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NicoRobs

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Informazioni su NicoRobs

  • Compleanno 03/04/2020

Informazioni Profilo

  • Sesso
    Femmina
  • Località
    Padova
  • Occupazione
    Traduttrice
  • Interessi
    Sono una cosplayer, un'appassionata lettrice e una videogiocatrice, e mi sono da poco avvicinata al mondo dei GDR (non su schermo), mondo che mi ha sempre affascinato ma non ho mai trovato nessuno con cui condividere questo interesse
  • Biografia
    Ho studiato lingue e letteratura per, diciamo, tutta la vita, per diventare traduttrice. Tuttavia, ho sempre cercato di coniugare le mie passioni allo studio, completando una tesina di maturità su Tolkien e una tesi di laurea triennale su uno studio filologico (ai tempi ancora abbastanza pioneristico) della storia di Kullervo trasposta da Tolkien in quella dei Figli di Hurin, e una tesi di laurea magistrale di traduzione dei graphic novel della serie Avatar The Last Airbender, accompagnata da uno studio metodologico sul fumetto.

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  1. Articolo di The Alexandrian del 25 agosto 2013 L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice L'Arte del Pacing Parte 5 - Tecniche Avanzate IN MEDIAS RES Incorniciare una scena in medias res significa cominciare la narrazione nel bel mezzo dell'azione. È una tecnica efficace perché mette in moto la scena nel momento più emozionante o interessante. In altri media riesce anche ad intrigare il pubblico creando un piccolo mistero: come hanno fatto i personaggi a trovarsi in questa situazione precaria? Tuttavia, quest'elemento di mistero nell'incipit in medias res diventa problematico in un GdR: anche se va benissimo che il pubblico rimanga ignaro di come i personaggi si sono ritrovati nelle circostanze correnti, ciò può creare seri problemi nel momento in cui ci si aspetta che i giocatori siano i personaggi e debbano sapere certe cose per poter fare scelte coerenti. Perciò lasciamo i piccoli misteri da parte per un momento e concentriamoci su una forma di in medias res più semplice che vi consiglio caldamente a prescindere dalle vostre preferenze: incorniciare dopo l'entrata in scena. I master hanno la tendenza ad incorniciare all'arrivo: Se i personaggi si stanno dirigendo verso un magazzino, il master salterà alla macchina che si ferma fuori dal magazzino. Se devono interrogare un sospettato, il master salterà al momento in cui bussano alla sua porta. È la scelta più sicura, ma spesso non è necessaria. Per esempio, se sapete che i personaggi stanno andando all'ufficio del Grande Capo per cercare indizi, non dovete passare per tutto il procedimento macchinoso in cui entrano nell'edificio, forzano la serratura della sua porta, e così via. Potete invece saltare direttamente al momento in cui frugano tra i suoi schedari e tirano fuori i documenti incriminati. Questa cosa funziona perché le supposizioni che fate per inquadrare le scene sono ovvie. Supponete che i personaggi faranno quello che hanno detto che avrebbero fatto. (Se ci sono dubbi, ovviamente, chiederete un tiro azione e lo incornicerete di conseguenza. Per esempio, se i personaggi falliscono un tiro infiltrazione allora potete incorniciare al momento in cui finiscono nel cono di luce della torcia elettrica di uno della sicurezza.) ALTRO SULL'IN MEDIAS RES Altri esempi più teatrali dell'in medias res sono frequenti in altri media, ma in un GdR sono difficili da realizzare senza ricorrere alla narrazione pilotata. Ma può dare davvero tanta soddisfazione se riuscite a farlo funzionare. Per quella che è la mia esperienza, ci deve essere tanta fiducia e comprensione tra master e giocatori: il master deve conoscere i suoi giocatori e i loro personaggi abbastanza bene da poter prevedere con precisione le loro reazioni. E i giocatori devono fidarsi abbastanza del master da credere che le sue previsioni siano precise. In ogni caso, ci sono altri trucchetti che il master può usare per avere degli inizi di scena in medias res soddisfacenti. Un metodo molto semplice è: “Perché siete qui?” Il master apre la scena dicendo qualcosa del tipo: “Vi trovate in un tunnel buio sotto la sede centrale della Parker Corporation. Perché siete qui?” Questa tecnica in pratica dice: “Esatto, ho pilotato la narrazione fino a questo punto. Ma la renderò meno rigida dandovi un po' di potere decisionale sul modello esatto della locomotiva.” Ovviamente per alcuni ciò equivale a forzare un po' troppo la mano e il risultato è che non si sentono a loro agio. (Per me è decisamente al di fuori di ciò che mi sento tranquillo a fare.) Ma se per voi e per i vostri giocatori funziona, avrete il vantaggio di potervela cavare con scene inquadrate in modo molto più rigido e con un ritmo molto più serrato. Un altro trucchetto consiste nell'usare l'in medias res assieme al flashback: mostrate i personaggi che si sono ficcati in una situazione e poi usate un flashback per mostrare come ci sono arrivati. La conoscenza “futura” di dove andranno a finire ovviamente condiziona la possibilità di scelta, ma anche in questo caso potete forzare un po' meno la mano, permettendo ai personaggi di influenzare (o addirittura definire) il percorso che conduce agli eventi che hanno visto. (E vi potete sbizzarrire come volete a rappresentare nel vostro flashforward qualcosa di interessante che non sia particolarmente vincolante rispetto al contesto.) SCENE FINALI Una scena finale o epilogo è un tipo particolare di scena di colore che segue immediatamente un conflitto o un botto considerevole. Durante la scena finale, i personaggi possono riflettere sulle cose che sono appena successe e reagire. Lo scopo di un epilogo è sia estetico che pratico. (E il punto di vista pratico riguarda sia il mondo di gioco sia il metagame.) Da un punto di vista estetico, l'epilogo fornisce un rimedio naturale per variare il pacing del vostro gioco: si passa da momenti di grande tensione e di azione emozionante alla relativa calma dell'epilogo che mette quei momenti in una prospettiva più ampia di progresso o di battuta d'arresto o di rivelazione. Nel contesto del metagame, una scena finale è comoda perché spesso avviene nel momento in cui i giocatori e/o il master hanno bisogno di fare il punto: bisogna curare i danni. Bisogna registrare le risorse. Bisogna consultare gli appunti. Se il vostro gruppo può sviluppare la capacità di giocare di ruolo in modo efficiente durante questi momenti in cui si tiene meccanicamente la contabilità, le sessioni di gioco non potranno che giovarne. (Considerate che il gioco di ruolo non deve necessariamente basarsi sui momenti in cui si fanno i conti: si può tranquillamente dire “curiamo tutti” e poi occuparsi delle relative meccaniche mentre si sta ruolando una scena successiva in cui i personaggi stanno discutendo le opzioni che hanno per l'incursione al palazzo.) Allo stesso tempo, nel contesto del mondo di gioco, è perfettamente normale che la gente si rilassi, si svaghi un po' e si prenda un momento per riprendersi da una situazione stressante. O che ci si sieda e si provi a parlare per affrontare delle rivelazioni sconvolgenti. (“Amico, dammi una birra. Betty mi ha appena lasciato. E poi penso che sia stata posseduta da un demone.”) Nella pratica, spesso queste scene si svolgeranno in modo abbastanza naturale se date un po' di corda ai personaggi. Se invece inquadrate le scene in modo più rigido, non vi conviene comunque ignorarle. Una tecnica efficace da usare per questo tipo di cose è concordare delle “scene prestabilite” per gli epiloghi. Per esempio, nella mia campagna di Ptolus queste scene spesso avevano luogo nelle stanze dei personaggi al Menestrello Spettrale, durante un viaggio in carrozza per la città, o mentre saccheggiano cadaveri e curano i propri feriti. Abbiamo stabilito che questi sono temi ricorrenti nella campagna e il gruppo ha sviluppato in modo naturale l'abitudine di rientrare in una scena finale quando si presentano tali situazioni. PACING DESTABILIZZANTE In Buffy l'Ammazzavampiri, gli epiloghi si svolgono spesso alla biblioteca scolastica o al Magic Box (nelle stagioni successive). Ma Buffy è anche un ottimo esempio di come possiate utilizzare una scena prestabilita come epilogo e poi cambiarla di tanto in tanto buttandoci un conflitto. Questo è un esempio semplicissimo di pacing destabilizzante. Il pacing di un libro o di un film spesso cade in schemi ripetitivi. Lo stesso vale per un GdR. Questo ritmo regolare può essere molto appagante nella sua familiarità (soprattutto quando si ha la sensazione che tutto il gruppo sia sulla stessa lunghezza d'onda e si senta partecipe nell'ineffabile sinergia di una collaborazione istintiva), ma può anche stupire o diventare stantio nella sua prevedibilità. Per evitarlo, dovreste di tanto in tanto destabilizzare il ritmo familiare del gioco buttandoci qualcosa di inaspettato: una scena che dovrebbe essere di colore improvvisamente sfocia nel conflitto. Una sequenza che dà l'impressione di star scemando improvvisamente si impenna con un nuovo botto. La cosa interessante del pacing destabilizzante è che può facilmente degradarsi e tornare ad essere prevedibile. Per esempio, la prima volta che un mostro che si credeva morto riapparve improvvisamente durante quello che si pensava fosse l'epilogo del film fu un esempio di pacing destabilizzante di grandissimo successo. Ora, invece, è diventato parte del pacing che ci si aspetta da un film horror: vi colpisce di più quando il cattivo rimane morto rispetto a quando si rialza improvvisamente in piedi. CONCLUSIONI Continuo a ripetere che in questo saggio abbiamo appena visto la punta dell'iceberg per quanto riguarda il pacing nei GdR. D'altra parte, forse è meglio così. Mentre, per esempio, i film hanno tratto sicuramente beneficio da una profonda comprensione di come un regista possa fare uso del pacing tra i suoi strumenti del mestiere, il processo con cui si dà ritmo ad un film è ancora molto più un'arte che una scienza. In modo del tutto analogo, cercare di far girare tutto intorno ad una massima trita e ritrita finirebbe senza dubbio col farci percepire la realtà in modo irreale, dove tutto funziona in un unico modo. Spero, invece, di essere riuscito a trasmettervi una manciata di utili strumenti concettuali che potete utilizzare in una miriade di modi per meglio capire e controllare il pacing delle vostre campagne. Come decidete di usare questi strumenti sta a voi: sperimentate. Giocateci. Vedete cosa potete scoprire e cosa potete migliorare. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/33796/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-6-more-advanced-techniques
  2. In questo ultimo articolo sul pacing concluderemo la nostra breve carrellata sulle tecniche per gestire e variare il ritmo delle nostre avventure. Articolo di The Alexandrian del 25 agosto 2013 L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice L'Arte del Pacing Parte 5 - Tecniche Avanzate IN MEDIAS RES Incorniciare una scena in medias res significa cominciare la narrazione nel bel mezzo dell'azione. È una tecnica efficace perché mette in moto la scena nel momento più emozionante o interessante. In altri media riesce anche ad intrigare il pubblico creando un piccolo mistero: come hanno fatto i personaggi a trovarsi in questa situazione precaria? Tuttavia, quest'elemento di mistero nell'incipit in medias res diventa problematico in un GdR: anche se va benissimo che il pubblico rimanga ignaro di come i personaggi si sono ritrovati nelle circostanze correnti, ciò può creare seri problemi nel momento in cui ci si aspetta che i giocatori siano i personaggi e debbano sapere certe cose per poter fare scelte coerenti. Perciò lasciamo i piccoli misteri da parte per un momento e concentriamoci su una forma di in medias res più semplice che vi consiglio caldamente a prescindere dalle vostre preferenze: incorniciare dopo l'entrata in scena. I master hanno la tendenza ad incorniciare all'arrivo: Se i personaggi si stanno dirigendo verso un magazzino, il master salterà alla macchina che si ferma fuori dal magazzino. Se devono interrogare un sospettato, il master salterà al momento in cui bussano alla sua porta. È la scelta più sicura, ma spesso non è necessaria. Per esempio, se sapete che i personaggi stanno andando all'ufficio del Grande Capo per cercare indizi, non dovete passare per tutto il procedimento macchinoso in cui entrano nell'edificio, forzano la serratura della sua porta, e così via. Potete invece saltare direttamente al momento in cui frugano tra i suoi schedari e tirano fuori i documenti incriminati. Questa cosa funziona perché le supposizioni che fate per inquadrare le scene sono ovvie. Supponete che i personaggi faranno quello che hanno detto che avrebbero fatto. (Se ci sono dubbi, ovviamente, chiederete un tiro azione e lo incornicerete di conseguenza. Per esempio, se i personaggi falliscono un tiro infiltrazione allora potete incorniciare al momento in cui finiscono nel cono di luce della torcia elettrica di uno della sicurezza.) ALTRO SULL'IN MEDIAS RES Altri esempi più teatrali dell'in medias res sono frequenti in altri media, ma in un GdR sono difficili da realizzare senza ricorrere alla narrazione pilotata. Ma può dare davvero tanta soddisfazione se riuscite a farlo funzionare. Per quella che è la mia esperienza, ci deve essere tanta fiducia e comprensione tra master e giocatori: il master deve conoscere i suoi giocatori e i loro personaggi abbastanza bene da poter prevedere con precisione le loro reazioni. E i giocatori devono fidarsi abbastanza del master da credere che le sue previsioni siano precise. In ogni caso, ci sono altri trucchetti che il master può usare per avere degli inizi di scena in medias res soddisfacenti. Un metodo molto semplice è: “Perché siete qui?” Il master apre la scena dicendo qualcosa del tipo: “Vi trovate in un tunnel buio sotto la sede centrale della Parker Corporation. Perché siete qui?” Questa tecnica in pratica dice: “Esatto, ho pilotato la narrazione fino a questo punto. Ma la renderò meno rigida dandovi un po' di potere decisionale sul modello esatto della locomotiva.” Ovviamente per alcuni ciò equivale a forzare un po' troppo la mano e il risultato è che non si sentono a loro agio. (Per me è decisamente al di fuori di ciò che mi sento tranquillo a fare.) Ma se per voi e per i vostri giocatori funziona, avrete il vantaggio di potervela cavare con scene inquadrate in modo molto più rigido e con un ritmo molto più serrato. Un altro trucchetto consiste nell'usare l'in medias res assieme al flashback: mostrate i personaggi che si sono ficcati in una situazione e poi usate un flashback per mostrare come ci sono arrivati. La conoscenza “futura” di dove andranno a finire ovviamente condiziona la possibilità di scelta, ma anche in questo caso potete forzare un po' meno la mano, permettendo ai personaggi di influenzare (o addirittura definire) il percorso che conduce agli eventi che hanno visto. (E vi potete sbizzarrire come volete a rappresentare nel vostro flashforward qualcosa di interessante che non sia particolarmente vincolante rispetto al contesto.) SCENE FINALI Una scena finale o epilogo è un tipo particolare di scena di colore che segue immediatamente un conflitto o un botto considerevole. Durante la scena finale, i personaggi possono riflettere sulle cose che sono appena successe e reagire. Lo scopo di un epilogo è sia estetico che pratico. (E il punto di vista pratico riguarda sia il mondo di gioco sia il metagame.) Da un punto di vista estetico, l'epilogo fornisce un rimedio naturale per variare il pacing del vostro gioco: si passa da momenti di grande tensione e di azione emozionante alla relativa calma dell'epilogo che mette quei momenti in una prospettiva più ampia di progresso o di battuta d'arresto o di rivelazione. Nel contesto del metagame, una scena finale è comoda perché spesso avviene nel momento in cui i giocatori e/o il master hanno bisogno di fare il punto: bisogna curare i danni. Bisogna registrare le risorse. Bisogna consultare gli appunti. Se il vostro gruppo può sviluppare la capacità di giocare di ruolo in modo efficiente durante questi momenti in cui si tiene meccanicamente la contabilità, le sessioni di gioco non potranno che giovarne. (Considerate che il gioco di ruolo non deve necessariamente basarsi sui momenti in cui si fanno i conti: si può tranquillamente dire “curiamo tutti” e poi occuparsi delle relative meccaniche mentre si sta ruolando una scena successiva in cui i personaggi stanno discutendo le opzioni che hanno per l'incursione al palazzo.) Allo stesso tempo, nel contesto del mondo di gioco, è perfettamente normale che la gente si rilassi, si svaghi un po' e si prenda un momento per riprendersi da una situazione stressante. O che ci si sieda e si provi a parlare per affrontare delle rivelazioni sconvolgenti. (“Amico, dammi una birra. Betty mi ha appena lasciato. E poi penso che sia stata posseduta da un demone.”) Nella pratica, spesso queste scene si svolgeranno in modo abbastanza naturale se date un po' di corda ai personaggi. Se invece inquadrate le scene in modo più rigido, non vi conviene comunque ignorarle. Una tecnica efficace da usare per questo tipo di cose è concordare delle “scene prestabilite” per gli epiloghi. Per esempio, nella mia campagna di Ptolus queste scene spesso avevano luogo nelle stanze dei personaggi al Menestrello Spettrale, durante un viaggio in carrozza per la città, o mentre saccheggiano cadaveri e curano i propri feriti. Abbiamo stabilito che questi sono temi ricorrenti nella campagna e il gruppo ha sviluppato in modo naturale l'abitudine di rientrare in una scena finale quando si presentano tali situazioni. PACING DESTABILIZZANTE In Buffy l'Ammazzavampiri, gli epiloghi si svolgono spesso alla biblioteca scolastica o al Magic Box (nelle stagioni successive). Ma Buffy è anche un ottimo esempio di come possiate utilizzare una scena prestabilita come epilogo e poi cambiarla di tanto in tanto buttandoci un conflitto. Questo è un esempio semplicissimo di pacing destabilizzante. Il pacing di un libro o di un film spesso cade in schemi ripetitivi. Lo stesso vale per un GdR. Questo ritmo regolare può essere molto appagante nella sua familiarità (soprattutto quando si ha la sensazione che tutto il gruppo sia sulla stessa lunghezza d'onda e si senta partecipe nell'ineffabile sinergia di una collaborazione istintiva), ma può anche stupire o diventare stantio nella sua prevedibilità. Per evitarlo, dovreste di tanto in tanto destabilizzare il ritmo familiare del gioco buttandoci qualcosa di inaspettato: una scena che dovrebbe essere di colore improvvisamente sfocia nel conflitto. Una sequenza che dà l'impressione di star scemando improvvisamente si impenna con un nuovo botto. La cosa interessante del pacing destabilizzante è che può facilmente degradarsi e tornare ad essere prevedibile. Per esempio, la prima volta che un mostro che si credeva morto riapparve improvvisamente durante quello che si pensava fosse l'epilogo del film fu un esempio di pacing destabilizzante di grandissimo successo. Ora, invece, è diventato parte del pacing che ci si aspetta da un film horror: vi colpisce di più quando il cattivo rimane morto rispetto a quando si rialza improvvisamente in piedi. CONCLUSIONI Continuo a ripetere che in questo saggio abbiamo appena visto la punta dell'iceberg per quanto riguarda il pacing nei GdR. D'altra parte, forse è meglio così. Mentre, per esempio, i film hanno tratto sicuramente beneficio da una profonda comprensione di come un regista possa fare uso del pacing tra i suoi strumenti del mestiere, il processo con cui si dà ritmo ad un film è ancora molto più un'arte che una scienza. In modo del tutto analogo, cercare di far girare tutto intorno ad una massima trita e ritrita finirebbe senza dubbio col farci percepire la realtà in modo irreale, dove tutto funziona in un unico modo. Spero, invece, di essere riuscito a trasmettervi una manciata di utili strumenti concettuali che potete utilizzare in una miriade di modi per meglio capire e controllare il pacing delle vostre campagne. Come decidete di usare questi strumenti sta a voi: sperimentate. Giocateci. Vedete cosa potete scoprire e cosa potete migliorare. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/33796/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-6-more-advanced-techniques Visualizza articolo completo
