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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Cascina abbandonata La magia di Mahrh si diffonde nella stanza, e subito le rune incise sulle pedane rispondono, pulsando di una luce più viva. Non è un bagliore minaccioso, piuttosto sembra il respiro di qualcosa che attende da troppo tempo di essere risvegliato. Ma ad attirare l'attenzione del cultista è il cristallo riposto al centro della stanza, che emana una straordinaria magia abiurativa, una forza benevola, risalente a chissà quanti anni fa. Non ricordo nemmeno come sono stato imprigionato, ma sono piuttosto sicuro che sia colpa di quel coso... Ho perso la memoria e sto studiando da tempo, cercando di comprendere la forza che ci lega, ma non ho ancora trovato nulla a riguardo.... La teca non sembra magica, ma è estremamente solida, ed è chiaramente collegata alle pedane, anch'esse emananti una leggera energia abiurativa. All'esterno della casetta invece, la palude continua ad emanare una forza necrotica, a tal punto che Mahrh è in grado di individuare anche la bestia che in precedenza vi aveva attaccati, ormai lontana. Nel frattempo Donkey si muove circospetto, toccando con mano statue e pedane. Le sue dita lasciano impronte leggere nella polvere, sfiorano il legno e la pietra corrosa dal tempo. Basta un attimo e quando Skunk chiede se ci siano trappole, Donkey preme leggermente una delle pedane. La runa si colora prima di azzurro, e dopo qualche secondo, la statua, raffigurante il serpente, prende vita, attaccando di fronte a sé. Ecoo... le statue... si muovono quando le premo... donkey tiro salvezza su destrezza, CD 13, eventualmente becchi 10 danni se fallita
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Il gigante resta immobile per qualche istante, solo il lento movimento della sua mano sulla barba spezza il silenzio. Poi emette un lungo sospiro, qualcosa tra un ruggito strozzato e il vento che passa tra le rocce. Piccoli… non siete come gli altri. Non siete venuti a chiedere tesori, né a ridere della mia prigionia. Avete il coraggio dei disperati. O dei devoti. Abbassa lo sguardo, le sue dita enormi sfiorano il tomo sulle ginocchia, come se quel gesto lo radicasse ancora a qualcosa di familiare. Poi lo chiude, piano. Io vi minaccio perché voglio andarmene di qui, e questa è la mia occasione. La maledizione che mi imprigiona è viva. Il gigante punta un dito enorme verso la casetta di legno, semi-affondata nel fango. Lì dentro, in quella tana di legno marcio, c’è ciò che mi tiene qui. Un'antico enigma che io non sono stato in grado di risolvere in autonomia. E' necessaria la collaborazione. Facciamo così. Liberatemi e io verrò con voi. Il mio sapere, la mia forza, i miei occhi nella palude saranno vostri fino al compimento del vostro cammino. E poi sarò libero. Convinti dalle parole del gigante, condizionato dalla buona parlata di Mahrh, vi avvicinate alla cascina. Entrando, la porta si apre su un'unico stanzone, simile a una piccola biblioteca dimenticata. Sul muro di fronte, libri di ogni tipo emanano il loro odore di carta ammuffita. Al centro, sospeso dentro una teca di vetro collegata a un intrico di leve e contrappesi arrugginiti, brilla un cristallo verde-azzurro, pulsante di energia arcana. Non è la prima volta che una teca si frappone tra voi e il vostro obiettivo, ma questa volta non sembra così semplice da aprire. Tutt’intorno, ai quattro angoli della sala, ci sono quattro statue ricoperte di licheni. Ognuna si erge davanti a una pedana di legno scuro, su cui sono incise rune ormai sbiadite ma ancora leggermente luminescenti. Le quattro statue hanno tratti consumati dal tempo, ma i dettagli più importanti resistono ancora. La prima raffigura una creatura possente, con il muso allungato e i fianchi scolpiti in tensione, come se stesse per scattare in corsa. Le zampe, robuste, poggiano tutte a terra. Un’altra si sviluppa invece in lunghezza: un corpo sinuoso, che si avvolge su se stesso in spire di pietra, con la testa sollevata e la bocca spalancata in un silenzioso sibilo. Non lontano, una figura più minuta sembra pronta a librarsi in aria: le braccia, o meglio le ali pietrificate, sono tese verso l’esterno, e il corpo leggero sembra sbilanciato in avanti, come colto nell’istante di un battito. L’ultima è tozza e schiacciata, con arti corti piegati e il ventre rigonfio che poggia quasi a terra. La bocca spalancata ricorda un gracidare eterno, e persino la pietra intorno agli occhi sembra gonfia e sporgente.