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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
Djmitri La locanda Djmitri la ascoltò in silenzio, inclinando appena il capo. Ogni parola di Mia gli sembrava scelta con cura, levigata come una pietra che non vuole ferire chi la tocca. L’accenno a Jacob lo fece sorridere appena, un sorriso più di comprensione che di giudizio conosceva bene la forza delle inclinazioni difficili da mutare. Ma fu il resto del racconto a catturarlo: nomi non detti, vecchie minacce, quella ricerca di “tracce” che lasciava intuire una rete di pericoli più ampia di quanto immaginasse. Quando la sacerdotessa mutò tono e parlò del Carnevale, Djmitri avvertì per un istante la stessa scintilla negli occhi di lei una luce più pura, quasi infantile. Forse era proprio quella sua capacità di trovare bellezza anche tra le ombre che teneva unito il gruppo, pensò. Sollevò il boccale e accennò un sorriso più disteso. "Capisco. Quindi.... affari vecchi fantasmi e un tocco di cultura. Non male come combinazione." Fece una breve pausa, poi aggiunse con un tono più basso, riflessivo: “Immagino che Middenheim non sarà solo una tappa, allora. E quel Carnevale... forse nasconde più di quanto mostri.” Un lampo di curiosità gli attraversò lo sguardo, ma non insistette oltre. In fondo, aveva ottenuto più di quanto sperasse: qualche risposta, e una conferma che dietro quel viaggio c’era molto di più di quanto apparisse.
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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
Djmitri La locanda Djmitri si lascia andare contro lo schienale della sedia, le dita che tamburellano distrattamente. L’odore di birra, fumo e legna bruciata si mescola nell’aria, ma la sua mente vaga altrove. Da quando si è unito al gruppo, molte cose gli sono ancora oscure. Osserva Mia la luce del camino che le danza negli occhi. Si schiarisce la gola, con un tono più curioso che invadente: “Sai, Mia… da quando mi sono unito a voi non ho ancora capito bene cosa ci porti davvero a Middenheim. Se abbiamo un po’ di tempo… ti andrebbe di raccontarmelo?” Sorride appena, cercando di sembrare rilassato, ma dentro di sé la curiosità pulsa mista a un vago senso d’inquietudine per quello che potrebbe scoprire.
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre La luce dell’Ovest è più densa, come se il giorno dovesse fendere la foresta. Nero si muove in testa alla colonna, Selune al suo fianco, il passo felpato, le orecchie tese. La cagna fiuta l’aria, si ferma a tratti, poi riprende, silenziosa come un’ombra addestrata alla guerra. Davanti a loro, la Gola del Corvo si apre come una ferita nella pietra. Le pareti muschiose si stringono in un corridoio umido, e l’aria sa di resina. Nero posa una mano sulla roccia: sente sotto le dita una vibrazione bassa, regolare, come il respiro trattenuto di una bestia addormentata. Dietro, Rhett e i Lupi Grigi attendono. Le armature sono opache, gli archi rilassati, le lame legate con stracci per non tintinnare. Nero osserva la gola e il bosco tutt’intorno, poi i segni incisi sui tronchi tacche, sassi spostati, ceppi tagliati che i suoi occhi imparano a leggere di nuovo, grazie agli appunti del vecchio Konnigton. “Rhett,” dice infine, la voce ferma, “porterai quaranta uomini e prenderai la Gola. Nessun assalto frontale. Ci servono occhi, non eroi. Le vedette in doppio turno, nessuna luce visibile di notte. Una volta che avrai messo in sicurezza il passo, voglio che costruisci un campo base. Nascosto, silenzioso. Scorte ridotte, ma sicure. Dovrà servire da rifugio, da punto di raccolta e da occhio sull’Ovest.” “Non conosco uomo migliore di te per farlo,” mormora, a voce abbastanza bassa da non essere udita dagli