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Arànis Mallian


Samirah

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Le valigie sono ormai pronte, partiremo domattina all'alba. L'alba è sempre stato un momento propizio della giornata per me. Forse perché ne porto il nome, “alba dorata”, o forse perché gli dei non hanno ancora abbandonato questa terra e vogliono farci sentire la loro presenza nella luce e nel calore del giorno.

Durante un'alba estiva sono nata, quasi centosettant'anni fa, qui a Scant, quando la città era ancora un porto libero e il commercio era la linfa vitale di questo crocevia di culture e popoli diversi. Quando i miei genitori decisero di spostarsi qui dalla Foresta Celadon, fuggendo dal caos di una situazione politica ogni giorno più incerta, non avrebbero mai immaginato che avrebbero potuto trovarsi in una condizione ben peggiore, non più in balia degli eventi, ma nelle mani di una delle più potenti e tiranniche organizzazioni delle Flanaess.

Forse non dovrei neanche nominarla, ma in fondo è inutile nascondersi dietro alle parole. La Fratellanza Scarlatta domina su queste terre, nonostante il loro controllo non sia esteso come fino a pochi anni fa. Ma nonostante si siano dovuti ritirare in territori più ridotti, la loro morsa si è fatta, forse proprio per questo motivo, ancora più stretta.

Dove prima c'era libero commercio, ora esistono solo dazi e pretese, in un regime di repressione che non ha soltanto legato le mani agli individui, ma ha ottenebrato anche le loro menti.

Non solo le agili e brillanti menti degli uomini, purtroppo vulnerabili al mutare degli eventi, ma l'orgogliosa libertà intellettuale degli elfi è andata svanendo nel corso degli anni, come strangolata da tentacoli invisibili manovrati dalla Fratellanza.

Io stessa stavo per adagiarmi nell'inerzia a cui ci stanno costringendo, convinta che fosse sufficiente non alzare la testa per potersi garantire una sopravvivenza decorosa e senza intoppi.

Ho detto bene: sopravvivere. Tanto in basso ci hanno portato costoro, da far sì che noi elfi ci accontentiamo di sopravvivere, dimentichi delle nostre radici gloriose, quelle di un popolo fiero che ha sempre vissuto in pienezza e magnificenza.

E invece eccoci, ridotti a larve obbedienti e addirittura riconoscenti del trattamento di favore concessoci!

Ho vissuto in questo abbaglio così a lungo, che il risveglio è stato più doloroso di una pugnalata.

Matrimonio di convenienza l'hanno chiamato. Compravendita, lo definisco io. E solo in quel momento ho visto con gli occhi della coscienza. Di fronte a me non avevo più mio padre e mia madre, due elfi la cui nobiltà non risiedeva nel misero titolo ottenuto da un'attività commerciale proficua, ma nel sangue di un popolo che ha sempre osservato il mondo con una sensibilità che le altre razze non possono neanche lontanamente percepire. Ho visto invece due persone vecchie e stanche, pronte a rinnegare le proprie origini per una parvenza di tranquillità, disposti a consegnare la loro figlia, la loro “preziosa bambina”, nelle mani di un umano, anzi, peggio, di un Fratello.

E quando il tanto pretenzioso Legittimo Fratello Jeruan, figlio del Supervisore Capo Illattas, si è presentato alla nostra porta, ho compreso in quale terribile abisso la Fratellanza ci avesse gettati. E ancor più dello sconforto, fu la delusione, bruciante come il fuoco, a far nascere in me il germe della ribellione, in un modo che non mi sarei mai aspettata. Ma ben presto ebbe il sopravvento la frustrazione. Come avrei mai potuto evitare di seguire il destino che mi era stato imposto?

Fu mio fratello Coressafel ad agire al posto mio, mentre io ancora tentavo di scuotermi dal torpore esterrefatto in cui ero caduta. Lui, che fino a quel momento era parso ai miei occhi solo come un ragazzino curioso, alle prese con i primi rudimenti di magia, con cui amava creare giochi di luci colorate per allietarci la sera dopo cena, ora si presentava a me parlandomi di terre libere e di ribelli, di lotta e di speranza.

Parlammo tutta la notte, Corel ed io, mentre mi si spalancavano davanti scenari spaventosi e affascinanti al tempo stesso. Sentii nascere dentro di me un coraggio di cui non mi credevo capace, o forse Corel, nella sua ingenuità di ragazzo, riuscì a infondermi con la sua incoscienza, così carica di speranza.

E compresi che se lui, ancora così giovane e inesperto, stava rischiando già così tanto, mascherando la paura sotto una maschera di innocente incoscienza, non potevo certo essere io, sua sorella maggiore, a rimanere inerte di fronte ad eventi tanto gravi.

Mi affidai a lui, conscia che soltanto una fiducia reciproca e incondizionata potesse darci una possibilità di riuscita.

Ed ora eccomi qui, con i miei pochi bagagli preparati con cura e il mio prezioso libro riposto nella grande sacca di cuoio bianco traforato. Ho impiegato alcune settimane a prepararmi, ho cercato di arricchire le mie conoscenze quanto più possibile. Probabilmente avrei avuto bisogno di mesi, ma il matrimonio è fissato per il 27 di alzamuro e non potevo attendere oltre. La scusa del viaggio di studi e ricerche a Irongate in occasione del mio compleanno è stata sufficiente per lasciarmi partire in pace, ma due mesi trascorrono in fretta e dovrò cercare di essere quanto mai rapida a portare il messaggio all'uomo che Corel mi ha descritto.

Ma non mi lascerò sopraffare dalla paura, non lascerò che i Mallian, i “maestri della guerra”, perdano se stessi, portando nell'oblio ciò che fu e ci che ancora potrebbe essere.

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