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Visualizzazione dei contenuti con la reputazione più alta il 03/11/2017 in Commenti Voci blog

  1. Provo a rispondere alla provocazione di Fenna. Ovviamente, visto che questo è il blog di Greymatter, non andrò avanti a rispondere sull'argomento se quest'ultimo lo considera OT e inopportuno. E' naturale che i videogiochi facciano meglio il railroading (se, come ho capito, è ciò che intendevi), considerando che oramai molto spesso sono scriptati e, in genere, sono concepiti come un'esperienza in cui l'interattività del giocatore può anche essere molto limitata. Più precisamente, però, da un lato hai un gioco, il Gdr, in cui gli elementi narrativi sono creati in genere da inesperti (i partecipanti al Gdr nel 99% dei casi sono persone comuni che non hanno studiato le tecniche di narrazione o quelle di scrittura creativa), dall'altro hai un prodotto, il videogame, le cui parti narrative sono create da professionisti (ci sono fior fior di sceneggiatori e attori che lavorano alla creazione di un videogame, come evidenziato dallo stesso fenna). Per questo motivo, mettere a confronto gli esiti del lavoro di professionisti con quelli prodotti da inesperti è un po' ingiusto. Paga quegli stessi sceneggiatori esperti per creare una super-mega-avventura railroad per un Gdr, e noterai che il gdr riesce a fare railroad benissimo quanto il videogioco. Non è, infatti, una questione di quale medium riesce meglio in cosa, ma è solo una questione di quanto professionale è la creazione della storia dietro al railroading....ed è una questione di contratto sociale stipulato dai partecipanti al gioco. Difatti, anche nel Gdr il railroading sarà perfettamente giocato dai giocatori come in un videogame, se i giocatori come contratto sociale accetteranno la validità del railroading da parte del Dm. Nei videogiochi può non sembrare (visto che questo tipo di discorso non è tipico del mondo videoludico), ma anche il videogiocatore accetta un contratto sociale quando decide se gli va bene o meno giocare a un gioco scriptato. Molti videogiocatori, infatti, rifiutano il railroading nei videogiochi come molti giocatori di Gdr lo rifiutano in quest'ultimo. Molti videogiocatori odiano i giochi iper-scriptati (ad esempio, molti hanno criticato Final Fantasy XIII perchè è strutturato a binari, mentre altri insultano i giochi alla Beyond: Due Anime o alla Heavy Rain perchè li considerano film invece che videogiochi) e scelgono di giocare solo ai giochi senza trama. Non è un caso se molti giocatori preferiscono il gioco online, senza trama, puro gameplay, dove al massimo sono i giocatori a potersi inventare il ruolo narrativo dei loro PG. Non è un caso se molti MMORPG hanno avuto e ancora alcuni hanno ancora una struttura a sandbox. In realtà videogiochi e Gdr sono quasi identici. La differenza non sta nel medium, quanto nella professionalità che sta dietro alla creazione di certe esperienze e al contratto sociale stipulato dai partecipanti al gioco. Tutto lì. Anzi, non cui sono due medium più simili fra videogioco e Gdr cartaceo. La vera differenza fra i due medium sta nel fatto che il videogioco è creato da professionisti e, dunque, in genere è subito dai giocatori, mentre l'esperienza concreta del gdr è creata dai giocatori stessi ed è da loro subita solo se scelgono di giocare alle Avventure pre-fatte. INverti queste dinamiche e scoprirai che i due medium sono identici. Concludo facendo notare che non esiste un solo media che ha preso spunto da un'altro. Tutti i media s'influenzano tra loro costantemente. Nel caso di Gdr cartacei e videogiochi, questi si sono costantemente influenzati a vicenda per decenni, fin dalla nascita del Gdr cartaceo stesso. Il videogioco ha tratto spunto dal Gdr molto spesso per la creazione di molte dinamiche videoludiche (ovviamente basta pensare ai Gdr videoludici, esempio scontato), mentre il Gdr ha sempre più preso spunto dal videogioco riguardo al modo in cui creare gameplay e regolamenti, oltre che per quanto riguarda ambientazioni e tematiche narrative.
