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innsmouth

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  1. innsmouth

    Ash

    Come sempre i vostri pareri commenti e critiche sono apprezzati! L’oscurità del bosco notturno era infranta da nove piccole luci. Erano nove candele portate da altrettanti uomini incappucciati, che camminavano in circolo attorno a delle rune mistiche disegnate sulla terra. Quelle rune raffiguravano un essere che aveva delle fattezze umane ed inoltre c’erano altri simboli che sembravano stelle e altri ancora che sembravano pianeti e corpi celesti e alcuni di essi erano collegati fra di loro tramite degli archi tracciati per terra che parevano arcobaleni. Le tuniche di quelle persone erano scure come l’oscurità che avvolgeva il resto del bosco, erano completamente coperti da quelle tuniche e si potevano soltanto vedere le mani con cui portavano le candele. Anche i loro visi incappucciati erano indistinguibili e solo la lunga barba che usciva fuori ed era illuminata dalle candele faceva intuire che si trattava di uomini. Altre tre figure erano in disparte a osservare. Una di loro aveva un libro aperto tra le mani. Il suo abito era quello più sfarzoso, aveva rifiniture dorate e una stella rossa ricamata sul davanti. Inoltre aveva la testa calva scoperta, con il cappuccio che gli cadeva sulle spalle, ma un tatuaggio raffigurante quella stessa stella ricamata sulla tunica era disegnato sul suo capo. Il suo viso era segnato da una cicatrice che gli attraversava la fronte e gli arrivava fino alla guancia sinistra, gli zigomi erano alti e sopra ad essi due occhi cremisi dallo sguardo alieno fissavano i compagni. Gli altri due invece avevano i volti coperti ed erano del tutto simili a quelli che camminavano in circolo a parte per delle ricamature sulle spalle che lasciavano intendere una gerarchia di grado superiore rispetto agli altri nove ma inferiore a quello con il cranio tatuato. Essi erano i monaci delle terre di Asher. Tylle, quello senza cappuccio, era il monaco supremo, l’unico che aveva accesso al libro sacro, il Resha, dove gli incantesimi inventati cinquemila anni prima erano conservati senza che se ne fosse stato fatto mai uso, ma qualcosa stava per accadere... «Ora possiamo procedere» disse Tylle, e i monaci che camminavano in circolo si fermarono. «Mahjr, Vhor ponete la polvere del tempio sulle rune.» A quest’ordine gli altri due monaci che stavano accanto a Tylle presero dei sacchetti dalle loro tasche e entrarono nel cerchio formato dagli altri nove facendo attenzione a non calpestare nessuna delle rune che erano disegnate all’interno. Iniziarono a far cadere una polvere viola stranamente luccicante su quelle rune e queste si riempirono della stessa lucentezza della polvere. Raggi di luce viola schizzarono da quelle rune e arrivarono fino al cielo. Subito Mahjr e Vhor uscirono dal cerchio e gli altri nove monaci ripresero a camminare in circolo. Tylle iniziò a recitare dei versi leggendoli dal libro che aveva tra le mani. «Confini ed ombre spariranno, per combattere un tiranno. La notte sarà il ponte per il guerriero del fronte. Per lui un corpo comparirà e il più forte degli umani sarà.» Al termine di quelle parola la terra iniziò a tremare. Dove erano disegnate le rune si era andato a formare un vortice e le luci delle rune continuavano a roteare in esso. Un forte vento iniziò ad espandersi fuori da quel vortice, la terra s’innalzò e la forza del vento la modellava. Fango e pietra si mescolarono e si unirono, il vento stava dando una forma a quella poltiglia, il vento le stava dando una forma umana. Iniziò dal basso dalle gambe, poi man mano risaliva e andò a modellare il resto del corpo, le braccia e la testa. Era una forma grezza priva di particolari, sembrava più l’ombra di un uomo, fin quando un ondata di vento portentosa uscì da quella forma e le candele portate dai nove monaci che la illuminavano a malapena si spensero. «Presto una torcia!» gridò Tylle, e Vhor subito ne prese una e l'accese. Il vento