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Calabar

Circolo degli Antichi
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  1. Calabar ha pubblicato un messaggio in una discussione in Pathfinder 2e regole
    Mi sembra di capire che, per quanto opzionale, la regola sui tiri mirati che hai linkato sia ufficiale. Se è così e devi averci a che fare, c'è poco da fare. Se invece non ti importa dell'ufficialità puoi farci di tutto. Se vuoi discutrere di un'eventuale regola casalinga alternativa, si può fare. Concordo con i tuoi dubbi, la regola non è ben fatta se si ha lo scopo di introdurre un elemento di narrazione. Probabilmente quei limiti sono stati messi per evitare che, con la frequenza degli scontri tipica di PF2, ogni personaggio di basso livello finisca ben presto mutilato. Giusto un appunto sul "50%" dei PF del bersaglio. Non credo che la percentuale sia stata scelta per quantificare l'impatto sul corpo del bersaglio ma solo come soglia d'innesco, per evitare che un colpo comune possa mutilare un personaggio. Ad ogni modo non farei quel conto: in PF2, come in D&D 5E, i PF non indicano le ferite fisiche ma un insieme di cose che potremmo chiamare vitalità. Un attacco di paura per esempio può ridurre le capacità di azione di un personaggio e quindi essere quantificato come PF. In questo caso direi che un colpo che rende guercio un personaggio può tranquillamente metterlo KO, a livello narrativo mi immagino il personaggio prono, con la mano sull'occhio e in una pozza di sangue, incapace o quasi di combattere.
  2. Sistema abbastanza tradizionale, insomma. Del mio purtroppo non ricordo i dettagli, dovrei andare a frugare tra le scartoffie del periodo. Se non ricordo male c'erano pochi limiti per la memorizzazione (il mago teneva a mente una grande quantità di incantesimi) e il costo per un incantesimo di livello molto alto (nono?) arrivava intorno ai 50 PM. I punti magia erano più o meno calcolati perché al livello di introduzione di un nuovo livello di incantesimi si potesse lanciare uno (o pochi) incantesimi del massimo livello, lasciando però più avanzo possibile. Per esempio se un incantesimo di sesto livello costava, che so, 15 PM, il mago di dodicesimo aveva poco meno di una trentina di PM (non sempre però, soprattutto ai bassi livelli).
  3. Calabar ha pubblicato un messaggio in una discussione in Dungeons & Dragons
    mi sa che in questo caso il DM deve sperare che i giocatori non usino il retino...
  4. @firwood Vabbè, parliamone qui allora! Anche io non ho mai digerito il sistema vanciano e nel tempo ho esplorato vari sistemi di cui ovviamente non ricordo nulla. Da quel che ho capito tu fai una semplice conversione degli slot in punti magia, quindi se per esempio io lancio 4 incantesimi di 1°, 2 di 2° e uno di 3°, 4x1 + 2x2 + 3x1 = 4+4+3 = 11 PM, o qualcosa del genere, giusto? A me di questo genere di sistemi non piaceva il fatto che permettessero di lanciare molti incantesimi del massimo livello. La soluzione che avevo adottato faceva aumentare esponenzialmente il costo in Punti Magia degli incantesimi al salire di livello. Il "prezzo" di tale soluzione era che rendeva possibile lanciare un'enorme quantità di incantesimi dei livelli inferiori, e tutto sommato mi andava bene per l'idea di mago che avevo, anche se come dicevo in precedenza si sposava male con il funzionamento degli incantesimi delle vecchie edizioni di D&D il cui potere aumentava "gratuitamente" con il livello del personaggio.