altri. “Fai in modo che i Lupi tornino a casa.” Rhett annuisce, gli occhi attenti. “Capito, comandante. E voi?” Nero abbassa per un istante lo sguardo sulla spilla d’argento a forma di rosa che tiene il mantello: il simbolo dei Dessendre, annerito dal tempo ma ancora integro, come la memoria del casato. “Prenderò otto uomini e farò una deviazione. Una pista che voglio verificare. Mi ricongiungerò a te non appena possibile e definiremo i prossimi passi da seguire in quanto dobbiamo ancora capire che tipo di aiuto possa fornirci il Conte.” Rhett non domanda altro. Si limita a un cenno breve, il gesto di chi conosce il valore del silenzio. Poi si volta e i Lupi si disperdono fra gli alberi, invisibili come vento tra le fronde. Nero resta con gli otto prescelti. Uomini di fiducia. Li istruisce rapidamente, poi chiama due altri soldati e consegna loro un piccolo sacchetto di cuoio. Dentro, una moneta d’argento incisa con una rosa. “La porterete al Conte. Capirà cosa significa. E saprà che la parola data da un Dessendre vale quanto il ferro che la difende.” Quando i messaggeri si allontanano, Nero rimane un attimo solo, le dita ancora sulla spilla dei Dessendre. Accanto a lui, Selune alza il muso verso il vento, le narici che fremono. “Andiamo, vecchia amica,” mormora. Si inoltra nel bosco, seguito da otto uomini. Non ha detto loro dove va davvero, né cosa cerca. Solo lui sente quel nome, “Ouverture”, pulsargli dentro come un cuore estraneo. Forse è una chiave. Forse una ferita. Tra gli alberi, la luce svanisce presto. Selune avanza leggera, il pelo che sfiora i rami bassi, i sensi tesi. Nero la segue, ogni passo calcolato, ogni respiro attento. Dietro di loro, la foresta inghiotte i rumori. Davanti, l’Ovest aspetta silenzioso, vivo.
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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
dalle guardie Djmitri sbuffò piano, sollevando appena lo sguardo verso la guardia. Non valeva la pena discutere: la fila, le regole, la burocrazia, tutte cose che trovava insopportabili, ma anche perfettamente prevedibili. “Come preferite, amico,» mormorò con un mezzo sorriso, poi si voltò e tornò lentamente sui propri passi.” Raggiunse Varian e Mia, incrociando le braccia con un’espressione annoiata. “Pare che in questa città persino l’attesa abbia una guardia armata,” commentò, la voce intrisa di ironia. Poi, con un’occhiata alla lunga coda davanti a loro, aggiunse con tono sornione: “Mi hanno invitato a godermi la fila. Forse temono che sparisca come la donna che cerchiamo.”
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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
Dalle guardie Djmitri Djmitri rimase in silenzio per tutto il tragitto, il cappuccio tirato basso a schermargli il volto e lo sguardo che correva veloce da un passante all’altro. Al contrario della folla impaziente e vociante, lui sembrava muoversi come un’ombra tra i presenti, osservando attentamente le guardie e annotando mentalmente chi di loro appariva stanco, annoiato o distratto. Djmitri si strinse nelle spalle al commento di Mia, lasciando che un sorriso sottile e ironico gli sfuggisse dalle labbra. «Inganno o no, almeno ci regala lo spettacolo di questa folla disperata,» Mormorò, indicando con un cenno del capo i mercanti litigiosi e i cittadini petulanti che si accalcavano davanti al portone. Mentre gli altri compagni valutavano la lunga attesa, Djmitri si accostò di lato alla fila, cercando un punto dove le guardie avessero meno attenzione, pronto a carpire frammenti di conversazioni o a sfruttare un momento d’ombra per avvicinarsi inosservato all’ingresso. Se vi era un modo per ottenere informazioni senza perdere ore a pazientare, era intenzionato a trovarlo.
