
-
Riflessioni sul Drago #19: La Battaglia delle Convention
Sistema abbastanza tradizionale, insomma. Del mio purtroppo non ricordo i dettagli, dovrei andare a frugare tra le scartoffie del periodo. Se non ricordo male c'erano pochi limiti per la memorizzazione (il mago teneva a mente una grande quantità di incantesimi) e il costo per un incantesimo di livello molto alto (nono?) arrivava intorno ai 50 PM. I punti magia erano più o meno calcolati perché al livello di introduzione di un nuovo livello di incantesimi si potesse lanciare uno (o pochi) incantesimi del massimo livello, lasciando però più avanzo possibile. Per esempio se un incantesimo di sesto livello costava, che so, 15 PM, il mago di dodicesimo aveva poco meno di una trentina di PM (non sempre però, soprattutto ai bassi livelli).
-
Dungeon Letali #24: Spauracchi
mi sa che in questo caso il DM deve sperare che i giocatori non usino il retino...
-
Riflessioni sul Drago #19: La Battaglia delle Convention
@firwood Vabbè, parliamone qui allora! Anche io non ho mai digerito il sistema vanciano e nel tempo ho esplorato vari sistemi di cui ovviamente non ricordo nulla. Da quel che ho capito tu fai una semplice conversione degli slot in punti magia, quindi se per esempio io lancio 4 incantesimi di 1°, 2 di 2° e uno di 3°, 4x1 + 2x2 + 3x1 = 4+4+3 = 11 PM, o qualcosa del genere, giusto? A me di questo genere di sistemi non piaceva il fatto che permettessero di lanciare molti incantesimi del massimo livello. La soluzione che avevo adottato faceva aumentare esponenzialmente il costo in Punti Magia degli incantesimi al salire di livello. Il "prezzo" di tale soluzione era che rendeva possibile lanciare un'enorme quantità di incantesimi dei livelli inferiori, e tutto sommato mi andava bene per l'idea di mago che avevo, anche se come dicevo in precedenza si sposava male con il funzionamento degli incantesimi delle vecchie edizioni di D&D il cui potere aumentava "gratuitamente" con il livello del personaggio.
-
Riflessioni sul Drago #19: La Battaglia delle Convention
Il problema è che le caratteristiche calano abbastanza in fretta non appena si comincia a masticare incantesimi di un certo livello, lanciare magie diventa davvero logorante. Considerato poi che si è vincolati a specifiche scuole di magia (l'idea del sistema è che i maghi siano molto "settari" e usino gli incantesimi per cui hanno caratteristiche più adatte), spalmare le fatiche tra le varie caratteristiche non è un'opzione molto valida. Se ad uno piace complicarsi la vita (per esempio giocando in un'ambientazione dove la magia è rara, difficile e potente), è un sistema interessante. Non certo per giocare il classico D&D però, come dice firewood, diventa troppo complicato. Manca come dicevo un adattamento al livello. Si potrebbe creare un pool di punti magia esauriti i quali si comincia a consumare le caratteristiche, ma per essere in sintonia con il sistema dovrebbe essercene uno per ogni caratteristica, altrimenti si va a perdere il principio su cui è basata la regola. PS: anche io ho usato per molti anni un sistema di punti magia, ma ho trovato sempre molto difficile far quadrare le cose in D&D. In 5E diventa più facile perché gli incantesimi non migliorano con il livello del mago ma usando uno slot di più alto livello, il che li rende molto più adatti ad essere usati con i punti magia. Ma ti dirò, il sistema della 5E è già una sorta di ibrido tra quello vanciano e quello dei PM, quindi alla fine ho sentito molto meno l'esigenza di cambiare le cose e lo sto tenendo così com'è. Sarebbe interessante aprire una discussione sui punti magia, per confrontarci sui vari metodi.
