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Dragons´ Lair

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Joram Rosebringer

Circolo degli Antichi
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Tutti i contenuti pubblicati da Joram Rosebringer

  1. Aixela aprì gli occhi di scatto. «No... no... no...» Cominciò a dire senza motivo appernte. Vide la sua spada accanto a sè... ma soprattutto vide in kender a terra. Perché l'aveva fatto? Perché? La risposta arrivò da sola: è un kender. Eppure avrebbe giurato che non era prprio coem tutti gli altri. Afferrò l'elsa guardando la lama brillare, la rimise nel fodero, come a voler nascondere vergognosamente quella sua caratteristica. Poi riportò gli occhi sul kender. Non riusciva ad immaginare quello che poteva aver visto, come non era mai riuscita ad immaginare quelloc he aveva visto Trebor quando impugnò la sua arma nel tentativo di salvarle la vita. Lui le disse solo che era la cosa più brutta che avesse provato in tutta la sua vita... anche se non aveva la minima idea di cosa fosse. Si chinò sul kender. Poi il suo sguardo corse alla piccola elfa che la guardò con fare colpevole, come se avesse fatto qualcosa che non doveva fare. «Cosa c'è, piccola?» La bimba la guardò ancora prima di risponderle, poi le disse: «Anche io ho toccato la tua spada.» Aixela sgranò gli occhi.
  2. Papà era davanti alla mamma. Com'era bella! Dicevano che i morti diventano brutti invece la mamma era ancora bella. Dopotutto papà diceva che ancora non era morta, ma che stava dormendo e che quella sera si sarebbe svegliata. Che bello! Era sempre immobile dentro quella teca di cristallo che stava sempre sottoterra. Ogni volta che le parlava, mamma non rispondeva. Pensava di deluderla, che non volesse sentirla. Era stato papà a dirle che doveva riposare perché era stanca. Da allor l'aveva accudita con tutte le attenzioni possibili, aspettando il giorno in cui si sarebbe svegliata, un giorno che papà stava progettando da tempo. Ed il giorno era arrivato. Mamma stava per svegliarsi. Ma... non sa... è come se qualcosa l'avesse scaldata. E infreddolita. Sentiva il suo corpo percorso da qualcosa, come un fuoco... come ghiaccio. Vide le sue spalle illuminarsi come facevano sempre le mani di papà. Vide papà allargare gli occhi come se avesse paura, se avesse capito che le cose non andavano bene. E guardava lei. Gli occhi terrorizzati. E guardava lei. Gli occhi consapevoli. E guardava lei. Gli occhi spalancati... la luce... la luce... la luce! Accecante! Poi buio. E di nuovo la luce. Ma stavolta soffusa. E il corpo di papà a terra, immobile. E la mamma... orrenda! Orrenda! Lo hai ucciso... lo hai ucciso... lo hai ucciso... ... li hai uccisi! Hai ucciso la bimba! Non sono stata io! Non ci sei stata. Non è colpa mia! L'hai uccisa! ... E nell'oscurità la spada cominciò a brillare leggermente.
  3. Nome: Aixela Razza: Umana Classe: Guerriero (Stregone a modo mio) Appena nacque la madre morì di parto. Il padre non si diede pace e, dal momento che era un potente Mago (Stregone), passò la vita a cercare un incantesimo che potesse far risorgere la moglie deceduta. Finalmente lo trovò e, convocata Aixela per l'avvenimento, mise in pratica la sua magia. L'esperimento sembrò funzionare, ma la presenza di Aixela stravolse tutto e i flussi magici si rivoltarono contro di lui, uccidendolo. La causa di tale incidente era proprio Aixela: lei infatti, per il fatto di essere figlia di uno stregone, era una catalizzatrice di magia. Pur non potendo usarla, essa la incanalava dentro di lei e la percepiva, pur se a livello di sensazioni e di immagini fugaci (giuro che non avevo ancora visto "Unbreakable"!). Passò la vita accudita dall'oste di una taverna dove lavorò coltivando la passione per le spade e per i Cavalieri di Jamalièl. Finché venne la sua occasione e partecipò a delle prove per entrare a far parte del loro corpo. Ma, dal momento che lei era omosessuale, le fanno fallire la prova finale. Il villaggio viene a sapere della sua "diversità" e la isola. Vaga di villaggio in villaggio, finché trova lavoro presso un fabbro che diventa come un padre per lei. La sua giovane età e la sua passione la fanno diventare in breve tempo più brava di lui e per questo lui stesso le commissiona la forgiatura della Lama Perfetta, la spada destinata al capo dell'Ordine dei Cavalieri di Jamalièl. Si mette con impegno sul lavoro. Un giorno si taglia il polso accidentalmente e sviene, perdendo molto sangue, il quale va a finire nel metallo fuso per la forgiatura della spada. Viene salvata dal fabbro. Dopo pochi giorni riprende il lavoro e finisce la spada. E' bellissima e perfetta. Ha solo un leggero colore rosso dovuto al suo sangue. Ma lei non sospetta nemmeno che il suo