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre Le dita di Nero scorrono sulle pagine come se fossero tele fragili. Ogni parola di Konnigton è un tratto di pennello che apre un mondo. Tacche sugli abeti, pietre che cantano, rifugi dove i corvi non scendono… Segreti di guerriglia, tessuti come una mappa invisibile per chi combatte in minoranza. Ma poi il tratto cambia. La grafia angolosa, rabbiosa. Kael. Il nome brucia come un vecchio taglio che non smette di pulsare. Ha toccato questi fogli, li ha marchiati col fuoco. È stato qui, davanti a lui, e già conosce l’Ouverture. È un passo avanti. La lastrina di mica riflette la luce pallida sulla nota: “Pietra viva, due colpi e uno lungo.” Un codice, un richiamo. Un varco sotto la montagna. Nero la infila nella manica come fosse un talismano e stringe il cartiglio tra le dita. All’uscita, i Lupi Grigi lo attendono sotto il ballatoio. Dodici uomini in silenzio, archi compositi e lame corte. Rhett, volto scavato e cicatrice che attraversa il sopracciglio, lo guarda senza cerimonie. «Comandi.» Nero non ha bisogno di spiegare troppo. Indica la direzione con un gesto netto. «Alla Gola del Corvo. La raggiungeremo senza clamore, Muoviamoci leggeri, a distanza, come lupi tra gli alberi. Non marceremo: cacceremo.» I suoi occhi si soffermano un istante sul cartiglio, poi sul volto di Rhett. I Lupi annuiscono appena. Nero avanza per primo, il mantello che si fonde all’ombra. La caccia è iniziata, e la Gola del Corvo li attende. Nero sceglie vie secondarie: guadi guizzanti, ruscelli che bisbigliano sotto ponticelli logori, pendii rocciosi ricoperti di muschio. Quando la foresta si stringe, il terreno diventa ruvido: ciottoli affiorano tra la terra smossa, radici nodose come vene contorte. Il rumore di un ruscello lontano, un profumo di muffa e funghi — resina, ancora — punteggiano i sensi di Nero. I Lupi procedono in silenzio, sguardi bassi, mani pronte alla lama. Poi appare la Gola del Corvo davanti a lui: un varco nella roccia che pare scolpito da venti antichi, le pareti muschiose che si serrano come un labbro. Il passaggio è stretto: roccia a strapiombo su uno o entrambi i lati, con qualche stalagmite di roccia sporgente, umida, fredda. GM non sono sicuro di aver capito cosa intendi con la domanda come approccio la gola del corvo. il post sopra risponde o devo darti maggiori dettagli sulla conformazione del terreno o di che tipo di ordini fornisco ai lupi? inoltre in una situazione del genere posso usare la mossa cacciare/seguire tracce per individuare la presenza del nemico?
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre Il pensiero della Gola del Corvo continua a mordere la mente di Nero come un cane che non lascia l’osso. Ogni fibra gli dice che l’Ovest è la via: riaprire i convogli, ridare respiro agli eserciti, colpire rapido come una lama nella notte. Eppure… qualcosa lo trattiene. La statua di Konnigton, la calma innaturale che gli ha trasmesso, e ora il suo nome inciso come filigrana nella mappa. Non è un dettaglio. Non può esserlo. Fa un gesto lento con la testa, un cenno rispettoso verso la Consigliera Nivara, riconoscendo la sua lucidità. Poi si rivolge al tavolo, la voce calma ma decisa: «Il piano d’azione è stato stabilito. Ognuno conosce il proprio ruolo, e l’Impero potrà respirare grazie al concorso di tutte le nostre forze. Prima della partenza, però, devo occuparmi di una questione personale. Non sottrarrò risorse né tempo al consiglio: tornerò quanto prima.» Con un inchino breve, Nero si stacca dal tavolo di marmo. Il mantello sfiora le pietre levigate mentre percorre il corridoio, diretto verso la Biblioteca Obliqua. Non sa spiegarsi perché, ma sente che tra i diari di Konnigton si nasconde una chiave che gli appartiene.
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre Nero rimase in ascolto, lasciando che le parole di Nivara e Varka trovassero spazio nella sala. Gli ricordarono, per un attimo, le discussioni a cui avrebbe preso parte Radhan: mio fratello avrebbe saputo tessere queste voci insieme, con la naturalezza di chi nasce per guidare. Lui, invece, era sempre stato più vicino alle statue che agli uomini. Si fece avanti con passo lento. “Ogni parola che avete detto è vera: il Sud può diventare una ferita che sanguina all’infinito, l’Est ci nasconde più di quanto mostra, e la Capitale… la Capitale è un enigma che non possiamo ignorare.” Le sue dita tracciarono le rune che segnavano l’Ovest. “Io condurrò un manipolo nell’Ovest, non per piegare il nemico, ma per scoprire chi muove questa caccia nell’ombra. Non servono legioni, ma pochi uomini rapidi. Nel frattempo, i nostri scout si muoveranno a Est e a Sud, come suggerito. Così, quando torneranno con risposte, non avremo solo rapporti, ma anche una via sicura perché i convogli possano scorrere di nuovo.” Si raddrizzò, e per un momento sembrò che il fuoco delle rune gli danzasse negli occhi. “Non è ancora il tempo di decidere dove colpire con il pugno intero dell’Impero. È il tempo di ascoltare, osservare, saggiare i nostri nemici. E quando sapremo chi ci stringe il cappio… allora sceglieremo insieme dove spezzarlo.” Con un leggero inchino del capo verso Nivara e la Guerriera Ironmaw, Nero si ritrasse di nuovo nell’ombra. Forse non ho l’arte di Rdhan, pensò. Ma le ombre, almeno, so come muoverle.