aveva anche fatto cadere i cappucci agli altri cosicché si poteva vedere che Vhor e Mahjr avevano dei lunghi capelli e una lunga barba ma erano piuttosto giovani, Vhor aveva capelli e barba color rosso sangue mentre Mahjr li aveva neri gli altri nove invece portavano dei capelli cortissimi e tendevano ad assomigliarsi un po’ tutti come se fossero costretti a non distinguersi fra di loro. La cosa che si era creata aveva sorpreso Tylle e gli altri, adesso aveva tutti i particolari, era una scultura, una semplice statua con un viso soave e immacolato, capelli lunghi fino alle spalle, una lieve barba, muscoli tesi e definiti che reggevano una massiccia armatura e una spada gigante che vi era attaccata dietro. Ma era inanimata, era una statua di pietra. «Ecco è lui, colui che ci salverà, ci siamo riusciti. Dopo decine di tentativi finalmente siamo riusciti a richiamarlo.» Tylle era soddisfatto del lavoro appena compiuto. Mahjr guardava la statua con aria preoccupata. «Dobbiamo portarlo al tempio prima che qualche Tohller ci scopra» «Si, Mahjr ha ragione, se qualcuna di quelle immonde creature si trovasse nei paraggi e ci individuasse ora tutto quello che abbiamo fatto diventerebbe vano.» Aggiunse Vhor rivolgendosi a Tylle. Tylle sapeva benissimo che tutte quelle luci avevano sicuramente attirato l’attenzione di qualche Tohller, e affrontarli adesso che avevano la statua sarebbe stato troppo rischioso. Un normale colpo di mazza l’avrebbe mandata in frantumi insieme al loro sogno. Tylle si rivolse ad alcuni dei nove monaci apprendisti. «Voi quattro prendete la statua e prestate la massima attenzione, non possiamo permetterci che le accada qualcosa.» Cosi lentamente quei quattro se la caricarono sulle spalle e iniziarono a camminare. Poi Tylle allungò una mano verso il terreno. «Copri!» e la terra in disordine dove prima stavano le rune si livellò e sembrò che nessuno fosse mai stato lì. Insieme poi si avviarono verso il tempio. Il luogo dove era avvenuto quell’incantesimo era il bosco di Asher, un luogo incantato dove la magia diventava più facile da usare e da controllare, ma da quando Relemak aveva preso il potere quel bosco era diventato un luogo abbandonato dove ogni tanto vi giungevano dei Tohller per cercare del cibo. I Tohller erano delle creature mostruose dalle forme antropomorfe con una pelle viscida come quella di un serpente e denti affilati come quelli di uno squalo. Sembravano dei grossi abominevoli gorilla e da ciò si capiva che un tempo erano stati esseri umani. Il tiranno Relemak le aveva create tramite un incantesimo, trasformando le persone che aveva rapito di nascosto. Portandole nel suo vecchio nascondiglio ripeté più volte esperimenti su di loro finché non riuscì a trasformarle in queste orrende creature. Inoltre esse erano immuni agli incantesimi perché create da un incantesimo stesso. Nessuno si poteva opporre a loro. E’ cosi che Relemak aveva ucciso il Re e aveva preso il potere. Dieci anni prima aveva attaccato il castello del Re con decine di Tohller che avevano massacrato ogni essere vivente che si trovava all’interno. Relemak cercava vendetta nei confronti del Re perché per lui era il responsabile della morte di suo padre anni or sono. I Tohller obbedivano solo al loro padrone e seguendo i suoi ordini hanno massacrato il Re e la sua famiglia. Subito dopo la scomparsa del sovrano Relemak si insediò nel castello e si auto proclamò il nuovo sovrano. L’esercito della corona provò a resistergli ma ebbe la peggio contro i Tohller e i sopravvissuti non poterono far altro che obbedirgli. «Ho sentito un rumore» disse Mahjr «Da quella parte tra gli alberi.» Tylle capì subito che si trattava dei Tohller, aveva fatto un incantesimo per allontanare gli altri animali in modo che nessuno li disturbasse. «Vhor voglio che prenda tu il comando e che porti sani e salvi la statua e gli altri al tempio, io e Mahjr distrarremo i Tohller.» «Si, ma siate prudenti» replicò Vhor e incominciò ad aumentare il passo insieme agli altri che trasportavano la statua. Poi