sangue sia finito nella spada. Il giorno in cui deve consegnarla succede il fattaccio. Il Cavaliere arriva e, come da usanza, entra da solo nella fucina, seguito dal fabbro. Vede la spada sul tavolo e ne rimane estasiato. Ma, prima di toccarla, il fabbro, pensando di fare una cosa giusta, dice che il merito di cotanta perfezione e bellezza è tutto di Aixela. Il cavaliere la riconosce come la "lesbica" e si rifiuta di impugnare una lama fatta da una "diversa". Estrae la sua spada e tenta di ucciderla. Ma lei si difende e lo uccide con la Lama Perfetta. Il fabbro, sapendo che non le avrebbero mai creduto, la fa fuggire. In seguito a varie peripezie incontra Trebor, un ladruncolo che si innamora di lei, cercando di contuistarla in tutti i modi finché scopre che lei è omosessuale. Da allora le sta sempre accanto per proteggerla ed insieme fanno una coppia affiata a e formidabile. Note per Aixela: La spada non può essere impugnata da nessuno. Il sangue di Aixela ha fatto in modo che il metallo acquisisse un po' della sua natura magica. Chi impugna la spada prova un irrefrenabile desiderio di lasciarla subito. Tutti quelli che l'hanno toccata dicono che è stata l'esperienza più brutta della loro vita. Se non la si lascia si rischia la pazzia perenne. Nessuno di quelli che l'ha toccata riuscirà a farlo una seconda volta. La spada è anche l'unico modo che ha Aixela per lanciare magie... solo che lei ancora non lo sa. Aixela ha due segni sulle spalle (uno per spalla). Sembrano tatuaggi ma nessuno glieli ha mai fatti: ci è nata così. La loro natura è un mistero. Equipaggiamento Aixela: Lama Perfetta dei Cavalieri di Jamalièl Fodero Pugnale (infilato nella cintura) Sacchetto con monete d'oro. E' vestita con una camicia blu e dei pantaloni di cuoio chiaro. Ha una cintura di cuoio scuro. Gli Stivali sono leggermente più scuri dei pantaloni. Indossa un mantello da viaggio logoro di colore Blu con cappuccio. Nella stanza della locanda dove alloggiava ha il suo zaino con razioni da viaggio, mappe e denaro. Inoltre ha la sua armatura di cuoio. Note per Trebor: E' sempre allegro e pronto alla battuta, ma diventa subito serio se qualcuno gli tocca Aixela. Sin da piccolo ha vissuto da reietto fuggendo dal suo villaggio natale per scappare alle angherie dei genitori che lo volevano contadino. E' un ladro abilissimo e sa padroneggiare la spada in maniera quasi eccellente, pur preferendo il suo arco, costruitio con le sue stese mani. Equipaggiamento Trebor: Spada lunga Fodero Pugnale (nella cintura) Pugnale (nello stivale) Armatura di cuoio Sacchetto con monete d'oro E' vestito con la sua armatura di cuoio. Sotto ha una maglia nera a maniche lunghe. I pantaloni sono di cuoio scuro, così come gli stivali. Porta un mantello da viaggio nero con cappuccio. Nella stanza della locanda dove alloggia ha il suo zaino con pasti, denaro, mappe, strumenti da scasso, borsetta del guaritore. Inoltre ha il suo arco e la faretra con le frecce.
  4. Fu Trebor a vedere Sturmir correre indietro. Capì immediatamente che qualcosa non andava. E guardandosi intorno si avvide subito della grande assenza. «I bambini!» Esclamò allarmata Aixela. Già, i bambini. Trebor di fermò di scatto e cominciò a correre indietro, seguendo il nano. Vide che anche lei stava tornando indietro. In quel momento gli venne in mente la magia di Sturmir, il fatto che l'avrebbe usata contro l'avversario che aveva percepito la sua Aixela... e la sua mente volò al racconto che lei gli aveva fatto, di come era morto il padre, di come la sua magia fosse andata fuori controllo. E lei sentiva che era per colpa sua, di essere stata lei ad alterare i flussi, pur se, come al solito non capiva come. I tatuaggi. La spada. Le sue percezioni. La morte del padre. Le cose cominciavano ad andare la loro posto. Forse sbagliava, ma... tentare non nuoce, no? Senza l'aiuto di Aixela sapeva che l'eventuale battaglia sarebbe stata difficile... ma con lei sarebbe stata pericolosa nel momento in cui Sturmir avesse deciso di lanciare il primo incantesimo. Trebor si girò di scatto e colpì Aixela dietro al collo, una mossa esperta che aveva imparato nei suoi lunghi anni passati a rubacchiare in giro. Lei si accasciò quasi subito al suolo con uno sguardo interrogativo sul volto colmo di dolore e sorpresa. Come poteva lui averle fatto una cosa simile? Svenne di nuovo, ma Trebor la raccolse prima che potesse toccare terra. Tremava come una foglia e le lecrime cominciarono a bussare agli occhi. «Scusa piccola, ma è per il nostro ed il tuo bene.» Fermò Perenor. «Ti prego... portala via con te... e abbi cura di lei.» Il chierico la prese in braccio, stupito. Poi Trebor le diede un bacio sulla fronte e si allontanò di corsa seguendo Sturmir, la spada sguainata in mano.