  5. Il problema è che le caratteristiche calano abbastanza in fretta non appena si comincia a masticare incantesimi di un certo livello, lanciare magie diventa davvero logorante. Considerato poi che si è vincolati a specifiche scuole di magia (l'idea del sistema è che i maghi siano molto "settari" e usino gli incantesimi per cui hanno caratteristiche più adatte), spalmare le fatiche tra le varie caratteristiche non è un'opzione molto valida. Se ad uno piace complicarsi la vita (per esempio giocando in un'ambientazione dove la magia è rara, difficile e potente), è un sistema interessante. Non certo per giocare il classico D&D però, come dice firewood, diventa troppo complicato. Manca come dicevo un adattamento al livello. Si potrebbe creare un pool di punti magia esauriti i quali si comincia a consumare le caratteristiche, ma per essere in sintonia con il sistema dovrebbe essercene uno per ogni caratteristica, altrimenti si va a perdere il principio su cui è basata la regola. PS: anche io ho usato per molti anni un sistema di punti magia, ma ho trovato sempre molto difficile far quadrare le cose in D&D. In 5E diventa più facile perché gli incantesimi non migliorano con il livello del mago ma usando uno slot di più alto livello, il che li rende molto più adatti ad essere usati con i punti magia. Ma ti dirò, il sistema della 5E è già una sorta di ibrido tra quello vanciano e quello dei PM, quindi alla fine ho sentito molto meno l'esigenza di cambiare le cose e lo sto tenendo così com'è. Sarebbe interessante aprire una discussione sui punti magia, per confrontarci sui vari metodi.
  6. Ok, letto. Beh la classificazione non è dissimile a quelle delle scuole di magiache verranno usate in seguito. Il sistema di gestione invece cambia, con il "consumo" delle caratteristiche (con la caratteristica da utilizzare che cambia in base al tipo di incantesimo... sistema tutto sommato interessante per dare valore a tutte le caratteristiche), sia per l'acquisizione di nuovi incantesimi, basata su quelli già conosciuti e usati dello stesso tipo. Qualcosa di simile alle liste di GiRSA/RoleMaster. Il sistema pare un po' "statico", non si adatta all'avanzamento di livello, sia per il consumo delle caratteristiche che sulle possibilità di fallire un incantesimo. Credo ci voglia poco però ad adattarlo. Se piace, alla fine credo lo si possa utilizzare su un'ambientazione apposita dove si vuole che la magia funzioni in quel modo, mentre mi sembra più difficile che venga utilizzato come sistema di magia generico sostituendo quello di base.
  7. Secondo me non si concentra su certi tipi di storie, ma su un certo tipo di gioco. Che poi è anche mutato nel tempo: il combattimento tattico, sebbene ci sia sempre stato, ha acquisito maggiore importanza con il d20 system, che ha però il pregio di aver fatto un certo ordine nella cozzaglia eterogenea di regole precedenti. Quando dico che nella 5E le meccaniche sono a supporto ma non dominanti intendo dire che non sono pensate per fare le cose al posto del giocatore (vedi esempio che avevo fatto sopra) ma di creare un sistema a maglie larghe che gestisca la situazione in generale in quella parte del processo decisionale che va al di la delle cose gestibili dal giocatore. Ecco, qui mi trovi piuttosto d'accordo. Per come la vedo io, i tiri abilità servono solo per non assegnare dei successi automatici alle attività dei giocatori. Per capirci, se il giocatore dice di osservare bene l'ambiente circostante in cerca di nemici, o assegni un successo automatico (se ci sono li vede... questo può c apitare in caso di situazioni abbastanza banali ed evita il tiro di dado) o hai bisogno di un meccanismo che determini se l'attività intrapresa dal personaggio ha avuto successo o meno: qui entra in gioco il tiro di abilità. In 5E fanno eccezione i tiri passivi, che è una meccanica a se. Sarà che siamo un po' vecchia scuola, ma noi in generale ci troviamo ad usarli davvero poco. Escludendo la sesta, che come detto non mi piace, l'escamotage narrativo delle altre due può andare bene se occasionale, altrimenti diventa abbastanza ridicolo. In generale lo userei solo in quelle situazioni che già so possono presentarsi molto, molto raramente, e nello specifico me lo terrei buono non per giustificare le decisioni libere del giocatore ma per giustificare un tiro di dado particolarmente fortunato.
  8. Ed è un peccato secondo me, alcune delle avventure più belle e ragionate che ho letto fanno parte di questa categoria. Oltretutto è anche molto divertente da giocare, ogni tanto fa bene staccarsi dal solito personaggio a lungo termine a cui si è estremamente effezionati e giocare tanto per giocare e basta. Su questo sarebbe stato intgeressante spendere qualche parola in più, giusto per sapere di cosa si trattava. Mi ha incuriosito, ma detto così è davvero troppo generico anche per farsi solo un'idea. Qualcuno in possesso dell'albo ha idea di cosa stesse parlando?