violentemente dagli alberi spuntarono due Tohller, avevano la bava alla bocca e i loro corpi erano pieni di cicatrici, segno delle innumerevoli lotte. Tylle li aveva visti e con un incantesimo sradicò alcuni alberi e li lanciò contro le creature. Una di loro fu colpita in pieno ma l’altra abilmente riuscì a schivare gli alberi e si avventò sui due facendoli cadere a terra. Stava per affondare le zanne nel collo di Mahjr quando vide gli altri monaci in lontananza che fuggivano. Allora lasciò perdere Mahjr e iniziò a correre dimenandosi verso gli altri che per fortuna si accorsero immediatamente del pericolo. I cinque che non portavano la statua tentarono di guadagnare tempo e si frapposero tra il Tohller e gli altri ma il Tohller con gli artigli affilati squarciò gli addomi di tutti e cinque i monaci che caddero riversi nel loro sangue. Vhor prese un bastone da terra e la creatura gli balzò addosso, tentò di opporre resistenza ma era troppo debole in confronto. «Presto scappate» disse rivolgendosi ai monaci. Stava per morire, era questo quello che pensava. Ma la creatura fu sopraffatta da una specie di lancia e cadde morta su Vhor. Tylle aveva creato una lancia artigianale usando un bastone e gli artigli dell’altra creatura che era riuscito ad uccidere. «Altri pochi secondi e le mie braccia si sarebbero spezzate» disse Vhor con un sospiro di sollievo, sopraggiunse anche Mahjr «La statua è ancora intatta?» chiese lui e con un cenno del capo Vhor lo rassicurò. «Presto dobbiamo andarcene da qui è troppo pericoloso e ci potrebbero essere altri Tohller in agguato, andiamo ad aiutare gli altri con la statua.» Tylle, Vhor e Mahjr raggiunsero di corsa gli altri e insieme infine raggiunsero il tempio, che si trovava sulla cima della più alta montagna delle terre di Asher.
  2. innsmouth

    Il culto di Kha

    ora apro una nuova discussione con la nuova storia
  3. innsmouth

    Il culto di Kha

    grazie per tutte le precisazioni! una cosa però non mi è chiara cosa intendi con raccontato, non mostrato?! quindi è sbagliato anche dire "se vuoi", "se puoi"?? la maggior parte sono errori che con una lettura più attenta avrei potuto correggere! la prossima volta rileggerò tutto meglio. comunque ho anche un'altra storia che sto scrivendo da un paio di anni. m'interesserebbe mandarti l'inizio per vedere che ne pensi o se devo trovare un altro passatempo!
  4. innsmouth

    Il culto di Kha

    in effetti l'ho scritto molto di fretta e presto mi è venuta voglia di chiudere la storia! se potresti essere più preciso riguardo le critiche l'apprezzerei molto
  5. innsmouth

    Il culto di Kha

    si accettano critiche e giudizi
  6. innsmouth

    Il culto di Kha

    Breve racconto fatto per fare un po' di pratica: Sinossi: Maximillian è un ragazzo di diciannove anni che invece di andare all'università di legge dove si è iscritto appena finita la scuola passa le sue giornate a giocare ai videogiochi. Ha una passione per quelli piuttosto violenti e in più adora recarsi in una vecchia sala giochi dove spesso ci va di nascosto evitando così di recarsi all'università come dovrebbe. Un giorno rompendo il suo amatissimo controller si reca nella sua sala giochi preferita dal suo amico Carlos per cercare di aggiustarlo ma Carlos sembra scomparso e al suo posto c'è un nuovo proprietario asiatico. C'è anche un nuovo cabinato nella sala giochi ed è proprio uno di quei giochi splatter che piacciono tanto a Maximillian. Ma dopo che Maximillian ha provato quel nuovo gioco iniziano ad accadere strane cose... Testo: Attacco, attacco, la combo finale! Il Boss è a terra sconfitto. Un ultimo tasto e parte il filmato. Questa immane creatura, un ciclope, viene scarneficata e ridotta in brandelli mentre il tempio inizia a crollare su se stesso. La figura oscura che ha sconfitto il ciclope si allontana in modo calmo mentre ormai del tempio non rimane che un cumulo di macerie. Maximillian aveva portato a termine un altro gioco. Quasi stufato lascia andare il controller che cade sul divano. Era un