  3. In questo quinto articolo sul pacing andremo più nel dettaglio delle tecniche che ci aiutano a variare il ritmo della narrazione. Articolo di The Alexandrian del 23 Agosto 2013 L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice Ora che abbiamo stabilito gli strumenti base del pacing nei giochi di ruolo, diamo una veloce occhiata ad alcune tecniche avanzate. Non tratteremo assolutamente la cosa in modo enciclopedico. In realtà, vedremo solo la punta dell'iceberg. Ma la speranza è che anche solo una breve infarinatura ci possa mostrare delle interessanti vie da percorrere. DIVIDERE IL GRUPPO Cominciamo con le scene simultanee: Metà del gruppo se ne va ad esplorare la torre dell'acqua abbandonata, mentre l'altra metà del party va ad interrogare Jim Baxter, il contadino che inspiegabilmente custodisce oro di proprietà dei nazisti. In due occasioni totalmente sconnesse tra loro, il gruppo per cui stavo masterando ha spontaneamente annunciato che non si sarebbero divisi per non complicarmi le cose. In entrambi i casi li ho dissuasi in fretta dalle loro “buone intenzioni”: La verità è che adoro quando i personaggi si dividono. Anche se ci vuole un po' più di impegno per giostrarsela bene quando si gestiscono più continuità in serie, il gioco vale decisamente la candela. Difatti, dividere il party vi dà un sacco di opzioni in più per rendere il pacing più efficace: Il trucco è che non dovete più attendere la fine di una scena. Potete invece tagliare avanti e indietro tra le scene simultanee. Tagliare su un botto che sta raggiungendo l'apice. (Il botto diventa un cliffhanger: “D'un tratto la porta viene fatta saltare con esplosivo al plastico! Il Colonnello Kurtz si fa strada tra uno scempio di macerie... E intanto, dall'altra parte della città...”) Tagliare sulla scelta. (Ricordate che in un gioco di ruolo tutto quanto è una conversazione su scelte significative. Quando arriva una scelta che è una vera chicca, tagliate sull'altro gruppo.) Tagliare sul tiro del dado. (Lasciate della suspense sul risultato. Ma d'altra parte state anche eliminando la pausa meccanica in cui vengono tirati i dadi e si aggiungono i modificatori. Tutto questo succede mentre gli altri gruppi sono nel bel mezzo di qualcosa di emozionante. E quando questi arrivano ad un tiro azione... BAM! Tagliate di nuovo al primo gruppo, tirate fuori il risultato e andate avanti con l'azione.) O, da un punto di vista meramente pratico, tagliate a qualsiasi punto in cui un giocatore deve controllare le regole o fare dei calcoli complessi o leggere degli appunti. Magari non ci sarà un cliffhanger o un momento di suspense da enfatizzare, ma potete sempre eliminare dei tempi morti al tavolo. Il risultato finale è che dei tagli efficaci tra scene simultanee vi permettono di serrare il ritmo del pacing, aumentare la tensione nei momenti di suspense, ed enfatizzare scelte chiave. CROSSOVER Una volta raggiunta la piena autonomia nel giostrarsi tra gli atti di scene simultanee, potete arricchire l'esperienza legando insieme queste scene attraverso dei crossover. La tipologia di crossover più semplice è quella del crossover diretto. È quello in cui abbiamo un elemento o il risultato di una scena che appare immediatamente in una scena diversa. Per esempio, se un gruppo fa saltare in aria il deposito delle armi, l'altro gruppo potrebbe sentire l'esplosione dall'altra parte della città. O il Colonnello Kurtz fugge da un gruppo di personaggi e finisce per tornare di corsa al suo ufficio...che in quel momento sta venendo ispezionato dagli altri personaggi. I crossover indiretti sono più sottili, ma anche più diversificati. Sono quelli in cui ci sono elementi comuni o correlati in ogni scena, che però non sono gli stessi. Per esempio, potrebbe esserci Franklin che scopre il libro di un culto con il simbolo di un cobra bianco mentre, contemporaneamente, John vede un cobra bianco dipinto sul volto della moglie che è stata assassinata. Un crossover indiretto potrebbe non essere collegato specificamente in alcun modo al mondo immaginario del gioco. Per esempio, Suzy potrebbe invitare Rick ad un appuntamento all'Italian Stallion per venerdì sera. Contemporaneamente, in una scena diversa, il tenente di polizia ordina a Billy di organizzare la sorveglianza per l'incontro di un boss della mafia allo stesso ristorante alla stessa ora. Non c'è alcun collegamento tra Suzy e Rick e la mafia o la polizia, ma si tratta comunque di un crossover. Ciò dimostra anche come i crossover possano venire utilizzati per intrecciare delle narrazioni differenti: Suzy, Rick e Bobby finiranno tutti nello stesso ristorante alla stessa ora. Franklin e Joe si metteranno entrambi ad investigare ognuno per conto proprio sul cobra bianco. Non è ancora chiaro come faranno i loro cammini ad incrociarsi, ma sono certamente entrati in rotta di collisione. Questa tecnica può essere particolarmente efficace all'inizio di uno scenario o di una campagna: anziché far incontrare tutti i personaggi in un bar, potete lanciarli tutti in scene diverse che poi disseminerete di crossover per riportarle piano piano tutte insieme in modo organico. Un altro modo di utilizzare queste tecniche è per rafforzare il ruolo del giocatore in quanto “persona del pubblico”. Avete presente quel momento nei film horror in cui il pubblico non vuole che un personaggio apra la porta perché sa qualcosa di cui il personaggio non è a conoscenza? È difficile da fare in un GDR... a meno che il tavolo non sia a conoscenza di una determinata cosa (perché è stata stabilita in una scena diversa), ma il personaggio no. (Si dà ovviamente per scontato che i vostri giocatori siano abbastanza maturi da gestire una separazione tra il personaggio e la conoscenza del giocatore.) SCENE NON SEQUENZIALI Va notato che tecniche simili al crossover possono ovviamente venire utilizzate anche in scene sequenziali e non simultanee. (John vede un cobra bianco dipinto sul volto della moglie morta e, poi, i personaggi scoprono il libro del culto.) Ma l'idea del crossover in sé prevede precisamente la giustapposizione dei due elementi sia per un effetto immediato, sia per collegare le azioni che accadono simultaneamente. È normale che per alcuni l'effetto percepito sia artificioso. Seriamente, quante possibilità ci sono che sia l'appuntamento che la sorveglianza cadano alla stessa ora? Un modo di aggirare il problema è attraverso l'uso di scene non sequenziali. La scena in cui ha luogo la cena può avvenire di martedì e il tenente di polizia può ordinare a Bobby di organizzare la sorveglianza di giovedì. Ma ciò non significa che non possiamo masterare queste due scene contemporaneamente al tavolo. Questo modo di gestire il tempo in modo non sequenziale è anche un buon modo di evitare un altro intoppo molto comune in cui i master incappano quando dividono il party. Comincia con un personaggio che dice qualcosa del tipo: “Ok, voi attraversate la città per ispezionare il magazzino! Noi rimaniamo qui finché David non riesce a finire di decrittare il codice di questo database.” E allora il master pensa: “Beh, ci vorrà almeno un quarto d'ora prima che arrivino al magazzino. Perciò dovrò giocare almeno un quarto d'ora di attività qui alla server farm prima di poter riprendere l'azione al magazzino.” Ma non è necessariamente vero. Non c'è motivo per cui non possiate masterare l'ispezione al magazzino e le vicende alla server farm contemporaneamente. Io queste le chiamo scene in differita. La mia opinione personale è che la dilatazione temporale di queste scene non sia significativa di per sé. Il punto è semplicemente quello di sfruttare tecniche di pacing più efficaci. Un esempio comune è quello in cui il gruppo si divide per occuparsi dei propri affari personali: Sappiamo che le azioni si stanno svolgendo in un certo momento del mercoledì pomeriggio, ma non mi interessa particolarmente insistere su cosa succede alle 2pm rispetto alle 2:15pm. Andrò invece a tagliare sui botti, a cambiare scena sui tiri dei dadi e tutte quelle altre cosine carine. FLASHBACK I flashback sono un'altra forma di scene non sequenziali molto diffusa. O almeno, sono molto utilizzati in altri media. Nella mia esperienza, sono estremamente rari nei giochi di ruolo. A differenza di una scena che ha subíto un leggero slittamento temporale, la non-linearità del flashback è spesso una caratteristica peculiare del modo in cui viene presentato: Ciò che il flashback rappresenta del passato dovrebbe essere rilevante da un punto di vista tematico oppure rivelatorio per quanto riguarda gli eventi nella narrazione attuale. (Alcuni esempi non legati ai GDR sono Il Padrino – Parte II, che fa largo utilizzo di questa tecnica, ma in un modo abbastanza lineare; Memento, che fa un uso di questa tecnica tanto complesso da essere quasi assurdo; e La guerra di Zakalwe di Iain M. Banks in cui entrambi i gruppi di scene hanno origine dallo stesso punto temporale, e uno di questi va all'indietro nel tempo mentre l'altro va avanti.) Per mantenere la continuità nei flashback e nelle scene non sequenziali ci vuole molta attenzione. Di solito è possibile farlo un po' stabilendo le cose in anticipo per evitare errori di continuità e un po' grazie alla volontà di tutti quelli che stanno al tavolo di non violare deliberatamente questa continuità. (“Lo chiamo al cellulare!” “Ok, ma sappiamo già che è andato al magazzino a prescindere da qualsiasi cosa tu gli dica al telefono. Quindi giocatela di conseguenza.”) Se le cose sfuggono seriamente di mano, si può ripiegare sul retcon [continuità retroattiva, NdT], ma ovviamente non è una soluzione auspicabile. La cosa positiva dei flashback è che vi danno molta più flessibilità nel modo in cui esplorate sia il personaggio che la situazione. Oltre a, per esempio, giocare delle scene che hanno luogo prima che il gioco inizi, i flashback possono venire anche utilizzati per mitigare o rafforzare un inquadramento di una scena molto rigido: Se vi ritrovare a saltare qualcosa che alla fine risulta importante, potete semplicemente tornarci con un flashback. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/33791/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-5-advanced-techniques Visualizza articolo completo
  4. Articolo di The Alexandrian del 23 Agosto 2013 L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice Ora che abbiamo stabilito gli strumenti base del pacing nei giochi di ruolo, diamo una veloce occhiata ad alcune tecniche avanzate. Non tratteremo assolutamente la cosa in modo enciclopedico. In realtà, vedremo solo la punta dell'iceberg. Ma la speranza è che anche solo una breve infarinatura ci possa mostrare delle interessanti vie da percorrere. DIVIDERE IL GRUPPO Cominciamo con le scene simultanee: Metà del gruppo se ne va ad esplorare la torre dell'acqua abbandonata, mentre l'altra metà del party va ad interrogare Jim Baxter, il contadino che inspiegabilmente custodisce oro di proprietà dei nazisti. In due occasioni totalmente sconnesse tra loro, il gruppo per cui stavo masterando ha spontaneamente annunciato che non si sarebbero divisi per non complicarmi le cose. In entrambi i casi li ho dissuasi in fretta dalle loro “buone intenzioni”: La verità è che adoro quando i personaggi si dividono. Anche se ci vuole un po' più di impegno per giostrarsela bene quando si gestiscono più continuità in serie, il gioco vale decisamente la candela. Difatti, dividere il party vi dà un sacco di opzioni in più per rendere il pacing più efficace: Il trucco è che non dovete più attendere la fine di una scena. Potete invece tagliare avanti e indietro tra le scene simultanee. Tagliare su un botto che sta raggiungendo l'apice. (Il botto diventa un cliffhanger: “D'un tratto la porta viene fatta saltare con esplosivo al plastico! Il Colonnello Kurtz si fa strada tra uno scempio di macerie... E intanto, dall'altra parte della città...”) Tagliare sulla scelta. (Ricordate che in un gioco di ruolo tutto quanto è una conversazione su scelte significative. Quando arriva una scelta che è una vera chicca, tagliate sull'altro gruppo.) Tagliare sul tiro del dado. (Lasciate della suspense sul risultato. Ma d'altra parte state anche eliminando la pausa meccanica in cui vengono tirati i dadi e si aggiungono i modificatori. Tutto questo succede mentre gli altri gruppi sono nel bel mezzo di qualcosa di emozionante. E quando questi arrivano ad un tiro azione... BAM! Tagliate di nuovo al primo gruppo, tirate fuori il risultato e andate avanti con l'azione.) O, da un punto di vista meramente pratico, tagliate a qualsiasi punto in cui un giocatore deve controllare le regole o fare dei calcoli complessi o leggere degli appunti. Magari non ci sarà un cliffhanger o un momento di suspense da enfatizzare, ma potete sempre eliminare dei tempi morti al tavolo. Il risultato finale è che dei tagli efficaci tra scene simultanee vi permettono di serrare il ritmo del pacing, aumentare la tensione nei momenti di suspense, ed enfatizzare scelte chiave. CROSSOVER Una volta raggiunta la piena autonomia nel giostrarsi tra gli atti di scene simultanee, potete arricchire l'esperienza legando insieme queste scene attraverso dei crossover. La tipologia di crossover più semplice è quella del crossover diretto. È quello in cui abbiamo un elemento o il risultato di una scena che appare immediatamente in una scena diversa. Per esempio, se un gruppo fa saltare in aria il deposito delle armi, l'altro gruppo potrebbe sentire l'esplosione dall'altra parte della città. O il Colonnello Kurtz fugge da un gruppo di personaggi e finisce per tornare di corsa al suo ufficio...che in quel momento sta venendo ispezionato dagli altri personaggi. I crossover indiretti sono più sottili, ma anche più diversificati. Sono quelli in cui ci sono elementi comuni o correlati in ogni scena, che però non sono gli stessi. Per esempio, potrebbe esserci Franklin che scopre il libro di un culto con il simbolo di un cobra bianco mentre, contemporaneamente, John vede un cobra bianco dipinto sul volto della moglie che è stata assassinata. Un crossover indiretto potrebbe non essere collegato specificamente in alcun modo al mondo immaginario del gioco. Per esempio, Suzy potrebbe invitare Rick ad un appuntamento all'Italian Stallion per venerdì sera. Contemporaneamente, in una scena diversa, il tenente di polizia ordina a Billy di organizzare la sorveglianza per l'incontro di un boss della mafia allo stesso ristorante alla stessa ora. Non c'è alcun collegamento tra Suzy e Rick e la mafia o la polizia, ma si tratta comunque di un crossover. Ciò dimostra anche come i crossover possano venire utilizzati per intrecciare delle narrazioni differenti: Suzy, Rick e Bobby finiranno tutti nello stesso ristorante alla stessa ora. Franklin e Joe si metteranno entrambi ad investigare ognuno per conto proprio sul cobra bianco. Non è ancora chiaro come faranno i loro cammini ad incrociarsi, ma sono certamente entrati in rotta di collisione. Questa tecnica può essere particolarmente efficace all'inizio di uno scenario o di una campagna: anziché far incontrare tutti i personaggi in un bar, potete lanciarli tutti in scene diverse che poi disseminerete di crossover per riportarle piano piano tutte insieme in modo organico. Un altro modo di utilizzare queste tecniche è per rafforzare il ruolo del giocatore in quanto “persona del pubblico”. Avete presente quel momento nei film horror in cui il pubblico non vuole che un personaggio apra la porta perché sa qualcosa di cui il personaggio non è a conoscenza? È difficile da fare in un GDR... a meno che il tavolo non sia a conoscenza di una determinata cosa (perché è stata stabilita in una scena diversa), ma il personaggio no. (Si dà ovviamente per scontato che i vostri giocatori siano abbastanza maturi da gestire una separazione tra il personaggio e la conoscenza del giocatore.) SCENE NON SEQUENZIALI Va notato che tecniche simili al crossover possono ovviamente venire utilizzate anche in scene sequenziali e non simultanee. (John vede un cobra bianco dipinto sul volto della moglie morta e, poi, i personaggi scoprono il libro del culto.) Ma l'idea del crossover in sé prevede precisamente la giustapposizione dei due elementi sia per un effetto immediato, sia per collegare le azioni che accadono simultaneamente. È normale che per alcuni l'effetto percepito sia artificioso. Seriamente, quante possibilità ci sono che sia l'appuntamento che la sorveglianza cadano alla stessa ora? Un modo di aggirare il problema è attraverso l'uso di scene non sequenziali. La scena in cui ha luogo la cena può avvenire di martedì e il tenente di polizia può ordinare a Bobby di organizzare la sorveglianza di giovedì. Ma ciò non significa che non possiamo masterare queste due scene contemporaneamente al tavolo. Questo modo di gestire il tempo in modo non sequenziale è anche un buon modo di evitare un altro intoppo molto comune in cui i master incappano quando dividono il party. Comincia con un personaggio che dice qualcosa del tipo: “Ok, voi attraversate la città per ispezionare il magazzino! Noi rimaniamo qui finché David non riesce a finire di decrittare il codice di questo database.” E allora il master pensa: “Beh, ci vorrà almeno un quarto d'ora prima che arrivino al magazzino. Perciò dovrò giocare almeno un quarto d'ora di attività qui alla server farm prima di poter riprendere l'azione al magazzino.” Ma non è necessariamente vero. Non c'è motivo per cui non possiate masterare l'ispezione al magazzino e le vicende alla server farm contemporaneamente. Io queste le chiamo scene in differita. La mia opinione personale è che la dilatazione temporale di queste scene non sia significativa di per sé. Il punto è semplicemente quello di sfruttare tecniche di pacing più efficaci. Un esempio comune è quello in cui il gruppo si divide per occuparsi dei propri affari personali: Sappiamo che le azioni si stanno svolgendo in un certo momento del mercoledì pomeriggio, ma non mi interessa particolarmente insistere su cosa succede alle 2pm rispetto alle 2:15pm. Andrò invece a tagliare sui botti, a cambiare scena sui tiri dei dadi e tutte quelle altre cosine carine. FLASHBACK I flashback sono un'altra forma di scene non sequenziali molto diffusa. O almeno, sono molto utilizzati in altri media. Nella mia esperienza, sono estremamente rari nei giochi di ruolo. A differenza di una scena che ha subíto un leggero slittamento temporale, la non-linearità del flashback è spesso una caratteristica peculiare del modo in cui viene presentato: Ciò che il flashback rappresenta del passato dovrebbe essere rilevante da un punto di vista tematico oppure rivelatorio per quanto riguarda gli eventi nella narrazione attuale. (Alcuni esempi non legati ai GDR sono Il Padrino – Parte II, che fa largo utilizzo di questa tecnica, ma in un modo abbastanza lineare; Memento, che fa un uso di questa tecnica tanto complesso da essere quasi assurdo; e La guerra di Zakalwe di Iain M. Banks in cui entrambi i gruppi di scene hanno origine dallo stesso punto temporale, e uno di questi va all'indietro nel tempo mentre l'altro va avanti.) Per mantenere la continuità nei flashback e nelle scene non sequenziali ci vuole molta attenzione. Di solito è possibile farlo un po' stabilendo le cose in anticipo per evitare errori di continuità e un po' grazie alla volontà di tutti quelli che stanno al tavolo di non violare deliberatamente questa continuità. (“Lo chiamo al cellulare!” “Ok, ma sappiamo già che è andato al magazzino a prescindere da qualsiasi cosa tu gli dica al telefono. Quindi giocatela di conseguenza.”) Se le cose sfuggono seriamente di mano, si può ripiegare sul retcon [continuità retroattiva, NdT], ma ovviamente non è una soluzione auspicabile. La cosa positiva dei flashback è che vi danno molta più flessibilità nel modo in cui esplorate sia il personaggio che la situazione. Oltre a, per esempio, giocare delle scene che hanno luogo prima che il gioco inizi, i flashback possono venire anche utilizzati per mitigare o rafforzare un inquadramento di una scena molto rigido: Se vi ritrovare a saltare qualcosa che alla fine risulta importante, potete semplicemente tornarci con un flashback. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/33791/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-5-advanced-techniques
  5. Articolo di The Alexandrian del 24 luglio 2013 L'arte del Pacing Parte 1 L'arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice Abbiamo incorniciato la parte alta della scena e abbiamo riempito in mezzo. Ora dobbiamo chiudere la cornice. TAGLIARE UNA SCENA Di solito l'atto vero e proprio del tagliare una scena è abbastanza diretto: Smettete di parlare di quella cosa e cominciate a parlare di quest'altra cosa. Usate frasi come “nel frattempo”, “passiamo a” e “due giorni dopo” per rendere esplicita la transizione e poi passate subito a stabilire il succo della scena successiva. In ogni caso, la domanda interessante riguarda il sapere quando tagliare. E, anche questa volta, è più un'arte che una scienza esatta, come scopriremo. FINIRE GLI OBIETTIVI: Se è una domanda a definire gli obiettivi di una scena, un punto decisamente ovvio in cui tagliare è quello in cui tale domanda ha trovato risposta. Tuttavia, questa linea di pensiero può anche trarre in inganno se credete che questo sia l'unico modo di finire una scena: Alcuni degli obiettivi più interessanti si sviluppano lungo il corso di diverse scene prima che vengano risolti. Altri conflitti letteralmente non possono venire risolti finché non accade un altro evento. Rimanere bloccati in una scena che ha raggiunto un punto morto diventa presto noioso, perciò sarebbe meglio per voi identificare altri momenti in cui si avverte la necessità di procedere oltre. IL SECONDO MOMENTO DI QUIETE: Il GdR di Smallville ci offre questo suggerimento: Non avrei altro da aggiungere. ALL'USCITA: Se se ne vanno tutti i personaggi, è un segno evidente che la scena sia finita. Ma spesso anche un solo protagonista che se ne va (che sia un personaggio o un PNG) può essere un buon momento per tagliare la scena. Until We Sink è un gioco narrativo secondo il quale ogni scena finisce “non appena due personaggi hanno lasciato il patio”. Non è male come regola generale: l'uscita del primo protagonista rivela che la scena sta giungendo al termine, ma dà comunque la possibilità a tutti gli altri di ricapitolare. Quando il secondo protagonista se ne va, è il segno che l'interesse verso la scena sta scemando rapidamente e probabilmente è il momento di cambiare. FUGA: Quando il cattivo scappa o gli eroi sono costretti alla ritirata. Questo è un tipo particolare di uscita del personaggio, ma è giusto spenderci due parole in più. L'elemento chiave di questo tipo di finale di scena è che chiaramente non risolve gli obiettivi: un protagonista chiave ha preso la decisione di fuggire dalla scena invece di affrontare quella determinata situazione. Un esempio classico è quello del combattimento, ma possiamo anche pensare a Billy che scappa via di casa quando gli metti davanti la siringa che hai trovato in camera sua. O Susan che si sveglia nel cuore della notte e sguscia via dal letto dopo averlo fatto con Roger. UN NUOVO BOTTO: A volte, anziché passare ad una nuova scena, potete portare quella nuova scena direttamente dai personaggi. Se la scena attuale sembra essere entrata in un momento di quiete, contrattaccate con un nuovo botto: le porte della taverna si aprono di colpo e una squadra di assassini si riversa nella stanza. Betty riceve una chiamata carica di brutte notizie. Uno dei PNG dice: “So che è un brutto momento per dirlo, ma... CONTINUARE LA CONVERSAZIONE A tal proposito, quando finisce una scena è ora di iniziarne una nuova. Tutte le conversazioni sono dei flussi ed è il momento di chiudere quello corrente: Se la scena attuale si stava svolgendo nel “tempo presente”, allora è il momento di saltare al tempo astratto o tagliare direttamente al botto successivo. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31533/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-4-closing-the-frame
  6. In questo quarto articolo sul pacing analizzeremo i vari passi necessari a chiudere una scena. Articolo di The Alexandrian del 24 luglio 2013 L'arte del Pacing Parte 1 L'arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice Abbiamo incorniciato la parte alta della scena e abbiamo riempito in mezzo. Ora dobbiamo chiudere la cornice. TAGLIARE UNA SCENA Di solito l'atto vero e proprio del tagliare una scena è abbastanza diretto: Smettete di parlare di quella cosa e cominciate a parlare di quest'altra cosa. Usate frasi come “nel frattempo”, “passiamo a” e “due giorni dopo” per rendere esplicita la transizione e poi passate subito a stabilire il succo della scena successiva. In ogni caso, la domanda interessante riguarda il sapere quando tagliare. E, anche questa volta, è più un'arte che una scienza esatta, come scopriremo. FINIRE GLI OBIETTIVI: Se è una domanda a definire gli obiettivi di una scena, un punto decisamente ovvio in cui tagliare è quello in cui tale domanda ha trovato risposta. Tuttavia, questa linea di pensiero può anche trarre in inganno se credete che questo sia l'unico modo di finire una scena: Alcuni degli obiettivi più interessanti si sviluppano lungo il corso di diverse scene prima che vengano risolti. Altri conflitti letteralmente non possono venire risolti finché non accade un altro evento. Rimanere bloccati in una scena che ha raggiunto un punto morto diventa presto noioso, perciò sarebbe meglio per voi identificare altri momenti in cui si avverte la necessità di procedere oltre. IL SECONDO MOMENTO DI QUIETE: Il GdR di Smallville ci offre questo suggerimento: Non avrei altro da aggiungere. ALL'USCITA: Se se ne vanno tutti i personaggi, è un segno evidente che la scena sia finita. Ma spesso anche un solo protagonista che se ne va (che sia un personaggio o un PNG) può essere un buon momento per tagliare la scena. Until We Sink è un gioco narrativo secondo il quale ogni scena finisce “non appena due personaggi hanno lasciato il patio”. Non è male come regola generale: l'uscita del primo protagonista rivela che la scena sta giungendo al termine, ma dà comunque la possibilità a tutti gli altri di ricapitolare. Quando il secondo protagonista se ne va, è il segno che l'interesse verso la scena sta scemando rapidamente e probabilmente è il momento di cambiare. FUGA: Quando il cattivo scappa o gli eroi sono costretti alla ritirata. Questo è un tipo particolare di uscita del personaggio, ma è giusto spenderci due parole in più. L'elemento chiave di questo tipo di finale di scena è che chiaramente non risolve gli obiettivi: un protagonista chiave ha preso la decisione di fuggire dalla scena invece di affrontare quella determinata situazione. Un esempio classico è quello del combattimento, ma possiamo anche pensare a Billy che scappa via di casa quando gli metti davanti la siringa che hai trovato in camera sua. O Susan che si sveglia nel cuore della notte e sguscia via dal letto dopo averlo fatto con Roger. UN NUOVO BOTTO: A volte, anziché passare ad una nuova scena, potete portare quella nuova scena direttamente dai personaggi. Se la scena attuale sembra essere entrata in un momento di quiete, contrattaccate con un nuovo botto: le porte della taverna si aprono di colpo e una squadra di assassini si riversa nella stanza. Betty riceve una chiamata carica di brutte notizie. Uno dei PNG dice: “So che è un brutto momento per dirlo, ma... CONTINUARE LA CONVERSAZIONE A tal proposito, quando finisce una scena è ora di iniziarne una nuova. Tutte le conversazioni sono dei flussi ed è il momento di chiudere quello corrente: Se la scena attuale si stava svolgendo nel “tempo presente”, allora è il momento di saltare al tempo astratto o tagliare direttamente al botto successivo. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31533/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-4-closing-the-frame Visualizza articolo completo
  7. In questo terzo articolo sul pacing, ovvero lo svolgimento degli eventi nella vostra campagna, analizzeremo gli elementi della scena e come utilizzarli per riempirla. L'arte del Pacing Parte 1 L'arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene Articolo di The Alexandrian del 22 luglio 2013 Ora che sapete di cosa parla la scena e quale botto utilizzerete per lanciarla, bisogna riempirla con dei contenuti. (Anche se, ad essere sinceri, la distinzione che faremo qui non è una legge scritta: nel momento in cui avrete stabilito il programma e il botto di una scena, è probabile che sarete già preparati.) Il procedimento con cui si riempie una scena di contenuti è, diciamo, artistico. E, come la maggior parte dei procedimenti artistici, ci sono praticamente infinite varianti nei modi in cui la gente li utilizza. Nemmeno io sono particolarmente costante nel modo in cui affronto la cosa e in realtà credo sia un errore considerarlo qualcosa di definito da regole rigide. Perciò butterò lì un bel po' di idee che personalmente trovo utili. Magari le troverete utili anche voi. Ma a parte questo, dovreste dare un'occhiata in giro e vedere cos'hanno gli altri da dire al riguardo. E dovreste anche darvi la possibilità di sperimentare e sbizzarrirvi finché non comincerete a sentire a pelle cosa funziona meglio per voi e per i vostri giocatori. Prima di tutto, c'è una massima fondamentale: Potreste anche sapere dove comincia la scena, ma non sapete dove andrà a finire. Non state scrivendo un libro o girando un film. A differenza degli autori tradizionali, magari sapete da dove state partendo, ma non avete idea di dove il viaggio si concluderà. Da un certo punto di vista, questa è un'enorme limitazione. Ma se la guardate da un'altra prospettiva, è un'enorme opportunità. ELEMENTI DI UNA SCENA Ecco la mia filosofia: Prendete tutti gli elementi della scena (il chi, il cosa, il dove, il quando) e riempite quegli elementi con ogni tipo di giochi con cui potete giocare sia voi che i personaggi. (Potete pensarli anche come “strumenti” che usate per costruire la scena. Ma personalmente trovo che l'immagine del giocattolo sia molto più evocativa e quindi utile; una cosa con cui di solito si gioca, che diventa il mezzo per liberare la nostra immaginazione.) Un'idea che va a braccetto con questa filosofia è quella secondo cui più questi giocattoli diventano flessibili, più si rivelano utili. Se includete qualcosa che ha solo un'utilità, va benissimo. Ma se includete qualcosa che può essere utilizzato in otto modi diversi siete proprio a cavallo. (La buona notizia è che i vostri giocatori probabilmente sono un vulcano di creatività: Se li lasciate fare, prenderanno anche le cose più noiose e ci ricameranno sopra in modi che non avreste mai immaginato. Ma il punto qui è se li lasciate fare: distorcere o addirittura capovolgere del tutto le persone e le cose che includete nella scena è una scelta che spetta alla discrezione dei personaggi. Non lasciatevi incatenare dall'idea preconcetta di come le cose “dovrebbero” andare.) LOCATION: Questo è il “quando” e il “come” della scena. È l'ambiente circostante in cui si svolgono le azioni della scena e può essere sia claustrofobico (“il retrobottega del negozio di Bill”) o estremamente panoramico (“le autostrade del Texas”), a seconda della natura della scena e dei personaggi che la popolano. Idealmente, tenendo a mente il fatto che meno contestualizzazione c'è migliore è il botto, vorrete mantenere le cose rapide ed indolori mentre allo stesso tempo massimizzate il numero di giochi che i vostri giocatori possono prendere. Eccovi alcune regole generali che da master uso per creare delle descrizioni evocative: Tre di cinque: Pensate ai cinque sensi. Cercate di includerne tre in ogni descrizione. La Vista è un must e il Gusto apparirà di rado, quindi questo significa scegliere un paio tra Udito, Olfatto e Tatto. (Ricordate che non dovete necessariamente toccare qualcosa per intuire le sensazioni che vi darebbe.) Due dettagli fighi: Cercate di includere due dettagli irrilevanti ma fighi. Sono quei dettagli che non servono necessariamente allo svolgimento della scena, ma sono comunque fighi. È l'orologio a cucù rotto nell'angolo; è quell'odore vagamente malsano che non si sa da dove arrivi; gli scarabocchi sul muro; il fungo luminescente; eccetera. Tre-per-tre: Nell'1-2-(3)-Infinito di Delta si parla delle ricerche psicologiche che dimostrano che ripetere qualcosa per tre volte occupa nel nostro cervello lo stesso spazio di qualcosa ripetuta all'infinito. Perciò, una volta raggiunto il terzo elemento di una sequenza, ogni elemento aggiuntivo in quella sequenza diventa ridondante. Se ne può dedurre che per le scene minori potete descrivere tre cose, ognuna con un singolo dettaglio. A quel punto, avrete riempito la “coda infinita” nel cervello dei vostri giocatori e la loro immaginazione d'impulso riempirà la scena che avete evocato coi dettagli più minuziosi. Per le scene “epiche”, usate il vero e proprio tre-per-tre: Descrivete tre diversi elementi con tre dettagli ciascuno. PERSONAGGI: È il “chi” della scena. Penso sia utile dividere i personaggi presenti sulla scena in tre categorie: Protagonisti [Leads, NdT], Personaggi di Supporto [Features, NdT] e Comparse [Extras, NdT]. I Protagonisti sono i personaggi principali della scena. Sono i personaggi maggiormente influenzati dal programma della scena o quelli in grado di avere il maggiore impatto sul programma della scena. I Personaggi di Supporto sono i personaggi secondari. Hanno un qualche tipo di influenza sui Protagonisti; o danno loro informazioni fondamentali; o sono risorse importanti in qualsiasi sia il conflitto che sta avendo luogo. Le Comparse danno colore alla scena. Potrebbero ritrovarsi ad essere presi come ostaggi o chiamati a fare da giuria popolare, ma di solito si possono considerare parte della location più che attori effettivi della scena. I personaggi sono quasi sempre i protagonisti di una scena. Potrebbe tornarvi utile pensare ad alcuni personaggi come ai protagonisti della scena e agli altri come a comparse (perché il programma della scena magari interessa più ai primi e meno ai secondi), ma se vi trovate una scena in cui nessuno dei personaggi è protagonista dovreste fermarvi un momento a controllare con estrema attenzione quello che state facendo. A meno che non abbiate una più che ottima ragione per lasciare i personaggi in panchina, sarebbe una buona idea trovare un modo di incorniciare nuovamente il programma della scena. (Così su due piedi, l'unico esempio che mi viene in mente è una situazione in cui i personaggi non partecipano volontariamente alla scena. Per esempio, magari stanno origliando una conversazione. Tuttavia anche in quel caso dovreste controllare con attenzione e assicurarvi che il programma secondario della scena non riguardi il come i personaggi eviteranno di essere scoperti. E poi ricontrollare con ancora più attenzione che la scena non sia davvero qualcosa del tipo: “I personaggi impediranno a Roberta di confessare a Charles i suoi sentimenti?”) CONFLITTO vs. COLORE: Il “cosa” della scena è in gran parte compreso nel programma della scena stessa, ma durante lo svolgimento effettivo della scena trovo spesso utile classificarla come una scena di conflitto o di colore. Le scene di conflitto riguardano due o più personaggi che vogliono cose che si escludono a vicenda. Il risultato può essere uno scontro a fuoco, uno scontro a duello, un'acquisizione di quote, un dibatto politico, un attacco psichico o un'accesissima discussione. In ogni caso, qualunque sia la forma di questo scontro, salteranno delle teste e (in un gioco di ruolo) probabilmente si tireranno dei dadi. Le scene di colore, d'altro canto, riguardano l'esposizione, la programmazione e/o la preparazione. Sono dedicate alla crescita dei personaggi; servono a mostrare come sono i personaggi (e come si relazionano gli uni con gli altri) quando non sono intenti a schivare palle di fuoco. Sono le scene in cui il vostro gruppo studia il piano e chiede favori. Vi forniscono anche un prezioso contrasto: uno spazio negativo per sottolineare lo spazio positivo; un momento di calma per enfatizzare l'inseguimento frenetico. Da un punto di vista esclusivamente pratico, nelle scene di colore vengono anche stabiliti i fatti, il che vi permette di minimizzare la contestualizzazione dei botti successivi. (Per esempio, se sapete che il fratello a lungo perduto di un personaggio si presenterà alla sua porta la settimana successiva, disseminare informazioni su tale fratello in una serie di scene che portano al botto potrebbe rivelarsi più efficace rispetto al cercare di comunicare l'intero significato del botto nello stesso momento in cui il fratello arriva.) Avendo detto tutto ciò, la maggior parte del tempo vorrete che le vostre scene riguardino i conflitti: I conflitti solitamente sono interessanti e le spiegazioni contorte solitamente sono noiose, perciò cercate di trovare il modo di costruire la spiegazione all'interno del conflitto. (Per esempio, potreste avere una scena in cui la madre del personaggio è arrabbiata perché sente che questi non si preoccupa più del fratello scomparso.) Ciò potrebbe permettervi molto spesso di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31528/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-3-filling-the-frame Visualizza articolo completo
