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Dragons´ Lair

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Visualizzazione dei contenuti con la reputazione più alta il 18/12/2007 in Messaggi

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  2. Vigilia di Natale. Nel centro commerciale, non troppo grande, le persone sono impegnate nelle loro spese ed ultimi acquisti per Natale. Sembra una danza frenetica. Un enorme formicaio intento al lavoro. Le persone escono con enormi e piccoli pacchi colorati, nastrini, lucine ed altro. Veloci. Poche persone si fermano a guardare l’albero appesantito dai troppi addobbi natalizi. Sembra quasi triste, i suoi rami piegati da bolle colorate e festoni a lui inutili. Ricorda ancora il boschetto dove era nato, in mezzo agli altri alberi. Se ne stava quieto ed in pace a crescere, dando ospitalità a nidi che gli uccellini avevano deciso di fare su di lui. Poi un giorno sono venuti degli uomini. Hanno preso lui ed altri alberi, li hanno messi su dei furgoncini e li hanno portati lontano dal bosco. Ora il suo unico nutrimento è un vaso ricoperto con della ghiaia. La poca luce che filtra dalle porte a vetro è pallida e sbagliata e l’acqua a volte la porta una ragazza che fà le pulizie lì dentro. Scosta i suoi rami, l’accarezza, e lui si sente un po’ più vivo. L’albero guarda il fiume di persone che vanno e vengono. “io cosa c’entro?” pensa “non dovrei essere qui” Stanco, sfinito, piano piano accumula la poca energia rimastagli ed inizia a crescere e crescere. Le persone non lo notano. Il rumore del centro commerciale nasconde il suo crescere e aprirsi. I suoi rami cercano vie d’uscita cercando di rompere i vetri, di uscire dalle porte. La gente inizia a vederlo, si sentono urla, corrono spaventati fuori. In effetti non è cosa da tutti i giorni vedere un “albero di natale” che all’improvviso cresce a dismisura, veloce, e cerca di scappare dal luogo in cui è costretto. Rompe le vetrate, riesce ad uscire con i suoi rami e finalmente, i suoi rami sentono di nuovo il freddo e la luce dell’esterno, sensazioni a lui familiari. Non fa del male a nessuno, vuole solo respirare di nuovo e sparire da tutto quel rumore. Rivuole il suo bosco, i suoi uccellini, i suoi alberi. Spinto dal desiderio l’albero cresce, rompe e si libera, spingendo i suoi rami fuori, alla luce del pallido sole invernale. Il muoversi di una delle sue bolle colorate scaccia i pensieri dell’albero che si ritrova di nuovo piccolo ed imprigionato dentro al centro commerciale. Un bambino sorridente sta giocando con i suoi festoni ma presto una donna se lo porta via con se. L’albero sembra piegarsi su stesso dalla tristezza. Si rende conto che il suo è stato solo un sogno, che non potrà mai uscire da solo da li e, soprattutto, non potrà mai crescere cosi tanto e velocemente da riuscire a rompere tutto e poter respirare la sua aria. Ora se ne sta li, in mezzo al via vai della gente, semplice arredamento di un centro commerciale. Passato natale dove lo porteranno?