ragazzo di diciannove anni con il viso sempre imbronciato per chissà quale motivo e dei capelli arruffati a cui non dedicava un minimo di attenzione. Aveva appena terminato la scuola e si era iscritto ad un'università di legge, ma non gli piaceva andare in quel posto. Non gli piaceva andare in nessun posto, preferiva giocare a casa con i suoi videogames. Ma a dire il vero c'era un posto dove di solito si rifugiava: era una vecchia sala giochi ormai da anni sull'orlo del fallimento ma che sembrava resistere anno dopo anno e non voler chiudere mai. Maximillian la mattina scendeva di casa dicendo ai suoi genitori che andava all'università, ma in realtà era in quella sala giochi che andava. Spesso ci trovava qualche vecchio cabinato di qualche vecchio videogioco a 16-bit o anche 8-bit con cui giocare una partita veloce e perdere tempo con il commesso. Un tipo strano quel commesso vestito sempre di nero e con strani simboli sulle magliette, ma Maximillian non se ne importava. Avevano entrambi la stessa passione e forse era l'unico essere umano con cui Maximillian andasse d'accordo. Maximillian si alzò dal divano mentre sullo schermo andava in scena il gran finale ma a lui non gli interessava guardare il filmato e la fine del videogioco. Era la decima volta che lo completava, era uno dei suoi preferiti. Un gioco violento come piacciono a lui e pieno di scene splatter, lo conosceva a memoria. Era stato ossessionato da quel videogioco negli ultimi mesi. Un rumore improvviso attirò la sua attenzione, era il controller che era caduto sul pavimento mentre Maximillian si era alzato. Sembrava essersi aperto in due, Maximillian imprecò. Era l'unico controller che aveva e si era rotto. Si rimproverava di non averne mai comprato un secondo ma a lui piaceva godersi i suoi giochi da solo. Era il primo pomeriggio e i negozi erano chiusi non poteva far altro che aspettare un paio d'ore prima di andare dal suo amico della sala giochi e vedere se poteva aggiustarlo. Stava pensando anche di liberarsi del gioco appena finito, non ne poteva più, era come una droga per lui e sicuramente lo avrebbe ricominciato per l'ennesima volta se non se ne fosse disfato subito. Per far trascorrere più in fretta il tempo si mise a fare un sonnellino sul divano. Più tardi quando riaprì gli occhi si accorse che si era fatta sera. Aveva dormito più del dovuto senza accorgersene ma per fortuna non era ancora troppo tardi. Sbrigandosi ce l'avrebbe fatta a raggiungere la sala giochi prima che chiudesse. In fretta e furia senza guardarsi neanche allo specchio si precipitò fuori la porta del suo appartamento. «Max dove stai andando a quest'ora!?» Max, come lo chiamavano i suoi genitori, aveva incrociato sua madre di ritorno dal lavoro proprio mentre scendeva le scale. «Mamma vado di fretta devo andare a comprare una cosa.» Maximillian evitò di parlare della sala giochi e in più non era il tipo da mettersi a raccontare cosa faceva quando andava in giro. «Beh visto che scendi allora compra anche del latte che è finito. Ce li hai i soldi?» Chiese la madre. «Per il latte no. Ma già che ci sei dammi qualcosa anche per me!» Maximillian era sempre stato un mezzo sbandato senza aver mai fatto un lavoro in vita sua. «Ho solo questi spiccioli giusto per il latte. Ma tutti i soldi che ti da tuo padre che fine li fai fare?» Maximillian fece un sorriso pensando alla pila di videogiochi che troneggiava nella sua stanza. «Va bene. Vado e torno subito.» La mamma lo guardò che riprese a scendere le scale come una scimmia per la fretta e poi si diresse verso la porta che Max aveva rimasto aperta. «Ma che ha in testa? Se non arrivavo io non chiudeva neanche la porta...» Max con il suo passo svelto si diresse verso la sala giochi. Distava una ventina di minuti ma con il suo passo più veloce del solito l'avrebbe raggiunta prima. Quella era l'unica strada che faceva ultimamente. Il percorso era sempre il solito: casa-sala giochi, sala giochi-casa. Mentre camminava per le strade passò davanti ad un kebab a cui di solito non ci