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Dragons´ Lair

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Kensei

Ordine del Drago
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  1. dalle guardie Djmitri sbuffò piano, sollevando appena lo sguardo verso la guardia. Non valeva la pena discutere: la fila, le regole, la burocrazia, tutte cose che trovava insopportabili, ma anche perfettamente prevedibili. “Come preferite, amico,» mormorò con un mezzo sorriso, poi si voltò e tornò lentamente sui propri passi.” Raggiunse Varian e Mia, incrociando le braccia con un’espressione annoiata. “Pare che in questa città persino l’attesa abbia una guardia armata,” commentò, la voce intrisa di ironia. Poi, con un’occhiata alla lunga coda davanti a loro, aggiunse con tono sornione: “Mi hanno invitato a godermi la fila. Forse temono che sparisca come la donna che cerchiamo.”
  2. Dalle guardie Djmitri Djmitri rimase in silenzio per tutto il tragitto, il cappuccio tirato basso a schermargli il volto e lo sguardo che correva veloce da un passante all’altro. Al contrario della folla impaziente e vociante, lui sembrava muoversi come un’ombra tra i presenti, osservando attentamente le guardie e annotando mentalmente chi di loro appariva stanco, annoiato o distratto. Djmitri si strinse nelle spalle al commento di Mia, lasciando che un sorriso sottile e ironico gli sfuggisse dalle labbra. «Inganno o no, almeno ci regala lo spettacolo di questa folla disperata,» Mormorò, indicando con un cenno del capo i mercanti litigiosi e i cittadini petulanti che si accalcavano davanti al portone. Mentre gli altri compagni valutavano la lunga attesa, Djmitri si accostò di lato alla fila, cercando un punto dove le guardie avessero meno attenzione, pronto a carpire frammenti di conversazioni o a sfruttare un momento d’ombra per avvicinarsi inosservato all’ingresso. Se vi era un modo per ottenere informazioni senza perdere ore a pazientare, era intenzionato a trovarlo.
  3. Nero Dessendre Le dita di Nero scorrono sulle pagine come se fossero tele fragili. Ogni parola di Konnigton è un tratto di pennello che apre un mondo. Tacche sugli abeti, pietre che cantano, rifugi dove i corvi non scendono… Segreti di guerriglia, tessuti come una mappa invisibile per chi combatte in minoranza. Ma poi il tratto cambia. La grafia angolosa, rabbiosa. Kael. Il nome brucia come un vecchio taglio che non smette di pulsare. Ha toccato questi fogli, li ha marchiati col fuoco. È stato qui, davanti a lui, e già conosce l’Ouverture. È un passo avanti. La lastrina di mica riflette la luce pallida sulla nota: “Pietra viva, due colpi e uno lungo.” Un codice, un richiamo. Un varco sotto la montagna. Nero la infila nella manica come fosse un talismano e stringe il cartiglio tra le dita. All’uscita, i Lupi Grigi lo attendono sotto il ballatoio. Dodici uomini in silenzio, archi compositi e lame corte. Rhett, volto scavato e cicatrice che attraversa il sopracciglio, lo guarda senza cerimonie. «Comandi.» Nero non ha bisogno di spiegare troppo. Indica la direzione con un gesto netto. «Alla Gola del Corvo. La raggiungeremo senza clamore, Muoviamoci leggeri, a distanza, come lupi tra gli alberi. Non marceremo: cacceremo.» I suoi occhi si soffermano un istante sul cartiglio, poi sul volto di Rhett. I Lupi annuiscono appena. Nero avanza per primo, il mantello che si fonde all’ombra. La caccia è iniziata, e la Gola del Corvo li attende. Nero sceglie vie secondarie: guadi guizzanti, ruscelli che bisbigliano sotto ponticelli logori, pendii rocciosi ricoperti di muschio. Quando la foresta si stringe, il terreno diventa ruvido: ciottoli affiorano tra la terra smossa, radici nodose come vene contorte. Il rumore di un ruscello lontano, un profumo di muffa e funghi — resina, ancora — punteggiano i sensi di Nero. I Lupi procedono in silenzio, sguardi bassi, mani pronte alla lama. Poi appare la Gola del Corvo davanti a lui: un varco nella roccia che pare scolpito da venti antichi, le pareti muschiose che si serrano come un labbro. Il passaggio è stretto: roccia a strapiombo su uno o entrambi i lati, con qualche stalagmite di roccia sporgente, umida, fredda. GM non sono sicuro di aver capito cosa intendi con la domanda come approccio la gola del corvo. il post sopra risponde o devo darti maggiori dettagli sulla conformazione del terreno o di che tipo di ordini fornisco ai lupi? inoltre in una situazione del genere posso usare la mossa cacciare/seguire tracce per individuare la presenza del nemico?
