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Visualizzazione dei contenuti con la reputazione più alta il 01/12/2025 in Voci blog

  1. Alchemicamente parlando Il tema di questo mese per il Vecchio Carnevale Blogghereccio è l’alchimia, scelto e ospitato gentilmente dal Blog Bellicoso (anche qui su Dragons' Lair!). Oggi quindi proverò a delineare chi dovrebbe essere, cosa dovrebbe sapere e cosa dovrebbe poter fare un alchimista in una mia ipotetica ambientazione. L’alchimia è un antico sistema filosofico ed esoterico, spesso confuso o malinterpretato come un antenato della moderna chimica. Non è così: gli alchimisti non erano chimici ante litteram. Nei giochi che porto al mio tavolo non c’è quasi mai spazio per gli alchimisti: ci sono fisici, ci sono chimici e, a volte, perfino filosofi; ma non riesco mai a trovare un ruolo adatto agli alchimisti. Oggi, tuttavia, proverò a ritagliare un posto anche per loro in un’ambientazione di mia invenzione. L’importanza degli astri Gli alchimisti attribuivano grande importanza agli astri, che rappresentavano attraverso un ricco simbolismo nelle loro formule esoteriche. Ritenevano infatti che metalli, corpi celesti e anatomia umana fossero tra loro in relazione, collegati da invisibili affinità. Gli alchimisti erano dunque eruditi in astrologia e vi credeva senza riserve. Il primo passo per trasporre queste idee nel nostro mondo di gioco è renderle fattualmente vere: gli astri, con i loro moti sovracelesti, le loro convergenze e le forze invisibili che li legano, influenzano davvero la vita sulla Terra, il comportamento degli uomini e le proprietà degli elementi. Gli alchimisti diventano così coloro che, intuita questa verità profonda, studiano il cielo per comprendere le forze cosmiche che plasmano materia e psiche, e per trovare modi di manipolarle. Cosa deve conoscere un alchimista Abbiamo detto che un alchimista dev’essere astrologo e, almeno in parte, astronomo. Lo studio del moto degli astri è fondamentale. Ma non basta: gli alchimisti erano quasi sempre persone profondamente religiose, o comunque inclini a credere in una realtà metafisica in cui simboli e corrispondenze prendono forma e influenzano attivamente il mondo materiale. Il viaggio dell’alchimista è anche (e soprattutto) spirituale: un’elevazione dell’anima grazie alla comprensione del mondo invisibile. Direi quindi che un alchimista debba essere devoto ed erudito in teologia. Un alchimista ateo sarebbe quantomeno bizzarro. Ovviamente deve possedere anche nozioni di metallurgia, gemmologia, chimica, fisica e medicina, in particolare riguardo all’anatomia umana e animale. Queste sono le conoscenze che il nostro sapiente deve accumulare prima di intraprendere il cammino dell’alchimista: una figura “universale”, coerente con l’ideale pre-moderno di erudito, non specialista ma conoscitore di più discipline del sapere umano. Abbiamo definito chi è e cosa sa... ma cosa fa? Ottima domanda. L’elevazione spirituale non è un obiettivo facilmente giocabile al tavolo, almeno nei giochi che discendono da D&D. Quindi che cosa fa, in pratica, un alchimista? Innanzitutto dovrebbe essere un punto di arrivo, non di partenza: un PG di livello 1 non dovrebbe cominciare come alchimista, ma come aspirante. Dopo anni di studio, esperimenti, viaggi e ritiri spirituali, solo allora potrà definirsi davvero tale. A seconda del sistema, questo potrebbe avvenire al livello 5, 10, 15 o perfino 20: l’alchimia come traguardo supremo della mente umana. Non sarò così ambizioso per questo articolo: poniamo che si possa diventare alchimisti “relativamente” presto, attorno al livello 5. Che cosa ha appreso a fare il nostro apprendista? • Chiaroveggenza, preveggenza e retrocognizione Studiando gli astri e le viscere degli animali, interpretando rune e simboli, cogliendo le corrispondenze metafisiche tra eventi terreni e celesti, l’alchimista può, tramite rituali adeguati, vedere nel presente (chiaroveggenza), scrutare il futuro (preveggenza) e indagare il passato (retrocognizione). È dunque un divinatore completo, in grado di fornire informazioni cruciali al gruppo. Per evitare che scopra “troppo, troppo in fretta”, è consigliabile legare questi poteri a condizioni ben precise: moti di Luna e pianeti, viscere specifiche da trattare in modo particolare, rituali eseguibili solo in determinati giorni, periodi di meditazione e preghiera… o un mix di tutto ciò. • Trasmutazione della materia Attraverso formule esoteriche e misteriose operazioni quali Putrefazione, Calcinazione, Distillazione e Sublimazione, l’alchimista può trasformare una sostanza vile in una più nobile. Una pietra raccolta lungo il sentiero può divenire ferro; un lingotto di piombo, oro purissimo; il rame, mitico oricalco; l’argento, durissimo adamantio. Le potenzialità sono tali che è necessario imporre limiti stringenti: lunghi tempi di attesa, laboratori avanzati, reagenti rari o proibiti, rischi di fallimento o risultati imprevisti. • Curare la carne e la mente L’alchimista conosce bene l’anatomia, e nessuno più di lui può tentare di “risaldare” la carne ferita come un fabbro ricongiunge una spada spezzata. Le sue procedure, sospese tra materia visibile e forze invisibili, gli permettono di far sì che la carne si ricucia e il sangue, se non troppo perduto, ritorni nel corpo, con beneficio immediato del moribondo. Ma manipolare la materia organica attraverso poteri cosmici o naturali comporta rischi enormi: così come può ricongiungere un arto mozzato, può anche spezzare i legami vitali che tengono insieme il corpo, causando una morte atroce al paziente. Questo rischio può diventare un interessante dilemma tattico: tentare la cura, pur sapendo che potrebbe peggiorare le cose? Conclusione E questo è quanto per questo breve articolo. L’alchimia, con la sua varietà di significati e la sua innata cripticità, si presta bene alla dimensione del fantasy. Gli alchimisti potrebbero essere chierici, druidi, artefici o maghi, molto dipende dal sistema utilizzato. Nella mia ambientazione principale, La Terra che verrà di Radiogenesi, temo non ci sia ancora spazio per loro. Ma sarei felice di integrarli in un’ambientazione più antica e apertamente fantastica, come la Gerusalemme del VII secolo, campagna che accarezzo da tempo. Come al solito, grazie per la lettura! Se avete pareri o critiche, sarò lieto di leggerli.