faceva molto caso. "Magari al ritorno mi faccio un bel kebab. Stò morendo di fame però c'è troppa gente, non mi va di aspettare... spero che mamma abbia preparato qualcosa di buono." Non andava matto per questi cibi da fast-food ma si ricordava che un tempo al posto di quel kebab in quel locale sorgeva una piccola macelleria e a volte andava con il padre a comprare della carne. Gli venne in mente di associare tutta quella carne morta che vedeva da piccolo in quella particolare macelleria con la sua passione per i videogiochi splatter. Si ricordò anche che il macellaio era asiatico e che assicurava sempre che la sua carne era la migliore, prima scelta, prima scelta diceva sempre. Un giorno poi la macelleria chiuse perchè non era a norma di legge. La carne non era conservata secondo gli standard e l'asiatico finì in galera. Come succedeva spesso ultimamente sorse cosi questo nuovo kebabbaro. Maximillian continuò a camminare, era quasi arrivato. Più avanti c'erano una serie di venditori ambulanti. Maximillian li odiava, per lui intralciavano il cammino di quel marciapiede stretto già di suo e non aveva mai comprato niente da quelle bancarelle, anche siccome non amava indossare accessori come occhiali, braccialetti, orecchini, sciarpe e tutto quello che c'era su quei tavoli improvvisati. Passò oltre cercando di evitare la folla che usualmente si accalcava in cerca di qualche affare. Svoltato l'angolo c'era una lieve discesa e, in una piccola traversa nascosta, la tanto agoniata sala giochi. Maximillian entrò dentro. Era come era sempre stata, da un lato i cabinati, alcuni impolveriti che stavano li da chissà quanti decennni e dall'altro il bancone con merce nuova, usata e accessori. Infatti pur di non fallire il proprietario, Carlos, la stava trasformando a poco a poco in un normale negozio di videogames. A Maximillian questo piaceva, andava in quella sala giochi da quando era piccolo e all'epoca c'erano solo i cabinati era stato proprio lui a suggerire a Carlos di espandere l'attività proprio perchè non sopportava il pensiero che un giorno potesse chiudere. Ma adesso sembrava vuota, non c'era nessuno. «Carlos ci sei? Sono Max.» Di solito Carlos stava sempre dietro al bancone o vicino ai cabinati per aggiustarli o farci una partita lui stesso. Ma adesso non si vedeva da nessuna delle due parti. Dalla porta che conduceva ad un altra stanza del locale uscì una persona. «Ciao come posso aiutare te?» Era un asiatico con dei lunghi capelli raccolti a coda di cavallo e una camicia bianca di tessuto sintetico. Max alzò il capo guardandolo confuso. «Sei nuovo? Ti ha assunto Carlos?» Max non riusciva a comprendere cosa ci faceva quell'asiatico li. Aveva chiesto più volte a Carlos se poteva lavorare anche lui in quella sala giochi ma gli affari non andavano tanto bene e Carlos non poteva assumere nessuno perchè non poteva garantire uno stipendio, doveva fare tutto da solo anche se Max qualche volta lo aiutava volentieri senza chiedere nessun pagamento. «Carlos? Carlos non più qui. Lui andato via. Io comprato negozio e io nuovo proprietario.» Rispose l'asiatico mentre stava spostando delle scatole. «Strano, non mi ha detto niente eppure ci venivo tutti i giorni qui.» Max era incuriosito da ciò che stava succedendo e aveva i suoi dubbi. «Lui parlare poco. Ora o tu compra o tu andare via.» L'asiatico sembrava piuttosto intransigente. Pareva che stesse montando un nuovo cabinato, era tutto di colore nero con delle figure demoniache rosse in trasparenza che quasi non si vedevano, sembrava proprio il genere di gioco che piace a Max che subito ci mise un occhio sopra, anche se a stento tratteneva le risate per quel modo di parlare buffo da vero "asiatico" del nuovo presunto proprietario della sala giochi. «Ok senti ho questo controller rotto lo puoi aggiustare?» «Tu fa vedere me controlle.» L'asiatico prese il controller mentre stava in ginocchio vicino al cabinato e gli diede un occhiata. «No, no.. controller andato, rotto. Tu comprare uno nuovo o andare via. Io lavorare qua. No