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il gigante rimane immobile per un istante, lo sguardo dietro gli occhiali che sembra scavare nel profondo del chierico. Poi, lentamente, un sorriso si apre tra la barba ispida. Voce dell’Anonimo, eh? ripete con tono quasi divertito, ma senza scherno. Non capita tutti i giorni di incontrare un goblin che parla come un profeta… e con quella forza nello sguardo. Si sporge leggermente in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, e abbassa la voce, come se confidasse un segreto: L’Obelisco Nero di Dra’Kar… sì, lo conosco. Da questa palude lo si può quasi percepire, se si ascolta abbastanza a lungo la sua "voce". È antico, più antico di me, più antico di ogni regno umano che ricordiate. Alcuni lo chiamano maledizione, altri promessa. Ma una cosa è certa: ciò che vi attende là non è per i deboli. Poi si raddrizza e ride, una risata profonda e cavernosa che fa tremare lo spiazzo. Ma voi… voi sembrate avere quell’aria. Determinata. Folli, ma determinati... Il gigante rimane in silenzio per un istante, poi sospira. La sua voce, quando riprende, è più cupa, meno annoiata: Voi parlate di destino, goblin… e forse non è un caso che siate arrivati qui. Io non posso muovermi da questo spiazzo. Non da anni. Questa capanna — indica la casetta semi-affondata alle sue spalle — è la mia prigione. Sono vincolato a essa da una maledizione... Per questo non posso più allontanarmi, per questo la mia vita è diventata solo pagine e silenzio. Si piega in avanti, le mani enormi che stringono il libro con forza, e gli occhiali che riflettono un lampo di luce lattiginosa. Dentro quella casa c’è la chiave. Non vi dirò di più, non mi è concesso… ma in solitudine non potrò mai essere in grado di sciogliere quella catena... E' da decenni che nessuno si avventura fin qui... e devo cogliere l'occasione. Ora o mai più. Poi sorride, e il suo sorriso non ha nulla di rassicurante: Se vorrete aiutarmi, vi lascerò passare verso il cuore della palude, e forse vi concederò anche qualcosa che possa servirvi. Se rifiuterete… beh, non ho più molto da perdere. E voi non andrete da nessuna parte.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il pericolo sembra momentaneamente superato. L'Otyugh scompare alle vostre spalle e ne approfittate per proseguire verso la fine della radura. Superato uno stretto corridoio alberato, la radura si apre nuovamente, dove la palude si fa meno opprimente e l’aria porta l’odore umido e quasi piacevole di legna vecchia. Avanzate qualche minuto e vi trovate di fronte una scena inattesa. Al centro di un piccolo spiazzo, accanto a una capanna di legno mezzo affondata nel fango, siede un essere imponente. La pelle è grigiastra, segnata da rughe profonde. La testa è lucida e pelata sulla parte superiore, e radi capelli grigi si uniscono a una lunga barba e baffi grigi e crespi. Indossa un abito logoro ma elegante, degli occhiali, e con le mani enormi sfoglia lentamente le pagine di un tomo poggiato sulle ginocchia. Al vostro arrivo solleva lo sguardo. La voce che ne esce è cavernosa, ma più stanca che minacciosa: Ohh… che miracolo. Dei viandanti, qui, dopo tanti anni. Nessuno si spinge più fino alla mia casa. Tutti hanno paura della palude… e io mi annoio. Ma voi… voi siete diversi. Goblin, e per di più portate con voi un’aura… interessante. Il gigante, osservando Mahrh, chiude il libro con un tonfo, e lo posa a terra. Poi si gratta il mento con lentezza. Quindi, piccoli... cosa vi porta da queste parti?