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre I pensieri di Nero di aggrovigliano come fumo. Kael Vecchio compagno d'armi alternandosi alla sensazione di quiete che la statua Konnington trasmetteva. Nero scaccia questi pensieri con un gesto della mano e si stacca dall’ombra, le rune del tavolo gli accendono gli occhi come braci. La sua voce è calma. “Consigliera Ironmaw, ha ragione a pensare in grande, ma non vedete il nodo? Mon dieu, nessun esercito resiste senza pane. Nella Marca dell’Ovest non ci stanno conquistando terre: ci stanno strangolando i rifornimenti. Se permettiamo che continuino, i nostri uomini cadranno di fame prima ancora che di spada.” Con due dita traccia la linea dei convogli sulla mappa, come se ne seguisse il sangue. “Per questo l’Ovest deve essere la priorità. Ma non servono legioni lente: contro una guerriglia, un esercito è solo un bersaglio. Non messieurs, bastano pochi uomini rapidi, invisibili, in grado di muoversi senza lasciare traccia. Io non ho bisogno di masse da comandare, ma di lame silenziose da affilare nell’ombra. Con loro andrò a stanare chi ci divora e a riaprire le nostre strade.» Poi si raddrizza, lo sguardo gelido sugli altri. “Dividere ora l’esercito sarebbe un suicidio. Prima mandiamo scout a osservare gli altri fronti: capiremo chi e cosa ci aspetta. Nel frattempo, io mi occuperò dell’Ovest. Quando i convogli torneranno a correre e l’Impero avrà di nuovo respiro, allora potremo decidere dove colpire con il pugno intero dell’esercito.” Un mezzo sorriso, appena accennato. «Un impero affamato muore da solo. Io non intendo permetterlo.» Eppure, mentre la sua voce si spegne nella sala, i pensieri di Nero vanno altrove. Alla rovina del casato i Dessendre, alle sale vuote in cui l’eco dei passi rimbombava più forte dei discorsi. A suo fratello Radhan, che avrebbe dovuto sedere al posto suo in quel consiglio. Radhan, il vero stratega, nato con la parola pronta e la mente affilata, capace di dare ordini e direzioni a un esercito. Lui, Nero, aveva sempre preferito i pennelli e le statue, l’armonia dell’arte al fragore delle armi. Ora invece eccolo lì, a parlare di convogli e trappole, a fingere una sicurezza che dentro non sente mai del tutto sua. Forse Radhan avrebbe trovato soluzioni più sagge, più degne. Ma Radhan non c’è più. È scomparso come se la terra stessa se lo fosse inghiottito, e l’Impero non attende i fantasmi. Così Nero rimane in piedi davanti agli altri, mascherando con il ghiaccio dello sguardo quella crepa che dentro brucia ancora.
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Ci sono anche io quando volete
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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
Djmitri Karamazov Dmitri, Jacob e Ludwig “Concordo,” sussurra Djmitri, quasi come se stesse condividendo un segreto, inclinando il capo di poco “ma ricordiamoci che anche le ombre più fitte nascondono opportunità. Se quest’uomo è davvero disperato, vorrà parlare… e noi ascolteremo con attenzione.” Si passa il pollice sul bordo del medaglione del suo collegio, nascosto sotto le pieghe del mantello, come per trarne un briciolo di forza o di concentrazione. Non sono qui solo per il denaro… pensa con lo sguardo ora rivolto alla porta d’ingresso, come in attesa dello sconosciuto. Se Radovich si muove in certe sfere della città c’è la possibilità di accedere a contatti o informazioni… e certe informazioni valgono più dell’oro agli occhi del Collegio. Approfitterò di questo vantaggio e vediamo che parte della verità vorrà mostrarci. Djmitri si rilassa leggermente sulla sedia, in apparenza tranquillo, ma la sua attenzione è già proiettata nell’oscurità dietro quella porta, pronto ad analizzare ogni gesto e ogni parola del misterioso Ivan Radovich.