parlare.» Aveva appena agganciato il nuovo cabinato alla presa di corrente e si lo schermo si accese. Maximillian riprese il controller e si avvicinò al cabinato. «Ok fa niente ma questo cos'è? Sembra bello. Posso farci una partita e poi vado via?» L'asiatico stava settando il nuovo cabianto e si fermò per guardarlo poi dopo qualche secondo riprese a parlare col suo modo buffo. «Tu volere provare? Ok tu prova ma tu paga.» Max si mise una mano in tasca e prese qualche spicciolo ma mentre li stava per inserire nel cabinato si accorse che non c'era nessuna fessura per le monete. «Ah ah ah ah ah.» L'asiatico fece una goffa risata. «Tu dare me soldi. Cabinato costruito io ma ancora incompleto. Non c'è ancora ingresso per moneta. Ma tu no giocare gratis, tu pagare me.» Maximillian gli porse la mano. «Ecco tieni.» Ma l'asiatico non sembrava convinto. «No. Tu dare me banconota che pende da tua tasca.» Indicò con il dito il pezzo da dieci che Max aveva fatto penzolare senza accorgersene dalla sua tasca mentre aveva preso le monete. Il pezzo da dieci lo aveva portato per farsi aggiustare il controller non per farsi una partita ad un vecchio cabinato. «Dieci!? Ma spero proprio che se li merita.» Max sapeva che se non si sarebbe divertito non avrebbe più messo piede in quel negozio anche perchè quell'asiatico stava iniziando a diventargli antipatico, però era troppo interessato a provare quel nuovo cabinato. Gli diede la dieci mentre l'asiatico sorrideva sbeffeggiandolo. «Ok come parte questo coso?» «Non sapere tu come usare? Tu prema pulsante rosso.» Max premette il pulsante rosso e il gioco si avviò. Dall'intro sembrava essere un beat'em up a scorrimento come quelli che andavano tanto di moda negli anni ottanta. Start. New Game. Un clown con una tuta arancione, la testa fasciata e tutto sporco di sangue uscì squartando con un coltello da macellaio il ventre di un bovino appeso ad un gancio. L'ambientazione sembrava essere quella di una macelleria. Le altre carcasse di bovini scuoiati appese ai ganci iniziarono a muoversi in maniera convulsa. All'improvviso si staccarono tutte insieme dal gancio decapitandosi e dove prima vi erano le loro teste ora stavano uscendo delle teste umane dai volti spaventosi e alieni che nessun uomo sano di mente può immaginare o descrivere. Il clown iniziò a menare fendenti a destra e a sinistra. Arti mozzati volarono per tutto lo schermo che si riempì sempre di più di colore rosso. Da un tritacarne uscì una forma di carne martoriata, contorta che iniziò ad innalzarsi in una figura antropomorfa e si scaraventò sul clown buttandolo a terra. Il clown si rialzò e dopo una serie di colpi con il coltello spinse con un calcio la strana creatura in una pressa dove si disintegrò. Altri bovini mostruosi iniziarono a farsi avanti, ma in una danza feroce il clown affettò con il suo coltello tutto ciò che si muoveva sullo schermo. Ad un tratto sembrò esserci la calma ma poi da una porta con la scritta "Stanza del Capo" uscì un ombra di un uomo. Era un uomo vestito in giacca e cravatta ma aveva la testa di un toro! «Questa è la tua fine!»All'urlo dell'uomo-toro i ganci iniziarono a muoversi e tutti i macchinari ad azionarsi. La battaglia era feroce. Il clown era rabbioso e costantemente pugnalava il "Capo" fin quando la barra della sua energia fu prossima alla fine. A quel punto il Clown agganciò i quattro arti della creatura a quattro ganci che squartarono in quattro parti il "Capo". Livello 1 completato. Maximillian era visibilmente soddisfatto e un accenno di sorriso sembrò passare per un istante sul suo volto. Subito ricominciò a giocare con il secondo livello. Questa volta l'ambientazione era un mercato arabeggiante con stoffe e tappeti esposti ovunque. Bancarelle da tutte le parti con merce esposta riempivano il paesaggio che sembrava essere dominato dal caos. Il clown entrò in scena uscendo da un tappeto piegato, usando come al solito il suo coltello da macellaio per farsi strada. Tutti i mercanti iniziarono a farsi sotto armati di sciabola ma il