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il terreno vibra mentre la bestia si avventa. Con un ringhio gutturale, l’Otyugh spalanca la bocca ricoperta di bava nerastra e affonda i denti nel fianco di Duark. Il morso strappa carne e metallo, facendolo barcollare di dolore. Subito dopo, un tentacolo schiocca verso il fondo della formazione, avvolgendo Mahrh in una stretta gelida che gli toglie il respiro. Ma quando un secondo tentacolo si abbatte su Gobbla, il piccolo compagno schizza via come una saetta: l’impatto goffo dei due arti fa vibrare l’aria e spezza la presa su Mahrh, che ricade a terra ansimante. È il vostro momento. Skunk alza l’arco, l’occhio fisso sulla massa putrefatta, e marchia la creatura con la sua magia predatoria: l’Otyugh si illumina per lui come una preda segnata. Gobbla, lanciato in avanti, tenta un morso, ma le zanne scivolano sul carapace melmoso senza lasciare traccia. Dalle ombre sbuca Donkey: il goblin si muove come un 'ombra. La sua lama corta affonda nella carne flaccida del mostro con precisione brutale, seguita da un pugnale che si infila tra le pustole necrotiche. Il sangue nero cola, fetido, mentre Donkey si ritira già nascosto dietro le radici. Duark, ancora scosso dal morso, scatta con lo stocco brandito, ma il destino lo tradisce: il piede inciampa in una radice nascosta, e il guerriero ruzzola a terra rovinosamente. Il colpo che doveva essere un affondo letale si dissolve in una caduta goffa. Dal fondo, la voce di Mahrh risuona cupa. Evoca l’Anonimo, e l’aria si fa fredda, il buio si contrae intorno all’Otyugh. La previsione è corretta. Quello non è un semplice Otyugh, ma un cadavere mostruoso rianimato da chissà quale magia necromantica. Una forza invisibile scaccia l’abominio: la creatura rianimata emette un verso stridulo, e per la prima volta retrocede, trascinando con sé melma e putridume. La creatura, pur ferita, è in pieno panico e tenta di fuggire nel fango. DM Duark - 12 (2d8 + 3) danni perforanti Mahrh - 7 (1d8 + 3) danni contundenti più 4 (1d8) danni perforanti. Otyugh - 29 PF, spaventato e in fuga
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Radura della palude Il terreno cedevole e fangoso lascia spazio a una lingua di terra più solida, coperta da erbe marce e radici contorte. L’odore di putrefazione è forte, ma paradossalmente meno soffocante del fetore delle acque alle vostre spalle. Vi sentite più sicuri, come se il cammino fosse divenuto finalmente più agevole. Skunk, con i sensi tesi e lo sguardo acuto, nota però ciò che gli altri non vedono: non siete soli. L’erba sembra schiacciata da passi recenti, e ci sono segni profondi di impronte. Vi avverte immediatamente, e girandovi verso destra notate che da un mucchio di sterpaglie scure che pareva solo un ammasso di fango e radici, la terra inizia a muoversi. Un corpo massiccio, umido, si solleva con un suono sordo e viscido. L’aria si riempie di un odore nauseante di carne marcia. Davanti a voi emerge una creatura colossale, alta più di due volte un goblin, fatta di fango, rami e ossa che stillano melma nera: un Otyugh putrefatto, risvegliato dal potere necrotico che dilaga nella palude e che ora percepite sempre più forte man mano che si avvicina. Le sue fauci si aprono a ventaglio, emettendo un ringhio gorgogliante che sembra mescolarsi a voci sussurranti, che vi penetrano nella mente. INTRUSI - VICINI- ORA - MORTE. Se Skunk non si fosse accorto del mostro probabilmente sareste stati colti in un agguato. Ora la bestia si muove puntando il piccolo gobbla. Tirate iniziativa.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Sentiero dei boschi morti Attraversate il Sentiero, seguendo il percorso individuato tra le assi marce e le radici che si tuffano nel fango. L’aria diventa sempre più densa, pesante di umidità e di un odore acre di decomposizione. Le radici degli alberi marci si intrecciano come ossa affioranti, costringendovi a salti rapidi, con il rischio di inciampare o scivolare sul muschio. Finalmente il terreno si fa meno instabile: un argine di terra umida si alza davanti a voi, ricoperto di sterpaglie. Al di là, la palude sembra aprirsi in una radura più asciutta. Per un momento vi sentite sollevati… Voltandovi, notate ciò che avete appena superato...