  9. Ma anche questa è una scelta, non necessariamente una mancanza. Per farti un esempio, se c'è qualcosa che ho imparato dal gioco di ruolo dal vivo è che un buon gioco è quello che inserisce delle meccaniche solo dove servono. Nei D&D moderni esistono delle meccaniche, ma sono a supporto dell'azione dei giocatori e non la dominano. È una scelta di compromesso, ed è anche la madre di tutte le discussioni sulla questione. Non creare meccaniche dominanti non significa essere poco interessati a quel tipo di gioco, significa voler incentivare la partecipazione dei giocatori e ridimensionare quella del dado. Poi naturalmente ognuno agisce in base alla propria sensibilità e alle proprie preferenze, anche scegliendo giochi più adatti al proprio stile.
  10. Capisco il punto, ma la "meccanica apposita" di D&D è proprio quella di far lavorare il cervello dei giocatori per risolvere le problematiche. Quindi credo che farlo sia proprio giocare a D&D, probabilmente nella sua accezione più profonda. Credo però che la tua visione sia un po' "utopica", non è possibile separare così nettamente l'inteligenza del personaggio da quella del giocatore perché in ogni caso sarà il giocatore a fare se scelte per il personaggio. Se non sarà la risoluzione dell'enigma, sarà qualche altra cosa che richiede comunque arguzia, ragionamento, intuizione, tutte doti del giocatore. Il modo in cui io gestisco questa dicotomia è considerare il punteggio alto di intelligenza non come una generale genialità ma come la rappresentazione di certe doti intellettive, per esempio la memoria fotografica, la rapidità di apprendimento o le capacità matematiche, lasciando i ragionamenti al giocatore. Del resto sappiamo bene che il mondo è pieno di persone con alto QI che fanno pessime scelte, per cui la cosa non si contraddice.
  11. Certo, a volte capita. Però anche nella contraddizione ci sono spunti di riflessione che possono aiutare a scegliere la propria strada e comunque fanno emergere, come dicevo, l'intenzione dietro la regola (che poi non sempre si trasforma in una regola che riesce a concretizzare tale intenzione).
  12. Eheh questo era chiaro, speravo in qualche esempio per capire meglio. Ma mi sa che gli esempi li hai fatti qualche riga più in basso, quindi credo di aver capito quel che intendevi. Considera però che certi vincoli non sono scritti esplicitamente ma traspaiono da passaggi ed esempi nel regolamento. Altre volte ci sono ma si riducono a consigli. Altre volte li si da per scontato, magari perché sono diventati un'idea consolidata all'interno di una certa community o un certo filone di gioco di ruolo. L'idea di interpretare personaggi con intelligenza bassa come non particolarmente brillanti è sicuramente un aspetto considerato normale in certe fasi della storia di D&D e non vorrei ricordare male ma in qualche manuale apparivano tabelle che confrontavano il punteggio di intelligenza con una certa capacità intellettiva. Se ci pensi anche il limite di alcuni incantesimi di fascinazione che non funzionano con esseri dotati di un basso punteggio di intelligenza, sopravvissuto anche nelle ultime edizioni, è legata al fatto che si considera il punteggio uno specchio delle capacità intellettive della creatura. Beh, secondo me ognuno è libero di fare quel che vuole a prescindere. È il bello dei giochi di ruolo. Fai quel che ti diverte e modifichi le regole (che fortunatamente non sono le tavole della Legge) per poterlo fare. Io non mi priverei mai di un ottimo regolamento solo perché al suo interno i creatori hanno scritto, che so, che solo la prima persona è ammessa mentre io ritengo che non sempre sia adeguata al gioco che ho in mente.
  13. Mi piace questo articolo che fa il punto della situazione, un po' ti spinge a pensare a come si è piazzati all'interno delle ampie possibilità offerte dal gioco di ruolo. Io su alcune dicotomie ho una posizione abbastanza netta, su altre non ho una preferenza e mi possono andare bene entrambi gli opposti a seconda della situazione. In altri casi la ritengo una questione secondaria, magari ho una preferenza ma posso adattarmi senza problemi. A volte ritengo che la virtù stia nel mezzo.
