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Dragons´ Lair

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Ozilfighetto

Circolo degli Antichi
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  1. DM Il gigante, ormai divenuto incarnazione di Dra’Kar, muove i primi passi: ogni volta che il piede colpisce la terra, il terreno si increspa come acqua, e l’obelisco alle vostre spalle risponde con un brivido sinistro. Dalle ombre di un cumulo di pietra, Donkey emerge con la rapidità di un predatore. Le sue lame scintillano appena, un riflesso fugace di luce sull’acciaio. Il primo colpo, la spada corta, affonda nella carne, e la seconda lama segue subito, colpendo con precisione chirurgica, rivelando sotto di essa una sostanza scura e ribollente. Il colpo tuttavia non sembra andato a segno come al solito, incontrando una strana resistenza. Un grido profondo scuote l’aria, e Donkey, fedele alla sua natura, scompare di nuovo tra le tenebre che circondano il campo di battaglia. Mahrh alza lo sguardo verso il cielo e, mentre le ombre vorticanti si stringono come spettri affamati, invoca il Senza Nome. La voce si fa roca, gutturale, satura di riverenza e paura. Una luce violacea avvolge i Pasdaran: la Benedizione si riversa su di loro come un velo sacro. Poi Mahrh si sposta dietro l’altare di pietra usandolo come riparo. Duark non aspetta oltre. L’eco della benedizione gli scorre nelle vene, una forza fredda e precisa come il metallo. Con un urlo che vibra più di rabbia che di fede, Duark si lancia all’attacco. La lama colpisce una prima volta, e pur affondando, sembra scivolare contro una resistenza innaturale come se la carne di Dra’Kar non fosse davvero materia, ma fumo solido. Il mostro, scosso, piega il capo di lato con un ringhio sordo, il volto si deforma in un ghigno. BLASFEMI… OSATE FERIRE UN SEMIDIO? Dra’Kar alza i cinque arti, mostruosamente allungati e si abbatte su di voi. Il primo colpo manca Duark per un soffio, sollevando schizzi di fango che gli sferzano il volto. Il secondo invece va a segno. Una delle braccia lo trafigge sulla spalla e lo sbatte a terra con una forza disumana: la pelle brucia dove l’ombra lo tocca, come se l’oscurità stessa volesse strappargli l’anima. Skunk reagisce, prendendo la mira sul nemico. Le vostre ombre si contorcono attorno a voi, vive, pronte a divincolarsi e colpire. Le lacrime di caos sull’altare pulsano più forte, reagendo alla presenza di Dra’Kar come se la magia dell’Anonimo e quella dello Shadowfell si riconoscessero, e stessero iniziando a scontrarsi. DATEMI. DATEMI QUEGLI ARTEFATTI. Danni dra'kar -17 PF duark -14 PF
  2. DM Obelisco di Dra'Kar Burt si avvicina al tabernacolo, accompagnato da Mahrh, che estrae tutti gli oggetti dalla bisaccia. L’altare vibra come un tamburo di pietra viva. Le Lacrime di Caos tremano... Il cielo sopra l’Obelisco è ancora nero come vetro liquido, e dalle nubi scendono filamenti d’ombra, sempre più vicini a voi, come vene che cercano un cuore. L’aria è immobile. Ogni suono è inghiottito da un silenzio assoluto. i vostri sguardi sono concentrati sul rituale, Burt si prepara a salire sopra l'altare. Poi, alle vostre spalle, una voce. Mi avete liberato… Il gigante si erge davanti a voi, la pelle tesa e grigia come cera. Le ombre dall'alto lo avvinghiano. Dove prima il suo sguardo era stanco e mite, ora i suoi occhi sono due abissi. Lentamente, porta una mano al petto e vi sorride. Ma quel sorriso… non è umanoide. Per secoli sono rimasto prigioniero, dimenticato. Quei miseri sigilli di pietra mi hanno sottratto alla fame, alla rabbia, al mio scopo. Ma voi… Voi avete spezzato la gabbia. Il tono non è quello rabbioso di un mostro, bensì quello pacato e malinconico che vi rimanda all'abisso del suo sguardo. Dalla pelle del gigante iniziano a scaturire ombre liquide che si arrampicano sulle sue braccia e sulle spalle. L’odore di muffa e ferro riempie l’aria. Le vene del collo si gonfiano, diventando scure come l’inchiostro. Mentre osservate, il suo