  2. Sì - però mi sembra che tu stia mancando un po' il punto. Quello che ho fatto era un esempio; il punto non è usare o meno degli incantesimi. Il punto è valorizzare le scelte dei giocatori. Nella campagna railroadata che ho tratteggiato (che è ovviamente un esempio un po' estremizzato) succede la stessa identica cosa indipendentemente da quello che i giocatori scelgono - quindi le loro scelte sono inutili. Decidere di muoversi con incantesimi, a cavallo o a piedi è la stessa cosa - per esigenze di storia, gli eventi non cambiano. A qualcuno può andare bene - a me, come giocatore, non andrebbe bene. Invece nell'altro modello, quello senza la storia predeterminata, le scelte dei giocatori *hanno* un impatto su quello che succede. Diciamo che io per sandbox, in senso lato, intendo quel tipo di gioco in cui le scelte dei giocatori contano. Questo per me è il sandbox in a nutshell. Assolutamente d'accordo. Ma infatti, come ho scritto anche nel post, Penso che @SilentWolf abbia compreso e reso molto bene quello che volevo dire: " il "mondo va avanti anche senza di me" esiste solo nel Sandbox, perchè per definizione così è. Dal punto di vista del gioco pratico, in realtà spesso le cose sono un po' più sfumate (...), ma se si considera la questione dal punto di vista delle definizioni in realtà le cose sono nettamente separate". Quelli che ho descritto sono due estremi teorici di uno spettro (la storia completamente predeterminata da una parte-nessuna storia predeterminata dall'altra), ma le campagne reali raramente si collocano agli estremi. Però, dal punto di vista della definizione, quando non stai giocando con una storia predeterminata, io dico che in quel momento stai giocando sandbox (in senso lato, ovviamente). In quel momento, stai facendo una cosa che appartiene al sandbox, anche se lo fai in un contesto di storia predeterminata. "Non barare" non implica che devi accettare qualunque cosa dai giocatori. Cioè, se uno dei giocatori dice "ok, io mi butto dalla finestra e inizio a volare", il DM è libero di dirti "no guarda, questo non puoi farlo, non ha alcun senso per le capacità del tuo personaggio - è impossibile". "Non barare" vuol dire solo questo: non barare. Non ignorare i tiri segretamente. Di solito quando si bara si fa per un motivo, ma quasi sempre ci sono soluzioni migliori per ottenere quello che vuoi. Nella situazione di cui sopra, mi sembra che il problema sia che il giocatore non ha ben compreso il tono del gioco (se ho capito bene quello che volevi dire). In questo caso, la soluzione migliore dipende un po' da come stanno le cose. Se uno o più dei giocatori hanno un'idea sul tono del gioco che contrasta con l'idea del GM, se ne parla un attimo e si chiarisce come stanno le cose e che aspettative ci devono essere. Se tutti i giocatori hanno l'aspettativa che il gioco sia leggero e umoristico, forse è il DM che dovrebbe rivedere le proprie aspettative; viceversa, se tutti vogliono fare la campagna seriosa e uno solo dei giocatori rovina l'atmosfera facendo il c*glione, è lui che dovrebbe adeguarsi. Parlarne è l'unica cosa che risolve il problema - dirgli di tirare la prova di Carisma e poi ignorare il tiro invece è una soluzione che cura il sintomo ma non la causa. Quello che intendevo non è tanto che il DM debba annunciare ogni volta che bara - è più una cosa tipo "i giocatori sanno che il DM ogni tanto può barare per favorire la storia e sono d'accordo", anche se non sanno esattamente quando. Come è esemplificato dalla tua frase iniziale ("Se il barare porta a