  4. Kensei ha iniziato a seguire Discussioni
  5. Nero Dessendre Il pensiero della Gola del Corvo continua a mordere la mente di Nero come un cane che non lascia l’osso. Ogni fibra gli dice che l’Ovest è la via: riaprire i convogli, ridare respiro agli eserciti, colpire rapido come una lama nella notte. Eppure… qualcosa lo trattiene. La statua di Konnigton, la calma innaturale che gli ha trasmesso, e ora il suo nome inciso come filigrana nella mappa. Non è un dettaglio. Non può esserlo. Fa un gesto lento con la testa, un cenno rispettoso verso la Consigliera Nivara, riconoscendo la sua lucidità. Poi si rivolge al tavolo, la voce calma ma decisa: «Il piano d’azione è stato stabilito. Ognuno conosce il proprio ruolo, e l’Impero potrà respirare grazie al concorso di tutte le nostre forze. Prima della partenza, però, devo occuparmi di una questione personale. Non sottrarrò risorse né tempo al consiglio: tornerò quanto prima.» Con un inchino breve, Nero si stacca dal tavolo di marmo. Il mantello sfiora le pietre levigate mentre percorre il corridoio, diretto verso la Biblioteca Obliqua. Non sa spiegarsi perché, ma sente che tra i diari di Konnigton si nasconde una chiave che gli appartiene.
  6. Nero Dessendre Nero rimase in ascolto, lasciando che le parole di Nivara e Varka trovassero spazio nella sala. Gli ricordarono, per un attimo, le discussioni a cui avrebbe preso parte Radhan: mio fratello avrebbe saputo tessere queste voci insieme, con la naturalezza di chi nasce per guidare. Lui, invece, era sempre stato più vicino alle statue che agli uomini. Si fece avanti con passo lento. “Ogni parola che avete detto è vera: il Sud può diventare una ferita che sanguina all’infinito, l’Est ci nasconde più di quanto mostra, e la Capitale… la Capitale è un enigma che non possiamo ignorare.” Le sue dita tracciarono le rune che segnavano l’Ovest. “Io condurrò un manipolo nell’Ovest, non per piegare il nemico, ma per scoprire chi muove questa caccia nell’ombra. Non servono legioni, ma pochi uomini rapidi. Nel frattempo, i nostri scout si muoveranno a Est e a Sud, come suggerito. Così, quando torneranno con risposte, non avremo solo rapporti, ma anche una via sicura perché i convogli possano scorrere di nuovo.” Si raddrizzò, e per un momento sembrò che il fuoco delle rune gli danzasse negli occhi. “Non è ancora il tempo di decidere dove colpire con il pugno intero dell’Impero. È il tempo di ascoltare, osservare, saggiare i nostri nemici. E quando sapremo chi ci stringe il cappio… allora sceglieremo insieme dove spezzarlo.” Con un leggero inchino del capo verso Nivara e la Guerriera Ironmaw, Nero si ritrasse di nuovo nell’ombra. Forse non ho l’arte di Rdhan, pensò. Ma le ombre, almeno, so come muoverle.