corpo si deforma — non cresce, ma collassa su sé stesso. Ogni osso si piega, si torce, si fonde con le ombre che lo rivestono. Quando rialza lo sguardo, non vedete più il volto del gigante, ma una maschera vuota e spaccata: gli occhi due fenditure bianche, la bocca un buco irregolare da cui esce un respiro che odora di disperazione. Abbandonate il Senza Nome, accogliete il potere dello Shadowfell! Io sono il maestro delle ombre, sacerdote, divinità abbandonata, condannato, abbandonato, DIMENTICATO! Io sono il Dolore che non trova fine. Io sono… Dra'Kar! Attorno a lui, il terreno si incrina, e le ombre scaturiscono. Le vostre stesse ombre si allungano, distorcendo le vostre sagome fino a sembrare altre creature, versioni contorte che si muovono un istante in ritardo, come se appartenessero a un altro tempo
  3. DM Obelisco di Dra'Kar L’aria davanti all’obelisco si fa più pesante. Ogni passo che Mahrh compie verso l’altare risuona come un colpo di tamburo nel silenzio della palude. I Pasdaran, ancora inginocchiati, sentono la pressione di una presenza invisibile che li osserva. Quando Mahrh si avvicina all’altare, la pietra sotto di lui comincia a vibrare lievemente. Si china per osservare meglio i simboli incisi lungo la superficie. Le rune religiose, pur essendo erose dal tempo, sono familiari, sicuramente simili a quelle già incontrate durante il viaggio, ma non del tutto chiare per il sacerdote. Riconosce solo frammenti di preghiere al Senza Nome, ma distorte. Un linguaggio rituale spezzato... Ma è il suo occhio arcano cogliere l’essenza più profonda del luogo. L’obelisco non è solo una struttura: è un conduttore di potere necromantico, un nodo tra i piani. Il teschio di Malakar e le tre Lacrime di Caos sono le chiavi che possono aprirlo completamente. Capisce che il rituale non crea energia la risveglia. Sotto l’obelisco qualcosa è imprigionato. Le ombre sopra le vostre teste non sono solo anime vaganti, ma frammenti attratti qui come ferro verso un magnete. Il suolo emette un ronzio basso, quasi impercettibile, ma ognuno di voi lo sente nelle ossa. Una voce, profonda e sussurrante, si insinua nella mente di Mahrh, e solo lui può udirla: Hai portato ciò che mi appartiene… Ora, mio servitore… mostrami il sacrificio.
  4. DM Cascina abbandonata Dopo lo svenimento il viaggio riprende tra il fango che si attacca agli stivali. La palude sembra accompagnarvi, come un animale morente che non vuole lasciar andare la preda: ogni passo solleva un gorgoglio, ogni albero pare inclinarsi a spiare il vostro passaggio. La luce del giorno (se davvero giorno si può ancora chiamare) è ora un chiarore grigiastro che filtra a fatica tra le nubi. Ma non sono nubi normali: guardando bene, vi accorgete che si muovono come fossero vive. Sono ombre. Ombre che sussurrano. Le voci si fondono in un coro di lamenti, di preghiere spezzate. Sembrano chiamare, sempre nella stessa direzione. E quando finalmente la vegetazione si dirada e il terreno sale, capite perché. Davanti a voi, svettando oltre ogni proporzione, si staglia l’Obelisco Nero di Dra’Kar. È immenso, almeno venti metri d’altezza, una colonna d’ossidiana pura che riflette una luce che non c’è. Le sue superfici sono levigate ma percorse da venature purpuree che si accendono e si spengono, pulsando come vene sotto pelle. Intorno, il terreno è nudo e nero: la palude sembra terminare di colpo, come se la terra stessa avesse paura di toccarlo. Sopra di esso, le ombre delle anime liberate dopo la rapina del teschio di Grimhold si raccolgono, vorticando in una spirale che scende lentamente verso la punta della stele. Ogni tanto, una di esse si separa, cade, e scompare in un bagliore azzurro, come risucchiata al suo interno. Un sentiero di pietra nera, coperto di muschio, conduce ai gradoni che circondano la base dell’obelisco. E al centro, un altare di marmo grigio, liscio, come se attendesse proprio ciò che portate con voi: il teschio e le lacrime. E' stato così facile che quasi non vi sembra vero...