  5. [OOG: Per Aixela andate qui: http://www.dragonslair.it/forum/viewtopic.php?p=60706#60706]
  6. [OOG: In effetti abbiamo tutti un po' esagerato con i personaggi. E credo anche con la storia. La mia Aixela era una normale guerriera (Trebor rimane un normale ladro), ma quando ho visto che tutti aveva qualcosa di speciale e di potente, allora ho attinto al suo passato per farla diventare qualcosa di più anche se, oltre determinate capacità (che non sono ESP: Wolf sa perché lei percepisce determinate cose), non ha la possiblità di "fare male". Mi sembrava più adatta una storia più interpretativa. Se pensate sia opportuno si potrebbe ricominciare da capo. E tutti senza capacità speciali (tranne ovviamente maghi, stregoni e affini)]
  7. Trebor ridacchiò sommessamente, divertito. «Aixela... riposare? Non lo fa neanche da svenuta, fidati.» Si avvicinò al chierico e gli diede un'amichevole pacca sulla spalla. Lo guardò negli occhi e gli fece un cenno di ringraziamento, il massimo che il suo orgoglio maschile potesse mostrare. Ma si notava la gratitudine immensa che provava verso chi l'aveva riportata a lui. Lei si alzò in piedi, mostrando sicurezza. La mano corse alla spada, carezzandola ancora una volta, come se fosse stata l'arma ad essere svenuta e non lei. Guardò Trebor e poi tutti i presenti e si sentiva vagamente a disagio sapendo di essere lei il centro delle attenzioni. Ma nonostante questo... non sa... gli entrarono nella mente delle parole sconosciute... Otto son uno, come l'albero e le radici. L'Ombra nella notte, viva come la foresta in fiore, cerca la sfida e soffre il passato. L'Esulo della terra, come la terra è piu' forte nel profondo, e guarda la strada. Il viaggiatore mai stanco, come il vento del tempo, porta notizia e scompiglio. L'Angelo e Il Guardiano, il sereno e la tempesta, fendono l'aria ma si racchiudono nel seme. La Sfera di Cristallo, calma come il mare, ma solo se il vento tace. L'Astuto, forte come una roccia, ma in balia della montagna. Il Seguace, novizio della vita, ora di nuovo trova la sua fede e cura il futuro. L'Angelo e il Guardiano. Le suonava familiare. Troppo familiare. Poi si ritrovò a guardare il soffitto, il volto alzato verso l'alto. Perché? Non lo sapeva. Ma era sicura di una cosa. «Non uscite di qui!» Disse a tutti, cercando di tenere la voce più bassa possibile, come se qualcuno o qualcosa di cui ignorava la natura la potesse sentire. I suoi occhi vagavano per la sala, come a cercare la presenza che avveritva, ma l'istinto le faceva guardare il tetto. le vennero in mente immagini di... «Catene... catene intorno alla casa...» Barcollò un attimo. Trebor la sorresse immediatamente, felice di averla soccorsa lui stavolta. Già in passato aveva fallito nell'aiutarla. Non voleva assolutamente rischiare di ripetere quell'esperienza. «Piccola, dovresti smetterla di bere.» Le disse sorridendo. «Lo sai che certe cose fanno male alla tua età.» Aixela mostrò un lieve ma sentito sorriso, poi si staccò dalla presa di Trebor con delicatezza, carezzandogli la mano. Il suo sguardo tornò ancora una volta al soffitto. La sua espressione si fece improvvisamente seria e determinata. Dimenticò con una scrollata di capo gli ultimi avvenimenti che le erano capitati, l'elfa ed i suoi tatuaggi, le sensazioni di pericolo, quella frase (profezia), quel kender. Nel vederla così Trebor riconobbe finalmente la donna che amava e che non poteva amare. Un ampio sorriso di soddisfazione gli illuminò il volto: si sentiva orgoglioso di stare accanto ad una ragazza del genere. Guardò tutti i presenti con aria soddisfatta, ammicando ogni tanto un "è amica mia". Aixela non parve accorgersene o semplicemente lasciò correre, come se lo facesse sempre. In piedi nella sala, richiamò l'attenzione dei presenti, facendoli avvicinare. «Non possiamo uscire. Lo so. Non fate domande e fidatevi. Per favore.» Guardò il kender, poi l'elfa. Infine tornò a guardare il soffitto per poi riabbassare lo sguardo sui presenti. «Per esperienza so che (quasi) ogni locanda ha una sorta di magazzino sottoterra che poi porta all'esterno, in una casupola che viene appunto usata come dispensa. Dobbiamo trovarlo ed uscire da lì... armi alla mano.» Sospirò «Non so chi c'è fuori... ma c'è.»