risvolti inaspettatamente avvincenti e coerenti, allora per me barare cessa di rappresentare un problema"). Insomma, nel tuo caso va tutto bene. Se al tuo tavolo tutti i giocatori la pensano come te, e vi trovate bene così, non c'è niente di male se il DM bara. Ma questo perché voi siete d'accordo che il DM lo faccia e siete soddisfatti della situazione. Quello che viene criticato è il DM che bara di nascosto, facendo credere che non lo sta facendo - perché a qualcuno potrebbe dare fastidio. Tipo, io non vorrei. Però sono io. Accetto che altri possano vederla diversamente. Se ti capita di leggere il resto fammi sapere cosa ne pensi! (Comunque ho parlato anche di The Forge) Molto provocatoria! In un certo senso è vero, hai ragione. E per certi versi, nella mia esperienza, riconosco che effettivamente ci sono giocatori (soprattutto quelli più giovani) che si approcciano al gioco di ruolo più o meno come ci si approccerebbe ad un videogame (a livello di aspettative, modo di giocare etc). Tuttavia, rispondo a questa cosa come rispondo a quelli che osservano che il dungeon crawl non ha senso - " a quel punto, perché non giocare ad un boardgame?". Perché il boardgame o il videogioco non sono la stessa cosa di un gioco di ruolo. È vero, il video game ha delle caratteristiche che lo rendono un mezzo interessante per esperire una storia predeterminata vissuta in prima persona; però mancano altre cose. Manca, ad esempio, l'aspetto sociale. Oppure: alcuni giocatori potrebbero vedere come un pro il fatto che nel gioco di ruolo sei "costretto" ad immaginarti cose. Quindi sì, da una parte ti do ragione; dall'altra, riconosco che le motivazioni per giocare ad un gdr sono complesse, possono essere anche molto diverse dalle mie, e non è detto che un giocatore sarebbe ugualmente o maggiormente soddisfatto con un videogame. Senza contare che trovo "non ha senso giocare così ad un gdr, gioca a un videogame" un atteggiamento molto paternalistico e dismissive.
  3. Ho letto la parte sul railroading. Secondo me è legittimo che possa piacere, inoltre basta che ci sia l'accordo nel gruppo e tutti siano consapevoli di che gioco si sta giocando. Una considerazione provocatoria. I videogame lo fanno meglio. Narratori spesso migliori rispetto al vicino di casa o dell'amico, senza contare che le parti dei vari PNG spesso sono pure fatte da attori professionisti; eliminata la necessità di immaginarsi nella testa il mondo di gioco, visto che viene visualizzato; immediatezza assoluta, si sostituisce un solido manuale con 40 pagine di regole con un motore di gioco che non è un problema del giocatore; l'apprendimento viene seguito attraverso tutorial e il tempo di addestramento necessario per coordinare dita; non è necessario il coordinarsi per trovare il tempo di giocare. Molto più utili e meno provocatorie alcune definizioni dal Provisional Glossary di The Forge (roba del 2004 ): Railroading Control of a player-character's decisions, or opportunities for decisions, by another person (not the player of the character) in any way which breaks the Social Contract for that group, in the eyes of the character's player. The term describes an interpretation of a social and creative outcome rather than any specific Technique Force The Technique of control over characters' thematically-significant decisions by anyone who is not the character's player. When Force is applied in a manner which disrupts the Social Contract, the result is Railroading. Originally called "GM-oomph" (Ron Edwards), then "GM-Force" (Mike Holmes).