  5. DM Cascina abbandonata Donkey si sdraia sulla pedana, e il suo colpo d'ingegno sembra essere ricompensato. La pedana si illumina e gli occhi del serpente allo stesso modo. seguite le indicazioni, sistemandovi sulle pedane in pose quasi comiche: le rune cominciano a brillare di luce verde, poi azzurra, poi d’un bianco purissimo. Un suono profondo vibra nel pavimento, come un respiro liberato dopo secoli di apnea. Le pedane affondano lentamente, e le statue, come se finalmente potessero riposare, si incrinano e si dissolvono in polvere. La teca al centro della stanza comincia a vibrare, e gli ingranaggi arrugginiti prendono vita. Le catene scorrono, i contrappesi si muovono, e con un tonfo secco il vetro si ritrae, lasciando fluttuare il fragile cristallo al centro dello stanzone. Basta sfiorarlo e un lampo di luce vi investe, un vento caldo vi spettina, e l’energia arcana scivola via come acqua evaporata. Quando riaprite gli occhi, il cristallo è ridotto in frantumi scintillanti. Siete riusciti. Non so chi sia questo vostro… Anonimo, ma se mi ha mandato voi, allora ha un senso. Io, Grûhm il Saggio, camminerò al suo fianco. Vi accompagnerò fino all’Obelisco Nero. Il terreno trema leggermente mentre si rialza, torreggiando su di voi. L’ombra del gigante si proietta lunga sul fango e sulla luce morente della palude. Per la prima volta da ore, sentite di non essere più soli nel cammino verso l’Obelisco. Proseguite così lungo la via verso l'obelisco, tappa finale del vostro percorso, finchè, dopo una decina di minuti, l'aytollah crolla a terra, svenuto. Gravi spasmi lo scuotono mentre i suoi occhi vengono ricoperti da una patina violacea. x mahrh Il mondo si frantuma in un lampo violaceo. Ti senti cadere, ma non hai peso: sei sospeso sopra un altare nero. Una voce senza lingua ti avvolge come una carezza ghiacciata, e davanti a te appaiono immagini nitide. Vedi tre gocce violacee, lucide come pece, che cadono lentamente nella cavità del cranio di pietra. Le gocce brillano di venature porpora e, al contatto con l’osso, il teschio freme come un cuore preso a colpi. Intorno, rune crescono e fioriscono sulla pietra, un intreccio che sembra disegnare una porta nell’aria. Vedi il rituale in sequenza, come se te lo mostrasse passo dopo passo: il teschio di Malakar al centro dell’altare, in posizione verticale, le tre Lacrime in triangolo attorno al cranio: una all’occidente, una all’oriente, una al mezzogiorno, occorre un sacrificio: non necessariamente di carne, l’atto deve essere quello di un’anima che viene ceduta. Può essere una vita pura offerta senza costrizioni, oppure un corpo scelto che accoglie l’entità. La visione mostra anche i costi: chi sacrifica o chi accetta di diventare involucro rischia di perdere sé stesso; chi assiste senza protezione sente le voci insinuarsi nella testa; se il rito è interrotto, l’energia esplode, corrompe il luogo, richiama non-morti e lascia cicatrici che non si cancellano. Poi la luce ti abbandona: il respiro si spezza, il mondo ritorna. Ti senti cadere, e per la prima volta dopo giorni, scivoli in un sonno profondo, svenuto.
  6. DM Cascina abbandonata Donkey osserva la statua, ma oltre alla runa sulla base non sembra esserci alcuna scritta, tantomeno una leva. L'enigma che imprigiona il gigante probabilmente ha a che fare proprio con le pedane da schiacciare...
  7. DM Cascina abbandonata Ci ho già provato... li ho premuti tutti almeno una volta... ma non ho mai avuto successo. Bofonchia il gigante quando proponete le vostre idee. Mahrh nel frattempo si avvicina verso la libreria, ma non è un libro ad attirare il suo sguardo, bensì una scritta nascosta che si trova proprio accanto alla credenza, ma che dalla vostra posizione all'ingresso era difficile scorgere. E' ancora una volta runico, ma abbastanza semplice da comprendere. “Solo chi si trasforma in ciò che non è può ottenere ciò che non ha.”