  8. L'arte del Pacing Parte 1 L'arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene Articolo di The Alexandrian del 22 luglio 2013 Ora che sapete di cosa parla la scena e quale botto utilizzerete per lanciarla, bisogna riempirla con dei contenuti. (Anche se, ad essere sinceri, la distinzione che faremo qui non è una legge scritta: nel momento in cui avrete stabilito il programma e il botto di una scena, è probabile che sarete già preparati.) Il procedimento con cui si riempie una scena di contenuti è, diciamo, artistico. E, come la maggior parte dei procedimenti artistici, ci sono praticamente infinite varianti nei modi in cui la gente li utilizza. Nemmeno io sono particolarmente costante nel modo in cui affronto la cosa e in realtà credo sia un errore considerarlo qualcosa di definito da regole rigide. Perciò butterò lì un bel po' di idee che personalmente trovo utili. Magari le troverete utili anche voi. Ma a parte questo, dovreste dare un'occhiata in giro e vedere cos'hanno gli altri da dire al riguardo. E dovreste anche darvi la possibilità di sperimentare e sbizzarrirvi finché non comincerete a sentire a pelle cosa funziona meglio per voi e per i vostri giocatori. Prima di tutto, c'è una massima fondamentale: Potreste anche sapere dove comincia la scena, ma non sapete dove andrà a finire. Non state scrivendo un libro o girando un film. A differenza degli autori tradizionali, magari sapete da dove state partendo, ma non avete idea di dove il viaggio si concluderà. Da un certo punto di vista, questa è un'enorme limitazione. Ma se la guardate da un'altra prospettiva, è un'enorme opportunità. ELEMENTI DI UNA SCENA Ecco la mia filosofia: Prendete tutti gli elementi della scena (il chi, il cosa, il dove, il quando) e riempite quegli elementi con ogni tipo di giochi con cui potete giocare sia voi che i personaggi. (Potete pensarli anche come “strumenti” che usate per costruire la scena. Ma personalmente trovo che l'immagine del giocattolo sia molto più evocativa e quindi utile; una cosa con cui di solito si gioca, che diventa il mezzo per liberare la nostra immaginazione.) Un'idea che va a braccetto con questa filosofia è quella secondo cui più questi giocattoli diventano flessibili, più si rivelano utili. Se includete qualcosa che ha solo un'utilità, va benissimo. Ma se includete qualcosa che può essere utilizzato in otto modi diversi siete proprio a cavallo. (La buona notizia è che i vostri giocatori probabilmente sono un vulcano di creatività: Se li lasciate fare, prenderanno anche le cose più noiose e ci ricameranno sopra in modi che non avreste mai immaginato. Ma il punto qui è se li lasciate fare: distorcere o addirittura capovolgere del tutto le persone e le cose che includete nella scena è una scelta che spetta alla discrezione dei personaggi. Non lasciatevi incatenare dall'idea preconcetta di come le cose “dovrebbero” andare.) LOCATION: Questo è il “quando” e il “come” della scena. È l'ambiente circostante in cui si svolgono le azioni della scena e può essere sia claustrofobico (“il retrobottega del negozio di Bill”) o estremamente panoramico (“le autostrade del Texas”), a seconda della natura della scena e dei personaggi che la popolano. Idealmente, tenendo a mente il fatto che meno contestualizzazione c'è migliore è il botto, vorrete mantenere le cose rapide ed indolori mentre allo stesso tempo massimizzate il numero di giochi che i vostri giocatori possono prendere. Eccovi alcune regole generali che da master uso per creare delle descrizioni evocative: Tre di cinque: Pensate ai cinque sensi. Cercate di includerne tre in ogni descrizione. La Vista è un must e il Gusto apparirà di rado, quindi questo significa scegliere un paio tra Udito, Olfatto e Tatto. (Ricordate che non dovete necessariamente toccare qualcosa per intuire le sensazioni che vi darebbe.) Due dettagli fighi: Cercate di includere due dettagli irrilevanti ma fighi. Sono quei dettagli che non servono necessariamente allo svolgimento della scena, ma sono comunque fighi. È l'orologio a cucù rotto nell'angolo; è quell'odore vagamente malsano che non si sa da dove arrivi; gli scarabocchi sul muro; il fungo luminescente; eccetera. Tre-per-tre: Nell'1-2-(3)-Infinito di Delta si parla delle ricerche psicologiche che dimostrano che ripetere qualcosa per tre volte occupa nel nostro cervello lo stesso spazio di qualcosa ripetuta all'infinito. Perciò, una volta raggiunto il terzo elemento di una sequenza, ogni elemento aggiuntivo in quella sequenza diventa ridondante. Se ne può dedurre che per le scene minori potete descrivere tre cose, ognuna con un singolo dettaglio. A quel punto, avrete riempito la “coda infinita” nel cervello dei vostri giocatori e la loro immaginazione d'impulso riempirà la scena che avete evocato coi dettagli più minuziosi. Per le scene “epiche”, usate il vero e proprio tre-per-tre: Descrivete tre diversi elementi con tre dettagli ciascuno. PERSONAGGI: È il “chi” della scena. Penso sia utile dividere i personaggi presenti sulla scena in tre categorie: Protagonisti [Leads, NdT], Personaggi di Supporto [Features, NdT] e Comparse [Extras, NdT]. I Protagonisti sono i personaggi principali della scena. Sono i personaggi maggiormente influenzati dal programma della scena o quelli in grado di avere il maggiore impatto sul programma della scena. I Personaggi di Supporto sono i personaggi secondari. Hanno un qualche tipo di influenza sui Protagonisti; o danno loro informazioni fondamentali; o sono risorse importanti in qualsiasi sia il conflitto che sta avendo luogo. Le Comparse danno colore alla scena. Potrebbero ritrovarsi ad essere presi come ostaggi o chiamati a fare da giuria popolare, ma di solito si possono considerare parte della location più che attori effettivi della scena. I personaggi sono quasi sempre i protagonisti di una scena. Potrebbe tornarvi utile pensare ad alcuni personaggi come ai protagonisti della scena e agli altri come a comparse (perché il programma della scena magari interessa più ai primi e meno ai secondi), ma se vi trovate una scena in cui nessuno dei personaggi è protagonista dovreste fermarvi un momento a controllare con estrema attenzione quello che state facendo. A meno che non abbiate una più che ottima ragione per lasciare i personaggi in panchina, sarebbe una buona idea trovare un modo di incorniciare nuovamente il programma della scena. (Così su due piedi, l'unico esempio che mi viene in mente è una situazione in cui i personaggi non partecipano volontariamente alla scena. Per esempio, magari stanno origliando una conversazione. Tuttavia anche in quel caso dovreste controllare con attenzione e assicurarvi che il programma secondario della scena non riguardi il come i personaggi eviteranno di essere scoperti. E poi ricontrollare con ancora più attenzione che la scena non sia davvero qualcosa del tipo: “I personaggi impediranno a Roberta di confessare a Charles i suoi sentimenti?”) CONFLITTO vs. COLORE: Il “cosa” della scena è in gran parte compreso nel programma della scena stessa, ma durante lo svolgimento effettivo della scena trovo spesso utile classificarla come una scena di conflitto o di colore. Le scene di conflitto riguardano due o più personaggi che vogliono cose che si escludono a vicenda. Il risultato può essere uno scontro a fuoco, uno scontro a duello, un'acquisizione di quote, un dibatto politico, un attacco psichico o un'accesissima discussione. In ogni caso, qualunque sia la forma di questo scontro, salteranno delle teste e (in un gioco di ruolo) probabilmente si tireranno dei dadi. Le scene di colore, d'altro canto, riguardano l'esposizione, la programmazione e/o la preparazione. Sono dedicate alla crescita dei personaggi; servono a mostrare come sono i personaggi (e come si relazionano gli uni con gli altri) quando non sono intenti a schivare palle di fuoco. Sono le scene in cui il vostro gruppo studia il piano e chiede favori. Vi forniscono anche un prezioso contrasto: uno spazio negativo per sottolineare lo spazio positivo; un momento di calma per enfatizzare l'inseguimento frenetico. Da un punto di vista esclusivamente pratico, nelle scene di colore vengono anche stabiliti i fatti, il che vi permette di minimizzare la contestualizzazione dei botti successivi. (Per esempio, se sapete che il fratello a lungo perduto di un personaggio si presenterà alla sua porta la settimana successiva, disseminare informazioni su tale fratello in una serie di scene che portano al botto potrebbe rivelarsi più efficace rispetto al cercare di comunicare l'intero significato del botto nello stesso momento in cui il fratello arriva.) Avendo detto tutto ciò, la maggior parte del tempo vorrete che le vostre scene riguardino i conflitti: I conflitti solitamente sono interessanti e le spiegazioni contorte solitamente sono noiose, perciò cercate di trovare il modo di costruire la spiegazione all'interno del conflitto. (Per esempio, potreste avere una scena in cui la madre del personaggio è arrabbiata perché sente che questi non si preoccupa più del fratello scomparso.) Ciò potrebbe permettervi molto spesso di avere la botte piena e la moglie ubriaca. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31528/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-3-filling-the-frame
  9. L'arte del Pacing Parte 1 Articolo di The Alexandrian del 17 luglio 2013 Una volta che cominciate a saltare il tempo vuoto, diventa necessario inquadrare le scene alle quali state saltando: il corso degli eventi continuo e relativamente stabile che si incontra in un classico dungeoncrawl è sostituito da qualcosa di inconsistente, discontinuo, e probabilmente addirittura non sequenziale. In HeroQuest, Robin D. Laws definisce tre diversi tipologie di “tempo” che si incontrano nei giochi di ruolo: il tempo astratto [abstract time, NdT], il tempo presente [now time, NdT] e il tempo lento [slow time, NdT]. Possono ritornarvi utili per pensare al pacing della vostra sessione, e a questi ci aggiungo anche il concetto di taglio netto [sharp cut, NdT]. TEMPO LENTO: Secondo Laws, è qui che avvengono gli eventi decisivi e le competizioni che occupano un certo lasso di tempo. È il luogo in cui le persone vogliono mettere a punto le loro intenzioni ed azioni, e di conseguenza è un luogo in cui vengono applicate più regole oppure viene posta più attenzione (o entrambe le cose). La narrazione degli eventi nel tempo lento di solito richiede più tempo per essere risolta in tempo reale di quanto ne sia necessario ai personaggi per vivere quegli stessi eventi. (Il sistema di combattimento di D&D è un esempio di tempo lento.) TEMPO PRESENTE: Possiamo anche definirlo come andare “in scena”. Di solito è qui che passiamo la maggior parte del tempo di gioco: I giocatori prendono tutte le decisioni per conto dei loro personaggi e non ci sono tempi vuoti da saltare. TEMPO ASTRATTO: Il tempo astratto è un modo “soft” di passare oltre ai tempi vuoti. Generalmente prende la forma di quella che mi immagino come una “ellissi temporale”: “Attraversate la Grande Pianura per molti giorni...” o “Lasciate i Moli e attraversate la città...” (Questo è il metodo che uso più spesso per muovermi tra le scene, principalmente perché non stacca completamente i giocatori dalla scena che stanno vivendo: con un po' di pratica diventa semplice leggere le reazioni dei giocatori al tavolo alle ellissi temporali [ovvero il salto temporale nella narrazione della scena, NdT], e “sapere” quando bisogna interrompere il salto e tornare alla scena. Lo trovo anche un ottimo conduttore per il tipo di struttura di scenario non lineare che utilizzo, [forse questo articolo è già stato tradotto, Node-based scenario design Part 1] perché permette ai giocatori di continuare a darmi degli input anche mentre ci muoviamo rapidamente seguendo l'orologio del mondo di gioco.) TAGLIO NETTO: Infine abbiamo il taglio netto. Qui saltiamo direttamente dalla fine di un'azione all'inizio di un'azione diversa senza spiegare la transizione o la relazione tra le due. Per esempio: Giocatore: Ok. Vado a letto. Master: Ti addormenti non appena tocchi il cuscino. E andiamo a: il dolore acuto della spada del goblin che ti trapassa la cotta e si fa strada nel tuo braccio. Ovviamente un sacco di transizioni tra scene prenderanno o la forma di tagli netti o di ellissi temporali o di tempo astratto. Ma anche se tra le sequenze si trova, con una certa consistenza, del “tempo presente”, per voi potrebbe comunque essere utile lo spezzare l'azione in scene e usare tecniche di inquadramento delle scene per strutturarle. In ogni caso, comunque, vi servirà capire sia come aprire una scena che come chiuderla. IL PROGRAMMA Sfogliare le pagine di un diario. Mandare avanti un video. Fare un taglio netto verso un momento nuovo. Come decidiamo quando smettere di sfogliare le pagine? O premere “play”? O cosa mettere dopo il taglio? Come decidiamo come inizia una nuova scena? Si può pensare a diversi modi di “aprire” una scena, ma di solito io la penso come stabilire velocemente in momento (il chi, il cosa, il dove e il quando) e poi dare una forte spinta che crea l'azione. (Dico “velocemente” perché se l'idea di fondo è quella di saltare il tempo vuoto tra le decisioni significative, allora dovreste cercare di eliminare più tempo vuoto possibile; l'obiettivo è saltare il più vicino possibile alla decisione significativa successiva. Inoltre, in generale, non rischiate poi tanto di sbagliare se vi concentrate sui vostri giocatori, coinvolgendoli di continuo nel processo volto a prendere decisioni significative.) Per prima cosa, identificate il programma della scena. Perché siamo qui? Perché questo momento è importante? I programmi non devono avere chissà quale portata, ma se tagliate verso una scena ci deve essere un motivo per cui lo state facendo. (Fermiamoci un attimo ad immaginarci una scena senza un programma. Ricordate quella sequenza da Vampiri: La Masquerade dove un personaggio decide di andare in città? Ok. Il master taglia dalla casa e decide di aprire la scena successiva. Master: Sei ad un semaforo rosso all'angolo tra la Chicago e la Franklin. Cosa fai? Giocatore: Aspetto il verde. Master: Scatta il verde. Continui verso il centro. Fine della scena. Senza un programma (senza un motivo per concentrarsi sugli eventi sulla Chicago e sulla Franklin) una cosa così è evidentemente una perdita di tempo senza senso. Per fortuna, questo master ha almeno avuto il buonsenso di tagliare la scena e andare avanti. A volte si vedono master alle prime armi continuare a soffermarsi su questi scambi inutili per davvero troppo tempo.) I tipi di programmi a cui si dà la precedenza, i metodi utilizzati per selezionarli, e il modo in cui vengono presentati rappresentano un'altra area in cui vengono espresse appieno le tecniche e le motivazioni di un singolo master. Ma, in generale, trovo che sia utile pensare al programma dal punto di vista delle domande a cui si trova risposta nel corso della scena. Un altro punto di vista è quello della posta in gioco della scena. Per esempio, se abbiamo a che fare con un dungeoncrawl standard potremmo pensare ad ogni stanza come ad una scena separata. Mettiamo che in una di queste stanze ci sia un orco. Potremmo dire che il programma di questa scena è rispondere alla domanda: “I personaggi possono uccidere l'orco” (In gioco ci sono le vite dei personaggi e quella dell'orco.) Ma potreste anche cambiare radicalmente la natura della scena facendovi una domanda diversa: “Come faranno i personaggi a superare l'orco?” rende la scena più aperta. “L'orco può riuscire a convincere i personaggi a combattere i goblin?”, d'altra parte, cambierebbe completamente la scena. Esempi che non riguardano i dungeon comprendono cose come: Billy prenderà l'eroina? Riuscirà Sherlock a trovare l'impronta della mano insanguinata? Gunther tradirà la famiglia ebrea che vive nella sua soffitta segreta? E così via. (Se state pilotando la narrazione, allora potreste aver già determinato le risposte a queste domande, ma le domande vanno fatte comunque. Se non state pilotando la narrazione, allora molto probabilmente troverete che il programma di una scena cambia dopo che questa è iniziata. Ma ci sarà comunque stato un programma iniziale o che era stato previsto quando avete inquadrato la scena, ed è quello che ci interessa al momento.) IL BOTTO Ora che avete inquadrato il programma, dovete concretamente iniziare la scena zoomando o mettendo a fuoco o rappresentando una scenetta parlata (o qualunque altro procedimento descrittivo vi sembri più appropriato). Quello di cui avete bisogno qui è il botto (bang, NdT). Il botto è quella cosa che costringe i personaggi a prendere una o più decisioni significative (o almeno li stimola a farlo dandone loro l'opportunità). È la forza esplosiva che lancia la scena e le dà la spinta propulsiva per andare avanti. Per il momento rimaniamo sul facile e riprendiamo la nostra scena del dungeon con l'orco. Presupponiamo che i personaggi abbiano fallito il tiro di Stealth (Furtività, NdT). La scena inizia quando l'orco salta fuori e sbraita loro in faccia? O comincia quando si stanno ancora avvicinando alla sua stanza e riescono a sentirlo che sgranocchia ossa? O quando vedono un goblin che penzola da una rastrelliera con le interiora che gli cadono giù fino alle caviglie... e il rumore basso e sordo di passi pesanti riempie il corridoio alle loro spalle nel momento in cui l'orco ritorna dal suo pasto? Ognuno di questi è un botto diverso, e potete vedere come cambiare il botto può far virare drasticamente la natura della scena seguente (anche se tutti gli altri elementi della scena rimangono uguali). Scegliere il botto “giusto” solitamente è più un'arte che una scienza esatta. Fuori dal dungeon, i botti possono apparire così: “Taglio a giovedì pomeriggio. Stai pulendo la stanza di tuo figlio. Stai spostando un paio dei suoi