  4. Sì, sì, ma infatti su tutto questo siamo perfettamente d'accordo. Pure io ho concordato nei miei precedenti post a questo articolo su queste cose. Sono, in particolare, d'accordissimo sul fatto che le teorie forgite hanno contribuito a migliorare notevolmente i Gdr tradizionali. D&D 5a, ad esempio, deve molti dei suoi punti forti allo spirito che le teorie forgite hanno originato. Basta anche solo considerare la sua notevole semplificazione rispetto alle ultime 3-4 edizioni di D&D..... Sul fatto di chiamare Gdr "forgiti", non l'ho fatto per mancanza di rispetto... Semplicemente non sono perfettamente sicuro su come chiamarli per rendere perfettamente chiaro di che giochi stiamo parlando (come tu stesso riconosci, c'è molta confusione in giro fra giochi indie e giochi tradizionalisti e, mi sono reso conto, parlare di giochi non tradizionalisti non aiuta molto a chiarire le categorie). So che i fan delle teorie forgite in genere si riferiscono ai giochi nati per corrispondere a quelle teorie con l'espressione New Wave, ma non sono sicuro al 100% che il termine sia perfettamente valido per rappresentare la categoria. Sì, pure io credo che le CA siano compatibili, in quanto uno stesso giocatore può avere interesse per CA diverse. Una persona potrebbe essere sia Simulazionista che Gamista e trarre interesse da entrambe le esperienze di gioco. La teoria forgita ha eccesivamente astratto il concetto di CA, andando a creare categorie perfettamente spearate che, però, nella realtà non sono necessariamente così separate..spesso sono anzi mischiate fra loro. E questo che intendevo prima con il "astraendo troppo si rischia di parlare di aria". Le 3 CA sono buone categoriazzioni astratte che, però, molto raramente possono essere trovate perfettamente così divise nel mondo reale. Potendo le persone avere interessi, per più cose contemporaneamente, anche se di grado differente, può essere tranquillamente fattibile che giocatori, ad esempio, in particolar modo gamisti siano interessati anche a esperienze, non so, narrativiste. Come tu dici, il problema nasce solo quando non si è del tutto proprio "sulla stessa pagina". Ma è, comunque, sempre una inconciliabilità fra i gusti dei gicoatori, non sulle 3 CA di per sè. Se in un gruppo tutti sono interessati a giocare in modo Gamista e tu non lo sei, inevitabilmente non sarai mai in sintonia con gli altri (mi è capitato personalmente). La compatibilità dipende dalle persone, più che dalle CA, secondo me. Ma, in effetti, D&D 4a è stato un flop in particolare proprio per quel motivo. Cercare di dare una impronta chiaramente Gamista al gioco, ha spinto a creare un regolamento che è finito con l'essere troppo radicalmente diverso da quello a cui la media dei giocatori di D&D si era abituata. Sì, garantire un sistema che favorisce una certa esperienza di gioco è importante (fino a un certo punto, tuttavia, secondo il mio modo di pensare), ma non bisogna mai pensare di poter fare i conti senza l'oste. Come ti dicevo altrove, non bisogna mai sottovalutare e dimenticare il fattore umano. I giocatori di D&D erano abituati a un gioco che non imponeva loro una specifica CA (non sapevano e molti ancora non sanno cosa significa Creative Agenda, per di più), ma a un gioco che consentiva loro di spaziare liberamente verso una o l'altra esperienza, a seconda del loro gusto (anche se imperfettamente; c'è un motivo se la gente è pronta così tanto a difendere a spada tratta l'imperfezione di cui sono tanto appassionati ). Quando i designer di D&D hanno proposto loro un gioco che li costringeva a giocare in un modo solo, presentando meccaniche troppo diverse da quelle a cui si erano abituati, il risultato è stato il rifiuto. Ai giocatori di D&D non interessa un regolamento che favorisca la CA gamista. Vogliono un gioco che consenta loro di giocare alle campagne che vogliono, a prescindere dalla CA da loro scelta. La 4a edizione è stata vissuta come troppo distante dall'abitudinario e come un entrare a gamba tesa nell'autonomia creativa dei giocatori. Sì, è vero, avere un regolamento che favorisca un'esperienza di gioco è importante. Ma in questi anni, secondo me, ci si è talmente concentrati su ciò che un regolamento deve favorire, dal sottovalutare il fatto che i giocatori non vogliono nemmeno che un regolamento li limiti più del dovuto. Un gioco deve favorire, ma non deve limitare. Se un gioco viene percepito come limitante, lo