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Sentiero dei boschi morti Skunk si china, le mani nodose che toccano con diffidenza le assi marce. Picchietta con le nocche, inclina l’orecchio e ascolta il suono vuoto del legno. A un primo sguardo sembrerebbe tutto precario, ma il suo istinto da ranger lo guida. Nota che alcune assi, quelle più scure e coperte da muschio, hanno già assorbito troppa umidità: nemmeno sotto il peso di un leggero goblin (e ancor di più di Duark) non reggerebbero un battito. Ma c’è un dettaglio: lungo il bordo del sentiero emergono radici e tronchi caduti che, se seguiti con attenzione, permettono di alternare assi solide e appigli naturali. Con un po’ di cautela, riuscite a tracciare un percorso più sicuro attraverso il cammino, evitando i punti destinati a crollare.
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Boggerton - Sala del trono La sala del trono, scavata nella roccia, vibra di rumore, odore di fumo e sudore di corpi ammucchiati: centinaia di goblin accalcati ascoltano i vostri discorsi. Le parole di Mahrh risuonano con un forte eco nella caverna. Quando solleva il Teschio, un brivido percorre la folla: alcuni goblin cadono in ginocchio, altri si limitano a fissare con occhi sgranati, incapaci di distogliere lo sguardo dall’artefatto. Il silenzio rispettoso è inusuale, quasi innaturale. Duark arringa con entusiasmo, e quando parla di ricompense tangibili — armi, schiavi, femmine — la folla esplode in cori e risate sguaiate, più facili da comprendere per le menti meno affinate. Le mani battono, i piedi percuotono il pavimento roccioso. In poco tempo la sala riecheggia di: Viva l’Oscuro! Viva il Senza Nome! Il vecchio Gun’ta, rimasto seduto accanto al trono rozzo di Schnitz, scuote appena il capo e sussurra con voce roca: L’Obelisco Nero vi aspetta, figli dell’Anonimo. La folla acclama, ignara o incurante del monito. Presi con voi il teschio e le lacrime, prendete la direzione indicata da Gun'ta. Camminate per due giorni interi, spostandovi verso l'entroterra, tra foreste che gradualmente trasmutano in acquitrini veri e propri. Luoghi malsani, dove insetti di qualsiasi tipo vi ronzano attorno e fungono da antipasto tra una camminata e un riposo. Tutto d'un tratto il clima si fa più freddo, e comprendete di essere giunti al Sentiero dei boschi morti, che il saggio vi aveva menzionato. Avanzate nella palude e davanti a voi si apre un vecchio cammino di assi marcite, quasi inghiottite dall’acqua scura che vi lambisce ai lati. Gli alberi ammuffiti si ergono come dita contorte verso il cielo plumbeo, i loro rami secchi intrecciati a formare archi naturali sopra le vostre teste. Il sentiero di assi non sembra molto sicuro. Ogni passo scricchiola sotto il vostro peso, e a ogni scricchiolio vi sembra che l’intera impalcatura stia per cedere, pronta a farvi risucchiare dalla melma sottostante. Radici grosse e nodose emergono qua e là dall’acqua, e, potreste giurarlo (ma forse è solo soggezione) alcune sembrano muoversi lentamente...
