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~G~ [Contenuti discutibili]


Ferion vallas

Messaggio consigliato

Ecco il mio nuovo progetto, che probabilmente verrà abbandonato come "Le ali dell'arcangelo nero", ma sono abbastanza positivo stavolta, il personaggio che ho pronto è uno di quelli che la storia gli si crea attorno da sola xD non devo fargliele cadere addoso le rogne, se le cerca gia per conto suo. Si, ci sono contenuti a sfondo sessuale, ma non mi sembra niente di scabroso o volgare, mi sono impegnato per alludere e usare metafore, per evitare di scrivere un racconto porno xD (non che non l'abbia mai fatto, ma qui su DL mi ammazzano asd) L'ho appena finito, quindi potrebbero essermi sfuggiti degli errori.

Introduzione.

Castitatis Lilium

Il calore di lei lo circondava, e tale calore era a sua volta circondato da quello di lui, concretizzato e solidificato nelle forti braccia, che con una delicatezza controllata, imprimevano la forza negli esili polpastrelli affondati appena nella pelle come seta della fanciulla. Come se quello fosse il gioco degli opposti, un Tao di carne dei principi Maschio-Femmina, ella quasi s’artigliava all’uomo, premendo il suo ventre contro quella parete di muscoli definiti e solidi che altro non era se non la controparte maschile di quella stessa parte del corpo. Il suo sapore ancora le riempiva le labbra, sentiva il calore muoversi in lei come se le sue vene fossero state le infinite spaccature al disotto della crosta terrestre, straripanti di Magma incandescente.

Era la sua prima volta. La prima volta che un uomo arrivava sì tanto vicino a lei, al suo corpo, alla sua anima…una sensazione sublime, ottenuta al costo del sommo sacrificio. Per assaporare tale estasi fisica, quella giovane ragazza aveva sacrificato la sua purezza, lasciando consenzientemente che venisse abbattuta l’ultima barriera fisica e mentale che la separava dal crudele mondo degli adulti.

Oramai aveva perso se stessa, si stava lasciando trascinare dai sussulti, al pari di una piccola imbarcazione che aveva osato avventurarsi troppo al largo e che ora doveva affrontare il burrascoso ed immenso oceano.

La candela, poco lontana dal letto, tremolava, quella timida fiammella era un piccolo equilibrista che vede il suo appoggio svanire, la cera aveva quasi del tutto riempito il piccolo piattino d’argento posto sotto l’attacco del cero. Quel liquido biancastro era l’offerta per le tenebre, che giunsero silenti quando quella piccola lama, brandita da un piccolo fante d’argento decise di eclissarsi, di smettere di ardere, ritrovatasi priva di nutrimento come se quel piccolo splendore fosse legato al mondo mediante un altrettanto piccolo “do ut des”…ah, come è egoista la luce…pretende e pretende, ma illumina solo chi gli sta vicino..non si cura di tutti gli altri..

Invece la notte è gentile, carezza tutti col suo scialle nero, non fa distinzioni di sesso, di età, di vita..la notte è uguale per i vivi, la notte è uguale per i morti.

Il buio è il vero giudice imparziale..è una concretizzazione intermedia dell’ancor più astratto e impalpabile concetto della morte. Davanti ad entrambi, tutti sono Uguali..o forse no.

Lei, esile e inesperta, stremata s’accasciò su di lui, trovando appoggio nelle e sulle sue braccia. Il timido e mite sguardo degli occhi color dei campi cercavano quello sicuro e deciso di quelli di analogo colore, non trovandoli in quel buio, ma conscio della loro presenza.

Non ricordava il suo volto..non perfettamente..per quante volte cercasse nella sua mente, ciò che trovava era penombra, se non buio assoluto..

Il crepuscolo era il loro segnale, la loro intesa, al morire del sole, nasceva l’amoroso intreccio, finalmente completatosi quella notte, le coccole e le chiacchiere sublimate nella sfera fisica.

Ma era bello. Ne era sicura. Chi poteva essere brutto con una tale melodiosa voce? Con una pelle cosi morbida e profumata..

Tante volte le esili dita di fanciulla avevano sfiorato le gote glabre dell’uomo, giovane, forte, virile e innaturalmente dolce. Lei nella sua innocente mente lo chiamava Angelo.