si ignora o lo si modifica. E la limitazione non è una cosa che nasce solo dalla mancanza di regole che favoriscano una certa esperienza, ma anche dalla decisione dei designer di imporre una certa direzione al regolamento di un gioco. Credo sia questo, se ho ben capito la tua esperienza personale, ciò che hai vissuto con Dogs in the Vineyard. Hai percepito che il regolamento contribuiva a spezzare l'immersività, se ho capito giusto, in quanto le meccaniche entravano a gamba tesa nella tua personale esperienza di gioco, limitando la tua immersività. E' la stessa cosa che ho pure io percepito con Cani nella Vigna. Il regolamento favoriva un'esperienza, ma mi limitava nell'immersività. Non so, ti riferisco le definizioni che mi sono state spiegate da diversi fan delle teorie forgite su un altro forum, almeno un paio di anni fa. Non ho idea se corrispondano o meno perfettamente alla definizione originale di Edwards. Leggendo in giro, semplicemente, fin ora non ho mai avuto una smentita, quantomeno.... Credo che non riusciremo mai ad avere una certezza definitiva sulla cosa.... In ogni caso, nel Simulazionismo credo proprio sia coinvolto anche l'esplorazione del PG. Da uno dei siti che hai pure tu citato, ecco la pagina del Big Model: http://rpgmuseum.wikia.com/wiki/The_Big_Model Riguardo alla Spiegazione del Simulazionismo si può leggere: "Simulationism The Right to Dream focuses on the elements of exploration as things unto themselves. This creative agenda emphasizes appreciation for nuanced development of character, setting, and color to no other end than creating a holistically consistent experience. While one simulationist creative agenda may emphasize realism, another may attempt to emulate "four-color" superhero action. Whatever the target, the goal is to create an experience that neatly fits its parameters." Da quello che mi è stato spiegato, il Simulazionismo è una categoria molto ampia in cui rientrano una grande quantità di categorie diverse, tutte interessate però a sperimentare in maniera concreta un aspetto del mondo immaginario. Alcuni hanno interesse a "vivere" il mondo di gioco, altri a "vivere" il PG, altri a "vivere" le esperienze collegate a uno specifico genere. Anche il modo in cui questa esperienza è vissuta, può cambiare da giocatore a giocatore. Spesso capita che i Simulazionisti abbiano interesse a sperimentare un po' tutte queste cose. Su queste basi posso dirti, ad esempio, che io sono in particolar modo Simulazionista. A me piace esplorare cosa significa giocare in un mondo gotico, mi interessa poter vivere cosa significa essere un pistolero negli USA del 1800, mi interessa riflettere su cosa significhi essere un vampiro, mi interessa esplorare le implicazioni del carattere e del passato del mio PG, mi interessa giocare a una Terra di Mezzo corrispondete il più possibile a quella dei romanzi. Sono gamista, invece, quando si tratta di giocare a campagne politiche, in cui il gioco s'incentra sulla scalata di potere del gruppo di PG. Sì, quello che dici è verissimo. Quando ho scritto che si rischia di parlare di aria (non di aria fritta), mi riferivo alla tendenza ad astrarre sempre più, fino a confondere la definizione astratta con la realtà. E' vero che i forgiti hanno introdotto il concetto del parlare di "esperienze di gioco giocato", ma se tali esperienze le si espone a partire da modi di schematizzare la realtà non più coerenti con la realtà stessa, il rischio è quello di finire con il parlare di cose non più reali....e di scegliere solo gli esempi di "gioco giocato" che provano la teoria di cui già si è convinti, facendo finta che non esistano tutti quei casi che smentiscono l'esistenza della teoria nel mondo reale. E' quello che hai percepito riguardo alla questione delle 3 CA, descritte come incompatibili. La divisione delle passioni dei giocatori in 3 CA è ottima, perchè aiuta a comprendere 3 aspetti che prima si sottovalutavano. Nel mondo reale, tuttavia, le 3 CA non esistono in maniera così distinta come nella teoria. Chi cerca di descrivere la realtà come semplicemente costituita da gruppi separati di giocatori gamisti, giocatori simulazionisti e giocatori narrativisti, si è molto probabilmente talmente convinco dell'assolutezza e veridicità della sua teoria da aver iniziato a parlare di aria (definizioni astratte) e non più della realtà. Parlare del "gioco giocato" è importantissimo, ma a volte non basta.