fumetti letti e riletti quando trovi una siringa. Usata.” “Sei appena a metà strada mentre torni in città quando la luna piena emerge nella sua interezza alle spalle delle Blue Hills. I tuoi arti sono attraversati da stilettate di dolore che danzano e si inarcano lungo la tua schiena mentre dalla tua pelle inizia a spuntare del pelo.” “Il poliziotto si trascina pesantemente fuori dall'auto di pattuglia. Indossa un'uniforme da sceriffo macchiata di cibo. Porta un anello infilato in una catenina attorno al collo. Riconosci la fede nuziale di tua moglie.” Spesso vi renderete conto che i botti devono essere contestualizzati. (In altre parole, potrebbe essere necessario cominciare una scena un po' prima del botto per preparare per bene le informazioni necessarie a comprenderlo.) Potreste anche trovare utile il moltiplicare o l'aumentare la posta in gioco di una scena utilizzando una sequenza di più botti. Per esempio, prendiamo in considerazione la scena col botto della “fede nuziale”. Potreste aprire quella scena dicendo qualcosa come: “Sei sulla strada per San Antonio da quasi quattro ore, o almeno da buona parte di esse. La canicola balugina sull'infinita distesa di catrame che si trova davanti a te e l'aria condizionata le sta dietro a fatica. La lancetta del serbatoio è ormai scesa sotto il quarto e stai aguzzando la vista per scorgere una qualsiasi stazione di servizio per fare il pieno.” (Questo è tutto contesto. O esposizione. Si tratta di stabilire alcuni fatti chiave che riguardano la scena che sta per svolgersi: Il personaggio è in mezzo al nulla. Ha il serbatoio quasi vuoto. Eccetera.) “Stai superando un cartellone pubblicitario di un negozio di esche sbiadito dal passare del tempo, quando dietro di te vedi il rosso ed il bianco di un qualche poliziotto locale sbocciare come un ciliegio.” (Questo è il primo botto della scena: Bam! C'è un poliziotto. Accosti? O acceleri per cercare di tenerlo a distanza? Se il personaggio non ha nulla da nascondere dalla polizia questo probabilmente è un botto abbastanza debole. Ma se ci fosse un corpo nascosto nel baule, per esempio, ci sarebbe del potenziale.) In questo caso supponiamo che il personaggio decida di accostare. Ed è qui che presentiamo il secondo botto (quello della fede nuziale) che aumenta la tensione della scena. Vorrei concludere con un giudizio di valore personale: in generale, un ottimo botto richiede una contestualizzazione il più breve possibile e deve poter scatenare il più alto numero possibile di scelte interessanti. Ovviamente non sarà sempre necessario che creiate delle scene ricche e complesse. A volte vorrete avere la semplicità, la brevità e la brutalità di qualcuno che agita un'ascia verso la testa di James Bond. (Questo tipo di cambio di marcia con una scelta ben definita può rivelarsi vitale per portare una ventata d'aria fresca in una campagna impantanata in dilemmi complessi.) Ma nove volte su dieci riuscirete a rendere la vostra campagna più ricca e gratificante se rendete i vostri botti più evocativi. (Una nota finale: Il termine “botto” [bang, NdT] è stato coniato da Ron Edwards con una definizione molto ristretta che si applica solo allo stile di “narrativismo” [narrativism, NdT] preferito dallo stesso Edwards. Sto volontariamente e assolutamente generalizzando il termine perché si applichi ad ogni stile.) Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31520/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-2-scene-framing
  10. In questo secondo articolo sul pacing, ovvero lo svolgimento degli eventi nella vostra campagna, analizzeremo diverse tipologie di tempo e diverse tecniche per aprire una scena. L'arte del Pacing Parte 1 Articolo di The Alexandrian del 17 luglio 2013 Una volta che cominciate a saltare il tempo vuoto, diventa necessario inquadrare le scene alle quali state saltando: il corso degli eventi continuo e relativamente stabile che si incontra in un classico dungeoncrawl è sostituito da qualcosa di inconsistente, discontinuo, e probabilmente addirittura non sequenziale. In HeroQuest, Robin D. Laws definisce tre diversi tipologie di “tempo” che si incontrano nei giochi di ruolo: il tempo astratto [abstract time, NdT], il tempo presente [now time, NdT] e il tempo lento [slow time, NdT]. Possono ritornarvi utili per pensare al pacing della vostra sessione, e a questi ci aggiungo anche il concetto di taglio netto [sharp cut, NdT]. TEMPO LENTO: Secondo Laws, è qui che avvengono gli eventi decisivi e le competizioni che occupano un certo lasso di tempo. È il luogo in cui le persone vogliono mettere a punto le loro intenzioni ed azioni, e di conseguenza è un luogo in cui vengono applicate più regole oppure viene posta più attenzione (o entrambe le cose). La narrazione degli eventi nel tempo lento di solito richiede più tempo per essere risolta in tempo reale di quanto ne sia necessario ai personaggi per vivere quegli stessi eventi. (Il sistema di combattimento di D&D è un esempio di tempo lento.) TEMPO PRESENTE: Possiamo anche definirlo come andare “in scena”. Di solito è qui che passiamo la maggior parte del tempo di gioco: I giocatori prendono tutte le decisioni per conto dei loro personaggi e non ci sono tempi vuoti da saltare. TEMPO ASTRATTO: Il tempo astratto è un modo “soft” di passare oltre ai tempi vuoti. Generalmente prende la forma di quella che mi immagino come una “ellissi temporale”: “Attraversate la Grande Pianura per molti giorni...” o “Lasciate i Moli e attraversate la città...” (Questo è il metodo che uso più spesso per muovermi tra le scene, principalmente perché non stacca completamente i giocatori dalla scena che stanno vivendo: con un po' di pratica diventa semplice leggere le reazioni dei giocatori al tavolo alle ellissi temporali [ovvero il salto temporale nella narrazione della scena, NdT], e “sapere” quando bisogna interrompere il salto e tornare alla scena. Lo trovo anche un ottimo conduttore per il tipo di struttura di scenario non lineare che utilizzo, [forse questo articolo è già stato tradotto, Node-based scenario design Part 1] perché permette ai giocatori di continuare a darmi degli input anche mentre ci muoviamo rapidamente seguendo l'orologio del mondo di gioco.) TAGLIO NETTO: Infine abbiamo il taglio netto. Qui saltiamo direttamente dalla fine di un'azione all'inizio di un'azione diversa senza spiegare la transizione o la relazione tra le due. Per esempio: Giocatore: Ok. Vado a letto. Master: Ti addormenti non appena tocchi il cuscino. E andiamo a: il dolore acuto della spada del goblin che ti trapassa la cotta e si fa strada nel tuo braccio. Ovviamente un sacco di transizioni tra scene prenderanno o la forma di tagli netti o di ellissi temporali o di tempo astratto. Ma anche se tra le sequenze si trova, con una certa consistenza, del “tempo presente”, per voi potrebbe comunque essere utile lo spezzare l'azione in scene e usare tecniche di inquadramento delle scene per strutturarle. In ogni caso, comunque, vi servirà capire sia come aprire una scena che come chiuderla. IL PROGRAMMA Sfogliare le pagine di un diario. Mandare avanti un video. Fare un taglio netto verso un momento nuovo. Come decidiamo quando smettere di sfogliare le pagine? O premere “play”? O cosa mettere dopo il taglio? Come decidiamo come inizia una nuova scena? Si può pensare a diversi modi di “aprire” una scena, ma di solito io la penso come stabilire velocemente in momento (il chi, il cosa, il dove e il quando) e poi dare una forte spinta che crea l'azione. (Dico “velocemente” perché se l'idea di fondo è quella di saltare il tempo vuoto tra le decisioni significative, allora dovreste cercare di eliminare più tempo vuoto possibile; l'obiettivo è saltare il più vicino possibile alla decisione significativa successiva. Inoltre, in generale, non rischiate poi tanto di sbagliare se vi concentrate sui vostri giocatori, coinvolgendoli di continuo nel processo volto a prendere decisioni significative.) Per prima cosa, identificate il programma della scena. Perché siamo qui? Perché questo momento è importante? I programmi non devono avere chissà quale portata, ma se tagliate verso una scena ci deve essere un motivo per cui lo state facendo. (Fermiamoci un attimo ad immaginarci una scena senza un programma. Ricordate quella sequenza da Vampiri: La Masquerade dove un personaggio decide di andare in città? Ok. Il master taglia dalla casa e decide di aprire la scena successiva. Master: Sei ad un semaforo rosso all'angolo tra la Chicago e la Franklin. Cosa fai? Giocatore: Aspetto il verde. Master: Scatta il verde. Continui verso il centro. Fine della scena. Senza un programma (senza un motivo per concentrarsi sugli eventi sulla Chicago e sulla Franklin) una cosa così è evidentemente una perdita di tempo senza senso. Per fortuna, questo master ha almeno avuto il buonsenso di tagliare la scena e andare avanti. A volte si vedono master alle prime armi continuare a soffermarsi su questi scambi inutili per davvero troppo tempo.) I tipi di programmi a cui si dà la precedenza, i metodi utilizzati per selezionarli, e il modo in cui vengono presentati rappresentano un'altra area in cui vengono espresse appieno le tecniche e le motivazioni di un singolo master. Ma, in generale, trovo che sia utile pensare al programma dal punto di vista delle domande a cui si trova risposta nel corso della scena. Un altro punto di vista è quello della posta in gioco della scena. Per esempio, se abbiamo a che fare con un dungeoncrawl standard potremmo pensare ad ogni stanza come ad una scena separata. Mettiamo che in una di queste stanze ci sia un orco. Potremmo dire che il programma di questa scena è rispondere alla domanda: “I personaggi possono uccidere l'orco” (In gioco ci sono le vite dei personaggi e quella dell'orco.) Ma potreste anche cambiare radicalmente la natura della scena facendovi una domanda diversa: “Come faranno i personaggi a superare l'orco?” rende la scena più aperta. “L'orco può riuscire a convincere i personaggi a combattere i goblin?”, d'altra parte, cambierebbe completamente la scena. Esempi che non riguardano i dungeon comprendono cose come: Billy prenderà l'eroina? Riuscirà Sherlock a trovare l'impronta della mano insanguinata? Gunther tradirà la famiglia ebrea che vive nella sua soffitta segreta? E così via. (Se state pilotando la narrazione, allora potreste aver già determinato le risposte a queste domande, ma le domande vanno fatte comunque. Se non state pilotando la narrazione, allora molto probabilmente troverete che il programma di una scena cambia dopo che questa è iniziata. Ma ci sarà comunque stato un programma iniziale o che era stato previsto quando avete inquadrato la scena, ed è quello che ci interessa al momento.) IL BOTTO Ora che avete inquadrato il programma, dovete concretamente iniziare la scena zoomando o mettendo a fuoco o rappresentando una scenetta parlata (o qualunque altro procedimento descrittivo vi sembri più appropriato). Quello di cui avete bisogno qui è il botto (bang, NdT). Il botto è quella cosa che costringe i personaggi a prendere una o più decisioni significative (o almeno li stimola a farlo dandone loro l'opportunità). È la forza esplosiva che lancia la scena e le dà la spinta propulsiva per andare avanti. Per il momento rimaniamo sul facile e riprendiamo la nostra scena del dungeon con l'orco. Presupponiamo che i personaggi abbiano fallito il tiro di Stealth (Furtività, NdT). La scena inizia quando l'orco salta fuori e sbraita loro in faccia? O comincia quando si stanno ancora avvicinando alla sua stanza e riescono a sentirlo che sgranocchia ossa? O quando vedono un goblin che penzola da una rastrelliera con le interiora che gli cadono giù fino alle caviglie... e il rumore basso e sordo di passi pesanti riempie il corridoio alle loro spalle nel momento in cui l'orco ritorna dal suo pasto? Ognuno di questi è un botto diverso, e potete vedere come cambiare il botto può far virare drasticamente la natura della scena seguente (anche se tutti gli altri elementi della scena rimangono uguali). Scegliere il botto “giusto” solitamente è più un'arte che una scienza esatta. Fuori dal dungeon, i botti possono apparire così: “Taglio a giovedì pomeriggio. Stai pulendo la stanza di tuo figlio. Stai spostando un paio dei suoi fumetti letti e riletti quando trovi una siringa. Usata.” “Sei appena a metà strada mentre torni in città quando la luna piena emerge nella sua interezza alle spalle delle Blue Hills. I tuoi arti sono attraversati da stilettate di dolore che danzano e si inarcano lungo la tua schiena mentre dalla tua pelle inizia a spuntare del pelo.” “Il poliziotto si trascina pesantemente fuori dall'auto di pattuglia. Indossa un'uniforme da sceriffo macchiata di cibo. Porta un anello infilato in una catenina attorno al collo. Riconosci la fede nuziale di tua moglie.” Spesso vi renderete conto che i botti devono essere contestualizzati. (In altre parole, potrebbe essere necessario cominciare una scena un po' prima del botto per preparare per bene le informazioni necessarie a comprenderlo.) Potreste anche trovare utile il moltiplicare o l'aumentare la posta in gioco di una scena utilizzando una sequenza di più botti. Per esempio, prendiamo in considerazione la scena col botto della “fede nuziale”. Potreste aprire quella scena dicendo qualcosa come: “Sei sulla strada per San Antonio da quasi quattro ore, o almeno da buona parte di esse. La canicola balugina sull'infinita distesa di catrame che si trova davanti a te e l'aria condizionata le sta dietro a fatica. La lancetta del serbatoio è ormai scesa sotto il quarto e stai aguzzando la vista per scorgere una qualsiasi stazione di servizio per fare il pieno.” (Questo è tutto contesto. O esposizione. Si tratta di stabilire alcuni fatti chiave che riguardano la scena che sta per svolgersi: Il personaggio è in mezzo al nulla. Ha il serbatoio quasi vuoto. Eccetera.) “Stai superando un cartellone pubblicitario di un negozio di esche sbiadito dal passare del tempo, quando dietro di te vedi il rosso ed il bianco di un qualche poliziotto locale sbocciare come un ciliegio.” (Questo è il primo botto della scena: Bam! C'è un poliziotto. Accosti? O acceleri per cercare di tenerlo a distanza? Se il personaggio non ha nulla da nascondere dalla polizia questo probabilmente è un botto abbastanza debole. Ma se ci fosse un corpo nascosto nel baule, per esempio, ci sarebbe del potenziale.) In questo caso supponiamo che il personaggio decida di accostare. Ed è qui che presentiamo il secondo botto (quello della fede nuziale) che aumenta la tensione della scena. Vorrei concludere con un giudizio di valore personale: in generale, un ottimo botto richiede una contestualizzazione il più breve possibile e deve poter scatenare il più alto numero possibile di scelte interessanti. Ovviamente non sarà sempre necessario che creiate delle scene ricche e complesse. A volte vorrete avere la semplicità, la brevità e la brutalità di qualcuno che agita un'ascia verso la testa di James Bond. (Questo tipo di cambio di marcia con una scelta ben definita può rivelarsi vitale per portare una ventata d'aria fresca in una campagna impantanata in dilemmi complessi.) Ma nove volte su dieci riuscirete a rendere la vostra campagna più ricca e gratificante se rendete i vostri botti più evocativi. (Una nota finale: Il termine “botto” [bang, NdT] è stato coniato da Ron Edwards con una definizione molto ristretta che si applica solo allo stile di “narrativismo” [narrativism, NdT] preferito dallo stesso Edwards. Sto volontariamente e assolutamente generalizzando il termine perché si applichi ad ogni stile.) Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31520/roleplaying-games/the-art-of-pacing-part-2-scene-framing Visualizza articolo completo
  11. Inauguriamo una nuova rubrica dell'Alexandrian che riguarderà il pacing, ovvero il ritmo di una campagna di ruolo, dagli elementi che hanno ispirato la sua nascita all'uso nel gioco, sia ad un livello base che ad uno più avanzato. L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice L'Arte del Pacing Parte 5 - Tecniche Avanzate L'Arte del Pacing Parte 6 - Tecniche Avanzate 2 Articolo di The Alexandrian del 15 luglio 2013 I giochi di ruolo sono un medium relativamente giovane. E questo significa che, come la maggior parte dei media di primo pelo, molti dei consigli per crearli ed usarli vengono presi in prestito da altri media già esistenti. Significa anche che la maggior parte di questi consigli sono sbagliati perché le similitudini tra i vecchi e i nuovi media sono di solito molto più superficiali di quel che sembra. (Per esempio, ci sono voluti decenni prima che le sceneggiature cinematografiche smettessero di imitare i testi teatrali.) In questo momento, il tema del pacing nei GDR (ovvero il ritmo della campagna, il modo in cui essa procede e si sviluppa durante le vostre partite, NdTraduttore) è un buon esempio di questo fenomeno. Molti dei consigli dati ai master sul pacing al momento ruotano attorno al prendere in prestito termini e concetti direttamente dai film o dalla televisione. Come una sceneggiatura scritta utilizzando le tecniche del teatro dal vivo, alcune di queste cose funzionano, ma molte no perché il ritmo dei film si fonda innanzitutto sul controllare la presentazione di azioni predeterminate, mentre al contrario i GDR non hanno (o almeno, non dovrebbero avere) delle azioni predeterminate. (Per farvi un esempio eclatante, pensate a Memento di Christopher Nolan: Il ritmo di quel film è interamente basato sull'accurata presentazione delle informazioni note allo scrittore/regista. Posso immaginare senza problemi l'imitazione di un'esperienza come quella di Memento in un GDR, ma le tecniche che verrebbero utilizzate per raggiungere lo stesso effetto sarebbero estremamente diverse da quelle utilizzate da Nolan quando ha creato, girato e montato Memento.) Per capire il pacing nei film (in opposizione a quello del teatro) bisogna capire uno dei principi fondamentali del film come medium: L'abilità di tagliare la pellicola e reincollarla. Secondo lo stesso principio, per capire il pacing di un GDR bisogna capire il principio fondamentale del GDR come medium: La conversazione di scelte significative. LA CONVERSAZIONE DI SCELTE SIGNIFICATIVE Come ho già detto in passato, giocare di ruolo significa ovviamente interpretare un ruolo. Interpretare un ruolo significa fare delle scelte come se fossi il personaggio. E queste scelte vengono fatte come parte di una conversazione. Come dice D. Vincent Baker in Apocalypse World (Il Mondo dell'Apocalisse): O, per metterla in un altro modo, l'interazione fondamentale di un GDR si può ridurre a: Master: Cosa vuoi fare? Giocatore: Voglio fare X. Master: Quando ci provi, succede questo. Cosa vuoi fare? Nella realtà dei fatti, ovviamente, la domanda del master è spesso sottintesa, la conversazione non è ordinata, ci sono più giocatori coinvolti, le regole possono ridisegnare la struttura