  8. DM Cascina abbandonata Le rune chiariscono le vostre idee: SERPE - ROSPO - CAVALLO - CORVO Sono le parole che si trovano sulle basi delle statue, in corrispondenza dell'animale.
  9. DM Cascina abbandonata La magia di Mahrh si diffonde nella stanza, e subito le rune incise sulle pedane rispondono, pulsando di una luce più viva. Non è un bagliore minaccioso, piuttosto sembra il respiro di qualcosa che attende da troppo tempo di essere risvegliato. Ma ad attirare l'attenzione del cultista è il cristallo riposto al centro della stanza, che emana una straordinaria magia abiurativa, una forza benevola, risalente a chissà quanti anni fa. Non ricordo nemmeno come sono stato imprigionato, ma sono piuttosto sicuro che sia colpa di quel coso... Ho perso la memoria e sto studiando da tempo, cercando di comprendere la forza che ci lega, ma non ho ancora trovato nulla a riguardo.... La teca non sembra magica, ma è estremamente solida, ed è chiaramente collegata alle pedane, anch'esse emananti una leggera energia abiurativa. All'esterno della casetta invece, la palude continua ad emanare una forza necrotica, a tal punto che Mahrh è in grado di individuare anche la bestia che in precedenza vi aveva attaccati, ormai lontana. Nel frattempo Donkey si muove circospetto, toccando con mano statue e pedane. Le sue dita lasciano impronte leggere nella polvere, sfiorano il legno e la pietra corrosa dal tempo. Basta un attimo e quando Skunk chiede se ci siano trappole, Donkey preme leggermente una delle pedane. La runa si colora prima di azzurro, e dopo qualche secondo, la statua, raffigurante il serpente, prende vita, attaccando di fronte a sé. Ecoo... le statue... si muovono quando le premo... donkey tiro salvezza su destrezza, CD 13, eventualmente becchi 10 danni se fallita
  10. DM Il gigante resta immobile per qualche istante, solo il lento movimento della sua mano sulla barba spezza il silenzio. Poi emette un lungo sospiro, qualcosa tra un ruggito strozzato e il vento che passa tra le rocce. Piccoli… non siete come gli altri. Non siete venuti a chiedere tesori, né a ridere della mia prigionia. Avete il coraggio dei disperati. O dei devoti. Abbassa lo sguardo, le sue dita enormi sfiorano il tomo sulle ginocchia, come se quel gesto lo radicasse ancora a qualcosa di familiare. Poi lo chiude, piano. Io vi minaccio perché voglio andarmene di qui, e questa è la mia occasione. La maledizione che mi imprigiona è viva. Il gigante punta un dito enorme verso la casetta di legno, semi-affondata nel fango. Lì dentro, in quella tana di legno marcio, c’è ciò che mi tiene qui. Un'antico enigma che io non sono stato in grado di risolvere in autonomia. E' necessaria la collaborazione. Facciamo così. Liberatemi e io verrò con voi. Il mio sapere, la mia forza, i miei occhi nella palude saranno vostri fino al compimento del vostro cammino. E poi sarò libero. Convinti dalle parole del gigante, condizionato dalla buona parlata di Mahrh, vi avvicinate alla cascina. Entrando, la porta si apre su un'unico stanzone, simile a una piccola biblioteca dimenticata. Sul muro di fronte, libri di ogni tipo emanano il loro odore di carta ammuffita. Al centro, sospeso dentro una teca di vetro collegata a un intrico di leve e contrappesi arrugginiti, brilla un cristallo verde-azzurro, pulsante di energia arcana. Non è la prima volta che una teca si frappone tra voi e il vostro obiettivo, ma questa volta non sembra così semplice da aprire. Tutt’intorno, ai quattro angoli della sala, ci sono quattro statue ricoperte di licheni. Ognuna si erge davanti a una pedana di legno scuro, su cui sono incise rune ormai sbiadite ma ancora leggermente luminescenti. Le quattro statue hanno tratti consumati dal tempo, ma i dettagli più importanti resistono ancora. La prima raffigura una creatura possente, con il muso allungato e i fianchi scolpiti in tensione, come se stesse per scattare in corsa. Le zampe, robuste, poggiano tutte a terra. Un’altra si sviluppa invece in lunghezza: un corpo sinuoso, che si avvolge su se stesso in spire di pietra, con la testa sollevata e la bocca spalancata in un silenzioso sibilo. Non lontano, una figura più minuta sembra pronta a librarsi in aria: le braccia, o meglio le ali pietrificate, sono tese verso l’esterno, e il corpo leggero sembra sbilanciato in avanti, come colto nell’istante di un battito. L’ultima è tozza e schiacciata, con arti corti piegati e il ventre rigonfio che poggia quasi a terra. La bocca spalancata ricorda un gracidare eterno, e persino la pietra intorno agli occhi sembra gonfia e sporgente.