  7. Nero Dessendre I pensieri di Nero di aggrovigliano come fumo. Kael Vecchio compagno d'armi alternandosi alla sensazione di quiete che la statua Konnington trasmetteva. Nero scaccia questi pensieri con un gesto della mano e si stacca dall’ombra, le rune del tavolo gli accendono gli occhi come braci. La sua voce è calma. “Consigliera Ironmaw, ha ragione a pensare in grande, ma non vedete il nodo? Mon dieu, nessun esercito resiste senza pane. Nella Marca dell’Ovest non ci stanno conquistando terre: ci stanno strangolando i rifornimenti. Se permettiamo che continuino, i nostri uomini cadranno di fame prima ancora che di spada.” Con due dita traccia la linea dei convogli sulla mappa, come se ne seguisse il sangue. “Per questo l’Ovest deve essere la priorità. Ma non servono legioni lente: contro una guerriglia, un esercito è solo un bersaglio. Non messieurs, bastano pochi uomini rapidi, invisibili, in grado di muoversi senza lasciare traccia. Io non ho bisogno di masse da comandare, ma di lame silenziose da affilare nell’ombra. Con loro andrò a stanare chi ci divora e a riaprire le nostre strade.» Poi si raddrizza, lo sguardo gelido sugli altri. “Dividere ora l’esercito sarebbe un suicidio. Prima mandiamo scout a osservare gli altri fronti: capiremo chi e cosa ci aspetta. Nel frattempo, io mi occuperò dell’Ovest. Quando i convogli torneranno a correre e l’Impero avrà di nuovo respiro, allora potremo decidere dove colpire con il pugno intero dell’esercito.” Un mezzo sorriso, appena accennato. «Un impero affamato muore da solo. Io non intendo permetterlo.» Eppure, mentre la sua voce si spegne nella sala, i pensieri di Nero vanno altrove. Alla rovina del casato i Dessendre, alle sale vuote in cui l’eco dei passi rimbombava più forte dei discorsi. A suo fratello Radhan, che avrebbe dovuto sedere al posto suo in quel consiglio. Radhan, il vero stratega, nato con la parola pronta e la mente affilata, capace di dare ordini e direzioni a un esercito. Lui, Nero, aveva sempre preferito i pennelli e le statue, l’armonia dell’arte al fragore delle armi. Ora invece eccolo lì, a parlare di convogli e trappole, a fingere una sicurezza che dentro non sente mai del tutto sua. Forse Radhan avrebbe trovato soluzioni più sagge, più degne. Ma Radhan non c’è più. È scomparso come se la terra stessa se lo fosse inghiottito, e l’Impero non attende i fantasmi. Così Nero rimane in piedi davanti agli altri, mascherando con il ghiaccio dello sguardo quella crepa che dentro brucia ancora.
  8. Ci sono anche io quando volete
  9. Djmitri Karamazov Dmitri, Jacob e Ludwig “Concordo,” sussurra Djmitri, quasi come se stesse condividendo un segreto, inclinando il capo di poco “ma ricordiamoci che anche le ombre più fitte nascondono opportunità. Se quest’uomo è davvero disperato, vorrà parlare… e noi ascolteremo con attenzione.” Si passa il pollice sul bordo del medaglione del suo collegio, nascosto sotto le pieghe del mantello, come per trarne un briciolo di forza o di concentrazione. Non sono qui solo per il denaro… pensa con lo sguardo ora rivolto alla porta d’ingresso, come in attesa dello sconosciuto. Se Radovich si muove in certe sfere della città c’è la possibilità di accedere a contatti o informazioni… e certe informazioni valgono più dell’oro agli occhi del Collegio. Approfitterò di questo vantaggio e vediamo che parte della verità vorrà mostrarci. Djmitri si rilassa leggermente sulla sedia, in apparenza tranquillo, ma la sua attenzione è già proiettata nell’oscurità dietro quella porta, pronto ad analizzare ogni gesto e ogni parola del misterioso Ivan Radovich.