della conversazione, eccetera. Ma è questo il cuore ed il nucleo di tutto quello che succede in un gioco di ruolo: Il master presenta una situazione; i giocatori rispondono a quella situazione facendo una scelta: il master pronuncia il risultato di quella scelta (e in questo modo presenta una nuova situazione alla quale i giocatori rispondono). Indipendentemente da come cercate di immaginare quell'interazione, fondamentalmente è un loop. E l'abilità da parte del master di controllare il pacing risiede esattamente nel momento in cui risponde (“quando cerchi di fare quello, succede questo”). TEMPI VUOTI Nonostante l'arte del pacing nel gioco di ruolo sia unica, se messa a confronto con altri media, nella pratica può rivelarsi estremamente semplice. Il master deve identificare e poi eliminare, fondere o (nelle tecniche più avanzate) manipolare quelli che chiamerò tempi vuoti: Lo spazio vuoto tra un gruppo di decisioni significative e le successive decisioni significative. O, per metterla in un altro modo, vorrete andare oltre le “parti noiose” in cui non sta succedendo nulla. E il trucco per farlo è far muovere in modo efficiente i giocatori al momento successivo in cui possono prendere una decisione interessante e significativa senza passare oltre e, quindi, togliere loro la possibilità di prenderle. Trovo estremamente utile il pensare al trattamento del tempo vuoto come ad un continuum. Ad un polo di questo continuum, per esempio, si trova un gameplay come quello di un tipico dungeoncrawl vecchio stile: Essenzialmente non ci sono salti temporali e ogni azione viene catalogata per via dell'alta densità di decisioni significative. (Nella versione di OD&D più ligia alle regole, per esempio, si fa un tiro mostro vagante ogni singolo turno. Per questo motivo, anche se ignorate l'alta densità delle decisioni sugli spostamenti che dipendono in modo stretto dalla geografia, la decisione di fare o meno una singola azione rimane estremamente significativa.) Per inciso, questa è un'altra delle ragioni per cui i dungeoncrawl sono una struttura di scenario così efficace per i nuovi master: praticamente risparmiano al master di dover pensare al pacing. È un'intera raccolta di tecniche che i master possono tranquillamente ignorare quando masterano un dungeoncrawl con sicurezza. Tuttavia, quando un master lascia il dungeon, si renderà presto conto che questa tecnica non funziona. Per esempio, immaginate se stessimo facendo un'avventura di Vampiri: La Masquerade e io decidessi di gestire nel modo seguente il procedimento di uscire di casa ed andare in città in macchina: Master: Cosa vuoi fare? Giocatore: Voglio andare in città. Master: Come ci vai? Giocatore: Con la mia macchina. Master: Ok, togli la macchina dal garage e cominci a guidare lungo il vicolo. Alla fine del vicolo vuoi girare a destra o a sinistra? Giocatore: A sinistra. Master: Ok, vai avanti per metà isolato verso la Decima. Che strada vuoi prendere? Giocatore: Vado dritto. Master: Ok, vai avanti di un altro isolato verso Elliot. Che strada vuoi prendere? Giocatore: Vado dritto. Master: Ok, vai avanti di un altro isolato verso Chicago Avenue. C'è un semaforo. È rosso. Cosa vuoi fare? Giocatore: Aspetto che scatti il verde e poi giro a destra. È evidente che sia stupida come cosa. Nessuna di queste decisioni è significativa. Non si sta divertendo nessuno. Ed è così che si finisce ad avere delle interazioni che suonano così: Master: Siete alle porte della città. Dove volete andare? Giocatore: Alla Taverna della Donzella Solitaria. Master: Ok. Passando dalla porta d'ingresso della Donzella Solitaria... Wow. Che è successo? Siamo passati sopra ad un sacco di cose e -BAM!- ora abbiamo inquadrato una nuova scena nella taverna. INTENZIONI vs. INTERRUZIONI / OSTACOLI Più tardi daremo uno sguardo più da vicino a quello che significa inquadrare una scena, ma prima mi voglio concentrare su com'è stata selezionata la nuova scena. Ci siamo mossi abbastanza in su nel continuum dell'inquadrare le scene saltando direttamente all'intenzione: I giocatori hanno detto di voler raggiungere un obiettivo e il master è saltato direttamente al momento in cui lo raggiungono. Se quel master foste voi, questo in pratica richiederebbe di rispondere a due domande: Quali sono le intenzioni dei personaggi in questo momento? C'è qualcosa che possa ostacolare quelle intenzioni? In questo esempio, identificare le intenzioni è molto semplice: Il giocatore vi ha detto in modo secco cosa vuole ottenere. Le interruzioni (che potete anche pensare come ostacoli che si frappongono tra i personaggi e il risultato desiderato) possono essere di qualsiasi forma: Sono vittime di un'imboscata da parte di assassini? O si imbattono in un vecchio amico? O hanno l'opportunità di frugare nelle tasche di un ricco nobiluomo? O adocchiano un raro tomo in sconto nella sezione “occasioni” che raccoglie informazioni sul mondo di gioco? Determinando queste interruzioni ed ostacoli, cominciamo a vedere entrare in gioco le motivazioni e le tecniche dei master: L'interruzione ha luogo perché state usando una tabella casuale di eventi simulati? Perché dovete adattare la storia al prossimo arco narrativo? Perché a breve è previsto l'evento successivo della linea temporale che avete preparato? Per l'estro creativo del momento? Perché volete attivare un tag (un segnalino, un'etichetta, un elemento identificativo, NdTRaduttore) su uno dei vostri personaggi? Quindi, riassumendo: Identificate l'intenzione Scegliete degli ostacoli Saltate alla successiva decisione significativa. In The Art of Rulings ho scritto: “Quando siete in dubbio, cercate la scelta significativa.” E qui si applica lo stesso principio. Mentre proseguiamo lungo il continuum dell'inquadramento di scene, quello che succede fondamentalmente è che la soglia di interesse necessario per inquadrare il ritmo successivo è aumentata. Per esempio, se diamo giusto una spintarella: Master: Siete alle porte della città. Cosa volete fare? Giocatore: Cerchiamo una taverna. Master: Ok, siete nella Taverna della Donzella Solitaria. Vedete la differenza? Il master ha deciso che la scelta della taverna da parte dei giocatori non fosse rilevante, così l'ha saltata, ha scelto la taverna al posto loro e ha cominciato la nuova scena. Se avesse deciso di non inquadrare la scena in modo così netto, avrebbe potuto chiedere: “Volete un locale elegante o uno economico?” o offrire loro una scelta di diverse taverne tra cui poter scegliere. (O entrambe le cose.) (E, al contrario, facendo queste domande, il master in pratica sta dicendo: “Il fatto che il locale sia elegante o economico interessa o a me, o a voi, o ad entrambi.” O perché quella scelta ci dice qualcosa di interessante sui personaggi; o perché cambia la quantità di denaro che spenderanno; o perché determina gli incontri possibili che faranno; o perché rende più semplice notare le spie che li pedinano; o un'infinità di altre possibilità.) Più la scena è inquadrata in modo netto, più alto deve essere il livello di interesse prima che smettiamo di andare avanti veloce (e più sono le decisioni su cui si sorvola). Per esempio, magari il master decide che la taverna è assolutamente noiosa e così abbiamo invece: Master: Siete alle porte della città. Giocatore: Cerchiamo una taverna. Master: Passate tutta la notte a festeggiare alla grande, quindi la mattina seguente avete ancora i postumi della sbronza quando comprate provviste al negozio di Dink e notate un ladruncolo infilarsi in tasca un orologio d'oro. E aumentiamo ancora il ritmo: Giocatore: Ok, abbiamo finito col dungeon. Torniamo in città. Master: Sono passate due settimane e state comprando delle provviste al negozio di Dink. Notate un ladruncolo infilarsi in tasca un orologio d'oro. Urlate “FERMO, AL LADRO!” e quello si mette a correre verso la porta. Cosa fate? Più aumentate il ritmo (quindi più inquadrate nettamente la scena) più spazio avrà il master per esprimere il proprio progetto creativo e più grande si fa la sua influenza sullo svolgimento del gioco. Questo accade perché la decisione di saltare il “tempo vuoto” nasconde un Railroad (una trama pilotata, NdTraduttore)... solo che state “pilotando” oltre a delle decisioni che tutti al tavolo trovano irrilevanti. Ovviamente c'è il rischio che saltiate una decisione che è importante per qualcuno al tavolo. Il GDR di Smalville, che esorta ad inquadrare la scena in modo forte ed aggressivo, dà questo consiglio: Questo tipo di soluzione non è rara. Difatti, più aumentate il ritmo, più diventa normale per il gioco o per il master cominciare ad introdurre più tecniche e meccanismi narrativi e/o tipici dell'STG (Storytelling Game, NdTraduttore): Il master priva i giocatori di controllo in una misura tale che diventa necessario compensare ridando loro quel controllo in altri modi. Ovviamente nella pratica i master variano in modo considerevole il ritmo con cui le scene vengono inquadrate a seconda del contesto e delle circostante. Ma fondamentalmente “saltate le parti noiose e andate alla successiva scelta significativa” è tutto ciò che vi serve davvero sapere sul pacing in un GDR. Il difficile, ovviamente, è mettere questa semplice massima effettivamente in pratica. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31509/roleplaying-games/the-art-of-pacing Visualizza articolo completo
  12. L'Arte del Pacing Parte 1 L'Arte del Pacing Parte 2 - Inquadrare le scene L'Arte del Pacing Parte 3 - Riempire la Cornice L'Arte del Pacing Parte 4 - Chiudere la Cornice L'Arte del Pacing Parte 5 - Tecniche Avanzate L'Arte del Pacing Parte 6 - Tecniche Avanzate 2 Articolo di The Alexandrian del 15 luglio 2013 I giochi di ruolo sono un medium relativamente giovane. E questo significa che, come la maggior parte dei media di primo pelo, molti dei consigli per crearli ed usarli vengono presi in prestito da altri media già esistenti. Significa anche che la maggior parte di questi consigli sono sbagliati perché le similitudini tra i vecchi e i nuovi media sono di solito molto più superficiali di quel che sembra. (Per esempio, ci sono voluti decenni prima che le sceneggiature cinematografiche smettessero di imitare i testi teatrali.) In questo momento, il tema del pacing nei GDR (ovvero il ritmo della campagna, il modo in cui essa procede e si sviluppa durante le vostre partite, NdTraduttore) è un buon esempio di questo fenomeno. Molti dei consigli dati ai master sul pacing al momento ruotano attorno al prendere in prestito termini e concetti direttamente dai film o dalla televisione. Come una sceneggiatura scritta utilizzando le tecniche del teatro dal vivo, alcune di queste cose funzionano, ma molte no perché il ritmo dei film si fonda innanzitutto sul controllare la presentazione di azioni predeterminate, mentre al contrario i GDR non hanno (o almeno, non dovrebbero avere) delle azioni predeterminate. (Per farvi un esempio eclatante, pensate a Memento di Christopher Nolan: Il ritmo di quel film è interamente basato sull'accurata presentazione delle informazioni note allo scrittore/regista. Posso immaginare senza problemi l'imitazione di un'esperienza come quella di Memento in un GDR, ma le tecniche che verrebbero utilizzate per raggiungere lo stesso effetto sarebbero estremamente diverse da quelle utilizzate da Nolan quando ha creato, girato e montato Memento.) Per capire il pacing nei film (in opposizione a quello del teatro) bisogna capire uno dei principi fondamentali del film come medium: L'abilità di tagliare la pellicola e reincollarla. Secondo lo stesso principio, per capire il pacing di un GDR bisogna capire il principio fondamentale del GDR come medium: La conversazione di scelte significative. LA CONVERSAZIONE DI SCELTE SIGNIFICATIVE Come ho già detto in passato, giocare di ruolo significa ovviamente interpretare un ruolo. Interpretare un ruolo significa fare delle scelte come se fossi il personaggio. E queste scelte vengono fatte come parte di una conversazione. Come dice D. Vincent Baker in Apocalypse World (Il Mondo dell'Apocalisse): O, per metterla in un altro modo, l'interazione fondamentale di un GDR si può ridurre a: Master: Cosa vuoi fare? Giocatore: Voglio fare X. Master: Quando ci provi, succede questo. Cosa vuoi fare? Nella realtà dei fatti, ovviamente, la domanda del master è spesso sottintesa, la conversazione non è ordinata, ci sono più giocatori coinvolti, le regole possono ridisegnare la struttura della conversazione, eccetera. Ma è questo il cuore ed il nucleo di tutto quello che succede in un gioco di ruolo: Il master presenta una situazione; i giocatori rispondono a quella situazione facendo una scelta: il master pronuncia il risultato di quella scelta (e in questo modo presenta una nuova situazione alla quale i giocatori rispondono). Indipendentemente da come cercate di immaginare quell'interazione, fondamentalmente è un loop. E l'abilità da parte del master di controllare il pacing risiede esattamente nel momento in cui risponde (“quando cerchi di fare quello, succede questo”). TEMPI VUOTI Nonostante l'arte del pacing nel gioco di ruolo sia unica, se messa a confronto con altri media, nella pratica può rivelarsi estremamente semplice. Il master deve identificare e poi eliminare, fondere o (nelle tecniche più avanzate) manipolare quelli che chiamerò tempi vuoti: Lo spazio vuoto tra un gruppo di decisioni significative e le successive decisioni significative. O, per metterla in un altro modo, vorrete andare oltre le “parti noiose” in cui non sta succedendo nulla. E il trucco per farlo è far muovere in modo efficiente i giocatori al momento successivo in cui possono prendere una decisione interessante e significativa senza passare oltre e, quindi, togliere loro la possibilità di prenderle. Trovo estremamente utile il pensare al trattamento del tempo vuoto come ad un continuum. Ad un polo di questo continuum, per esempio, si trova un gameplay come quello di un tipico dungeoncrawl vecchio stile: Essenzialmente non ci sono salti temporali e ogni azione viene catalogata per via dell'alta densità di decisioni significative. (Nella versione di OD&D più ligia alle regole, per esempio, si fa un tiro mostro vagante ogni singolo turno. Per questo motivo, anche se ignorate l'alta densità delle decisioni sugli spostamenti che dipendono in modo stretto dalla geografia, la decisione di fare o meno una singola azione rimane estremamente significativa.) Per inciso, questa è un'altra delle ragioni per cui i dungeoncrawl sono una struttura di scenario così efficace per i nuovi master: praticamente risparmiano al master di dover pensare al pacing. È un'intera raccolta di tecniche che i master possono tranquillamente ignorare quando masterano un dungeoncrawl con sicurezza. Tuttavia, quando un master lascia il dungeon, si renderà presto conto che questa tecnica non funziona. Per esempio, immaginate se stessimo facendo un'avventura di Vampiri: La Masquerade e io decidessi di gestire nel modo seguente il procedimento di uscire di casa ed andare in città in macchina: Master: Cosa vuoi fare? Giocatore: Voglio andare in città. Master: Come ci vai? Giocatore: Con la mia macchina. Master: Ok, togli la macchina dal garage e cominci a guidare lungo il vicolo. Alla fine del vicolo vuoi girare a destra o a sinistra? Giocatore: A sinistra. Master: Ok, vai avanti per metà isolato verso la Decima. Che strada vuoi prendere? Giocatore: Vado dritto. Master: Ok, vai avanti di un altro isolato verso Elliot. Che strada vuoi prendere? Giocatore: Vado dritto. Master: Ok, vai avanti di un altro isolato verso Chicago Avenue. C'è un semaforo. È rosso. Cosa vuoi fare? Giocatore: Aspetto che scatti il verde e poi giro a destra. È evidente che sia stupida come cosa. Nessuna di queste decisioni è significativa. Non si sta divertendo nessuno. Ed è così che si finisce ad avere delle interazioni che suonano così: Master: Siete alle porte della città. Dove volete andare? Giocatore: Alla Taverna della Donzella Solitaria. Master: Ok. Passando dalla porta d'ingresso della Donzella Solitaria... Wow. Che è successo? Siamo passati sopra ad un sacco di cose e -BAM!- ora abbiamo inquadrato una nuova scena nella taverna. INTENZIONI vs. INTERRUZIONI / OSTACOLI Più tardi daremo uno sguardo più da vicino a quello che significa inquadrare una scena, ma prima mi voglio concentrare su com'è stata selezionata la nuova scena. Ci siamo mossi abbastanza in su nel continuum dell'inquadrare le scene saltando direttamente all'intenzione: I giocatori hanno detto di voler raggiungere un obiettivo e il master è saltato direttamente al momento in cui lo raggiungono. Se quel master foste voi, questo in pratica richiederebbe di rispondere a due domande: Quali sono le intenzioni dei personaggi in questo momento? C'è qualcosa che possa ostacolare quelle intenzioni? In questo esempio, identificare le intenzioni è molto semplice: Il giocatore vi ha detto in modo secco cosa vuole ottenere. Le interruzioni (che potete anche pensare come ostacoli che si frappongono tra i personaggi e il risultato desiderato) possono essere di qualsiasi forma: Sono vittime di un'imboscata da parte di assassini? O si imbattono in un vecchio amico? O hanno l'opportunità di frugare nelle tasche di un ricco nobiluomo? O adocchiano un raro tomo in sconto nella sezione “occasioni” che raccoglie informazioni sul mondo di gioco? Determinando queste interruzioni ed ostacoli, cominciamo a vedere entrare in gioco le motivazioni e le tecniche dei master: L'interruzione ha luogo perché state usando una tabella casuale di eventi simulati? Perché dovete adattare la storia al prossimo arco narrativo? Perché a breve è previsto l'evento successivo della linea temporale che avete preparato? Per l'estro creativo del momento? Perché volete attivare un tag (un segnalino, un'etichetta, un elemento identificativo, NdTRaduttore) su uno dei vostri personaggi? Quindi, riassumendo: Identificate l'intenzione Scegliete degli ostacoli Saltate alla successiva decisione significativa. In The Art of Rulings ho scritto: “Quando siete in dubbio, cercate la scelta significativa.” E qui si applica lo stesso principio. Mentre proseguiamo lungo il continuum dell'inquadramento di scene, quello che succede fondamentalmente è che la soglia di interesse necessario per inquadrare il ritmo successivo è aumentata. Per esempio, se diamo giusto una spintarella: Master: Siete alle porte della città. Cosa volete fare? Giocatore: Cerchiamo una taverna. Master: Ok, siete nella Taverna della Donzella Solitaria. Vedete la differenza? Il master ha deciso che la scelta della taverna da parte dei giocatori non fosse rilevante, così l'ha saltata, ha scelto la taverna al posto loro e ha cominciato la nuova scena. Se avesse deciso di non inquadrare la scena in modo così netto, avrebbe potuto chiedere: “Volete un locale elegante o uno economico?” o offrire loro una scelta di diverse taverne tra cui poter scegliere. (O entrambe le cose.) (E, al contrario, facendo queste domande, il master in pratica sta dicendo: “Il fatto che il locale sia elegante o economico interessa o a me, o a voi, o ad entrambi.” O perché quella scelta ci dice qualcosa di interessante sui personaggi; o perché cambia la quantità di denaro che spenderanno; o perché determina gli incontri possibili che faranno; o perché rende più semplice notare le spie che li pedinano; o un'infinità di altre possibilità.) Più la scena è inquadrata in modo netto, più alto deve essere il livello di interesse prima che smettiamo di andare avanti veloce (e più sono le decisioni su cui si sorvola). Per esempio, magari il master decide che la taverna è assolutamente noiosa e così abbiamo invece: Master: Siete alle porte della città. Giocatore: Cerchiamo una taverna. Master: Passate tutta la notte a festeggiare alla grande, quindi la mattina seguente avete ancora i postumi della sbronza quando comprate provviste al negozio di Dink e notate un ladruncolo infilarsi in tasca un orologio d'oro. E aumentiamo ancora il ritmo: Giocatore: Ok, abbiamo finito col dungeon. Torniamo in città. Master: Sono passate due settimane e state comprando delle provviste al negozio di Dink. Notate un ladruncolo infilarsi in tasca un orologio d'oro. Urlate “FERMO, AL LADRO!” e quello si mette a correre verso la porta. Cosa fate? Più aumentate il ritmo (quindi più inquadrate nettamente la scena) più spazio avrà il master per esprimere il proprio progetto creativo e più grande si fa la sua influenza sullo svolgimento del gioco. Questo accade perché la decisione di saltare il “tempo vuoto” nasconde un Railroad (una trama pilotata, NdTraduttore)... solo che state “pilotando” oltre a delle decisioni che tutti al tavolo trovano irrilevanti. Ovviamente c'è il rischio che saltiate una decisione che è importante per qualcuno al tavolo. Il GDR di Smalville, che esorta ad inquadrare la scena in modo forte ed aggressivo, dà questo consiglio: Questo tipo di soluzione non è rara. Difatti, più aumentate il ritmo, più diventa normale per il gioco o per il master cominciare ad introdurre più tecniche e meccanismi narrativi e/o tipici dell'STG (Storytelling Game, NdTraduttore): Il master priva i giocatori di controllo in una misura tale che diventa necessario compensare ridando loro quel controllo in altri modi. Ovviamente nella pratica i master variano in modo considerevole il ritmo con cui le scene vengono inquadrate a seconda del contesto e delle circostante. Ma fondamentalmente “saltate le parti noiose e andate alla successiva scelta significativa” è tutto ciò che vi serve davvero sapere sul pacing in un GDR. Il difficile, ovviamente, è mettere questa semplice massima effettivamente in pratica. Link all'articolo originale: https://thealexandrian.net/wordpress/31509/roleplaying-games/the-art-of-pacing