  14. Secondo me l'idea dei Sage Advice è molto buona. Magari ogni tanto incappa in qualche problema (ho molto raramente visto contraddizioni, più che altro erano interpretazioni o specifiche), ma in generale trovo sia migliorativo. Per forza di cose è impossibile far uscire un manuale perfetto, e ci si accorge troppo tardi che certe cose sono soggette ad interpretazione o vengono fraintese frequentemente. Per lo meno con i Sage Advice si aveva un'idea più chiara di quali fossero le intenzioni dietro la regola. La pecca principale è che si era creata una tale massa di postille che alla fine la maggior parte dei giocatori ne usava solo una piccola parte, però per lo meno avevano una risposta ai dubbi in quelle situazioni in cui si era creata qualche discussione.
  15. Oddio, facciamo che ti faccio direttamente il primo esempio che mi viene in mente. Non ricordo se mi sia capitata o meno una situazione simile, ma dovrebbe andare lo stesso. Spero,. È giusto il primo che mi viene in mente, non ci ho riflettutto troppo. Un giocatore interpreta un PG con intelligenza bassa e ritiene che il suo personaggio debba essere stupido, Si comporta da stupido ma nei momenti giusti agisce in modo non stupido, facendo emergere una certa intelligenza. E fin qui va bene, a parte il fatto che gli altri penseranno che in reatà tanto stupido non è e che di conseguenza il personaggio "ci fa". Poniamo ora che questo personaggio venga affascinato da un incantesimo, che gli impone un certo livello di "sincerità". Il giocatore ritiene il suo personaggio stupido, e quindi si comporterà come tale (mgari risultando poco utile per chi l'ha affascinato). Ma questo rompe l'idea che "ci fa" che era emersa in precedenza. Quindi il personaggio è stupido o no? Stavolta non si può dire che sia quel che emerge dal suo comportamento, perché il suo comportamento non è più giustificabile in modo sensato. Non credo di aver capito bene a quali parti del regolamento ti riferisci. Oltretutto molti regolamenti, per mantenersi il più "generici" possibile (e quindi adatti ai diversi tipi di gioco) non vincolano in alcun modo il modo di interpretare il personaggio, magari si limitano a dare dei consigli, ma niente di più. Si affidano, diciamo, al fatto che si tratti di un GdR e la gente sappia cosa significhi o ne danno una spiegazione sommaria come introduzione.
  16. Ecco, questo è l'approccio a cui mi riferivo, e a mio parere è "sbagliato". Tra virgolette, perché ognuno come dicevo fa quel che vuole. "Sbagliato" perché svilisce il gioco, rendendo l'avanzamento dei personaggi nell'avventura qualcosa di meccanico, che si può fare a cervello quasi spento. "Sbagliato" perché credo sia una cattiva intepretazione delle regole, causata dal fatto che queste (per lo meno in 5E) non siano state scritte in modo sufficientemente esplicito. Emerge però chiaramente dagli esempi forniti. Prendiamo l'abilità di indagare: se vai a leggere gli esempi si tratta di casi in cui vengono messe in gioco le conoscenze del personaggio e le sue percezioni, non del giocatore. Non si possono cioè prentendere dal giocatore (e dal DM) conoscenze da anatomo-patologo per fargli deterninare quale arma ha inflitto una certa ferita, qui un tiro di abilità è la scelta opportuna. Se poi si vuole anche dare una sfida al giocatore in molti casi si può fare: ripendendo l'esempio della macchina Enigma non possiamo certo pretendere che il giocatore decifri davvero il codice, in gioco non ne ha ne la conoscenza ne l'opportunità, ma possiamo inserire una sfida "parallela" per il giocatore che consiste nello scoprire o nell'intuire che ogni messaggio termina con lo stesso saluto, rendendo accessibile la possibilità di decifrarla e quindi di effettuare la prova di caratteristica. Possiamo farlo anche con la ferita citata sopra: se il giocatore si pone il problema di capire quale arma l'abbia inflitta possiamo fargli fare il tiro di abilità, senza dargli questa informazione in automatico in seguito ad un tiro fatto fare senza che il giocatore abbia dovuto fare o intuire nulla. Questo è un tipo di approccio che io consiglierei perché si mantiene all'interno delle regole dell'edizione e mantiene alta la sfida per i giocatori.