  8. Vecchia sessione. Nel gruppo vi era uno stregone psicopatico (non so definirlo in maniera diversa) che ne combinava di tutti i colori (e pensare che il giocatore era una delle persone più serie che avessi mai incontrato). I personaggi entrano in un negozio di vestiti per comprarsi degli abiti per poter camuffarsi ad una festa. Non avendo abbastanza denaro a disposizione, si mettono d'accordo con il negoziante e decidono per barattare alcuni capi di vestiario. Il guerriero aveva un maglione di lana nello zaino che usava durante la veglie notturne, come fa linus. Non voleva separarsene. Allora lo stregone gli ordina di venderlo. G: «Ma è mio... non voglio lasciarlo!» Lacrimuccia. S: «Dallo via! Forza!» G: «Ma... ma... è anche di pura lana vergine...» S: «Ma quale lana vergine! Quella pecora era una puttana!» ...
  9. [OT oggi non mi passa nulla, quindi faccio un breve intermezzo con il sogno di Aixela. Piccola annotazione: Trebor è un ladro dalla corporatura non troppo grossa anche se ben formata e muscolosa.] Luci... ancora luci... voci... ancora voci... passi? Sangue nsulle sue mani, una richiesta di aiuto ed un soccorritore. La fucina che si allontanava e tutto quel sangue... tutto quel sangue... dove? «Non ho parole per il tuo lavoro, Aixela! Anche la lama ha quel colore particolare. Bellissima sfumatura!» Le aveva detto. Quale colore? Non era una lama normale. Era la Lama Perfetta! Non poteva avere un colore normale. Eppure, era solo stata forgiata come tante altre lame. Più attenzione. Più cura. Più precisione. Niente magia. Eppure... eppure... ... tatuaggi... segni... un'esperimento. La mamma! La mamma! Morta di parto. La vita e la morte a lei. Papà... come si strugge! Non può farci nulla. E' potente papà. Fa cose che nessuno sa fare. Ma mamma rimane morta. Papà sa come fare. Non è pronto, ma lo sa. Lo fa. Sente cose strane. Sente. Vede. Tocca. Tutto e niente. Poi. Papà morto, gli occhi stupiti fissi su di lei, come se fosse sua la colpa. Segni luminosi. Tatuaggi? ... Aixela aprì gli occhi. «Perenor, vero?» Tese la mano, alzandosi a sedere con poco sforzo. «Aixela. Grazie per l'aiuto.»
  10. Trebor mise mano alla spada. Perse il suo sorriso beffardo, mentre gli occhi puntavano l'elfo davanti a lui. Gliel'avrebbe fatta pagare. Lo avrebbe fatto subito, anche a costo della sua vita. Nessuno poteva fare del male alla sua Aixela! Vide l'elfo mettere la mano sotto il mantello e capì che avrebbe reagito all'attacco e che forse era preparato ad una sua reazione. Ma nessuno sa quello che lo lega a lei. Nessuno. Quindi lei deve averlo avvertito. Si china sul corpo svenuto di Aixela e la vede respirare regolarmente, il volto rilassato in quello che sembra un sonno tranquillo. Nessuna traccia di ferite, nessuna percossa, se non qualche cicatrice vecchia. Guardò l'elfo e sussurrò un "grazie" appena accennato. Solo allora si rese conto che la piccola elfa stava guardando la spalla di Aixela... e solo in quel momento si accorse che sotto la camicia i segni che aveva sulle spalle brillavano. E con essi la spada.