  13. I migliori consigli dati da un campione di 4000 Dungeon Master Strumenti per i Nuovi DM Parte 1 - Cominciare con il botto Strumenti per i Nuovi DM Parte 2 - Strumenti per i nuovi Dungeon Master Strumenti per i Nuovi DM Parte 3 - Improvvisazione per i nuovi Dungeon Master di D&D Strumenti per i nuovi DM IV - Una guida alla costruzione di incontri per i nuovi Dungeon Master Articolo di Mike Shea del 16 ottobre 2017 Ognuno di noi ha le proprie idee e opinioni su come rendere grandiose le nostre avventure di D&D. Tuttavia, è più difficile raggruppare insieme tutte queste opinioni per trovare le caratteristiche comuni. Dopo aver classificato un campione casuale di 400 consigli da una selezione di oltre 4000 che sono stati dati nell'ambito dell'Indagine del 2016 sui Dungeon Master, sono in grado di darvi una lista sintetica dei consigli dati più spesso dai Dungeon Master: Siate preparati ad improvvisare. Concentratevi sui giocatori e sui loro personaggi. Tenete d'occhio l'andamento (pacing, NdT) del vostro gioco. Rievocate alla mente NPC memorabili e mondi fantastici. CLASSIFICARE MANUALMENTE I CONSIGLI DEI DM Sebbene abbia utilizzato una serie di processi automatici per classificare i 4153 risultati dell'indagine del 2016, per vedere quali erano le tendenze ho invece deciso di usare una semplice classificazione a mano. Non ho usato nessun tipo di machine learning o elaborazione del linguaggio naturale per questa analisi. Ho semplicemente letto e classificato da solo. Ho fatto quest'analisi per vedere nel loro insieme cosa i master consigliano ad altri master in modo da poter imparare da centinaia di master in una sola volta. Ho scelto quattrocento risposte perché è un campione abbastanza grande da dare un qualche valore statistico. Non è una rappresentazione perfetta, ma è uno sguardo verosimile (con un'affidabilità del 95%) agli argomenti che risalgono in superficie (con un margine di errore all'incirca del 4%). Ecco qui una tabella dei primi undici risultati, che non comprende le categorie che presentavano meno di dieci risposte ognuna. Gli 11 migliori consigli su un campione di 4000 DM I migliori consigli in sintesi Risposte % stimata Siate preparati ad improvvisare 62 16% Usate le idee proposte dai giocatori al tavolo 43 11% Concentrate il gioco sui personaggi 35 9% Fate attenzione al pacing del gioco 26 7% Dite di sì 21 5% Cercate di capire cosa desiderano i giocatori 15 4% Preparate il gioco 14 4% Sviluppate PNG interessanti 14 4% Create mondi ricchi 14 4% Date ai giocatori una narrazione evocativa 11 3% Non esagerate con la preparazione del gioco 10 3% Noterete che questi risultati sono simili alle migliori caratteristiche che può avere un DM di D&D. In particolare, entrambe le liste si concentrano soprattutto sulla necessità di improvvisare e sulla spinta a trarre quando più possibile dal gioco e dalle idee dei giocatori. Non è nemmeno troppo lontano dai risultati della nostra analisi per gruppi dell'intera gamma di consigli: Concentratevi sui giocatori. Fate succedere delle cose. Lasciate che succedano delle cose. Concentratevi sui personaggi, sui background e sulle storie. Improvvisate. Dite di sì. Divertitevi. CONCENTRARSI CON ATTENZIONE SULL'IMPROVVISAZIONE Tutte queste analisi si concentrano con attenzione sull'importanza dell'improvvisazione e sulla nostra preparazione all'improvvisazione. Ne abbiamo parlato approfonditamente nel nostro articolo DM Deep Dive with Tom Lommel. Un trucchetto diffuso che spunta spesso nei sondaggi, nelle discussioni, nei video e negli articoli di blog incentrati sui consigli dei DM è quello di tenere una lista di nomi a cui far riferimento velocemente per improvvisare dei PNG. Ci sono tanti altri trucchetti per una buona improvvisazione, ma quello di tenere una lista di nomi per i PNG viene fuori spesso. Anche “dire di sì” è uscito spesso, sia nel sondaggio ai DM del 2016 che nel nostro studio delle migliori caratteristiche dei DM. È un tema complesso con molte sfaccettature. Tom Lommell, ad esempio, raccomanda di sostituire “sì, e” con “no, ma”. Questo ci porta anche al tema del proseguire da un fallimento, quando dobbiamo improvvisare a partire dai risultati di un fallimento verso eventi nuovi ed interessanti che permettono alla storia di andare avanti. L'improvvisazione non è una tecnica semplice da padroneggiare, il che rende significativo il suo rilievo in tutti questi sondaggi e studi. Quando guardiamo nel loro complesso i consigli offerti dai DM (raggruppando insieme argomenti come l'improvvisazione, lo sviluppo dei PNG, la narrazione evocativa, “dire di sì” e una leggera preparazione) l'improvvisazione riguarda circa il 50% del totale. Vista l'importanza che viene data all'improvvisazione, posso dire che migliorare le nostre abilità, i nostri strumenti, i consigli e i trucchetti per l'improvvisazione potrebbe portare i migliori vantaggi al nostro gioco. CONCENTRARSI SUI GIOCATORI E SUI PERSONAGGI Molti altri consigli provenienti da diversi studi erano incentrati sul concentrare l'attenzione sui giocatori e sui personaggi. Ne parliamo spesso qui su Sly Flourish. Noi DM rischiamo di essere così immersi nei nostri stessi mondi e nelle nostre stesse idee per le storie che i personaggi diventano quasi secondari. Concentrarsi sui personaggi, capire ciò che i giocatori desiderano e usare quello che vi danno per costruire la storia rappresentavano all'incirca il 34% delle risposte del campione di cui sopra. PACING Il pacing (l'andamento, lo scorrere del gioco, NdTraduttore) è apparso tra le posizioni più alte nel nostro campione del sondaggio del 2016, ma non nel sondaggio di Facebook sui migliori consigli dei DM. Tuttavia, i DM con una certa esperienza e i designer di GDR parlano spesso dell'importanza del pacing nei nostri giochi. Monte Cook ne parla nella sua introduzione alle Strane Scoperte per Numenera e il luminare dei GDR Robin Laws ha scritto un libro sull'argomento pieno di eccellenti suggerimenti pratici intitolato Hamlet's Hit Points. Se non avete intenzione di leggere altri libri sul pacing, leggete Hamlet's Hit Points. Il concetto di base è facile da interiorizzare e da implementare subito nel vostro gioco. L'IMPORTANZA DELLA PREPARAZIONE I DM presi a campione si dividono nel consigliare una preparazione superficiale o approfondita. Alcuni descrivono un alto livello di preparazione per contrastare qualunque incertezza possa sorgere durante il gioco. Altri parlano dell'importanza di una preparazione leggera e del rendere il gioco flessibile per reagire ai suoi cambiamenti. Essendo l'autore di The Lazy Dungeon Master (il blog di Mike Shea si intitola "Il Dungeon Master Pigro"), non nego di preferire e di consigliare una preparazione più leggera che si concentri sulla flessibilità e sull'improvvisazione. Saremo però tutti d'accordo sul fatto che un po' di preparazione sia necessaria. Per esperienza posso dire che anche il master più pigro può trarre vantaggio dal preparare degli elementi per la sessione successiva che lo aiutino a masterare un gioco divertente e fluido. Alcune fasi di questa preparazione leggera possono essere: Ripassare i personaggi. Preparare un ottimo inizio. Preparare segreti ed indizi. Preparare luoghi fantastici. Esaminare mostri che si adattino alla situazione. Preparare oggetti magici come premio. WORLDBUILDING Il 9% del campione suggeriva anche l'importanza di costruire un mondo ricco. Il worldbuilding (la creazione del mondo di gioco, NdTraduttore) dava ai master il materiale necessario quando i personaggi prendevano inaspettatamente un percorso secondario. Più i master conoscevano il loro mondo e i suoi dettagli, più era reale per loro e per i loro giocatori a prescindere dalla situazione. Dal momento che non si addice granché al concetto di “lazy dungeon master” ("dungeon master pigro"), ho spesso evitato di approfondire l'argomento del worldbuilding, lasciandolo agli esperti, ma molti DM trovano che il worldbuilding sia un'attività utile e molto divertente. Quante occasioni abbiamo di fuggire dalle nostre vite ordinarie coi nostri problemi ordinari e scappare verso un intero universo che possiamo tirare fuori dalla nostra immaginazione senza limiti? Il worldbuilding si ricollega anche al consiglio menzionato per circa il 7% delle volte sul fornire descrizioni evocative durante la narrazione. Per catturare l'immaginazione dei nostri giocatori bisogna evocare immagini fantastiche. Più queste immagini sono state sviluppate in anticipo, più semplice sarà evocare descrizioni fantastiche quando ne abbiamo bisogno. Sly Flourish's Fantastic Locations (I Luoghi Fantastici di Sly Flourish, NdTraduttore) si concentra molto su questo punto. ABILITÀ FORMIDABILI DA ACQUISIRE NEL CORSO DI TUTTA LA VITA Rovistare tra centinaia (e migliaia) di consigli per DM ci aiuta a riconoscere gli elementi che per molti di loro hanno maggior valore nei rispettivi giochi. Anche se ognuno di noi può avere un modo di rendere fantastico il proprio gioco che è unico, è sicuramente utile vedere quali metodi hanno funzionato così bene per così tanti altri DM. Ecco una lista ridotta all'osso dei consigli di migliaia di master: Siate preparati ad improvvisare. Concentratevi sui giocatori e sui loro personaggi. Tenete d'occhio il pacing del vostro gioco. Evocate PNG indimenticabili e mondi fantastici. Link all'articolo: https://slyflourish.com/study_of_dm_tricks.html
  14. In questo quinto articolo della nostra rubrica dedicata ai nuovi DM parleremo dei migliori consigli per le nostre campagne scaturiti da un'indagine condotta su ben 4000 Master. I migliori consigli dati da un campione di 4000 Dungeon Master Strumenti per i Nuovi DM Parte 1 - Cominciare con il botto Strumenti per i Nuovi DM Parte 2 - Strumenti per i nuovi Dungeon Master Strumenti per i Nuovi DM Parte 3 - Improvvisazione per i nuovi Dungeon Master di D&D Strumenti per i nuovi DM IV - Una guida alla costruzione di incontri per i nuovi Dungeon Master Articolo di Mike Shea del 16 ottobre 2017 Ognuno di noi ha le proprie idee e opinioni su come rendere grandiose le nostre avventure di D&D. Tuttavia, è più difficile raggruppare insieme tutte queste opinioni per trovare le caratteristiche comuni. Dopo aver classificato un campione casuale di 400 consigli da una selezione di oltre 4000 che sono stati dati nell'ambito dell'Indagine del 2016 sui Dungeon Master, sono in grado di darvi una lista sintetica dei consigli dati più spesso dai Dungeon Master: Siate preparati ad improvvisare. Concentratevi sui giocatori e sui loro personaggi. Tenete d'occhio l'andamento (pacing, NdT) del vostro gioco. Rievocate alla mente NPC memorabili e mondi fantastici. CLASSIFICARE MANUALMENTE I CONSIGLI DEI DM Sebbene abbia utilizzato una serie di processi automatici per classificare i 4153 risultati dell'indagine del 2016, per vedere quali erano le tendenze ho invece deciso di usare una semplice classificazione a mano. Non ho usato nessun tipo di machine learning o elaborazione del linguaggio naturale per questa analisi. Ho semplicemente letto e classificato da solo. Ho fatto quest'analisi per vedere nel loro insieme cosa i master consigliano ad altri master in modo da poter imparare da centinaia di master in una sola volta. Ho scelto quattrocento risposte perché è un campione abbastanza grande da dare un qualche valore statistico. Non è una rappresentazione perfetta, ma è uno sguardo verosimile (con un'affidabilità del 95%) agli argomenti che risalgono in superficie (con un margine di errore all'incirca del 4%). Ecco qui una tabella dei primi undici risultati, che non comprende le categorie che presentavano meno di dieci risposte ognuna. Gli 11 migliori consigli su un campione di 4000 DM I migliori consigli in sintesi Risposte % stimata Siate preparati ad improvvisare 62 16% Usate le idee proposte dai giocatori al tavolo 43 11% Concentrate il gioco sui personaggi 35 9% Fate attenzione al pacing del gioco 26 7% Dite di sì 21 5% Cercate di capire cosa desiderano i giocatori 15 4% Preparate il gioco 14 4% Sviluppate PNG interessanti 14 4% Create mondi ricchi 14 4% Date ai giocatori una narrazione evocativa 11 3% Non esagerate con la preparazione del gioco 10 3% Noterete che questi risultati sono simili alle migliori caratteristiche che può avere un DM di D&D. In particolare, entrambe le liste si concentrano soprattutto sulla necessità di improvvisare e sulla spinta a trarre quando più possibile dal gioco e dalle idee dei giocatori. Non è nemmeno troppo lontano dai risultati della nostra analisi per gruppi dell'intera gamma di consigli: Concentratevi sui giocatori. Fate succedere delle cose. Lasciate che succedano delle cose. Concentratevi sui personaggi, sui background e sulle storie. Improvvisate. Dite di sì. Divertitevi. CONCENTRARSI CON ATTENZIONE SULL'IMPROVVISAZIONE Tutte queste analisi si concentrano con attenzione sull'importanza dell'improvvisazione e sulla nostra preparazione all'improvvisazione. Ne abbiamo parlato approfonditamente nel nostro articolo DM Deep Dive with Tom Lommel. Un trucchetto diffuso che spunta spesso nei sondaggi, nelle discussioni, nei video e negli articoli di blog incentrati sui consigli dei DM è quello di tenere una lista di nomi a cui far riferimento velocemente per improvvisare dei PNG. Ci sono tanti altri trucchetti per una buona improvvisazione, ma quello di tenere una lista di nomi per i PNG viene fuori spesso. Anche “dire di sì” è uscito spesso, sia nel sondaggio ai DM del 2016 che nel nostro studio delle migliori caratteristiche dei DM. È un tema complesso con molte sfaccettature. Tom Lommell, ad esempio, raccomanda di sostituire “sì, e” con “no, ma”. Questo ci porta anche al tema del proseguire da un fallimento, quando dobbiamo improvvisare a partire dai risultati di un fallimento verso eventi nuovi ed interessanti che permettono alla storia di andare avanti. L'improvvisazione non è una tecnica semplice da padroneggiare, il che rende significativo il suo rilievo in tutti questi sondaggi e studi. Quando guardiamo nel loro complesso i consigli offerti dai DM (raggruppando insieme argomenti come l'improvvisazione, lo sviluppo dei PNG, la narrazione evocativa, “dire di sì” e una leggera preparazione) l'improvvisazione riguarda circa il 50% del totale. Vista l'importanza che viene data all'improvvisazione, posso dire che migliorare le nostre abilità, i nostri strumenti, i consigli e i trucchetti per l'improvvisazione potrebbe portare i migliori vantaggi al nostro gioco. CONCENTRARSI SUI GIOCATORI E SUI PERSONAGGI Molti altri consigli provenienti da diversi studi erano incentrati sul concentrare l'attenzione sui giocatori e sui personaggi. Ne parliamo spesso qui su Sly Flourish. Noi DM rischiamo di essere così immersi nei nostri stessi mondi e nelle nostre stesse idee per le storie che i personaggi diventano quasi secondari. Concentrarsi sui personaggi, capire ciò che i giocatori desiderano e usare quello che vi danno per costruire la storia rappresentavano all'incirca il 34% delle risposte del campione di cui sopra. PACING Il pacing (l'andamento, lo scorrere del gioco, NdTraduttore) è apparso tra le posizioni più alte nel nostro campione del sondaggio del 2016, ma non nel sondaggio di Facebook sui migliori consigli dei DM. Tuttavia, i DM con una certa esperienza e i designer di GDR parlano spesso dell'importanza del pacing nei nostri giochi. Monte Cook ne parla nella sua introduzione alle Strane Scoperte per Numenera e il luminare dei GDR Robin Laws ha scritto un libro sull'argomento pieno di eccellenti suggerimenti pratici intitolato Hamlet's Hit Points. Se non avete intenzione di leggere altri libri sul pacing, leggete Hamlet's Hit Points. Il concetto di base è facile da interiorizzare e da implementare subito nel vostro gioco. L'IMPORTANZA DELLA PREPARAZIONE I DM presi a campione si dividono nel consigliare una preparazione superficiale o approfondita. Alcuni descrivono un alto livello di preparazione per contrastare qualunque incertezza possa sorgere durante il gioco. Altri parlano dell'importanza di una preparazione leggera e del rendere il gioco flessibile per reagire ai suoi cambiamenti. Essendo l'autore di The Lazy Dungeon Master (il blog di Mike Shea si intitola "Il Dungeon Master Pigro"), non nego di preferire e di consigliare una preparazione più leggera che si concentri sulla flessibilità e sull'improvvisazione. Saremo però tutti d'accordo sul fatto che un po' di preparazione sia necessaria. Per esperienza posso dire che anche il master più pigro può trarre vantaggio dal preparare degli elementi per la sessione successiva che lo aiutino a masterare un gioco divertente e fluido. Alcune fasi di questa preparazione leggera possono essere: Ripassare i personaggi. Preparare un ottimo inizio. Preparare segreti ed indizi. Preparare luoghi fantastici. Esaminare mostri che si adattino alla situazione. Preparare oggetti magici come premio. WORLDBUILDING Il 9% del campione suggeriva anche l'importanza di costruire un mondo ricco. Il worldbuilding (la creazione del mondo di gioco, NdTraduttore) dava ai master il materiale necessario quando i personaggi prendevano inaspettatamente un percorso secondario. Più i master conoscevano il loro mondo e i suoi dettagli, più era reale per loro e per i loro giocatori a prescindere dalla situazione. Dal momento che non si addice granché al concetto di “lazy dungeon master” ("dungeon master pigro"), ho spesso evitato di approfondire l'argomento del worldbuilding, lasciandolo agli esperti, ma molti DM trovano che il worldbuilding sia un'attività utile e molto divertente. Quante occasioni abbiamo di fuggire dalle nostre vite ordinarie coi nostri problemi ordinari e scappare verso un intero universo che possiamo tirare fuori dalla nostra immaginazione senza limiti? Il worldbuilding si ricollega anche al consiglio menzionato per circa il 7% delle volte sul fornire descrizioni evocative durante la narrazione. Per catturare l'immaginazione dei nostri giocatori bisogna evocare immagini fantastiche. Più queste immagini sono state sviluppate in anticipo, più semplice sarà evocare descrizioni fantastiche quando ne abbiamo bisogno. Sly Flourish's Fantastic Locations (I Luoghi Fantastici di Sly Flourish, NdTraduttore) si concentra molto su questo punto. ABILITÀ FORMIDABILI DA ACQUISIRE NEL CORSO DI TUTTA LA VITA Rovistare tra centinaia (e migliaia) di consigli per DM ci aiuta a riconoscere gli elementi che per molti di loro hanno maggior valore nei rispettivi giochi. Anche se ognuno di noi può avere un modo di rendere fantastico il proprio gioco che è unico, è sicuramente utile vedere quali metodi hanno funzionato così bene per così tanti altri DM. Ecco una lista ridotta all'osso dei consigli di migliaia di master: Siate preparati ad improvvisare. Concentratevi sui giocatori e sui loro personaggi. Tenete d'occhio il pacing del vostro gioco. Evocate PNG indimenticabili e mondi fantastici. Link all'articolo: https://slyflourish.com/study_of_dm_tricks.html Visualizza articolo completo
