In realtà ni! Avevo già letto quel tuo post, che mi aveva fatto riflettere. Sicuramente, all'inizio della mia carriera da giocatore ero un fiero rappresentante di quello stile di gioco, aggrappato alle regole in modo quasi disperato. Maturando il mio gioco, credo di aver cambiato parecchio l'approccio (già mentre giocavo alla 3.X, attraverso l'uso massiccio di Home rules) in direzione di una via di mezzo: per come vedo il gioco ora, l'equilibrio è più spostato verso la fiction, in un certo senso. Vediamo se riesco a spiegarmi, per evitare fraintendimenti e il dover scrivere "secondo me" a ogni frase, da ora in poi è tutto un grosso IMHO.
Se chiamiamo fiction quello che succede nel mondo di gioco, quello che fanno e sperimentano i pg, il gioco dovrebbe ruotare intorno alla fiction. Il problema è che la fiction deve in qualche modo essere normata nel mondo dei giocatori, altrimenti quello che si sta facendo è narrazione condivisa. Che è una cosa perfettamente lecita, ma non è quello che cerco *io* in un gioco di ruolo.
Con normata, intendo che nessuno dei partecipanti al gioco (master e giocatori) può arrogarsi il diritto di decidere arbitrariamente l'esito di una azione. Naturalmente, il master che da vita al mondo della fiction stabilirà le conseguenze dell'azione (anche se sto cercando di sperimentare un modo in cui i giocatori contribuiscono attivamente a questa fase), ma non potrà determinarne l'esito.
Faccio un esempio a tema per chiarire il mio punto di vista: corridoio con trappola e ladro che intende disattivarla. Se non esiste un sistema che normi il modo in cui il ladro può riuscire nell'azione (ad esempio nel d20 tirando una prova di *quel che è* e superando una certa CD), il tutto si riduce all'arbitrarietà del DM, che stabilisce se la prova è stata passata o no soltanto in base a idee proprie. Invece, per un gioco di ruolo come lo intendo io, il dev'esserci un modo univoco e superpartes per stabilire se il personaggio ha superato la prova o no. Il DM sarà poi libero di descriverne gli effetti, vincolato dall'esito della prova.
Per un motivo collegato a questo, ritengo importante l'esistenza di un sistema meccanico che in qualche modo filtri le competenze del giocatore, per impedire che il personaggio sappia fare soltanto quello che sa fare il giocatore. Naturalmente, voglio poter continuare a giocare, perciò vorrei un sistema che si ponesse a metà strada fra il tiro avventura (*roll* 18, ottimo! Trovi un sacco di tesoro, e torni a casa soltanto con una piccola cicatrice sull'avambraccio) e il gioco live, in cui è il giocatore a dover superare le prove. Un sistema in cui il giocatore ha la possibilità di scegliere cosa fare, ma è il personaggio a stabilire come farlo (sfruttando le sue capacità).
Ad esempio, nel caso delle abilità sociali, l'idea più stupida che mi viene è che, per avere la possibilità di tirare, il giocatore deve dire cosa dice: che argomenti utilizza, su cosa fa leva. Il tiro di Persuasion, poi, indicherà come il personaggio dirà quelle cose, quanto convincente riuscirà ad essere ecc.
Per riassumere questo sproloquio, ritengo di essere a metà strada fra le due visioni: da una parte, il gioco è la fiction, dunque quello è ciò che conta veramente. Dall'altra, però, senza l'impalcatura meccanica a sostenerlo, il grande castello della fiction sarebbe diverso per ciascuno dei partecipanti, perciò sarebbe inutile sedersi al tavolo a parlarne (IMHO).
Non mi interessa quindi che "tutto ciò che accade in gioco debba essere rappresentato (o rappresentabile) meccanicamente", o ancora più esplicitamente "che se qualcosa nella fiction non è rappresentato (o non è rappresentabile) meccanicamente, non sta davvero succedendo". Quello che mi interessa è che ci sia un sistema meccanico per filtrare le scelte del giocatore e tradurle in azioni del personaggio. Ovvero, devo poter ottenere l'esito delle azioni, non la conseguenza, di nuovo. Per riprendere un tuo esempio:
Ecco, questo non è necessario nella mia idea. Quello che è necessario, è che se il giocatore dice che il suo personaggio vuole accecare un nemico, la sua azione sia determinata in modo univoco dalle capacità del personaggio (e non del giocatore). Una volta che l'azione è riuscita, starà poi al DM stabilirne le conseguenze (ovvero cosa implichi il fatto che il nemico sia accecato, per esempio).
Si potrebbe osservare che questo lasciare al DM la possibilità di stabilire le conseguenze introduce arbitrarietà come quella di cui mi sono lamentato prima. In realtà, secondo me l'arbitrarietà è di tipo diverso: questa è una arbitrarietà "concordata" quando il gruppo si riunisce all'inizio della campagna per stabilire chi farà il master, e quindi chi crea il mondo in cui si muovono i personaggi.
Spero di essere stato chiaro, scusatemi la prolissiticità (che purtroppo è una parola che non esiste, ma dovrebbe!). Non so se questo modo di vedere il gioco possa essere associato all'Old School, dato che non ho mai giocato in quel modo.