Marie, da pochi mesi aveva raggiunto l’età da marito, ma ancora nessun ragazzo le aveva fatto una proposta..nessun ragazzo l’aveva corteggiata..

Non che non fosse bella, anzi, la sua avvenenza era un dato di fatto, quella bellezza un po’ ingenua, naturale, ancora spruzzata di tracce di bambina. Un giglio puro appena sbocciato, dai petali appena sgualciti dalla notte che è stata.

Pochi conoscevano il volto di lei..suo padre l’ha sempre tenuta segregata in quella sua stanza, in quella reggia immensa, dove di notte la luna non arrivava. Non crudeltà, ma affetto era la ragione di ciò..la pelle bianchissima di lei, dal candore pari a quello del latte più puro e pregiato, non poteva reggere l’ingiuria crudele dei raggi solari, nessuno sapeva perché, ma la luce solare la portava quasi alla morte, butterava quella pelle liscia come pesca, al pari di un normale umano posto sotto la canicola per ore e ore privo di qualsiasi copertura.

La dolce Marie rifuggiva il sole, non per sua scelta..si era sempre chiesta di che colore fosse il cielo di giorno, nelle sue ore passate al buio. I libri, i suoi servitori le rispondevano Azzurro..ma non sapeva se fidarsi veramente di quegli sterili ammassi di carta, e di quelle parole intervallate da inchini.

Marie è ricca, ma non è felice.

Suo padre le ha riempito la stanza di vestiti, mobili pregiati, di giocattoli, bambole senza vita che fissano il vuoto davanti a se, incapaci di chiudere gli occhi per via del volto scolpito nel legno o modellato nella porcellana.

Quella era la muta e triste compagnia di Marie, triste anch’ella, senza sapere veramente il perché..perchè suo padre, un nobilotto arricchito, aveva accuratamente evitato che le sue letture le facessero bramare l’aria del giorno, il sole, per impedirle di scivolare lentamente nella follia. Un acuto piano, indubbiamente, evitò si la pazzia alla dolce e nivea figlia, ma di certo non la depressione della solitudine, del sentire l’eco della propria voce nella grande stanza che per lei era tutta una casa. Una involontaria ma machiavellica tortura.

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Ella sa cosa ha, ma non cosa non ha, e si sente lo stesso vuota.

Angelo cambiò tutto..apparve un giorno alla finestra, come se fosse stata al piano terra e non a decine di metri di altezza, con un sorriso nella penombra. Tu chi sei, chiese lei a quell’ombra dai capelli rossi. Io sono la notte, rispose lui, semplicemente, con il sorriso sulle sottili labbra.

Il primo uomo che vide, a parte i suoi anziani servitori, e suo padre..non sapeva nemmeno se aveva fratelli o meno.. o addirittura una madre.

Aveva angelo. Lui le parlava, le raccontava le cose che suo padre teneva nascoste, il colore del cielo di giorno, il sole..ciò arrecò il danno che suo padre temeva: la tristezza..

Durante il giorno se ne stava al buio nella sua stanza, senza le candele a cullarla nella loro tremula luce, attendendo che arrivasse la vera notte per veder fare capolino dalla finestra aperta il volto di Angelo.

Come un cucciolo dopo una delle sue prime ruzzolate, il suo cuoricino puro e candido batteva nel suo petto, forte, da dar quasi l’impressione che tutto il corpo tremasse, in quell’abbraccio.

Ti amo, sussurrò, con una voce che lei non lo sapeva, ma poteva quasi definirsi languida, contaminata dagli ultimi sprazzi di ardore. Funziona sempre cosi..se si è inesperti, se il cuore è tenero, dolce e vulnerabile come la pelle di un neonato, è naturale che la prima forte sollecitazione, il primo forte sentimento, venga interpretato come la summa. Nella sua mente, lei lo amava.

Lui rimase in silenzio, lui, che vedeva nel buio scrutava quegli occhi di cerbiatta che lo cercavano. Era sincera, lo amava.

Ne sei sicura? Chiese, la voce sottile, un respiro di vento, voleva la conferma..ti amo non sono due parole che possono essere messe assieme con tanta leggerezza..

E sia. Rispose. Te lo concedo. Concluse la frase lasciata spezzata per qualche istante, come se stesse cercando le parole, o stesse ricordando un copione detto infinite volte.

