzione di un'etica razionale adatta al periodo storico corrente, che tenga conto di tutte le opinioni, della filosofia, della scienza, delle religioni, di tutti gli imperativi (e gli assiomi) che abbiamo accumulato negli anni per definire e proteggere l'umanità sta richiedendo tempo e stenta a farsi sentire, sono enormi gli sforzi per conciliare correnti di pensiero non sempre conciliabili, e ancora maggiori quelli per far sì che le formule trovate arrivino a tutti e vengano accettate (o contestate in modo sano). Potrei continuare ma direi che ho scritto abbastanza.
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