  5. @SilentWolf avevo tralasciato di rispondere ad alcune cose per mancanza di tempo, e ieri sera era la serata D&D Non credo che fossero in molti a pensare che i giochi non tradizionali (ti invito a non usare il termine giochi "forgiti", perché in realtà pochi gdr non tradizionali sono forgiti in senso stretto) avrebbero letteralmente sostituito i giochi tradizionali. Forse c'era anche qualche pazzo che lo pensava, non lo so; se c'era, si trattava di uno squilibrato che aveva evidentemente perso il senso della realtà. I giochi non tradizionali sono stati (e sono adesso) troppo di nicchia rispetto ai giochi tradizionali per pensare che potessero/possano sostituirli. Tuttavia ci sono un paio di appunti da fare. I giochi non tradizionali non hanno certamente *sostituito* i giochi tradizionali, però sono stati tutt'altro che irrilevanti. Idee introdotte o popolarizzate dai giochi non tradizionali si sono fatte strada nei giochi tradizionali. Quindi anche se non li hanno sostituiti, non pensare che non abbiano contato niente. Hanno avuto una notevole influenza nel settore. Se non vuoi, l'ispirazione in D&D 5E può essere vista come una meccanica vagamente forgita (molto alla lontana, ma considerando che stiamo parlando di D&D, non è poco). Nella DMG, nel capitolo mi pare 9 (il dungeon master's workshop insomma) ci sono parecchie regole opzionali che sono di palese ispirazione forgita (es i plot points). E indovina un po' chi scriveva su the forge nel 2002 con il nick mearls? Già, Mike Mearls. Allo stesso tempo, penso che la teoria forgita in senso stretto (cioè così come è formulata, con le tre creative agendas incompatibili tra loro e il gioco "fatto bene" che si concentra sul soddisfarne solo una) non rispecchi perfettamente il gioco reale. Cioè - penso che sia vero che le persone traggano il proprio divertimento da fonti diverse; questo rispecchia la mia esperienza di gioco. E penso anche che le tre CA siano buone approssimazioni per queste fonti di divertimento (anche questo rispecchia la mia esperienza). Quello che non rispecchia la mia esperienza è la loro incompatibilità, sia a livello di gruppo che di singolo giocatore. I giocatori reali che ho conosciuto privilegiavano magari la visione del gdr come esperienza di gioco, però non è che le altre fossero irrilevanti per loro. Cioè, magari il gdr per un giocatore era prevalentemente un'esperienza di gioco, però comunque gli poteva interessare, in minor parte, anche della storia (per dire); magari non era la sua priorità, però se non ci fosse stata l'avrebbe visto come una diminuzione della "completezza" dell'esperienza di gioco (un forgita mi risponderebbe che questo è irrilevante: "It’s like saying because you had lettuce in your hamburger, you were eating vegetarian" e io ri-rispondo: "ok, non abbiamo mangiato vegetariano, però ai miei giocatori l'hamburger senza la lattuga sarebbe piaciuto meno"). Anche a livello di gruppo più o meno valeva lo stesso - nel senso, essere tutti sulla stessa pagina è *fondamentale* per avere un'esperienza godibile (es. come tono del gioco, stile di gioco, etc etc), però nella mia esperienza non è così vero che tutti dobbiamo dare la priorità assoluta allo stesso aspetto del gioco altrimenti non ci divertiamo. Sì, poi c'è anche il giocatore che vuole la storia, e si annoia quando il tavolo si sofferma sugli aspetti più "giocosi" - come c'è quello che vuole solo giocare, e si annoia quando "non si combatte" - però, almeno nella mia esperienza, questi giocatori sono più l'eccezione che la regola. Tipo, al mio tavolo ci sono stati regolarmente giocatori dalle CA incompatibili, però quando es. capitava il combattimento emozionante, interessante dal punto di vista "giocoso", ci esaltavamo tutti; quando capitava, nel caos organizzato del sandbox, che venisse per caso fuori una storia emozionante, eravamo tutti contenti (me compreso, che pure della storia mi interessa il giusto). Non ho idea se il mio caso sia riconducibile alle teorie della forgia oppure no - per come l'ho capita io, no; magari però non le ho capite bene, non so. Io comunque penso che questa situazione sia molto diffusa. Per esempio, D&D 4E è (secondo molti e anche secondo me) un gioco di forte ispirazione forgita - è un gioco di impostazione super gamista, dove qualunque altro aspetto