La risposta la sorprese..s’aspettava un anche io.

Calde lacrime iniziarono a solcare le guance, non viste dai mortali, viste da Lui. La prima crepa, il primo petalo del giglio si staccava e cadeva. Non era stupida.

<Si. Ne sono sicura> Disse, accomodandosi ancora su quella pelle leggermente imperlata di sudore. Era sicura, Lui lo leggeva nei suoi occhi..

Sollevò lo sguardo, non visto, guardando il ricco soffitto della stanza. <E tu? Tu mi ami?> Chiese Marie, incalzando, incoraggiata da quel silenzio, come una guerriera che cavalca per l’ultima volta verso l’esercito nemico, gridando la sua anima per l’ultima volta.

Risposta non giunse, perché cigolando prepotentemente la porta di legno si aprì, non prima del risuonare chiaro di due scatti di lucchetto.

La luce entrò prepotentemente nella stanza, illuminando con le candele dei servitori uno spicchio del letto, lei era visibile, ignuda tra le braccia di qualcuno, ancora innaturalmente nascosto, come se le tenebre fossero un velo di odalisca sul capo Suo.

Caracollando affannosamente, il padre entrò nella stanza, stagliando la propria grassoccia ombra su quella lama di luce che tagliava il corpo di sua figlia. I servitori avevano fatto il loro dovere, avevano origliato i suoni della stanza, ed avevano fatto in tempo ad avvertire il loro padrone, prima che Lui se ne andasse via, pronto a tornare ancora e ancora, portandogli via a poco a poco sua figlia, come un cane randagio che ruba da una tavolata all’aperto, non visto.

<Tu!> Esclamò, puntando un salsicciotto che protendeva dalla mano all’indirizzo di Angelo. La voce era forte, dura come mai era stata quella del tremebondo nobilotto. L’orgoglio ferito, e il pensiero di perdere sua figlia avevano cancellato per quella sera la Paura.

<Io. E chi altri?> La risposta, l’ombra come comandata arretrò un poco per mostrare la smorfia di disgusto che deformava quelle labbra ancora pregne del sapore di lei. Probabilmente il servitore che reggeva il candeliere si era avvicinato alla porta per vedere chi fosse questo Tu.

Altri goffi passi portarono più vicino il padre ai due amanti. Non c’è tempo per aver paura.

<Perché mia figlia?>Chiese, con tono che poteva sembrare supplice, ma in realtà iracondo.

<Perché la notte succede al giorno?> Fu la risposta. Si alzò dal letto, immune al senso del pudore, Marie imitò quasi meccanicamente il movimento, continuando a stare tra le braccia dell’uomo, mostrando che lui d’altezza la superava alquanto.

<Figlia mia copriti per l’amor del cielo!> Abbaiò al suo indirizzo il padre

<Il cielo non ha amore da dare> Le parole di Angelo furono Immediate e schiette, come un colpo di spada appena sfoderata. Lo sguardo di Marie saettava da una figura all’altra, mentre la sua mano timidamente afferrò la coperta e l’utilizzò per coprirsi il petto e il ventre, il calore se ne andava, lasciando spazio al pudore virgineo non più a lei appropriato. L’uomo nascosto dalla coltre di buio compì un gesto alquanto sprezzante, poggiando le punte delle dita alla fronte, scostando una ciocca di capelli vermigli attaccatasi allo zigomo per il sudore..tutto ciò non ebbe altro effetti, se non quello di far aumentare a livello palpabile la furia del grassoccio nemico

<Che cosa vuoi fare? Tentare di uccidermi?> Parole dure e forti come pastoie bloccarono sul posto il padre, e nessuno dei presenti non poté non notare quanto fosse marcata nella frase la parola “tentare”.

<Può essere> Parole degne del topo preso all’angolo risposero degnamente alla domanda, accompagnate dall’argentino vibrare di uno stiletto tirato fuori da chissà dove, la cui punta in linea d’aria indicava il cuore del nudo uomo. Come una marionetta azionata dal pensiero, uno dei servitori galoppò nella stanza e trascinò via Marie, affinché non fosse in mezzo a quella che pareva una imminente colluttazione con esiti mortali.

Il padre, la cui importanza come uomo d’arme, come nobile e altro era talmente infima da limitare l’area geografica in cui lo conoscono a poche miglia, stava puntando l’acciaio contro un uomo che per contro era conosciuto in tutto il mondo..