  11. «Sì... ho ucciso.» Disse Aixela come per voler convincere se stessa. «E questa spada è il mio premio.» Un sorriso amaro le disegna il volto. «Ero solo una cameriera in una locanda, quando vennero affissi gli avvisi: si crecavano persone per formare un nuovo corpo di Cavalieri di Jamalièl. «Raccolsi subito l'invito. Stavolta erano ammesse anche le donne ed io sin da piccola sognavo di poter brandire una spada con la loro effige. «Mi sottoposi alle prove. Le superai tutte. Ero in cima alla lista. «Mi fecero fallire l'ultima a causa della mia diversità.» Guardò l'elfo divertita. Fece in gesto di diniego con la mano. «No, nulla a che fare con queste mie capacità che non conosco. Sono diversa perché... be'... diciamo che mi piacciono le donne. Ed avere una del genere nel corpo dei Cavalieri era un disonore. «Così mi fecero fallire la prova finale.» Il suo pugno si chiuse per la rabbia. Strano vedere un atteggiamento di rabbia così aperta in lei. Era stata calma per tutto il racconto. Fece un profondo sospiro e continuò: «Il villaggio venne a sapere del motivo per cui falii la prova e cominciarno ad evitarmi. Me ne andai, vagando per vari posti finché venni accolta da un fabbro. Mi offrì casa e lavoro. «Fabbricai spade e armi di tutti i tipi. Finché ci venne commissionata la Lama Perfetta dei Cavalieri di Jamalièl, la spada destinata al capo dell'ordine, una spada senza eguali. «Il fabbro mi fece fare tutto da sola, sapendo quanto ci tenessi. Rischiai anche la vita nel fabbricarla, tagliandomi involontariamente un polso e perdendo moltissimo sangue. Ma alla fine ci riuscii. «Venne il Cavaliere a prendere la sua arma. Appena la vide rimase estasiato. Si complimentò col fabbro. Ma lui fece l'errore di volermi dare il merito di tutto. «Il Cavaliere mi riconobbe. E non accettò il fatto che un essere impuro come me avesse forgiato la Lama Perfetta. Sfoderò la sua arma, rifiutandosi di toccare quella nuova e cercò di uccidermi.» Gli occhi si fecero lucidi. Il pugno tornò a stringersi mentre l'altra mano carezzava di nuovo la spada. «Non so come. Reagii istintivamente e lo uccisi... con la Lama Perfetta.» Posò gli occhi sull'arma al suo fianco, continuando a carezzarla, come se fosse una figlia. «Da allora sono ricercata. Nessuno crede alle parole di una... "diversa".» Pronunciò la parola con difficoltà. «Tranne Trebor.» Sospirò. Non sapevo perché aveva raccontato tutto. Ma quella cittadina e soprattutto quell'individuo sembravano avere risposte alle sue eterne domande. Chissà... forse... ... un lampo... una visione di statue di carne viva... non carne... ma calore... una piuma... un piccolo essere... parole... parole... conosciute... sconosciute... voci... Aixela svenne.
  12. Lo aveva seguito fin sul lato della casa senza dire una parola, nella sua mente soltanto la confusione e la determinazione di non lasciarla trasparire. Appena arrivarono accarezzò la spada per più di una volta, come se l'elsa fosse un cagnolino affettuoso, una parte di lei. Ascoltava le parole dell'elfo con interesse, assumendo un'aria fredda per cercare di non far trasparire la sua delusione nel vedere che lui non aveva intenzione di aiutarla. Perlomeno questo aveva capito. Nascose un sorriso quando egli fece apprezzamenti sul fatto che, essendo donna, poteva dare solo una cosa. Se solo avesse saputo i suoi gusti non avrebbe detto quella frase. I suoi pensieri andarono a Trebor. Tra poco l'avrebbe trovata. Lo faceva sempre. E lei avrebbe dovuto difendere l'elfo dalla sua furia e se stessa dalla sua gelosia. Ma ora non le importava. Guardava le mani dell'elfo apoggiate a terra... e si sorprese a toccarsi le spalle, coma abbracciandosi, passando le dita sui suoi segni. «Ho ucciso...» Cominciò a dire.
  13. «Chi sono io?» Sorrise «Ti mentirei se ti dicessi che sono qualcosa di speciale. Ti mentirei se ti dicessi che ho qualche potere speciale di cui sono a conoscenza.» Si appoggiò all'albero, guardando l'elfo. «No, non ti preoccupare. Trebor non arriverà. Mi sento un po' in colpa per averlo lasciato lì e starà preoccupandosi per me. Lo fa sempre.» Scosse la testa, come se ricordasse affettuosamente degli episodi nella sua mente. «Ma non verrà. Non ha la minima idea di dove siamo.» Si staccò dal tronco. Accarezzando ancora una volta la spada. «E neanche io ho la minima idea di dove siamo. So solo che sapevo che tu saresti venuto qui. Anche se, come ti ripeto, non ho la minima idea di dove sia qui. Come non so perché mi succedono queste cose.» Guardò verso la piazza, come se fosse dimentica della presenza dell'elfo. «Percepisco anche io la presenza di qualcosa nella piazza. Percepisco tante cose. Troppe. Non so come fare. Non so come faccio.» Si girò per fissarlo negli occhi. «Come non so perché so che ti chiami Ariaston. Non so perché quella piccola elfa sia così simile a me... e abbia questi segni sulle tempie.» Si slacciò i primi due bottoni della sua camicetta, scoprendosi in un modo involontariamente sensuale la spalla. Sulla pelle chiara risaltavano distintamente dei segni che avevano tutta l'aria di essere tatuaggi, anche se apparivano del tutto naturali. Vide l'elfo guardare quei segni con attenzione (forse era anche trasalito?). Poi, come accorgendosi solo in quel momento di avere la spalla scoperta, si affrettò a rivestirsi, arrossendo leggermente. Diede le spalle all'elfo. «Credo che tu possa aiutarmi. Lo so... ma, come sempre, non so perché.» Sorrise ironicamente. Si girò di nuovo verso di lui. «Se vuoi sapere qualcosa di me, non hai che da chiedere.» [OT: Wolf, se vuoi ti mando la storia di Aixela via MP, visto che lei racconterà solo quello che lei sa e non quello che è realmente successo.]