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Ozilfighetto ha iniziato a seguire Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
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Capitolo 4. L'obelisco Nero di Dra'kar
DM Boggerton Il ritorno a Boggerton avviene sotto cieli densi e minacciosi. Le caverne del villaggio, solitamente brulicanti di vita e odori pungenti di cucina goblin, sembrano più silenziose del solito. I cunicoli rocciosi, umidi e screpolati, amplificano ogni piccolo suono, ma soprattutto amplificano i sussurri. Li si sente solo di notte, provenienti dall'esterno… l’eco di un qualcosa che si sta muovendo da quando avete liberato il Teschio. Mahrh, da quando ha stretto tra le mani il Teschio di Malakar, è afflitto da visioni continue. Il Monolito, gigantesco e immobile in una palude nebbiosa che pare viva, che respira. E attorno a esso, sempre, un’ombra in forma umana, che si ricompone a ogni nuova visione, lentamente, come se stesse rinascendo dall’oscurità stessa. Il cielo sopra le campagne vicine ha preso a imbrunirsi giorno dopo giorno. Non piove. Non tuona. Ma un velo di nubi immobili e nere grava sopra le radure, e persino le bestie hanno smesso di avventurarsi oltre la selva. Alcuni goblin di guardia giurano di aver visto ombre camminare vicino ai cancelli di Boggerton... Il Teschio e le tre Lacrime del Caos, ora custoditi, rimangono fermi… eppure chi li guarda a lungo giura che vibrino, che il loro potere trattenga il respiro, come se aspettassero un segnale per esplodere. Fu parlando con Gun’ta, l’anziano sacerdote mezzo cieco, che la verità emerse. Il vecchio goblin, con voce tremante, raccontò delle cronache perdute del culto del Senza Nome, e del famigerato Obelisco Nero di Dra’Kar. Una stele d’ossidiana, alta venti metri, piantata in una palude infestata, teatro — se le leggende dicono il vero — di un tentativo fallito di divinizzazione oscuro, avvenuto secoli fa. Ora, il rituale può essere completato. E il mondo non sarà più lo stesso. Eppure, a Boggerton la vita pareva tornata tranquilla. Il piccolo Schnitz, assurto a carica di leader dopo l’ultima crisi, ha riportato l’ordine tra le tribù goblin. I mercati hanno riaperto, le risse sono tornate a essere "non letali", e persino le catapulte cerimoniali sono di nuovo funzionanti. Ma l’aria che si respira è quella del giorno prima della guerra. Ora, convocati presso la corte, tutti i goblin si radunano. C'è fermento. Si spargono voci, si fanno scommesse. Al centro della sala, Mahrh, Donkey, Duark, Skunk e Burt vengono chiamati a parlare. È tempo di rivelare cosa hanno scoperto.
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Fuori Grimhold Garruk osserva in silenzio mentre Donkey svuota la sacca. Le reliquie in oro tintinnano una dopo l’altra sulla coperta, riflettendo la pallida luce dell’alba con un luccichio smorzato. I suoi uomini si fanno un passo avanti d’istinto, come cani affamati davanti a una carcassa, ma un cenno della sua mano li blocca sul posto. Il mercenario si accovaccia lentamente, le ginocchia scricchiolano sotto il peso del corpo. Passa una mano callosa sopra gli oggetti, senza toccarli, solo misurandoli con lo sguardo. Un goblin che rispetta gli accordi… commenta, quasi tra sé. A quanto pare devo iniziare a riscrivere i miei pregiudizi... Si rialza, e con un gesto secco chiama uno dei suoi: un giovane dalla barba rada e dall’aria nervosa. Prendi la nostra parte. Solo quella. Il ragazzo si avvicina, raccoglie un quarto esatto del valore mostrato, contando due volte sotto lo sguardo vigile di tutti. Una volta finito, Garruk annuisce. Affare chiuso. Per oggi. Fa un passo indietro e guarda ancora verso la valle. I lupi ora sono cinque, ben visibili, ma non minacciosi. Si muovono in cerchio, lenti, come se stessero proteggendo o aspettando qualcosa. Qualcosa si è rotto. Non nel patto, ma nel mondo. Lo sentite anche voi, vero? Poi vi rivolge un ultimo sguardo. Non so cosa abbiate combinato o cosa speriate di fare, ma spero che la nostra onestà e il nostro aiuto possano salvare la pelle a me e ai miei compagni. Buona fortuna compagni goblin. Gira sui tacchi, e con un fischio richiama i suoi. I mercenari si allontanano alle luci dell'alba, recuperando dei cavalli poco lontano e galoppando verso la costa, lontano dalla foresta e dalle ombre che avanzano. Notate in fondo alla vallata gli altri membri del gruppo di Garruk, pronti, con sacche e provviste, per fuggire dal caos che avete generato.... Insieme all'accolito imbavagliato osservate l'orizzonte... Poi Mahrh crolla a terra, come in trance. Mahrh Mentre gli ultimi bagliori dell'alba si