clown sapeva come respingerli. I tavoli si spaccavano, i vasi cadevano in frantumi, la furia cieca del clown colpiva tutti e tutto. Colpi su colpi si susseguivano e dei mercanti non era rimasto che una pozza di sangue. Nella zona successiva cinque tappeti avvolti andarono a unirsi: uno stava eretto in verticale, due formavano gli arti superiori e altri due quelli inferiori. Uno dei tappeti che costituiva un braccio andò distendendosi a colpire il clown e avvolgendolo. Ma ci voleva di più per metterlo in difficoltà. Con il coltello il clown ridusse a brandelli il tappeto e dopo colpendo una lanterna la mandò a sbattere contro il mostro-tappeto che prese fuoco. Un fumo nero si alzò e lo schermo si oscurò. Livello 2 completato. «Tu bravo continua, quasi finito. Ora ultimo livello.» L'asiatico aveva osservato Max per tutto il tempo. Ma Max sembrava quasi in uno stato d'ipnosi e non si smosse di una virgola quasi come se non l'avesse nemmeno sentito. L'ultimo livello iniziò ad apparire sullo schermo. Si trattava della sala giochi, quella stessa sala giochi dove stava accadendo tutto. L'asiatico aveva davvero programmato lui e costruito lui stesso il cabinato e aveva riprodotto quella sala giochi dove stavano ora. Il clown entrò dalla porta d'ingresso. La sala giochi era deserta proprio come l'aveva trovata Max. Poi dalla porta di servizio entrò in scena un uomo."Carlos?". Max non si accorse che forse era proprio il suo amico e con il clown partì all'attacco. L'uomo rimase immobile subendo i colpi e sanguinando copiosamente. Poi crollò a terra e lo schermo si spense. Max uscì da quello stato di catalessi e si riprese. «Cosa diavolo è questo gioco?! Tre livelli e questo posto che ci fa lì dentro?» Dallo schermo nero però iniziò a comparire un simbolo. Rosso era il suo colore, come rosso era tutto il sangue virtuale versato in quei pochi minuti. Ma forse questo era il sangue dell'uomo che era comparso nella sala giochi. Un triangolo equilatero che aveva come base un suo vertice e nel mezzo compariva una linea curva che andava a dividere il triangolo in due parti dove in ognuna di esse c'era un piccolo cerchio all'interno. La schermata rimase fissa con questo simbolo. «Ora via io chiudere negozio.» L'asiaticò iniziò a spintonare Max. «Si non preoccuparti me ne vado. E bella fregatura il tuo videogioco!» Porbabilmente Max non ci avrebbe più messo piede nella sala giochi, almeno fin quando non avesse rivisto di nuovo Carlos. Una volta fuori vide che l'asiatico si era chiuso dentro e aveva spento tutto, non si riusciva a vedere più niente anche perchè quella piccola via stretta non era illuminata per niente. Max si allontanò e si avviò verso casa, aveva ancora il controller rotto con sè. Camminando si accorse che si era fatto piuttosto tardi, tutti i negozi erano chiusi e le bancarelle erano scomparse insieme ai loro venditori. Solo il kebabbaro era ancora aperto, come al solito. Max aveva ancora i pochi spiccioli che gli aveva dato la madre per comprare il latte, cosa che non aveva fatto per niente avendo giocato tutto il tempo a quello strano videogame. "Forse è meglio che mi compri qualcosa da mangiare adesso, non voglio sentirmi le lamentele a tavola per non aver comprato il latte." Max entrò per farsi un bel kebab in quel locale che un tempo era stata una macelleria di un asiatico finito in galera per violazione delle norme igieniche di conservazione del cibo. Il locale aveva sempre la sua nutrita clientela. Max si avvicinò al bancone per fare il suo ordine ma si accorse di una cosa: sulla parete proprio dietro il bancone c'era un simbolo, un triangolo rovesciato che poggiava su uno dei suoi vertici con una linea curva all'interno e due cerchi. Era proprio lo stesso simbolo che era apparso nel videogioco. «Scusi ma quel simbolo cosa rappresenta?» Invece di fare il suo ordine Max chiese del simbolo alla ragazza che prendeva gli ordini. «Non so già c'era qui prima che arrivassimo noi, forse l'avrà disegnato il vecchio proprietario.» Max fu colto da un malore. Vedendo tutta