  14. Il laser farebbe troppo poco male e sarebbe troppo rapido!
  15. BUON COMPLEANNO JON BON JOVI! 8) AUGURI PER I TUOI 42 ANNI!
  16. Aixela lo aspettava sotto l'albero. «Non so perché mi trovo qui. Non so perché sono uscita dalla taverna di corsa, mandando Trebor a vedere chi si nascondesse in cucina per distrarlo. Non so perché ho corso così tanto. Non so chi sei tu.» Mise mano all'elsa della spada, ma più per carezzarla che per sguainarla. «Ma ho intenzione di scoprirlo.» Poi sorrise. «Bella daga.»
  17. Trebor si mosse verso l'elfo, la mano che correva sulla'elsa della sua spada. Non gli piaceva il modo in cui si facevano apprezzamenti sull'arma di Aixela. E sopratutto non gli piaceva che si rivolgessero a lei. Ma lei lo fermò con un gesto. «Sì, è una bella arma.» disse «Spero solo che non avrete mai occasione di vederla in azione.» Poi fece un gesto come di scusa «Non voleva esere una minaccia, ma solo un augurio di usarla il meno possibile.» Poi sorrise, un sorriso che nascondeva una certa soddisfazione ed una malcelata ironia «Purtroppo non è concesso a nessuno provarla. E non per mia scelta.» Il suo sguardo si perse un attimo sulla sua arma. Già, a nessuno era permesso impugnarla, tranne che a lei. Nemmeno il fido Trebor l'aveva potuta afferrare, pur se lei stessa stava rischiando la vita. E ancora una volta non capisce perché una lama che lei stessa ha forgiato abbia assunto queste caratteristiche magiche. Caratteristiche che lei non le ha infuso, che non saprebbe infondere. Il suo sguardo va sulla piccola elfa. Ma proprio in nquel momento si accorse che lì'efo oscuro se ne era andato via, sparito senza lasciare traccia. Eppure... eppure... Si girò verso al cucina e vide un'ombra. Vide? Non proprio. Sentì un'ombra... sapeva della presenza di un'ombra. E le tornò in mente l'immagine di una daga.
  18. Non si poteva davvero dire che ci si stava annoiando. Da quando il kender era entrato quell'atmosfera di perisolo sembrava svanita, anche se forse nella sua parlantina c'era più pericolo che in un esercito di draghi. Aixela si passò una mano sul volto poco prima che Garfuss cominciò a raccontare la sua storia. Qualcuno doveva fermarlo. Vedeva la piccola elfa che la guardava. Le sue parole le risuonavano in mente. Piegare pezzi di ferro. Mutare la forma. Fare male alle persone. No, non lo aveva mai fatto. Nulla di tutto questo, ma lo ha sognato molte volte. Immersa nei suoi pensieri non si accorge dell'elfetta che va a tappare la bocca al kender. Instintivamente sorride nel vedere la scena, ma subito un allarme le risuona nella testa. In troppi stanno guardando la sua spada.