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Capitolo 4 - Power Behind the Throne
Djmitri Karamazov Djmitri sedeva al tavolo di legno graffiato. La birra lasciava un anello umido sul piano. Beveva a piccoli sorsi, senza fretta, lasciando che il gusto amaro tenesse occupata la lingua mentre la mente vagliava, pezzo per pezzo, le ultime ore. Non era irritato, né offeso. Semplicemente, non gli piaceva non avere il quadro completo. Era abituato a sapere sempre. Ogni volto, ogni scopo, ogni pericolo in anticipo. Jacob e gli altri sembravano muoversi per un disegno che lui non aveva ancora visto, e questo lasciava un piccolo vuoto sotto la pelle, come un dado che rotola senza fermarsi. Poi una frase filtrò nel brusio: “…il mio signore è ricco.” Djmitri posò il boccale con calma, le dita ancora avvolte attorno all’impugnatura. Gli occhi si accesero appena, come se finalmente avesse intravisto un filo da seguire in quell’aggrovigliata matassa di incertezze. Il resto poteva aspettare.
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Prologo - Il Trono Incatenato
Nero Dessendre Forse era solo un riflesso ma il vetro del Emporio per un attimo ha mostrato un volto che Nero non poteva confondere. Lineamenti scavati, un taglio ormai vecchio che corre dalla guancia sinistra fino all’orecchio, come un sorriso forzato da una lama. Gli occhi sono gli stessi: due pozzi di ghiaccio.. “Putain! è Kael.” pensa O qualcosa che gli somiglia abbastanza da farlo fermare. Selune si è irrigidita. Ha ringhiato piano, quasi un avvertimento. Non abbaia mai, se non per ciò che riconosce. Nero e Kael non sono mai stati amici. Sono cresciuti nello stesso fuoco e ne sono usciti con idee diverse su cosa si salva e cosa si brucia. Un tempo combattevano sotto gli stessi colori. Fratelli d’arme, così li chiamavano. Ma Nero credevo in una causa. Kael credeva nel potere. Non l’ha inseguito. Non in mezzo alla piazza, non tra quei venditori e ciarlatani coperti di stracci. Se era lui, tornerà. Kael non si nasconde. Non per molto. Gli piace farsi vedere quando pensa che Nero non sia pronto. La mattina seguente Carthagorn… Il nome si posa nella mente di Nero come un coltello afillato. Selune cammina al suo fianco, silenziosa. Solo le sue orecchie si muovono, attente a ogni sussurro di metallo, a ogni respiro affrettato oltre le colonne. Il suo manto nero sembra bere la luce fioca dei bracieri, confondendosi con l’ombra viva del Palazzo. Si ferma appena oltre la soglia. Respira l’odore del ferro e della pietra come fosse quello di un vecchio campo di battaglia: sudore, sangue, segreti. Non va subito verso la sala del consiglio. Non ancora. Non darà a nessuno la soddisfazione di vederlo affrettarsi. Si volta verso la statua nell’atrio, quella figura mezza scolpita, corrosa dal tempo, che attira lo sguardo senza motivo evidente. O forse c'è un motivo, ma ancora non ha nome. Si avvicina. Tocca il marmo ruvido con la punta delle dita, lasciando che la polvere si incolli alla pelle. "Se questi muri ricordano… allora anche questa pietra ha sentito più di quanto ha visto." Selune si siede, vigile, gli occhi puntati verso le scale superiori. Poi si rialza e, senza voltarsi, parla al vuoto del corridoio: “So che mi state guardando. Allora guardate bene.” E solo allora, con passo lento e deliberato, si muove verso la sala del consiglio.
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Buonasera a tutti, sono tornato oggi. Domani metterò il post. grazie per la pazienza
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Kensei ha iniziato a seguire Prologo - Il Trono Incatenato
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@CocceCore 😝