confondono con le nebbie della valle, avverti un impulso gelido attraversarti la spina dorsale. I rumori si ovattano, il mondo sbiadisce. Una pressione invisibile ti schiaccia verso terra. Poi, l’Oscurità. Non quella naturale della notte o delle profondità, ma una tenebra viva, pulsante, che ti avvolge completamente. Nel mezzo dell’oscurità, si accende una fiamma viola. Tre gocce violacee cadono lentamente sfiorando la fiamma che si contorce. Un teschio appare tra le ombre, ma non è più solo un oggetto inerme: le orbite si incendiano di un bagliore empio, e la mascella si muove in un sussurro senza voce. Dalle sue fauci, filamenti d’ombra si stendono verso una figura informe, avvolta da veli di nebbia altrettanto violacea. Venite. Preparatevi. La Rinascita ha bisogno di testimoni. Poi ti ritrovi a fluttuare in un cielo nero come pece, senza stelle, senza luna. Sotto di te, un mare immobile di nebbia bianca. E lì, in mezzo a quel vuoto silenzioso, si erge un Monolito. È immenso, alto quanto una torre, affondato a metà nel terreno marcio di una palude oscura. La sua superficie è liscia, di pietra nera lucida come vetro, e pulsa con una luce interna color porpora, come un cuore antico che batte lentamente. Attorno a esso, le acque si agitano senza vento, e ombre senza volto si inginocchiano, come se attendessero un padrone. Poi senti ancora la voce del Senza Nome. Portami al Monolito… lì dove il Velo è più sottile… dove i morti ascoltano… Le Lacrime si uniranno. Il Teschio prenderà forma... E il mondo avrà il suo nuovo regnante... Una visione secondaria si accende: vedi te stesso e i tuoi compagni disporre il teschio in cima a un altare rozzo di ossidiana, mentre le Lacrime del Caos si sollevano a mezz’aria, roteando lentamente... Poi la visione svanisce. Ti ritrovi sudato, tremante... Il momento finale è vicino.
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Grimhold Vi gettate nel tombino con un clangore sordo, il metallo che si richiude alle vostre spalle con un lamento roco. L’aria putrida delle fogne vi avvolge subito, familiare e disgustosa. I passi risuonano nell’umido labirinto sotterraneo mentre vi fate largo a memoria. Il sole fatica a filtrare tra le nubi dense quando, infine, mettete piede fuori dalle fogne. Ad attendervi, proprio come da accordi, c’è Garruk Tre Dita. Il suo mantello logoro si muove appena nella brezza mattutina, mentre i suoi occhi vi scrutano uno a uno, fermandosi brevemente sul teschio tenuto stretto tra le braccia di Mahrh. Al suo fianco, quattro della sua banda: visi duri, mani pronte alle armi, lo sguardo carico d’avidità trattenuta. Garruk non perde tempo in saluti. Pensavo vi foste già fatti scorticare dai preti… commenta, e accenna un sorriso storto, ma senza allegria. Ma vedo che il bottino c’è. Bene. Un quarto, come d’accordo. E senza imbrogli, o saranno i miei ragazzi a scortare il vostro cadavere, non la vostra merce. Alle sue spalle, poco oltre il confine della boscaglia, il fruscio dell’erba alta fa voltare più di uno di voi. Occhi riflettono la luce tra i cespugli: almeno due, forse tre lupi, silenziosi, in agguato. Non attaccano, non ringhiano. Osservano. Garruk si volta per un istante verso la vallata. Non siamo più soli, amici goblin. Non so cosa sia, ma qualcosa là dentro sta cominciando a muoversi. Poi vi guarda di nuovo. Allora? Mostratemi cos’avete portato…
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Tempio di Grimhold - Sala della reliquia Duark si avvicina senza esitazione, afferra il teschio, che pare pulsare tra le sue dita, e con un ghigno di scherno lo porge a Burt. Burt lo accoglie con cautela. Il teschio, ora privo di sigilli, è gelido e leggero… troppo leggero. Eppure ogni sua fibra gli urla che ciò che stringe non è solo un oggetto. Alle loro spalle, l’accolito balbetta ancora qualcosa. Sta implorando, forse pregando. Donkey lo osserva in silenzio per un lungo istante, la spada ancora sollevata. Poi sbuffa, lo strattona in piedi e lo spinge avanti con la punta dell’arma. Non c’è tempo per riflettere. Vi muovete rapidi, tornando sui vostri passi. Le scale vengono percorse in senso inverso, la cappellina secondaria è deserta: nessun altro accolito è giunto, nessuna trappola è stata innescata. Raggiungete il retro della cattedrale. L’aria del mattino vi colpisce in pieno: umida, grigia, incerta. All’orizzonte, laddove Grimhold inizia a mescolarsi alle colline e alle pianure, le ombre si muovono. Non si tratta di soldati o animali in fuga. Sagome troppo sbilenche, troppo piegate, si trascinano in silenzio, avanzando come attirate da una fiamma invisibile. Le ombre stanno giungendo.