  2. 1 punto
    Recentemente ho riscoperto "Dragon Mountain", un'avventura in scatola del 1993 per Advanced Dungeons & Dragons Seconda Edizione, che mi ha ricordato quanto sia rara la ricchezza di contenuti in un prodotto di D&D al giorno d’oggi. Il solo sfogliare il materiale contenuto nella scatola richiede almeno 20 minuti, ma procediamo con ordine. "Dragon Mountain" è un classico modulo di avventura per personaggi di livello 10-15. La sua imponente confezione nasconde un tesoro di materiali: tre manuali dettagliati di 64 pagine ciascuno, sei mappe a colori di grandi dimensioni, un poster, 14 cartoncini a colori, 14 handout per i giocatori, 8 nuove pagine del Monstrous Compendium, e 48 pedine in cartoncino. Questa ricchezza di materiali è un aspetto che non esiste nelle avventure moderne di D&D. L'avventura si sviluppa attraverso due parti distinte. Il primo libro, pur presentandosi con un tono che potrebbe apparire convenzionale, svolge un ruolo fondamentale nell'introdurre efficacemente i giocatori nel cuore dell'avventura. Qui, i personaggi sono impegnati nella ricerca di una mappa per localizzare la Montagna, un'entità enigmatica che cambia piano di esistenza e riappare in una nuova posizione ogni vent'anni. In parallelo, i giocatori cercano un oggetto magico capace di aumentare le loro possibilità di sopravvivenza una volta all'interno del dungeon. La caccia alla mappa porta i personaggi attraverso un caleidoscopio di luoghi intriganti, dove ogni scoperta e indizio si trasforma in un tassello di un puzzle più ampio. Le informazioni chiave vengono acquisite in modi tanto creativi quanto inaspettati, come un tatuaggio sulla coscia di una cameriera che si rivela essere una parte essenziale della mappa. Questo viaggio è ulteriormente animato da un cast di personaggi non giocanti eccentrici, che arricchiscono l'esperienza e rendono il gioco di ruolo vivace e coinvolgente. Sebbene questa prima fase dell'avventura possa sembrare inizialmente stereotipata, essa si rivela essere un efficace preludio, fornendo ai giocatori uno scopo concreto e coinvolgente, che funge da rampa di lancio per le avventure successive. La seconda parte di "Dragon Mountain" (libri 2 e 3 ) emerge come il cuore pulsante dell'avventura. In questa fase, il modulo trasforma il gioco in un'esperienza intensamente coinvolgente. I giocatori si trovano a navigare attraverso un labirinto sadico ricco di trappole ingegnose, imboscate insidiose e vicoli ciechi che mettono a dura prova il loro ingegno e la loro strategia. Qui, l'avventura acquista profondità, proponendo una serie di incontri e scontri tattici mentre i partecipanti si addentrano nel tortuoso dungeon sotto la montagna. La diversità e l'ingegnosità degli incontri sono il vero fulcro di questa parte del gioco, offrendo ai giocatori l'opportunità di sperimentare e adottare una varietà di strategie basate sulle loro abilità e creatività. In particolare, spicca la massiccia presenza dei coboldi, spesso trascurati in D&D, ma che in "Dragon Mountain" si rivelano avversari astuti e formidabili. Nonostante la loro debolezza fisica, i coboldi impiegano la loro astuzia e trappole elaborate per creare sfide significative, anche per i personaggi di alto livello. Il gruppo che ho guidato, composto da guerrieri e maghi esperti, ha affrontato una serie di prove durissime: sono stati picchiati, calpestati, bruciati, trafitti, soffocati e schiacciati. Tuttavia, hanno goduto ogni singolo momento di questa brutalizzazione, testimoniando la capacità unica di "Dragon Mountain" di offrire un'avventura intensa e memorabile, che rimarrà impressa nelle loro memorie come una delle esperienze più gratificanti nel mondo di Dungeons & Dragons. In conclusione, "Dragon Mountain" incarna tutto ciò che gli amanti del dungeon crawl potrebbero desiderare. Il suo fascino risiede nel suo dungeon intricato e sfidante, un vero paradiso per gli appassionati del genere. Ma, forse, l'aspetto più sorprendente e innovativo di "Dragon Mountain" è il suo uso rivoluzionario dei coboldi. Tradizionalmente considerati mostri minori e spesso trascurati, in questo modulo vengono trasformati in avversari astuti e memorabili. La loro presenza massiccia e il loro ruolo ben sviluppato nella narrazione ribaltano le aspettative convenzionali, dimostrando che anche i nemici apparentemente più deboli possono offrire sfide significative e coinvolgenti.
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