Si leccò le labbra riarse, quella situazione, quella tensione gli aveva asciugato la gola al punto da fare atrocemente male; gli occhi porcini zigzagavano su ogni parte del corpo avversario, cercando un ipotetico punto debole dove colpire..cosa poteva mai fare contro di lui? Sperare. Null’altro.

A guisa di un cinghiale alla carica il nobilotto caricò, serrando la destra sull’impugnatura intarsiata dell’arma, poggiando il palmo della sinistra sul pomolo della stessa, per imprimere tutta la sua disperata forza di paffuto ometto in quella stoccata. Chiuse gli occhi, aveva paura, oramai non era lui a colpire, ma la forza di inerzia di quella palla di grasso munita di gambe che un tempo era un corpo. Un rumore strano, metallico, nella mente del disperato aggressore per un istante si dipinse l’immagine della lama che rientra in un fodero viscido e umido. Nessun lamento.

Sentendosi ancora vivo aprì gli occhi, e preferì essere morto..di gran lunga preferiva essere morto.

La lama, nella sua interezza, era conficcata sotto il seno sinistro di Marie, snella s’era insinuata tra le costole, e aveva graffiato il cuore. Cinabro sangue sgorgava rigando di rosso la candida pelle, una rosa sbocciata nella neve. Un’altra era nata tra le pallide labbra di lei, e cresceva, colando sul dolce mento, andando ad allargare la pozza di petali scarlatti ai piedi dei tre. Nessuno si aspettava una azione del genere, tanto lesta quanto azzardata, anzi, forse Lui se l’aspettava, ma ciò non è dato di saperlo. Rovinò a terra, le gambe incapaci di sostenere il suo lieve peso.

Suo padre ululando lasciò la presa dall’empia arma e si inginocchiò sulla figlia, scossa dalla tosse che gettava avanti a lei sprazzi di ferroso sangue, non tentava nemmeno di frenare l’emorragia, sapeva cosa aveva fatto, perché, e per chi.

Si chinò anche Lui su quel candido corpicino, lei ne cercava la mano, e la trovò.

<Angelo mio…perdonami, questa è l’ultima sera che potrai venire a trovarmi…> Il giglio stava sfiorendo inesorabilmente, dopo aver chiesto di essere colto. Lui non rispose immediatamente, scrutò quegli occhi di cerbiatta, non vi trovò la paura; baciò la mano che delicatamente stringeva nella sua.

<Anche io ti amo> Disse.

Marie chiuse gli occhi e sorrise. Null’altro.

Il padre aveva perso la sua unica figlia, dopo essere rimasto vedovo. Sua moglie era morta per il difficile parto di quel malato fiorellino ingenuo.

<L’hai uccisa!> Sibiliò contro colui che era causa di tutto.

<Permettimi di dissentire su tale affermazione. La lama è tua, la mano è tua, la mente altrettanto. Tu l’hai uccisa> Immediata risposta. Verità, tremenda verità, fece desistere il padre da quel disperato scarica barile.

<Davvero l’amavi?> Riuscì a balbettare.

Lui lasciò la mano di Marie, e si alzò, dirigendosi verso i suoi vestiti abbandonati in un angolo della stanza. Rapidamente coperte le nudità, con naturalezza e compostezza, rispose.

<No> Tono neutro, naturale, come se la serva avesse posto la domanda “Vuole la carne per cena?”

La singola sillaba spaccò la mente del padre, come una mannaia. Spaccò la determinazione, il coraggio, tutto, lasciando spazio a ciò che coprivano: paura e disperazione.

Raggomitolato sul corpo di sua figlia, il nobile di cui nessuno conosceva il nome piangeva.

<Come hai potuto mentire a una fanciulla morente? Sei un mostro!> Per la prima volta uno dei servi fece sentire la sua voce, entrato nella stanza per prestare soccorso a Marie, constatando con somma tristezza che ella era gia lontana dal suo debole involucro.

Un tetro sorriso carico di arroganza balenò sul volto di quello che ormai era un nemico.

<Come ho potuto? Parlando, semplice> Il disgusto era palpabile sul volto del servo.

<Ora è il mio momento di porre domande, e il vostro di rispondere> Disse d’improvviso, muovendo un passo in avanti, incurante di pestare l’innocente sangue di Marie.