  11. DM Radura della palude Il gigante rimane immobile per un istante, lo sguardo dietro gli occhiali che sembra scavare nel profondo del chierico. Poi, lentamente, un sorriso si apre tra la barba ispida. Voce dell’Anonimo, eh? ripete con tono quasi divertito, ma senza scherno. Non capita tutti i giorni di incontrare un goblin che parla come un profeta… e con quella forza nello sguardo. Si sporge leggermente in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia, e abbassa la voce, come se confidasse un segreto: L’Obelisco Nero di Dra’Kar… sì, lo conosco. Da questa palude lo si può quasi percepire, se si ascolta abbastanza a lungo la sua "voce". È antico, più antico di me, più antico di ogni regno umano che ricordiate. Alcuni lo chiamano maledizione, altri promessa. Ma una cosa è certa: ciò che vi attende là non è per i deboli. Poi si raddrizza e ride, una risata profonda e cavernosa che fa tremare lo spiazzo. Ma voi… voi sembrate avere quell’aria. Determinata. Folli, ma determinati... Il gigante rimane in silenzio per un istante, poi sospira. La sua voce, quando riprende, è più cupa, meno annoiata: Voi parlate di destino, goblin… e forse non è un caso che siate arrivati qui. Io non posso muovermi da questo spiazzo. Non da anni. Questa capanna — indica la casetta semi-affondata alle sue spalle — è la mia prigione. Sono vincolato a essa da una maledizione... Per questo non posso più allontanarmi, per questo la mia vita è diventata solo pagine e silenzio. Si piega in avanti, le mani enormi che stringono il libro con forza, e gli occhiali che riflettono un lampo di luce lattiginosa. Dentro quella casa c’è la chiave. Non vi dirò di più, non mi è concesso… ma in solitudine non potrò mai essere in grado di sciogliere quella catena... E' da decenni che nessuno si avventura fin qui... e devo cogliere l'occasione. Ora o mai più. Poi sorride, e il suo sorriso non ha nulla di rassicurante: Se vorrete aiutarmi, vi lascerò passare verso il cuore della palude, e forse vi concederò anche qualcosa che possa servirvi. Se rifiuterete… beh, non ho più molto da perdere. E voi non andrete da nessuna parte.
  12. DM Radura della palude Il pericolo sembra momentaneamente superato. L'Otyugh scompare alle vostre spalle e ne approfittate per proseguire verso la fine della radura. Superato uno stretto corridoio alberato, la radura si apre nuovamente, dove la palude si fa meno opprimente e l’aria porta l’odore umido e quasi piacevole di legna vecchia. Avanzate qualche minuto e vi trovate di fronte una scena inattesa. Al centro di un piccolo spiazzo, accanto a una capanna di legno mezzo affondata nel fango, siede un essere imponente. La pelle è grigiastra, segnata da rughe profonde. La testa è lucida e pelata sulla parte superiore, e radi capelli grigi si uniscono a una lunga barba e baffi grigi e crespi. Indossa un abito logoro ma elegante, degli occhiali, e con le mani enormi sfoglia lentamente le pagine di un tomo poggiato sulle ginocchia. Al vostro arrivo solleva lo sguardo. La voce che ne esce è cavernosa, ma più stanca che minacciosa: Ohh… che miracolo. Dei viandanti, qui, dopo tanti anni. Nessuno si spinge più fino alla mia casa. Tutti hanno paura della palude… e io mi annoio. Ma voi… voi siete diversi. Goblin, e per di più portate con voi un’aura… interessante. Il gigante, osservando Mahrh, chiude il libro con un tonfo, e lo posa a terra. Poi si gratta il mento con lentezza. Quindi, piccoli... cosa vi porta da queste parti?