-
Riflessioni sul Drago #19: La Battaglia delle Convention
Ok, letto. Beh la classificazione non è dissimile a quelle delle scuole di magiache verranno usate in seguito. Il sistema di gestione invece cambia, con il "consumo" delle caratteristiche (con la caratteristica da utilizzare che cambia in base al tipo di incantesimo... sistema tutto sommato interessante per dare valore a tutte le caratteristiche), sia per l'acquisizione di nuovi incantesimi, basata su quelli già conosciuti e usati dello stesso tipo. Qualcosa di simile alle liste di GiRSA/RoleMaster. Il sistema pare un po' "statico", non si adatta all'avanzamento di livello, sia per il consumo delle caratteristiche che sulle possibilità di fallire un incantesimo. Credo ci voglia poco però ad adattarlo. Se piace, alla fine credo lo si possa utilizzare su un'ambientazione apposita dove si vuole che la magia funzioni in quel modo, mentre mi sembra più difficile che venga utilizzato come sistema di magia generico sostituendo quello di base.
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Secondo me non si concentra su certi tipi di storie, ma su un certo tipo di gioco. Che poi è anche mutato nel tempo: il combattimento tattico, sebbene ci sia sempre stato, ha acquisito maggiore importanza con il d20 system, che ha però il pregio di aver fatto un certo ordine nella cozzaglia eterogenea di regole precedenti. Quando dico che nella 5E le meccaniche sono a supporto ma non dominanti intendo dire che non sono pensate per fare le cose al posto del giocatore (vedi esempio che avevo fatto sopra) ma di creare un sistema a maglie larghe che gestisca la situazione in generale in quella parte del processo decisionale che va al di la delle cose gestibili dal giocatore. Ecco, qui mi trovi piuttosto d'accordo. Per come la vedo io, i tiri abilità servono solo per non assegnare dei successi automatici alle attività dei giocatori. Per capirci, se il giocatore dice di osservare bene l'ambiente circostante in cerca di nemici, o assegni un successo automatico (se ci sono li vede... questo può c apitare in caso di situazioni abbastanza banali ed evita il tiro di dado) o hai bisogno di un meccanismo che determini se l'attività intrapresa dal personaggio ha avuto successo o meno: qui entra in gioco il tiro di abilità. In 5E fanno eccezione i tiri passivi, che è una meccanica a se. Sarà che siamo un po' vecchia scuola, ma noi in generale ci troviamo ad usarli davvero poco. Escludendo la sesta, che come detto non mi piace, l'escamotage narrativo delle altre due può andare bene se occasionale, altrimenti diventa abbastanza ridicolo. In generale lo userei solo in quelle situazioni che già so possono presentarsi molto, molto raramente, e nello specifico me lo terrei buono non per giustificare le decisioni libere del giocatore ma per giustificare un tiro di dado particolarmente fortunato.
-
Riflessioni sul Drago #19: La Battaglia delle Convention
Ed è un peccato secondo me, alcune delle avventure più belle e ragionate che ho letto fanno parte di questa categoria. Oltretutto è anche molto divertente da giocare, ogni tanto fa bene staccarsi dal solito personaggio a lungo termine a cui si è estremamente effezionati e giocare tanto per giocare e basta. Su questo sarebbe stato intgeressante spendere qualche parola in più, giusto per sapere di cosa si trattava. Mi ha incuriosito, ma detto così è davvero troppo generico anche per farsi solo un'idea. Qualcuno in possesso dell'albo ha idea di cosa stesse parlando?
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Ma anche questa è una scelta, non necessariamente una mancanza. Per farti un esempio, se c'è qualcosa che ho imparato dal gioco di ruolo dal vivo è che un buon gioco è quello che inserisce delle meccaniche solo dove servono. Nei D&D moderni esistono delle meccaniche, ma sono a supporto dell'azione dei giocatori e non la dominano. È una scelta di compromesso, ed è anche la madre di tutte le discussioni sulla questione. Non creare meccaniche dominanti non significa essere poco interessati a quel tipo di gioco, significa voler incentivare la partecipazione dei giocatori e ridimensionare quella del dado. Poi naturalmente ognuno agisce in base alla propria sensibilità e alle proprie preferenze, anche scegliendo giochi più adatti al proprio stile.