<Come, e ripeto COME, avete osato rompere il mio nuovo giocattolo?> Tono iroso, l’aria divenne pesante come ferro.

<Giocattolo?> Sibilò di rimando il padre <Stai parlando di un essere umano, di una fanciulla indifesa che ti amava!> Continuò, stringendosi ancora più spasmodicamente al corpo che principiava a divenire freddo e rigido.

<E’ stata lei a fare la prima mossa..indifesa non mi pare il termine più corretto. È stata una scelta della sua mente quella di amarmi. Io non ho niente a che fare con ciò, ne convieni nevvero?>

<Mostro> fu l’epiteto che venne ripetuto, mentre disperato il padre, oramai solo, poggiava la sua fronte a quella di Marie, come se volesse donarle tutto il suo calore pur di farla tornare in vita.

<L’hai corrotta!> Gridò. Intanto Lui scostò un'altra ciocca di capelli dal proprio volto.

Chiacchiere nella piazza sotto il sole del pomeriggio.

<Lo sapevi che hanno ammazzato lord Cazna?> <Chi?> <Quel trippone della reggia non lontana dalla fattoria di tuo cugino!> <Aaah allora si chiama cosi, pazienza..si sa chi è stato?>

Silenzio per un istante.

<Le serve sono andate nella stanza della figlia per rassettare e hanno trovato lui e lei morti, lo so perché mia sorella era una di loro>

<No dai! Quella povera creatura..>

<Lei aveva il pugnale del padre conficcato nelle costole>

<E il trippone?> Di nuovo silenzio, timoroso stavolta.

<L’hanno trovato tagliato in tre parti..un taglio perfetto all’altezza della vita lo divideva a metà, e un secondo taglio divideva ancora la parte superiore in due metà perfettamente uguali, andando a togliere anche un pezzo della parte inferiore del corpo. Tutte le parti erano a terra, adagiate a poca distanza tra loro, bastava riavvicinarle un poco e il trippone sarebbe stato nuovamente integro..

A guardarlo stando in piedi, lo spazio tra le parti, quel vuoto, disegnava una croce rovesciata. E il sangue schizzato in ogni direzione formava due larghe e lunghe macchie. Sembravano ali rosse>

Il suo amico gli aveva chiesto se si sapeva chi fosse l’autore di tale efferato omicidio, ma sentendo tale dettagliata quanto macabra descrizione, esso fece intendere che aveva compreso da solo.

Un nome che molti hanno paura di pronunciare. Un nome che molti amano pronunciare.

Un nome che prima o poi tutti pronunciano.

Gabriel.

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Nelle prime righe pensavo fosse un racconto sul punto G :-D (scherzo)

Sono le 2:40, quindi chiedo scusa se sarò lapidario nel commentare :-)

Qualche frase è un po' lunga e andrebbe semplificata imho, e lasci forse un po' troppo implicita "l'ambientazione" (magari è una cosa voluta). Hai sicuramente inventato dei personaggi interessanti.

Riesci a costruire uno stile personale, e secondo me scrivi bene.

Attento però: la personalità troppo marcata della voce narrante, e il punto di vista assoluto rischiano di risultare invasivi di tanto in tanto. Ovvero: si vede che alcune considerazioni del narratore servono a rimarcare che "Il tizio avvolto nell'ombra è superiore e malefico"; forse le puoi un po' limare o omettere, dato che il modo in cui G. agisce parla da sé.

Spero di aver criticato in modo cotruttivo. 'Notte.

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Grazie per il commento ;-)

tranquillo sul lapidario :-p

per il fatto dell'ambientazione, questa è solo il prologo, per presentarla (e inventarmela XD) c'è tutto il tempo :-D

per le frasi lunghe: io non me ne ero accorto, ma evidentemente tendo ancora a cadere nel solito errore di fare frasi troppo lunghe e arzigogolate, mi impegnerò per porci rimedio :banghead:

Per l'ultimo punto, si, lo scopo è quello (almeno nella prima parte della storia che ho in mente), per il momento Gabriel è qualcosa di tremendo. Se hai presente il manga Bastard, per il momento siamo ai livelli di Dark Schneider xDD.

Il primo capitolo è in lavorazione, lo posterò dra qualche giorno, stay tuned ;-)

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