  19. OT per Wolf: Aixela è umana. Stanno succedendo troppe cose e troppo in fretta. Trebor si sta agitando. Non gli piace vedere gente con le spade sguainate o con diavolerie in atto vicine a quello che aveva deciso era il suo amore. Guarda Aixela con uno sguardo di apprensione, soffermandosi sui lunghi capelli rossi, perfettamente lisci e sugli occhi viola, di un viola intenso. Lei ricambia lo sguardo, rassicurandolo. Ma un sospiro la tradisce, un sospiro che significa stanchezza, volgia di rifugiarsi in un luogo isolato e lasciarsi invecchiare, senza più apprensioni, senza più fatiche. E' stanca di scappare. Ma gli basta guardare quell'elfo così strano davanti a sé per riacquistare la sua determinazione. Stringe l'elsa della sua spada, pronta ad ogni evenienza. Prende la mano della bimba istintivamente, come a volerla proteggere. Nel momento in cui le due mani si toccano sente qualcosa... ma non sa dire cosa. Trebor la guarda stupito: «Piccola... i tuoi... i tuoi occhi... brillano... sono... sono stupendi!» Poi, per non far vedere il suo stupore e riacquistare quel suo orgoglio maschile «Se non ti piacessero le donne potrei quasi chiederti di venire a letto con me!» Aixela sorride, ma sa bene che quello che lui ha visto lo stanno vedendo anche gli altri: cos'hanno i suoi occhi? Si gira verso la bambina e vede le sue iridi di un colore perfetto, quasi luminoso, come se fossero tutti i colori e nessuno. Forse è questo che stanno vedendo gli altri. E non solo. Guarda la Lama Perfetta e la vede brillare leggermente. Ma non capisce. I segni che ha sulle spalle sono una cosa che non si è mai spiegata e alla quale non ha mai dato peso. Gli stessi segni che la la bimba sulle tempie. Ma la spada... la spada l'ha forgiata lei, senza magia, senza nulla. Un semplice pezzo di metallo, forgiato con amore, esperienza, abilità... ma pur sempre un pezzo di metallo, per quanto splendido, efficace e mortale. Eppure... eppure... non riesce a ricordare... Scuote la testa e incontra di nuovo lo sguardo di Trebor che è rapido nel tornare alla sua solita espressione giocosa. Poi sposta i suoi occhi sull'elfo dai lunghi capelli neri. E gli torna quella sensazione che aveva avvertito prima, mentre si dirigeva sul gruppo. Quella daga... l'ha vista... era destinata a lei. In qualche modo lo sa. «Faremo come dici. Lasceremo il nano a fare il suo lavoro. Effettivam,ente sembra l'unico che può farlo.» Anche se... anche se lei... «Andiamocene da qui. Dentro la locanda!» Rinfoderò la spada con riluttanza, gli occhi fissi sulla daga dell'elfo. Poi prese la bimba in braccio e, seguita da trebor iniziò a correre verso la locanda.
  20. Aixela di ferma un attimo. Da quanto tempo non sentiva la sensazione di pericolo? Quel formicolio sulle braccia, che saliva sulle spalle fino a finire in testa dandole questa volta un'immagine di una daga sguainata. Si gira un attimo e vede Trebor girarsi di scatto verso il luogo che lei sta fissando, la spada in pugno pronta a reagire a qualsiasi minaccia. Lui sa per esperienza che ogni volta che lei si gira in una direzione in quel modo sono guai in arrivo. Ma stavolta nulla sembrava muoversi nell'ombra perenne. Con una certa riluttanza ed inquietudine, Aixela si gira di nuovo verso il gruppetto. Vede la piccola elfa parlottare con il kender, il quale farfuglia mille parole al minuto. Poi la bimba si accorge di lei e le offre di prendere la sua mano per vedere nell'oscurità. A quel pensiero il cuore le cessa di battere. Lei ci vede benissimo! Pensava che quei colori strani fossero dati dalla luce strana che quel mago aveva creato, invece ora si rende conto di stare anche lei dentro la cappa di oscurità che il cantastorie stava cercando di debellare. Un'altra cosa che avrebbe dovuto chiarire una volta raggiunta la capitale. Trebor le teneva l'altra mano. Per questo anche lui vedeva in quella tenebra. E quella bimba le aveva appena detto che avrebbe dovuto prenderla per mano per vedere al buio. Istintivamente si tocca la spalla destra, le dita che seguono i contorni di quello che sembra un disegno o una lettera... o un tatuaggio sotto pelle... la stessa forma che vede sulle tempie della bimba. Solo la sua vocina la fa riprendere, quando le riestituisce la borsa che il kender le aveva preso. Con un sorriso ancora un po' forzato la prende. Solo in quel momento si rende conto di non aver portato nessuna borsa con sé... e che quel kender lo aveva già visto.
  21. La sua attenzione viene attirata da uno strano gruppetto. Vede un uomo alto che stava operando una magia, interrotta dall'arrivo di un piccolo esserino e da quella che sembra una dolce elfetta. Sente Trebor dietro di lei che sospira portandosi una mano alla faccia: «Kender!» Dice. Lo guarda in viso e sorride. Dimentica di tutti quegli incantatori, quasi come se si volesse convincere che erano solo illusioni, avanza verso il gruppetto, seguita dal suo compagno. Anche se non ha la minima idea del perché lo faccia, sfodera la sua magnifica spada. Spera solo che non riconoscano in essa la Lama Perfetta dei Cavalieri di Jamalièl. Per due motivi. Il primo è che nessuno che non faccia parte dell'ordine può portare una spada con quell'effige. E poi... esiste solo una Lama Perfetta... e chi la impugna è ricercato in quasi tutti gli stati.
