La terza parte, riassume i vari indizi lasciati qua e là, e completa l'opera di progressivo incupimento che ho voluto conferire: se la prima parte è prettamente "delicata", limitandosi al punto di vista di una bambina inconsapevole, la seconda già spezza l'atmosfera con l'iniziale immagine del cadavere gonfio della madre. E' la terza, infine, a farsi portatrice di sangue e follia.
Parallelamente all'oscurità che va infittendosi (ripresa nei riferimenti al tramontare del sole nella terza parte), si delinea in una proporzione inversa il tema della consapevolezza. E' un percorso che mi piace fare, o meglio che ho intenzione di riprendere: il racconto è diviso in diverse parti, e in ciascuna si fa più acuta la percezione delle cose da parte dei protagonisti, o meglio del lettore. Questo, inevitabilmente, fa scoprire l'orrore. Così, se nella prima parte il quadro è una bellissima sorpresa per Emily e per chi legge, nella seconda diventa quasi un'innocente ossessione per la bambina (e inizia a dare spazio a indizi per il lettore), e nella terza si svela come l'incarnazione della follia del padre, che ormai precipita a valanga in un oblio di cui non siamo sicuri: saranno visioni allucinatorie, le sue? Saranno davvero immagini di altri mondi devastati da infinite variazioni dell'Apocalisse? Non lo sappiamo.
Ciò che sappiamo, e qui sta l'ultimo e reale tema, è che la sua opera degenerata è vana: non c'è modo di evitare il decadimento, la morte. Il tempo scorre, e noi non possiamo ingannarlo. Così, la tela che ha prodotto con tanti folli sacrifici, l'altare alla vita fatto di cadaveri, non è altro che un'illusione, un pezzo di materia destinato, come tutto, a sparire.
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