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Capisco il punto, ma la "meccanica apposita" di D&D è proprio quella di far lavorare il cervello dei giocatori per risolvere le problematiche. Quindi credo che farlo sia proprio giocare a D&D, probabilmente nella sua accezione più profonda. Credo però che la tua visione sia un po' "utopica", non è possibile separare così nettamente l'inteligenza del personaggio da quella del giocatore perché in ogni caso sarà il giocatore a fare se scelte per il personaggio. Se non sarà la risoluzione dell'enigma, sarà qualche altra cosa che richiede comunque arguzia, ragionamento, intuizione, tutte doti del giocatore. Il modo in cui io gestisco questa dicotomia è considerare il punteggio alto di intelligenza non come una generale genialità ma come la rappresentazione di certe doti intellettive, per esempio la memoria fotografica, la rapidità di apprendimento o le capacità matematiche, lasciando i ragionamenti al giocatore. Del resto sappiamo bene che il mondo è pieno di persone con alto QI che fanno pessime scelte, per cui la cosa non si contraddice.
-
Jeremy Crawford lascerà il team di D&D entro la fine del mese
Certo, a volte capita. Però anche nella contraddizione ci sono spunti di riflessione che possono aiutare a scegliere la propria strada e comunque fanno emergere, come dicevo, l'intenzione dietro la regola (che poi non sempre si trasforma in una regola che riesce a concretizzare tale intenzione).
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Eheh questo era chiaro, speravo in qualche esempio per capire meglio. Ma mi sa che gli esempi li hai fatti qualche riga più in basso, quindi credo di aver capito quel che intendevi. Considera però che certi vincoli non sono scritti esplicitamente ma traspaiono da passaggi ed esempi nel regolamento. Altre volte ci sono ma si riducono a consigli. Altre volte li si da per scontato, magari perché sono diventati un'idea consolidata all'interno di una certa community o un certo filone di gioco di ruolo. L'idea di interpretare personaggi con intelligenza bassa come non particolarmente brillanti è sicuramente un aspetto considerato normale in certe fasi della storia di D&D e non vorrei ricordare male ma in qualche manuale apparivano tabelle che confrontavano il punteggio di intelligenza con una certa capacità intellettiva. Se ci pensi anche il limite di alcuni incantesimi di fascinazione che non funzionano con esseri dotati di un basso punteggio di intelligenza, sopravvissuto anche nelle ultime edizioni, è legata al fatto che si considera il punteggio uno specchio delle capacità intellettive della creatura. Beh, secondo me ognuno è libero di fare quel che vuole a prescindere. È il bello dei giochi di ruolo. Fai quel che ti diverte e modifichi le regole (che fortunatamente non sono le tavole della Legge) per poterlo fare. Io non mi priverei mai di un ottimo regolamento solo perché al suo interno i creatori hanno scritto, che so, che solo la prima persona è ammessa mentre io ritengo che non sempre sia adeguata al gioco che ho in mente.
-
I Mondi del Design #99: Le Grandi Dicotomie nei GDR
Mi piace questo articolo che fa il punto della situazione, un po' ti spinge a pensare a come si è piazzati all'interno delle ampie possibilità offerte dal gioco di ruolo. Io su alcune dicotomie ho una posizione abbastanza netta, su altre non ho una preferenza e mi possono andare bene entrambi gli opposti a seconda della situazione. In altri casi la ritengo una questione secondaria, magari ho una preferenza ma posso adattarmi senza problemi. A volte ritengo che la virtù stia nel mezzo.
-
Jeremy Crawford lascerà il team di D&D entro la fine del mese
Secondo me l'idea dei Sage Advice è molto buona. Magari ogni tanto incappa in qualche problema (ho molto raramente visto contraddizioni, più che altro erano interpretazioni o specifiche), ma in generale trovo sia migliorativo. Per forza di cose è impossibile far uscire un manuale perfetto, e ci si accorge troppo tardi che certe cose sono soggette ad interpretazione o vengono fraintese frequentemente. Per lo meno con i Sage Advice si aveva un'idea più chiara di quali fossero le intenzioni dietro la regola. La pecca principale è che si era creata una tale massa di postille che alla fine la maggior parte dei giocatori ne usava solo una piccola parte, però per lo meno avevano una risposta ai dubbi in quelle situazioni in cui si era creata qualche discussione.