  17. Ecco, questi sono due buoni esempi. Leggendo nel tuo post precedente avevo avuto l'impressione che avallassi l'approccio di utilizzare i tiri per sopperire alla mancanza di iniziativa o capacità deduttiva dei giocatori, approccio che secondo me ammazza il gioco. Dovrebbe essere scritto a ben più chiare lettere nella descrizione delle abilità di non usarle in questo modo, perché ho visto farlo molto spesso. Poi ognuno fa come vuole, eh! Ti dirò, il punto 6 sono abbastanza tentato di definirlo in quel modo. È un approccio a cui non riesco a trovare un vero senso, se si decide che si può comunicare lo si fa e basta, alludere per cercare di passare l'informazione agli altri da l'idea di cercare di fare una cosa che si è deciso non si dovrebbe fare. O forse ho capito male io l'esempio. Capisco cosa intendi dicendo che vedi il modo di essere del personaggio come output. Se il personaggio si comporta in modo intelligente è intelligente, punto. E sono d'accordo. Però deve essere d'accordo anche il giocatore che lo interpreta, altrimenti ci potranno essere situazioni in cui i conti non tornano.
  18. Per me questo è ancora un elemento estremamente controverso, e credo che l'unica soluzione sia quella di contestualizzarlo. Se gioco una campagna il cui scopo e costruire insieme la storia, allora credo che la coerenza narrativa (diversa dalla coerenza del personaggio di cui si è parlato in un precedente articolo) abbia un valore molto elevato e il giocatore dovrebbe tenere conto del modo di essere del personaggio che interpreta: se per esempio il personaggio è e ha dimostrato di essere stupido, non diventa improvvisamente brillante a meno che non stesse fingendo o sia avvenuto un qualche cambiamento in gioco. Se invece gioco "alla vecchia maniera", ossia do priorità alla parte "giocosa" del GdR in cui l'avventura è essenzialmente una sfida per i giocatori, allora va benissimo l'approccio meccanico in cui i punteggi hanno senso solo all'interno delle possibilità che offrono. Credo siano due modi di divertirsi con il GdR entrambi leciti e francamente li apprezzo entrambi. Ho estremizzato naturalmente, gli approcci al gioco sono molto più sfumati e molteplici. Riguardo il sondaggio quindi mi piacciono i punti 1 e 3 (a seconda dell'approccio), un po' meno 2 e 4 e forse 5 (che è un po' una variante della 4), non mi piace 6. Io mi trovo comunque abbastanza in difficoltà con l'idea di @Bille Boo perché purtroppo spesso e volentieri le meccaniche di D&D fanno a pugni con quella che prima ho chiamato coerenza narrativa. Ok, mi affido ai dadi e ai tiri, sperando che i designer del gioco abbiano fatto un buon lavoro e la meccanica dia risultati che ritengo sensati narrativamente. Ovviamente questo non succede, e forse sarebbe pretendere troppo che succedesse. Troppo narrativismo? Forse, ma a me di norma interessa la storia che si viene a costruire insieme. A proposito di questo argomento, da poco è uscito un articolo (se non ricordo male era uno di quelli sulla rivista The Dragon) in cui uno dei creatori di D&D suggeriva proprio di interpretare come stupido un personaggio con basso punteggio di intelligenza. EDIT: non era un articolo su The Dragon ma la retrospettiva sull'allineamento in D&D. Questo è un buon punto. Se si cerca di evitare di far intervenire troppo le meccaniche si rischia che i punteggi nelle caratteristiche mentali perdano valore, se invece per evitarlo si cerca di richiedere spesso delle prove di caratteristica, il rischio e far giocare i dadi al posto dei giocatori. Trovare l'equilibrio giusto fa sicuramente bene al gioco, ma si rischia di incorrere nelle problematiche trattate da questo articolo.
