Questo va benissimo. Nel senso che non c'è alcuna necessità di "sentirsi come si sente il proprio PG" (o di "creare emozioni"), e non è neppure preferibile.
 
	Se è qualcosa che tu desideri, va bene anche quello (e probabilmente a quel punto ha ragione chi ti consiglia di cercare un altro gruppo, più adatto alle tue esigenze). Se sei proprio sicuro di desiderare questo. Se invece è solo un cruccio dovuto a una qualche aspettativa di come si dovrebbe giocare, è più efficiente semplicemente liberartene.
 
	Il mio primo consiglio è di approcciarti a D&D come un gioco da tavolo: niente di più, niente di sostanzialmente diverso. Se poi ne viene fuori qualcos'altro di piacevole, meglio, ma non giudicarti (e non giudicatevi a vicenda) in base a quello.
 
	Il mio secondo consiglio è di dare ai PG un obiettivo da raggiungere a cui i giocatori tengono. Non devi per forza inventarlo tu: puoi chiedere a loro di proporlo; se invece è già definito nella tua preparazione, assicurati di dir loro chiaramente quale è. "A cui i giocatori tengono" non significa che devono esserne enormemente emozionati: solo che devono essere convinti di voler provare a raggiungerlo. Non vedere l'obiettivo come un perno di emozioni e sentimenti: vedilo come il traguardo del tabellone di un gioco da tavolo; o come il fatto di rimanere senza carte giocando a "Uno!".
 
	Infine, terzo e ultimo consiglio, metti al più presto i PG (e quindi i giocatori) davanti a un problema pratico di cui neanche tu sai la soluzione. Descrivilo nel modo più semplice e rapido possibile, con il minimo contesto essenziale, senza fronzoli. E poi state a vedere che succede.