  10. Djmitri Karamazov Djmitri sedeva al tavolo di legno graffiato. La birra lasciava un anello umido sul piano. Beveva a piccoli sorsi, senza fretta, lasciando che il gusto amaro tenesse occupata la lingua mentre la mente vagliava, pezzo per pezzo, le ultime ore. Non era irritato, né offeso. Semplicemente, non gli piaceva non avere il quadro completo. Era abituato a sapere sempre. Ogni volto, ogni scopo, ogni pericolo in anticipo. Jacob e gli altri sembravano muoversi per un disegno che lui non aveva ancora visto, e questo lasciava un piccolo vuoto sotto la pelle, come un dado che rotola senza fermarsi. Poi una frase filtrò nel brusio: “…il mio signore è ricco.” Djmitri posò il boccale con calma, le dita ancora avvolte attorno all’impugnatura. Gli occhi si accesero appena, come se finalmente avesse intravisto un filo da seguire in quell’aggrovigliata matassa di incertezze. Il resto poteva aspettare.
  11. Nero Dessendre Forse era solo un riflesso ma il vetro del Emporio per un attimo ha mostrato un volto che Nero non poteva confondere. Lineamenti scavati, un taglio ormai vecchio che corre dalla guancia sinistra fino all’orecchio, come un sorriso forzato da una lama. Gli occhi sono gli stessi: due pozzi di ghiaccio.. “Putain! è Kael.” pensa O qualcosa che gli somiglia abbastanza da farlo fermare. Selune si è irrigidita. Ha ringhiato piano, quasi un avvertimento. Non abbaia mai, se non per ciò che riconosce. Nero e Kael non sono mai stati amici. Sono cresciuti nello stesso fuoco e ne sono usciti con idee diverse su cosa si salva e cosa si brucia. Un tempo combattevano sotto gli stessi colori. Fratelli d’arme, così li chiamavano. Ma Nero credevo in una causa. Kael credeva nel potere. Non l’ha inseguito. Non in mezzo alla piazza, non tra quei venditori e ciarlatani coperti di stracci. Se era lui, tornerà. Kael non si nasconde. Non per molto. Gli piace farsi vedere quando pensa che Nero non sia pronto. La mattina seguente Carthagorn… Il nome si posa nella mente di Nero come un coltello afillato. Selune cammina al suo fianco, silenziosa. Solo le sue orecchie si muovono, attente a ogni sussurro di metallo, a ogni respiro affrettato oltre le colonne. Il suo manto nero sembra bere la luce fioca dei bracieri, confondendosi con l’ombra viva del Palazzo. Si ferma appena oltre la soglia. Respira l’odore del ferro e della pietra come fosse quello di un vecchio campo di battaglia: sudore, sangue, segreti. Non va subito verso la sala del consiglio. Non ancora. Non darà a nessuno la soddisfazione di vederlo affrettarsi. Si volta verso la statua nell’atrio, quella figura mezza scolpita, corrosa dal tempo, che attira lo sguardo senza motivo evidente. O forse c'è un motivo, ma ancora non ha nome. Si avvicina. Tocca il marmo ruvido con la punta delle dita, lasciando che la polvere si incolli alla pelle. "Se questi muri ricordano… allora anche questa pietra ha sentito più di quanto ha visto." Selune si siede, vigile, gli occhi puntati verso le scale superiori. Poi si rialza e, senza voltarsi, parla al vuoto del corridoio: “So che mi state guardando. Allora guardate bene.” E solo allora, con passo lento e deliberato, si muove verso la sala del consiglio.