  19. @Pippomaster92 Idea carina, soprattutto la parte in cui sono sempre assieme ma di fatto interagiscono in modo diverso con l'ambiente, come se fossero separati. Potrebbero anche accorgersi che, una volta superata la soglia, non sono neppure in grado di interagire fisicamente tra di loro. Per permettere la risoluzione a monte dell'enigma però i personaggi dovrebbero poter attraversare i portali magici anche dopo essere entrati nella stanza. È un po' meno ovvio che farsi il bagno nella vernice, ma dovrebbero arrivarci se capiscono l'inghippo. Unica "pecca" è che fin da subito si noterebbe l'influsso della magia, mentre nel caso della vernice sembra tutto ordinario, fino a quando i personaggi non si accorgono o che la porta ha un colore differente o che i propri compagni cromaticamente diversi non sono più con loro. Per la questione di sporcarsi di tre colori potrebbe essere una soluzione per rimanere uniti, io però la risoverei molto banalmente considerando valido l'ultimo colore in cui sono finiti immersi. Per la divisione del gruppo, trattandosi di poche stanze, non lo vedo come un peccato grave. Del resto però io non mi sono mai fatto problemi a dividere il gruppo quando necessario, per cui forse la mio opinione a riguardo vale meno. Si potrebbe però cercare di fare in modo che i personaggi si ritrovino in questa stanza a fine sessione, in modo da poter giocare quelle poche stanze separatamente e poi ritrovarsi insieme all'inizio della sessione di gioco successiva. Una criticità è comunicare ai giocatori il colore della porta. Se dici un colore, gli altri potrebbero ritenere che la risposta vale anche per loro, con conseguente incomprensione. Se passi la risposta in segreto (fogliettino per esempio) se sono un minimo accorti gli altri mangerebbero subito la foglia e chiederebbero subito informazioni, avendo in più la conferma che l'informazione è rilevante. Io forse direi al giocatore che lo chiede "la porta è esattamente dello stesso colore della vernice di cui sei imbrattato", lasciando a quel punto trarre a loro le conclusioni.
  20. Naturalmente si possono avere ottime idee senza conoscere a fondo tutte le edizioni di D&D. Anzi, non conoscerlo affatto portebbe portare idee fresche a cui chi è ancorato alla tradizione può avere maggiore difficoltà ad arrivare. Però conoscere il passato aiuta anche a non ripeterne gli errori o a essere consapevoli di cosa non funzionasse bene a andasse migliorato, e questo è decisamente valido quando si parla di costruire un regolamento che funzioni. Probabilmente la cosa migliore sarebbe avere una squadra molto varia, ma credo che alla fine le decisioni dovrebbero essere prese da chi ha profonda conoscenza del sistema nelle sua varie incarnazioni.
  21. Calabar ha pubblicato un messaggio in una discussione in Dragons’ Lair
    Credo sia la prima volta che non dico "Ommiodiomamma hanno aggiornato il portale!". Sarà che trovo in molti casi il design moderno un po' disfunzinale (vista soprattutto la tendenza a semplificare troppo e rimuovere funzionalità utili), ma di solito trovo gli aggiornamenti per molti versi peggiorativi. Stavolta invece già l'impatto iniziale in home page mi ha dato una buona sensazione, e mi pare che in generale il sito sia migliorato, suppongo grazie anche al buon lavoro dello staff. Ora c'è tempo per trovare le magagne!
  22. Refuso in questa frase: "... almeno finché non viene stato ruotato di 180 gradi,"
  23. Visti gli esempi fatti da Edmund, mi pare che più che personaggi strani possiamo parlare di personaggi atipici. Considerando che detesto i fenomeni da baraccone e preferisco ambientazioni classiche rifuggendo quelle minestrone, direi che se ho interpretato personaggi strambi, probabilmente li ho rimossi dalla memoria. Tra gli atipici ne inserirei uno relativamente recente, un calderaio che girava con il suo carretto di cianfrusaglie a cui era ossessionatamente attaccato, raccattava ogni cosa che potesse utilizzare per creare oggetti che poteva rivendere. Era tarchiato, robusto e abbastanza forte, ma non proprio un tipico guerriero. Se non ricordo male gli era successo alla fine qualcosa in una certa nebbia magica...
  24. L'altro ieri sono andato giù tre volte di seguito, nello stesso combattimento. E un paio di miei compagni con me. Cribbio! Io sono in generale favorevole, mi piace introdurre ciò che ritengo possa migliorare il gioco. Il "non giocare più a D&D" la considero una questione di lana caprina, anche per me la possibilità di adattare le regole è una delle più belle possibilità offerte dal gioco. Sarà poi che da vecchio DM provengo da quella generazione dove il DM ha un ruolo più forte e in cui il regolamento è un mezzo che determina la "fisica" del gioco e non uno strumento che garantisca equità ai giocatori. Certo, se si gioca in eventi ufficiali, la questione cambia, ma solo in quel caso.
  25. Certo, ma anche dettagli più specifici, come la coppia di forze creatrice/conservatrice o legge/caos. Per caso avete scritto qualcosa di pubblico? Sarei curioso di leggerlo, magari per rubare qualche idea interessante, o trarne spunto, per quel che sto facendo. Anche se non tutta farina del mio sacco poco importa, è per "uso interno".