  22. Si stava lasciando cullare nell'abbraccio di Trebor, finalmente dimentica di tutto quello che le era successo. Aveva anche deciso che gli avrebbe concesso di portarla in quella taverna rinomata per le sue bistecche alte tre dita, contornate da ottime patate al forno speziate ed innaffiate con dell'ottima birra o del buon vino rosso... o entrambi. Non era una che amava mangiare dentro le locande, essendo sempre posti in cui potevano trovarsi i Cavalieri di Jamalièl o qualche cacciatore di taglie troppo zelante nel suo lavoro. Ma stavolta stava bene ed il paese era in festa. Ed una bella mangiata tranquilla era proprio quello che ci voleva. Questo era quello che pensava finché non vide la gente in preda al panico correre per le vie. All'inizio pensava fosse un altro spettacolo della festa, ma l'espressione di terrore era troppo reale per poter essere semplice recitazione. E' stato allora che, sporgendosi da dietro quella casa, vide lo spettacolo raccapricciante di uomini e donne che si contorcevano agonizzanti, illuminati da un globo di luce che dissipò l'oscurità. Sentì Trebor gemere alla vista di quella gente. Lo sentì accarezzare la sua spada. Lo sentì piangere di nuovo. Non poteva fare nulla. Le arti magiche gli erano precluse. Con una spada poteva fare di tutto, tanta era la sua bilità, ma la magia lo terrorizzava. E Aixela, nascosta dietro la casa, gli occhi fissi su quell'orrido spettacolo, non si mostra, piangendo lacrime amare. Ma non sono lacrime di chi sa che non può far nulla. Sono lacrime di chi potrebbe fare, ma ha paura di farlo. Un'indecisione che sta costando la vita alle persone davanti a lei.
  23. La madre di Kazzuto (se ha dato questo nome al figlio) sarà stata sicuramente una gran Pignotta...
  24. L'ambientazione è la stessa e viene creata piano piano. Ognuno racconta i suoi personaggi, ma dando al tutto l'aspetto di un'unica storia.
  25. La solita festa. Il solito ringraziamento ad una dea che serve come scusa e riparo per le azioni di semplici uomini e ragazzi che danno la vita per far proliferare il villaggio. Appoggiata al muro della taverna, Aixela sorride ironicamente osservando i festeggiamenti. Ma non può fare a meno di sentire quella stretta che significa felicità. Pur se le ragioni della festa sono deprecabili, resta pur sempre un momento di allegria per tutti. Non ricorda più da quanto tempo non vedeva dei bambini sorridere e della madri abbracciarli senza il timore di una razzia o di qualche catastrofe. Chissà se davvero c'è una Nehem da qualche parte a ridere di questa gioia. E chissà se la gioia che sta dando è gratuita o solo un preludio ad una più oscura maledizione. Come quella volta che stava entrando nell'ordine dei Cavalieri di Jamalièl. Non era la prima ragazza a fare una cosa del genere e non sarebbe stata l'ultima. Ma lei aveva una differenza. Una sola. La stessa differenza che ora l'ha resa una reietta, una fuggiasca... l'assassina di uno dei Cavalieri Anziani di Jamalièl. Era leggittima difesa. Il fabbro per il quale lavorarava e davanti al quale era successo il fattaccio l'aveva vista. Era stata attaccata per la sua diversità proprio dal cavaliere che rimase infilzato dalla stessa spada che lei aveva fabbricato per lui. Ma la mano che la teneva era quella di lei, una mano tremante, agitata, ma sicura come sempre quando impugnava una spada. Guarda sul suo fianco e nota la stessa spada che l'aveva resa fuggiasca riposare nel fodero. La osserva e si chiede se sia in attesa di spillare altro sangue o se stia riposando, stanca di imbeversi di liquido vitale. «Hai il fumo che ti esce dalle orecchie.» Aixela sussulta e si gira di scatto, la mano sull'elsa. «Ehi... calma... sei tesa come una corda!» La voce alza leggermente le mani con un sorriso. Poi, quando la vede togliere la mano dalla spada, le si avvicina abbracciandola: «Bella festa, vero?» Lei si abbandona tra le sue braccia: «Già... anche troppo.» «Riecco la mia pessimista. Quando le cose vanno troppo bene ha paura. Che ne dici di concedere una tregua ai tuoi pensieri?» Aixela si stacca dall'abbraccio e lo guarda, sorridendo: «Se non fossi... "diversa"... be', avresti già in mente come farmi passare i pensieri per un po', vero?» Gli strizza l'occhio sorridendo. «Be', non è un segreto che mi piaci. Purtroppo tu hai i miei stessi gusti in fatto sessuale, quindi... pazienza. Spero solo di non averti come rivale in amore.» Le sorride. Lei gli dà le spalle, poi si appggia con esse a lui, che la sorregge, cingendola con le braccia. «Parola di Trebor... ti proteggerò fino alla fine di tutto!» «Lo so... lo so...» Sorride. E' una bellissima giornata.

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