quella carne fumosa che si cuoceva e arrostiva stava quasi per vomitare e quel simbolo gli aveva fatto venire un mal di testa come non ne aveva mai avuti. Senza dire niente se ne andò e tornò correndo a casa. Voleva solo andarsene a dormire e magari domani sarebbe tornato dall'asiatico nella sala giochi per qualche spiegazione. Appena ritornò a casa la madre subito lo riprese. «Max dove sei stato tutto questo tempo? Hai comprato il latte? Che brutto aspetto che hai ma che ti è accaduto?» La mamma di Max subito si accorse che qualcosa in suo figlio non andava. «Niente mamma forse ho un po' d'influenza ora vado a dormire, non ho fame.» «D'accordo riposati allora, e immagino che il latte non l'hai preso!» Max si avviò verso camera sua in silenzio. Aveva gli occhi semi chiusi e il suo volto era pallido. Appena vide il letto si buttò su di esso senza neanche spogliarsi e cadde in un sonno profondo. "Era tutto strano... cosa era successo? Chi era quell'asiatico nella sala giochi? Cos'era quel simbolo? E perchè c'era anche nel locale che un tempo era una macelleria di un asiatico? Che ci fosse un collegamento tra i due? Da dove venivano questi due?" Il sonno di Maximillian fu pieno di strani pensieri e domande. Mentre dormiva gli sembrò che passassero interi giorni. Nella sua mente il pensiero di quella ex-macelleria si fece sempre più nitido. Iniziò a intravedere il macellaio asiatico e sembrava proprio che assomigliasse al tipo della sala giochi. Poi vennero i ricordi del gioco. "Una macelleria, un mercato e la sala giochi. Questi erano i tre livelli. Una ex-macelleria, dei venditori ambulanti e una sala giochi. Questo era stato il suo tragitto." Sembrava quasi che fosse vicinissimo a comprendere tutto quello che era successo ma qualcosa lo stava riportando alla realtà. "Max." "Max." «Max! Svegliati hai dormito fino alle tre del pomeriggio!» «Ci sono stati degli omicidi ieri proprio mentre tu eri sceso. Non hai detto niente, perciò eri cosi pallido, ti eri spaventato? Purtroppo devi sapere che anche quel tuo amico della sala giochi è stato trovato morto insieme ad un asiatico che sembra essersi suicidato. Hanno ucciso anche dei venditori ambulanti e la famiglia che aveva il locale che vendeva i kebab. Hanno fatto una vera carneficina. Tutti uccisi a coltellate ma possibile che non ci siano testimoni? La polizia sta interrogando tutti quelli del quartiere. Adesso stanno giù e vogliono fare delle domanda anche a te. Noi già ci abbiamo parlato, ma è tutto cosi strano. Vieni giù dai.» La madre di Max uscì dalla stanza. Max aveva ancora la mente annebbiata. Tutti quei morti e nessuno aveva visto niente? Anche lui era passato due volte davanti a tutti i luoghi che avevano un legame con le vittime ma non si era accorto di nulla. Si alzò dal letto, era ancora stanco nonostante avesse dormito tutto quel tempo. Voleva vedere se davvero ci fosse la polizia giù, cosi si avvicinò alla finestra ma quando spostò le tende una visione lo scosse. Una strana polvere luminosa cadeva dal cielo. Era ovunque e stava riempiendo tutta l'aria. Ovunque si guardasse tutto stava diventando accecante, era entrata anche nella casa. Si sentivano urla e gente che si disperava, nessuno poteva tenere gli occhi aperti ma anche chiudendoli non c'era niente da fare, la luminosità era eccessiva. Dagli occhi di Maximillian cominciò ad uscire del sangue. Sentiva la gente per strada che urlava disperata di essere diventata cieca. Maximillian cadde a terra, anche lui era diventato cieco. Tutti erano stati accecati da quella polvere luminosa comprarsa dal nulla. Era risorto l'antico dio vendicativo Kha. Nessuno potè vedere quell'immensa creatura che adesso stazionava nel cielo. Nessuno la potè descrivere. La sua venuta rese tutti gli uomini ciechi. I sacrifici di sangue hanno portato alla sua rinascita, tre diversi sacrifici. Tre come i lati di un triangolo. L'era di Kha è iniziata. L'antica religione asiatica era rinata. E il mondo è caduto nell'oblio.
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