che non fosse funzionale alla visione "questo gdr è un gioco" fu eliminato. Non me ne vogliano gli appassionati, ma D&D 4E è un "gioco per computer su carta" (se mi concedi l'ossimoro). E infatti i forgiti parlano benissimo di D&D 4E (davvero!), perché secondo le teorie forgite è un gioco fatto bene. Eppure D&D 4E è stato anche un flop. Anche i giocatori più "gamisti" l'hanno odiato, a detta di molti perché gli mancava qualcosa: non sembrava più un gdr. Forse qualcuno direbbe che D&D 4E è odiato perché i giocatori tradizionali "mentono" e non sanno cosa vogliono (del resto noi poveri giocatori tradizionali facciamo solo finta di divertirci). Certo, si può discutere sul fatto che D&D 4E sia stato un flop anche perché era "troppo diverso" - sicuramente le cause del flop della 4E sono complesse e multifattoriali, alcune sono da ricondurre anche a un mismanagement che c'è stato da parte della WotC. Secondo me però è da ricollegare anche a questa cosa qui sopra. Detto questo, come ben sai, penso lo stesso che il regolamento di un gioco sia molto importante per favorire una certa esperienza di gioco. Quella di narrativismo è un po' diversa per come l'ho capita io, ma preferisco non parlare di cose che non so. Su quella di simulazionismo non sono sicuro di quale sia la definizione "giusta" (sebbene sia la CA in cui forse mi riconosco di più), però non credo che ci sia questa cosa dell'esplorazione del personaggio con le sue motivazioni - è più un discorso di esplorare una realtà fittizia o addirittura un genere (letterario, di cinema etc). Per esempio, magari la mia CA simulazionista ha a che fare con il simulare Tolkien: in questo caso io godo tantissimo se riesco a trovare un modo per simulare esattamente le atmosfere e i racconti di Tolkien nelle mie partite. Questa almeno è come l'ho capita io. Talvolta il simulazionismo ha a che fare con il realismo, ma non è detto. Poi boh, se sei curioso chiedi a qualcuno che ci capisce di queste cose Molto vero. Nell'ambito delle discussioni sembra che si parli di aria fritta, ma in realtà non è così. Al contrario, è tutto molto concreto. Per esempio, nell'ambito della forgia fu introdotto il concetto dell'actual play - per discutere dei giochi, è necessario riportare dei "log" del gioco effettivo, così che se ne possa parlare in concreto. Non sembra, ma molte delle discussioni che si facevano lì avevano le loro basi in fatti concreti - anzi, direi che le teorie della forgia sono nate *perché* loro hanno cercato di confrontarsi con il gioco effettivo, reale, invece che con un concetto idealizzato di gioco che non esisteva. Da un certo punto di vista, l'intero movimento di The Forge è nato perché un po' di gente ha notato che sul manuale di Vampire: The Masquerade c'era scritto che era un gioco dove contava la storia etc etc, e poi però giocavi *concretamente* e non era vero niente. E si è inc*zzata perché le aspettative non reggevano al gioco concreto, reale. Non so se mi segui. @Lord Delacroix Grazie. Faccio notare comunque che è verissimo che io ho consigliato talvolta di cambiare sistema, ma io consiglio di cambiare sistema quando penso che l'altra persona sarebbe più soddisfatta con l'altro sistema. Cioè, non è che consiglio di cambiare sistema per sport, o per il gusto di far smettere la gente di giocare al sistema X; lo faccio quando mi rendo conto che una persona vuole fare una cosa, ma sta usando un sistema con cui quella cosa non viene molto bene. E tante volte lo so per esperienza personale che La Cosa non viene bene perché l'ho provato. Tipo, io consiglio spessissimo Dread per i one shot horror - ma non è che lo consiglio a caso, lo consiglio perché ho provato diverse volte a fare le stesse cose con altri sistemi, ma con Dread mi è venuto meglio. Poi c'è quello che mi dice "eh ma con D&D viene bene uguale" - Ah sì? Hai provato a fare i one shot horror sia con D&D che con Dread? Perché io provato entrambi e nella mia esperienza non c'è paragone - per cui mi permetto di dissentire. E per la cronaca, ci sono state anche persone (anche su questo forum) che mi hanno ringraziato per avergli fatto conoscere dei giochi che erano più adatti a loro. Io da parte mia sono contento se sono riusciti a trovare giochi più affini ai loro gusti.
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