  3. Un giorno X decise che era venuto il momento di fare qualcosa. E la fece. La fece a dispetto di tutte le altre cose che, indispettite, se ne andarono a creare un altro universo, formato da paperette di gomma gialle e arancio dominate dal grande Papero Nero Imperiale. Ma questa, come si suol dire in questi casi, è un'altra storia; (peraltro di una galassia lontana lontana…). Tornando a noi.. o meglio ai noi che saremmo stati un giorno di milioni di anni più in là. La cosa che pare strana è che prima del giorno suddetto non s’era presentato nessun altro momento; e, dunque, nessun altro giorno. X si trovò leggermente in difficoltà con i primi problemi mai sorti e si disse - cavolo! Devo ancora creare tutto che già il niente mi presenta dei problemi - Ma si rese subito conto che: -Il niente non poteva creare né problemi né nient’altro, l’unico a creare, lì, era lui; -il niente se n’era andato nel momento in cui lui aveva iniziato a dare il via a s’è stesso; -Il niente non era mai esistito, perché oltre al fatto che per esistere doveva averlo creato lui, e non si ricordava di averlo mai fatto, Prima di X non c’era niente. C’era solo il dopo; -Il Cavolo doveva ancora essere creato, e quindi l’imprecazione perdeva di senso; -Venne creata la bestemmia per permettere ad X di imprecare durante la creazione, dopodiché ne venne vietato l’utilizzo, almeno formalmente (quantomeno agli altri). Risolse in fretta tutto brillantemente e fece quello che fece. Creò quella che, da lui stesso, venne definita “un sacco di roba” e poi si dilettò in semplici giochetti quali la decisione di dare vita, ( almeno così X decise di chiamarla), a destra e a manca; inventare la destra e la manca; e dare l’ultimo tocco al suo creato. E si chiese – Quale potrebbe essere l’ultimo tocco d’artista? - Rimuginò per quello che si accorse non poter essere un lungo periodo di tempo, proprio perché il tempo non era ancora stato inventato, e si disse che il suo lavoro non era poi un gran lavoro. Insomma decise che il “tutto” fosse l’infinito; e che il niente fosse l’antitesi dell’infinito. In pratica non cambiò nulla. Ma lui, per un attimo infinito, fu felice. I pochi passaggi successivi furono quelli di prendere un po’ di terriccio e fare l’uomo e la donna. E si rese presto conto che non fu una bella mossa. Per questo lasciò tutto così. Se ne andò per prendere una tazza di tè, e, di conseguenza, decise che il tè era tè; e quando tornò tutto era un gran casino. O meglio, tutto erano dei grandi casini. Si rese conto che l’invenzione della grammatica aveva complicato di molto le cose. Ma vediamo con ordine gli eventi che più lo colpirono: - Il suo albero, oltre che non aver più nemmeno un frutto, non c’era più; - Il serpente sul suo albero se la rideva; - Lui non aveva messo nessun serpente nell’albero; - Il serpente non era sul suo albero perché il suo albero non c’era più; - La terra era diventata rotonda; - Il tè scottava un sacco e aveva tutte le labbra ustionate; Maledisse sé stesso per essersi concesso un tè nel momento più indelicato possibile, maledisse il suo creato perché si era mosso proprio quando lui si era concesso un tè, maledisse la sua prima maledizione perché sapeva di non potersi maledire da solo. Reintrodusse per un piccolo arco di tempo la bestemmia; così da potersi ritenere comunque soddisfatto. Poi si accorse di un piccolo particolare che prima gli era sfuggito. Il mondo non solo era tondo, ma era abitato da poco più che da due sole persone. Li contò in fretta. Quasi dieci miliardi o giù di lì, (non riuscì a contare bene perché era troppo impegnato a soffiare sul tè). Ne diminuì il numero di circa quattro miliardi, giusto per ammazzare il tempo, che, per uno strano caso, non voleva rendersi mortale; e, di conseguenza, non morì. Si impegnò allora a cercare un altro metodo per scacciare la propria noia, che non fosse il solito metodo dell’eliminare semplicemente la noia in sé, (perché l’aveva creata e voleva trovarle un utilità). Nel mentre cadde il tè dalla tazza. E non fu cosa molto buona, né molto giusta. Nel mentre X disse, testuali parole – No eh.. No eh.. basta cose che capitano! Sono io che devo far capitare le cose! Adesso pure l’inondazione!