  12. Buonasera a tutti, sono tornato oggi. Domani metterò il post. grazie per la pazienza
  13. @CocceCore 😝
  14. @Pretzel Jack I Dessendre non sono mai stati tra i più ricchi, ma erano raffinati, colti, ammirati per la grazia delle loro corti e per l’acume dei loro consiglieri. Un tempo, le loro parole muovevano più lame delle spade stesse. Si diceva che un Dessendre, in una sala del trono, valesse dieci cavalieri in campo aperto. Il loro stemma. Una rosa nera che fiorisce da un calice spezzato, su campo cremisi. Bello, malinconico come la loro fine. La rovina è arrivata non con la guerra, ma con qualcosa di peggiore: l’amore e la disperazione. Alarielle la madre di Nero fu colta dalla febbre lunare. Lentamente si spense, come una rosa lasciata a seccare. Lord Blaidd Dessendre, svuotò i forzieri, vendette terre, giurò patti ai guaritori più oscuri pur di salvarla. Niente funzionò. Quando morì, lui morì con lei non nel corpo, ma nell’anima. Da allora, il casato cadde: niente più ricevimenti, niente più ambasciatori, solo stanze vuote, arazzi impolverati e servitori che fuggivano nella notte. Alcuni dicono che le cripte di Maison Dessendre, nella vecchia valle di siano ora infestate dai suoi pianti. Alla sua morte, il suo erede naturale era Radhan, il fratello maggiore di Nero, un giovane dai modi nobili, dallo sguardo calmo e profondo, che sapeva discutere con i filosofi e abbattere un cavaliere a cavallo con un solo colpo di lancia. Era il tipo d’uomo che, si diceva, avrebbe potuto salvare il casato. Tutti attendevano il giorno in cui avrebbe preso le redini del dominio e riportato la rosa dei Dessendre a rifiorire. Quel giorno non venne mai. All’alba del primo equinozio d’autunno, Radhan sellò il proprio cavallo, prese una spada senza nome, e abbandonò il castello senza lasciare spiegazione. Nessun biglietto. Nessuna promessa. Solo una rosa nera, ormai secca lasciata sulla sedia del suo posto a tavola. Di lui, da quel momento, nessuna traccia. Il casato era senza guida. E la responsabilità cadde su Nero. Meno appariscente, meno amato, e per molti all’epoca meno adatto. Silenzioso, riservato, più vicino agli alla pittura e alla musica che alla sala delle armi. Ma nel vuoto lasciato dal padre e dal fratello, Nero emerse come un'ombra che si fa forma. Non cercò applausi, né alleanze brillanti. Si limitò a osservare, a ricordare chi aveva sorriso troppo in fretta alla rovina del suo casato. E cominciò a tessere lentamente una rete. Molti ridono ancora dei Dessendre, li chiamano un nome del passato. Eppure, quando Nero entra in una sala, nessuno ride. Quando il conflitto cominciò a bruciare i confini dell’Ovest i lord delle Marche si voltarono verso un unico uomo: Ser Daerin Oakhart, l’ultimo cavaliere incorrotto, nominato Protettore dell’Ovest. Un uomo saldo come la sua casata. Ma quando giunse il tempo di formare un Consiglio di Guerra sul campo, composto da rappresentanti delle terre libere, la sua scelta più discussa fu proprio lui: Nero Dessendre. Molti storsero il naso. “Un erede di rovine? Un figlio di un casato svuotato, dove gli arazzi coprono più crepe che pareti?” Ma Ser Daerin non ascolta le corti. Perché Ser Daerin e Nero si conobbero anni prima, lontano dagli occhi dei nobili, in uno dei tanti inverni senza gloria, al confine settentrionale, quando la marca dell’Ovest mandava ancora uomini sotto falso nome per proteggere i passi dagli Incursori delle Doline Nero viaggiava come semplice esploratore, con la spada del nonno e il mantello senza stemma. In quella campagna, Nero salvò la vita di Daerin due volte. Per questo quando Sir Daerin dovette scegliere un rappresentante scelse Nero. Non per diritto di sangue. Non per amicizia. Ma per merito e per memoria. In merito alla terza domanda Nero odia la Marca dell’Est perché sono dei puzzoni. Mentre ama la Marca del Nord per le ottime zuppe. Questa parte la devo argomentare meglio?
  15. Djmitri Karamazov Djmitri sentì la domanda piovergli addosso con un tono che non ammetteva rispetto. ll suo sguardo si fece gelido, la mandibola serrata ma non era il momento. I toni si placarono. Le parole si spensero. Poi, come se nulla fosse accaduto, il suo volto si rilassò. Non era solo autocontrollo: era trasformazione. I maghi dell’Ombra sanno mutare, come il fumo in una stanza chiusa, come un pensiero appena cambiato. Una maschera per ogni ambiente. Con un sospiro voltò il capo verso Gudrod “Sai Gudrod…” disse con voce gioviale “una birra non è affatto una cattiva idea”
  16. boom! sotto la scheda.nero dessendre.zip

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