  15. Strumenti per i Nuovi DM Parte 1 - Cominciare con il botto Strumenti per i Nuovi DM Parte 2 - Strumenti per i nuovi Dungeon Master Strumenti per i Nuovi DM Parte 3 - Improvvisazione per i nuovi Dungeon Master di D&D Articolo di Mike Shea dell'8 ottobre 2018 In questo articolo approfondiremo uno degli aspetti più ardui che si incontrano quando si mastera un'avventura di D&D: costruire incontri di combattimento. Questo articolo va letto di pari passo al mio articolo originale Building Encounters in Fifth Edition Dungeons & Dragons. In quell'articolo ci sono tabelle e schemi per aiutarvi a scegliere il giusto numero di mostri per una certa situazione. Un modo ancora più semplice di determinare incontri mortali lo trovate in The Lazy Encounter Benchmark, a Simple Measure for D&D Encounter Deadliness. Vi lascio qui un breve riassunto di come questo articolo approccia la costruzione di incontri: Lasciate che gli incontri si sviluppino dalla storia, dalla situazione, dalle azioni dei personaggi. Non dobbiamo definire preventivamente degli incontri come “combattimento”, “interpretazione” o “esplorazione”. Dobbiamo semplicemente preparare la situazione e lasciare che siano i giocatori a decidere come interagire. Scegliete un tipo e un numero di mostri che abbia senso nella situazione. A volte si potrebbe trattare di due guardie addormentate all'entrata di una caverna. Altre volte potrebbe essere un'intera brigata di hobgoblin. Date ai personaggi degli appigli perché possano scegliere tra diversi modi di approcciarsi alla scena. Tenete gli occhi aperti per evitare incontri inaspettatamente mortali. Cercate di capire il rapporto approssimativo tra il grado di sfida dei mostri e i livelli dei personaggi. Ricordate che in generale è più facile affrontare pochi mostri rispetto a tanti mostri. Usate strumenti come le tabelle di Xanathar's Guide to Everything se non siete sicuri. Soprattutto, siate gentili coi personaggi di livello 1. Sono estremamente pappemolli. Quand'è necessario, aggiustate l'incontro durante il gioco. Cambiate gli HP nel range dei Dadi Vita. Aumentate o diminuite il danno. Aggiungete o togliete mostri. Mescolate gli incontri perché il gioco resti vivo. Aggiungete terreni interessanti o caratteristiche fantastiche. Buttate addosso ai personaggi un po' di incontri sia facili che difficili. Usate orde di mostri. Approfondiremo tutte queste cose nel corso dell'articolo. SVILUPPATE INCONTRI A PARTIRE DALLA STORIA Dungeons & Dragons divide le scene in tre tipi di gameplay: interazione con i PNG e interpretazione, esplorazione e combattimento. Nella lingua di D&D, tutti questi tipi di scene sono considerati “incontri”. Non è necessario definire a priori alcune scene come una di interpretazione, di esplorazione o di combattimento. Possiamo invece preparare la situazione e lasciare che siano i giocatori a decidere come approcciarla. Potrebbero attaccare il bugbear leader dei goblin direttamente. Potrebbero provare a negoziare con loro. Potrebbero avvicinarsi di soppiatto attraverso lo scarico dei rifiuti e provare ad origliare i piani del bugbear. Non è detto che sappiamo cosa decideranno di fare i giocatori quando si buttano in un incontro, e non saperlo è parte del divertimento. È normale dividere la nostra avventura in un determinato numero di incontri di interpretazione, di esplorazione e di combattimento, ma prendete in considerazione l'idea di lasciare da parte queste categorie e sviluppare semplicemente delle situazioni. Queste situazioni prevedono che succedano cose interessanti con cui i personaggi possono avere a che fare, ma non dobbiamo sapere come ci interagiranno. Ovvio, alcune scene propendono per una cosa o per l'altra. Certo, quando un'orda di goblin attacca un carro pieno di felici famiglie di fattori (FFF), i personaggi dei giocatori non si metteranno ad analizzare delle rocce. Tuttavia, molto spesso noi DM possiamo solo preparare il palcoscenico e lasciare che i giocatori recitino all'interno della scena come vogliono. Molto del divertimento in D&D dipende da questo. SCEGLIETE DEI MOSTRI ADATTI ALLA SITUAZIONE Come abbiamo detto prima, il tipo di incontro che ha luogo dipende dalla storia e dalla situazione. Lo stesso vale quando scegliamo dei mostri. Scegliete dei mostri adatti alla situazione. Un accampamento militare di hobgoblin che sia realistico potrebbe avere venticinque hobgoglin e cinquanta goblin. Magari non partiranno tutti alla carica contro i personaggi allo stesso tempo, ma sono queste le dimensioni di un accampamento militare. Una singola pattuglia di hobgoblin potrebbe consistere di sei hobgoblin e un capitano. Un gruppo armato potrebbe consistere di venti goblin, dodici hobgoblin, due capitani e un signore della guerra. Non cerchiamo di equilibrare questo accampamento militare con i personaggi. Queste sono le dimensioni dell'accampamento, della pattuglia e del gruppo armato a prescindere dai personaggi. Spetta a loro decidere come occuparsi una piccola pattuglia o affrontare il gruppo armato. A volte i personaggi potrebbero circondare due hobgoblin che erano andati ad esaminare un'antica statua nanica. Altre volte i personaggi si potrebbero ritrovare sopraffatti da due dozzine di hobgoblin e due capitani a cavallo di worgs coperti di ferite. È la storia a guidare gli incontri. DETERMINARE INCONTRI MORTALI La maggior parte dei DM vuole avere una vaga idea di quanto potrà essere difficile un incontro. Un gruppo di personaggi di livello 17 non avrà chissà quali problemi a spazzare via dalla faccia di Faerun questo accampamento militare, ma un gruppo di personaggi di livello 4 che incappa all'improvviso in un intero gruppo armato potrebbe essere spacciato. Prima che un incontro si trasformi in un combattimento, è utile sapere all'incirca qual è potenzialmente la sua difficoltà. Questo ci aiuta a guidare la situazione e ad offrire altre opzioni ai giocatori prima che si trasformi in un total-party-kill (TPK) a sorpresa (per chi non lo sapesse, il TPK è l'uccisione di tutti i personaggi del gruppo in un colpo solo, NdTraduttore). Capire la difficoltà di un incontro è complicato e può creare grossi problemi ai nuovi DM. Solitamente, un nuovo DM mette i personaggi contro dei mostri che sono fin troppo difficili da battere e uccide inavvertitamente il party. I TPK accidentali in D&D succedono con molta più probabilità al livello 1 rispetto ad ogni altro livello. Chiunque pensi che una battaglia tra un gruppo di personaggi a livello 18 contro Tiamat sia difficile non ha visto cosa succede quando personaggi di livello 1 combattono contro troppi sciami di ratti. Prima di ogni altra cosa, siate gentili coi personaggi di livello 1. Per quanto pappemolli possiate pensare che siano, lo sono di più. Se volete buttare dei mostri addosso ai vostri personaggi di livello 1, scegliete meno mostri di quanti siano i personaggi (magari uno per ogni due personaggi) e assicuratevi che abbiano un livello di sfida di ¼ o meno. Anche due o tre banditi con un livello di sfida di ½ possono fare piazza pulita di personaggi di livello 1. Siate gentili con questi poveri avventurieri così giovani e avrete altri 19 livelli di squisito dolore da infliggere. Nella Guida del Dungeon Master si trovano istruzioni dettagliate per costruire incontri di diverse difficoltà. Sono le linee guida che usano gli stessi della Wizards of the Coast per progettare mostri e bilanciare incontri di combattimento. Vi suggerisco di ignorare queste linee guida. Sono troppo complicate, portano via un sacco di tempo e di solito non danno comunque i risultati che cerchiamo. In un fantastico episodio di Dragon Talk, Jeremy Crawford, Designer capo di D&D ed esperto di regole, scende nel dettaglio di queste regole e spiega che l'obiettivo principale non è quello di “bilanciare” gli incontri, ma aiutare i DM a calibrare la difficoltà di un incontro di combattimento, specialmente se è mortale. I calcoli della Guida del Dungeon Master ci possono dare questa stima approssimativa, ma possono funzionare allo stesso modo anche diversi altri metodi più semplici. Vi offrirò tre diversi metodi per determinare se un incontro è mortale o meno e siete liberi di scegliere quello che vi piace di più. Due di questi metodi usano gli stessi calcoli base della Guida del Dungeon Master ma sono più semplici da usare. Innanzitutto, la Xanathar's Guide to Everything include un set di linee guida e tabelle decisamente migliorate per determinare la difficoltà dell'incontro. Anziché tentare di calcolare l'equilibrio dell'incontro in base alla quantità di esperienza, difficoltà e il numero dei mostri, la Guida di Xanathar comprende delle tabelle a cui possiamo fare riferimento per determinare il numero equivalente di mostri per personaggio in base allo specifico livello del personaggio e al grado di sfida del mostro. In secondo luogo, vi offro alcune regole generali che potete tenere a mente per darvi un'idea approssimativa di quanto un incontro possa essere o meno mortale. Ci vuole un po' di impegno per memorizzarlo, ma una volta impresso nella vostra mente, non vi serviranno altre tabelle o strumenti che questo per calibrare la difficoltà di un incontro. Questo metodo compara il grado di sfida dei mostri col livello dei personaggi. Per ultimo, potete semplicemente improvvisare. Più farete esperienza con D&D (i mostri, le meccaniche e le capacità dei personaggi) più troverete semplice stabilire la difficoltà di un incontro da soli. Ovviamente, sono tante le cose che cambiano durante un combattimento, ma mano a mano che masterizzerete avventure diventerete più bravi nello stabilire la difficoltà senza alcun tipo di formule o tabelle. Molti DM navigati ignorano ogni tipo di regole per bilanciare gli incontri e fanno una stima della difficoltà di ogni dato incontro. CONFRONTARE IL GRADO DI SFIDA COL LIVELLO DEL PERSONAGGIO È importante capire quello che il grado di sfida di un mostro rappresenta. Secondo il Manuale dei Mostri, un gruppo di quattro personaggi dovrebbe essere in grado di sconfiggere un mostro con un grado di sfida uguale al livello dei personaggi. Quindi, un gruppo di personaggi di livello 2 dovrebbe essere in grado di sconfiggere un orco con Grado sfida 2. Se decodifichiamo i calcoli di costruzione degli incontri che troviamo nella Guida del Dungeon Master, possiamo comprendere alcuni altri tipi di relazione tra il grado di sfida e il livello dei personaggi. Questi confronti presuppongono un combattimento che non è proprio mortale, ma ci va vicino. Un singolo mostro può più o meno eguagliare un singolo personaggio se il suo grado di sfida è più o meno ¼ del livello del personaggio. Il grado di sfida sale a ½ oltre il livello 4. Un mostro può più o meno eguagliare due personaggi se il suo grado di sfida è più o meno ½ del livello dei personaggi. Il grado di sfida sale a ¾ sopra il livello 4. Due mostri possono più o meno eguagliare un singolo personaggio se il grado di sfida dei mostri è più o meno 1/10 del livello dei personaggi. Il grado di sfida sale a ¼ sopra il livello 4. Ecco uno schema che può aiutare. Viene dal Lazy DM's Workbook, che va a braccetto con Return of the Lazy Dungeon Master. Ogni incontro al di sopra di questi numeri, per quanto riguarda la quantità dei mostri e il loro grado sfida a confronto col livello dei personaggi, potrebbe potenzialmente essere mortale. In ogni caso, questo sistema non vi può dare una visione totalmente accurata di come andrà una battaglia. Ci sono troppe variabili che determinano la difficoltà di un incontro di combattimento. Queste variabili comprendono l'esperienza dei giocatori, la sinergia delle classi dei personaggi, quante battaglie hanno già affrontato i personaggi, l'ambiente in cui combattono e, ovviamente, il tiro dei dadi. Perciò, ogni linea guida che decidete di usare per aiutarvi a capire la difficoltà degli incontri non sarà totalmente accurata. Dovrete invece valutare da soli vedendo come se la cavano i personaggi in vari tipi di combattimenti nel corso di un'avventura o di una campagna. A volte dovrete fare un passo indietro e rendere le battaglie più facili. Altre volte dovrete aumentare il numero di mostri per mettere alla prova i personaggi. Più esperienza metterete in saccoccia masterando combattimenti in D&D e meglio capirete le capacità dei personaggi, più facile diventerà vedere cosa i personaggi riescono a gestire e prendere i dovuti accorgimenti AGGIUSTARE LA DIFFICOLTÀ DEGLI INCONTRI AL VOLO I DM nascondono un segreto vergognoso. Siamo tutti dei bari e dei bugiardi. Tuttavia, bariamo e mentiamo perché il gioco sia divertente e i giocatori lo apprezzino. Per esempio, possiamo variare gli HP di un mostro a seconda di come sta andando la battaglia. Se i personaggi stanno faticando oppure semplicemente la battaglia è troppo difficile, possiamo ridurre il numero degli HP di un mostro. Se i personaggi stanno facendo a fette i mostri con troppa facilità, potremmo aumentare gli HP per alzare il livello di sfida. Finché cambiamo gli HP all'interno del range del Dado Ferita di un mostro, tecnicamente non stiamo barando. Per esempio, un orco ha una media di 59 HP e i suoi Dadi Ferita sono 7d10 + 21. Perciò, ogni orco potrebbe avere tra i 28 ed i 91 HP. Un mostro più grosso potrebbe avere 90 HP ma i più deboli potrebbero averne solo 40. Non dobbiamo fare questi cambiamenti in anticipo. Possiamo cambiare gli HP durante la battaglia per stare al passo col ritmo frenetico del gioco. Allo stesso modo, possiamo modificare leggermente il danno di un mostro. Come gli HP, abbiamo una quantità media di danno e un'equazione di danno. Se vogliamo, possiamo aumentare il danno che il mostro infligge fino al massimo del range di quel dado e rimanere all'interno delle regole. Allo stesso modo, un colpo può togliere meno se ci rendiamo conto che i mostri stanno facendo molto più danno di quanto ci aspettassimo. Infine, possiamo aggiungere o togliere mostri per regolare un combattimento. Magari potrebbero arrivare di corsa sei hobgoblin in più quando sentono che i loro compagni sono sotto attacco. Magari due degli hobgoblin fuggono per chiedere aiuto o vengono distratti da un terzo party. Tutte e tre le tecniche ci danno delle scale di misurazione alle quali ci possiamo rivolgere per cambiare la difficoltà di un combattimento mentre ha luogo. Non vogliamo fare cose come questa di continuo, ma se le cose non stanno andando bene e il fattore divertimento del gioco sta venendo meno, le opzioni ci sono. AGGIUNGETE TERRENI INTERESSANTI E CARATTERISTICHE FANTASTICHE Sei hobgoblin in un campo aperto non è così interessante. Quattro hobgoblin e i quattro worg che cavalcano che hanno allestito un campo attorno ad un antico arco d'entrata nanico è più interessante, soprattutto se quell'arco d'entrata sprizza di energia arcana e sinistra. Quando sviluppiamo le scene nella nostra avventura, possiamo aumentarne la consistenza aggiungendo terreni interessanti o caratteristiche fantastiche. Il capitolo 5 della Guida del Dungeon Master include due tabelle di monumenti e ambientazioni strane che possiamo usare come ispirazione per alcune caratteristiche fantastiche da includere nei nostri incontri di combattimento. L'appendice A della Guida del Dungeon Master include anche tabelle simili per le caratteristiche dei dungeon. Descriverle può dare ai vostri giocatori delle idee su come usare queste caratteristiche nel combattimento, il che rende l'intera battaglia più dinamica ed eccitante. Caratteristiche del genere aggiungono un elemento di esplorazione e mistero alle nostre scene. CONSIDERAZIONI FINALI SULLA COSTRUZIONE DI OTTIMI INCONTRI Costruire ottimi incontri è un'abilità, come l'improvvisazione, che migliora mano a mano che lo facciamo. È un'abilità che possiamo continuare a migliorare per il resto delle nostre vite. Tenendo a mente alcune linee guida generali e sperimentando di scena in scena, possiamo imparare cosa funziona bene, cosa non funziona e cosa vogliamo provare in futuro. Link all'originale: https://slyflourish.com/new_dms_guide_to_encounters.html
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