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Oddio, facciamo che ti faccio direttamente il primo esempio che mi viene in mente. Non ricordo se mi sia capitata o meno una situazione simile, ma dovrebbe andare lo stesso. Spero,. È giusto il primo che mi viene in mente, non ci ho riflettutto troppo. Un giocatore interpreta un PG con intelligenza bassa e ritiene che il suo personaggio debba essere stupido, Si comporta da stupido ma nei momenti giusti agisce in modo non stupido, facendo emergere una certa intelligenza. E fin qui va bene, a parte il fatto che gli altri penseranno che in reatà tanto stupido non è e che di conseguenza il personaggio "ci fa". Poniamo ora che questo personaggio venga affascinato da un incantesimo, che gli impone un certo livello di "sincerità". Il giocatore ritiene il suo personaggio stupido, e quindi si comporterà come tale (mgari risultando poco utile per chi l'ha affascinato). Ma questo rompe l'idea che "ci fa" che era emersa in precedenza. Quindi il personaggio è stupido o no? Stavolta non si può dire che sia quel che emerge dal suo comportamento, perché il suo comportamento non è più giustificabile in modo sensato. Non credo di aver capito bene a quali parti del regolamento ti riferisci. Oltretutto molti regolamenti, per mantenersi il più "generici" possibile (e quindi adatti ai diversi tipi di gioco) non vincolano in alcun modo il modo di interpretare il personaggio, magari si limitano a dare dei consigli, ma niente di più. Si affidano, diciamo, al fatto che si tratti di un GdR e la gente sappia cosa significhi o ne danno una spiegazione sommaria come introduzione.
-
Guida all'interpretazione #4: Ci vuole un genio?
Ecco, questo è l'approccio a cui mi riferivo, e a mio parere è "sbagliato". Tra virgolette, perché ognuno come dicevo fa quel che vuole. "Sbagliato" perché svilisce il gioco, rendendo l'avanzamento dei personaggi nell'avventura qualcosa di meccanico, che si può fare a cervello quasi spento. "Sbagliato" perché credo sia una cattiva intepretazione delle regole, causata dal fatto che queste (per lo meno in 5E) non siano state scritte in modo sufficientemente esplicito. Emerge però chiaramente dagli esempi forniti. Prendiamo l'abilità di indagare: se vai a leggere gli esempi si tratta di casi in cui vengono messe in gioco le conoscenze del personaggio e le sue percezioni, non del giocatore. Non si possono cioè prentendere dal giocatore (e dal DM) conoscenze da anatomo-patologo per fargli deterninare quale arma ha inflitto una certa ferita, qui un tiro di abilità è la scelta opportuna. Se poi si vuole anche dare una sfida al giocatore in molti casi si può fare: ripendendo l'esempio della macchina Enigma non possiamo certo pretendere che il giocatore decifri davvero il codice, in gioco non ne ha ne la conoscenza ne l'opportunità, ma possiamo inserire una sfida "parallela" per il giocatore che consiste nello scoprire o nell'intuire che ogni messaggio termina con lo stesso saluto, rendendo accessibile la possibilità di decifrarla e quindi di effettuare la prova di caratteristica. Possiamo farlo anche con la ferita citata sopra: se il giocatore si pone il problema di capire quale arma l'abbia inflitta possiamo fargli fare il tiro di abilità, senza dargli questa informazione in automatico in seguito ad un tiro fatto fare senza che il giocatore abbia dovuto fare o intuire nulla. Questo è un tipo di approccio che io consiglierei perché si mantiene all'interno delle regole dell'edizione e mantiene alta la sfida per i giocatori.