Aixela gemette al tocco di Perenor.
Nessuno sembrava fare caso allo sguardo terrorizzato di Trebor, a come la sua mano strinse per un attimo quella di Lirian, per poi lasciarla impaurito, allontanandosi di due passi. La ragazza sembrava ora fuori pericolo, dopo che la piccola elfa l'aveva curata sotto gli occhi stupiti di tutti, compresi quelli di Aixela, che si stava alzando porprio in quel momento, mettendosi carponi e ansimando.
La spada si spense e con essa anche i tatuaggi e gli occhi... e, così sembrava, anche la furia omicida. Si mise in ginocchio e rinfoderò l'arma, carezzandola dolcemente. Poi si guardò intorno, vedendo l'elfo svenuto e soprattutto quelle crepe luminose che si stavano aprendo sopra la sua testa. Non capiva neanche dove era, ma la prima domanda che fece fu: «Lirian... sta bene?»
Perenor annuì, titubante. Non sapeva quale reazione avrebbe potuto avere nel vedere Trebor.
Ma le sue paure furono fugate quando fu proprio Aixela ad alzarsi in piedi ed abbracciarlo, come se niente fosse successo. Lui la accolse tra le sue braccia con un leggero timore, poi si lasciò andare.
«Cosa è successo?» le chiese lei.
«Nulla, piccola mia... nulla.» Sorrise, ma era una sorriso amaro che malcelava la bugia.
Lei se ne accorse e capì di aver avuto un altro attacco. Ancora una volta la magia l'aveva sopraffatta e lei si era lasciata andare. Ma non ricordava il motivo. La prima volta era perché i predoni stavano saccheggiando quello che lei avrebbe dovuto portare a Lirian. Ma questa volta, pur se sapeva che la ragazza era comunque la causa, non ne aveva idea.
«Dobbiamo fuggire.» Li interruppe Perenor con freddezza.
Aixela si girò a guardarlo. I suoi occhi percorsero tutta la figura del chierico, ma rivelavano un interrogativo: da dove dovevano fuggire?
«Questo è un semipiano demoniaco... credo.» Disse Perenor, leggendo la domanda negli occhi di lei «Come ci siamo entrati non lo so, ma sta di fatto che anche tu ci sei entrata. Quindi puoi anche farci uscire.»
«No... non credo proprio.» Aixela scosse la testa «Non so come faccio ogni volta: so solo che desidero andare in un posto, lo desidero ardentemente... e sono lì.»
Trebor le poggiò una mano sulla spalla: «Allora desidera di stare fuori da qui, perché se rimaniamo qui dentro moriremo... o per il crollo del semipiano... o per mano loro.» Indicò il Kyton che si stava avvicinando a grande velocità. Dietro di lui il lich salmodiava, avvolto da una tenue luce verde.
Aixela spalancò gli occhi e il suo sguardo andò verso Lirian. Popi guardò il kyton ancora più vicino...e di nuovo Lirian. Poi il cielo che si stava spaccando.... e ancora Lirian.
No... non poteva morire!
Sfoderò la spada istintivamente e la lama illuminò la scena come un piccolo sole.
Trebor si scansò istintivamente e così fece Perenor, mentre Lirian andò ad abbracciare il ladro. Pessima mossa, pensò Sturmir, guardando preoccupato la luce di Aixela diventare più intensa, sgorgando anche dai tatuaggi sulle spalle. Il suo sguardo si rivolse alla piccola elfa e notò che anche lei brillava, pur se molto meno, quasi che la sua fosse una luce riflessa.
Il bagliore aumentava e sembrava che dentro Aixela ci fosse una lotta per restare ferma, per non fare nulla. Le sue mani stringevano tremanti la spada ed i suoi occhi di un viola quasi aceccante fissavano l'abbraccio tra Lirian e Trebor. Una gamba si mosse in avanti. Perenor fece per mettersi in mezzo e così anche Sturmir, mentre la piccola elfa andò ad inginocchiarsi accanto ad Ariaston, cercando di svegliarlo.
Il kyton titubò un attimo, percependo una grande magia all'opera, una magia sconosciuta della quale non riusciva a capirne la potenza né l'origine. Era come se fosse magia allo stato puro, senza la mediazione di un incantatore. Ma al momento non gli importava: doveva ucciderli!
Trebor si voltò e vide il kyton avvicinarsi ancora.
Fu in quel momento.
Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, poi guardò Lirian con uno sguardo intenso... e lei capì, am prima ancora che potesse dire qualcosa, lui la spinse contro Aixela, urlando: «Portali via di qui! Presto! Fallo per lei!» E si voltò, sguainando la sua spada, correndo verso il kyton.
Tutti si girarono a guardare la scena. Sturmir spalancò gli occhi, incapace anche solo di parlare. Perenor allungò una mano come a volerlo toccare per fermarlo, ma era veramente troppo lontano. La piccola elfa appoggiò la testa sul petto di Ariaston e pianse, mentre l'elfo apriva gli occhi confuso, il volto rigato da lacrime che lui stesso non si spiegava.
E Aixela cominciò a brillare di più... tutta. Non solo gli occhi, non solo i tatuaggi, non solo la spada. Tutto il suo corpo ardeva di un bagliore quasi acceccante, mentre gli occhi guardavano Lirian sbattere contro il suo petto, abbracciandola come se volesse sentirsi dire che tutto questo era solo un sogno.
Ed in quel momento il primo uncino lacerò le carni di Trebor, ma dalla sua bocca non uscì un grido di dolore, ma soltanto un altro urlo che implorava Aixela di portarli via tutti, di farlo per Lirian. Il sangue interruppe un altro grido, tramutandolo in un gorgogliante suono liquido mentre la bocca di Trebor si tingeva di rosso.
Lirian strinse ancora di più Aixela. La piccola elfa singhiozzò più forte e Ariaston si ritrovò a piangere senza vedere la scena, ma sapendola in qualche modo. Perenor e Sturmir volevano fare qualcosa, ma lo sguardo di Trebor che si stava spegnando li implorava di restare vicino ad Aixela.
Un altro uncino lacerò le carni del ladro che si accasciò a terra, ansimando, mentrte il kyton stava cominciando divertirsi.
«Portali a casa, piccola mia... a... a.... casa... casa!» Poi gemette ancora quando una catena gli colpì una gamba, aprendo una ferita dalla quale si poteva vedere il bianco arrossato dell'osso.
Aixela rimase fissa... ferma... immobile. Casa... aveva detto casa. Il giardino. La stanza profumata. La mamma. Il papà. Kelly, la cagnolina. Gli odori. I sapori. Quel tavolino ricavato da un tronco. Quelle sedie di legno elfico. Quei mobili in stile nanico. Come piaceva al babbo.
Casa... Lirian... Casa... Lirian... Casa... Amore...
Aixela aprì gli occhi. Sotto di lei vi era il pavimento di legno. Era rovinato, sporco e umido. Alzò la testa e vide il tavolino ricavato da un tronco. Era mezzo bruciato, coperto di funghi e muffa. Sentì parlare e si alzò di scatto, mentre il mondo intorno a lei girava.
Mettendo a fuoco, vide Perenor, Sturmir, la piccola elfa e Ariaston inginocchiati intorno ad un'altra figura. Il suo sguardo si spalancò allarmato, ma subito si riprese quando vide che Lirian era accanto a lei, che dormiva beata e soprattutto illesa.
Si alzò in piedi e subito notò del sangue intorno a quella figura sdraiata in mezzo agli altri. La riconobbe e il suo cuore ebbe un sussulto. Trebor!
Si fece strada e si inginocchiò accanto a lui. Il suo corpo era coperto di ferite e in molti punti era possibile vedere le ossa bianche. Ogni respiro era un gorgoglio sanguinolento, ma appena la vide le sorrise lo stesso e per un attimo lei ebbe lìimpressione di avere davanti il ladro spavaldo e gentiluomo del loro primo incontro.
«Siamo arrivati alla fine del viaggio, piccola... e... e non...» Tossisce e ansima, sputando sangue che gli cola in rivoli ai lati della bocca «... non sono riuscito a fare.... far... fare nulla con te.» Sorride, il volto contorto in una smorfia di dolore che cerca di celare.
«Già...» Risponde lei.
«Meglio... meglio così. Tu sei troppo... vio... violenta, piccola.» Ansima, si agita e si contorce in uno spasmo... poi chiude gli occhi... ed è silenzio.
Una lacrima si posa sul volto di Trebor. Un'altra. Aixela lo bacia sulla fronte, mentre le sue lacrime gli bagnano il volto. Poi lo abbraccia, singhiozzando, il respiro che le manca più volte. Finchè chiude anche lei gli occhi, se per svenire o addormentarsi non lo sa.
Da un angolo il kender sussurra un "mi dispiace".