  13. DM Radura della palude Il terreno vibra mentre la bestia si avventa. Con un ringhio gutturale, l’Otyugh spalanca la bocca ricoperta di bava nerastra e affonda i denti nel fianco di Duark. Il morso strappa carne e metallo, facendolo barcollare di dolore. Subito dopo, un tentacolo schiocca verso il fondo della formazione, avvolgendo Mahrh in una stretta gelida che gli toglie il respiro. Ma quando un secondo tentacolo si abbatte su Gobbla, il piccolo compagno schizza via come una saetta: l’impatto goffo dei due arti fa vibrare l’aria e spezza la presa su Mahrh, che ricade a terra ansimante. È il vostro momento. Skunk alza l’arco, l’occhio fisso sulla massa putrefatta, e marchia la creatura con la sua magia predatoria: l’Otyugh si illumina per lui come una preda segnata. Gobbla, lanciato in avanti, tenta un morso, ma le zanne scivolano sul carapace melmoso senza lasciare traccia. Dalle ombre sbuca Donkey: il goblin si muove come un 'ombra. La sua lama corta affonda nella carne flaccida del mostro con precisione brutale, seguita da un pugnale che si infila tra le pustole necrotiche. Il sangue nero cola, fetido, mentre Donkey si ritira già nascosto dietro le radici. Duark, ancora scosso dal morso, scatta con lo stocco brandito, ma il destino lo tradisce: il piede inciampa in una radice nascosta, e il guerriero ruzzola a terra rovinosamente. Il colpo che doveva essere un affondo letale si dissolve in una caduta goffa. Dal fondo, la voce di Mahrh risuona cupa. Evoca l’Anonimo, e l’aria si fa fredda, il buio si contrae intorno all’Otyugh. La previsione è corretta. Quello non è un semplice Otyugh, ma un cadavere mostruoso rianimato da chissà quale magia necromantica. Una forza invisibile scaccia l’abominio: la creatura rianimata emette un verso stridulo, e per la prima volta retrocede, trascinando con sé melma e putridume. La creatura, pur ferita, è in pieno panico e tenta di fuggire nel fango. DM Duark - 12 (2d8 + 3) danni perforanti Mahrh - 7 (1d8 + 3) danni contundenti più 4 (1d8) danni perforanti. Otyugh - 29 PF, spaventato e in fuga
  14. DM Radura della palude Il terreno cedevole e fangoso lascia spazio a una lingua di terra più solida, coperta da erbe marce e radici contorte. L’odore di putrefazione è forte, ma paradossalmente meno soffocante del fetore delle acque alle vostre spalle. Vi sentite più sicuri, come se il cammino fosse divenuto finalmente più agevole. Skunk, con i sensi tesi e lo sguardo acuto, nota però ciò che gli altri non vedono: non siete soli. L’erba sembra schiacciata da passi recenti, e ci sono segni profondi di impronte. Vi avverte immediatamente, e girandovi verso destra notate che da un mucchio di sterpaglie scure che pareva solo un ammasso di fango e radici, la terra inizia a muoversi. Un corpo massiccio, umido, si solleva con un suono sordo e viscido. L’aria si riempie di un odore nauseante di carne marcia. Davanti a voi emerge una creatura colossale, alta più di due volte un goblin, fatta di fango, rami e ossa che stillano melma nera: un Otyugh putrefatto, risvegliato dal potere necrotico che dilaga nella palude e che ora percepite sempre più forte man mano che si avvicina. Le sue fauci si aprono a ventaglio, emettendo un ringhio gorgogliante che sembra mescolarsi a voci sussurranti, che vi penetrano nella mente. INTRUSI - VICINI- ORA - MORTE. Se Skunk non si fosse accorto del mostro probabilmente sareste stati colti in un agguato. Ora la bestia si muove puntando il piccolo gobbla. Tirate iniziativa.
  15. DM Sentiero dei boschi morti Attraversate il Sentiero, seguendo il percorso individuato tra le assi marce e le radici che si tuffano nel fango. L’aria diventa sempre più densa, pesante di umidità e di un odore acre di decomposizione. Le radici degli alberi marci si intrecciano come ossa affioranti, costringendovi a salti rapidi, con il rischio di inciampare o scivolare sul muschio. Finalmente il terreno si fa meno instabile: un argine di terra umida si alza davanti a voi, ricoperto di sterpaglie. Al di là, la palude sembra aprirsi in una radura più asciutta. Per un momento vi sentite sollevati… Voltandovi, notate ciò che avete appena superato...

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