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Tempio di Grimhold - Sala della reliquia Il silenzio nella sala è denso L’aria vibra attorno al piedistallo, carica dell’energia trattenuta dalle rune. Burt si avvicina con lentezza, lo sguardo fisso sulle rune luminose, osservandole una a una nel loro ciclo imperfetto. Il suo respiro è regolare, la mente concentrata nel calcolare il momento esatto. Le sue dita si muovono nello spazio come a tracciare uno schema invisibile. E poi, al culmine della pulsazione, quando una delle rune si affievolisce per una frazione di secondo, agisce. Un gesto secco, preciso: la sua mano si muove in un tracciato che richiama le forme stesse della magia che protegge il teschio, ma le piega, le disinnesca, come un ladro che forza una serratura sacra. Un colpo netto, una parola arcana pronunciata con autorità, ripercorrendo mentalmente tutti gli studi runici compiuti in passato. La runa incrinata emette un suono basso e sordo, come un battito interrotto. La luce si spegne. Per un istante, nulla accade. Poi, tutte le altre rune esplodono in una reazione a catena. Non un’esplosione distruttiva, ma una liberazione di energia compressa: filamenti di luce violacea si alzano in aria come serpenti liberati, spirali che si attorcigliano nell’etere, svanendo una dopo l’altra. Il sigillo si spezza. Il teschio cade in avanti, battendo sul piedistallo con un tonfo secco. L’aria cambia. Il freddo si insinua tra le ossa. Una brezza che non ha fonte reale percorre la stanza. E poi, qualcosa entra nelle menti dei presenti. Una risata. Lenta, raschiante, come dita d’osso su una porta chiusa. Burt, con la sua conoscenza delle arti arcane, ha saputo trovare l’istante perfetto, ma la sua ignoranza del sacro ha avuto un prezzo: il sigillo è stato aperto senza controllo. Non spezzato con un rituale, non soppresso con un controincantesimo, ma forzato. Il teschio è libero. Il contenuto è… cosciente. Non si anima, non fluttua, ma il suo sussurro ora è chiaro a tutti, e non più solo a chi lo fissava troppo a lungo. Finalmente libero... Vi condurrò al potere… Dall'esterno, il sole inizia a splendere. Siete partiti durante la notte, ora inizia ad albeggiare...
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Capitolo 3. Il teschio di Grimhold
DM Tempio di Grimhold - Sala della reliquia L’accolito deglutisce con fatica, la lama ancora vicina al fianco. Il suo respiro è irregolare, come se ogni parola gli costasse. Alla minaccia sussurrata, non osa nemmeno annuire, ma i suoi occhi sgranati e lucidi parlano per lui. S-sì… sì, è possibile. Il flusso delle rune… non è costante. Pulsano, una dopo l’altra, come un ciclo. Non ne conosco la durata precisa… Ma se si colpisce una runa nel momento in cui si spegne... quando il ciclo la lascia inerte anche solo per un istante… Fa un piccolo gesto con il mento verso la base del piedistallo, dove quattro rune principali si alternano debolmente nel loro bagliore rosa-violaceo. Ora che viene fatto notare, è chiaro: il loro ritmo non è perfettamente sincronizzato. Ce n'è sempre una più fioca, mentre le altre brillano. E ogni cinque o sei battiti, cambiano stato. Se riusciste a… colpirla con precisione, forse si potrebbe spezzare la catena. Rompete quella, e l’intero sigillo dovrebbe cadere. Ma… bisogna essere rapidi. Precisi. E pronti a pagarne il prezzo, se fallite. Il Teschio, immobile sul suo piedistallo, sembra ascoltare. Le rune brillano, pulsano... e per un istante, una di esse—sul lato ovest—perde luce. Poi torna a brillare.