- Cosa curiosa fu che “No-eh” coincidesse inaspettatamente alla pronuncia fonica del nome di un certo personaggio che abitava la terra. Il quale decise di salvare un sacco di animali e la propria famiglia da tutto quel gran casino. X allora si prese la briga di dare alcune dritte a No-eh e di far sì che non ricapitasse il casino che si era verificato con il tè e tutto il resto. Immancabilmente il casino si riverificò, e anche tutto il resto (anche se non fu minimamente preso in considerazione). Non ci fu altra soluzione prevedibile o pensabile che non contemplasse l’affibbiare l’incarico di risolvere il G.C. (Gran Casino, in sigle) direttamente a sé stesso; ed X discese in terra. Fece un gran casino. E, quindi, decise di prendere PRIMA sembianze umane, e POI scendere sulla terra. Vide che la cosa funzionava abbastanza bene (aveva imparato a darsi dei limiti anche con i giudizi nei propri confronti) Decise di nascere in una certa capanna, ad una certa ora, in un certo giorno, da una certa donna e da un certo uomo,( il quale verrà visto dalla storia come l’unico al quale era stata fregata la donna senza che lui protestasse o litigasse; anzi con sua immensa felicità compresa di vanto al Bar con gli amici). Nacque e subito si presentarono i primi problemi, ( sarebbe meglio dire i secondi in ordine di tempo, dopo i primissimi riguardanti gli inizi della propria esistenza; anche se è comprensibile: questo per lui era un altro inizio di esistenza… una cosa un po’ complicata in effetti). Tre tizi dai nomi ambigui pretendevano di donargli rispettivamente: -Oro; -Incenso; -Mirra; Il problema non stava nei doni, né nei tizi vestiti in modo strano ed arrivati con quelli che per molti erano cammelli e per molti altri dromedari; il problema stava nella Mirra. Nemmeno X, arrivato dov’era arrivato, sapeva che diamine fosse la Mirra. Inventò al volo Wikipedia in modo da avere una risposta. Riportò tutto alla normalità prevista dai mezzi di sviluppo dell’epoca da lui scelta e pensò: - CAVOLO, Diamine, dannazione! BirraBirraBirra!!volevo dire Birra! Non Mirra quando l’ho inventata! Cavolo! - E fu da quel momento che tutti pensarono, almeno una volta nella propria vita, che quel bambino nel presepe era un gran ubriacone sin da prima che muovesse i primi passi; e, magari, si intavolava la discussione con un esclamazione del tipo – Hei! Era ubriaco! Ecco perché ha detto e fatto tutto quello che ha detto e fatto! - Proposizione dall’aspetto tanto intelligente quanto poco fondata. Non bisogna dimenticare che, grazie a ciò che ha detto e ha fatto, è diventato capo di un organizzazione che, nel tempo, fece e disse un sacco di altre cose, (alcune delle quali dette, molto probabilmente, da qualcuno di ubriaco.. ma che qualcuno tenne comunque in considerazione). Il punto era che X, nella sua forma umana, crebbe e diede il via ad un sacco di cose. Fece dei gran casini, ai quali tentò di riparare, (e qualche volta si può dire che riuscì nell’intento). Conobbe un sacco di gente e la sua presenza sulla terra come ‘forma vivente’ a causa di qualcuno che gli mise le mani nel piatto e a qualcun altro che non aveva la pazienza di aspettare che il gallo cantasse tre volte. Tutto ciò venne commemorato dagli esseri a cui X aveva dato vita tramite una piccola, ma significativa, festività. In pratica si stava a casa per aspettare la nascita di qualcuno morto un sacco di tempo prima. Non che X non si divertisse nell’osservare una cosa del genere, c’è da dire che apprezzò molto lo sforzo da parte di alcuni di rendere questa festa un occasione di solidarietà e amabilità con il prossimo, (quello che precedeva sembrava non stare simpatico a nessuno); accolse con gioia l’idea del “papà inverno” in alcune parti della terra; non si impressionò poi molto dei vari regali che gli si chiedevano, (anche se si chiese da dove fosse saltata fuori l’idea dei regali). L’unica cosa che lo stancava veramente era il non poter fare nulla, se non far cadere un poco di neve; mandare giù qualche santo o parlare con la gente che era arrivata sino a lui, (ben poca a dir la verità). Gli venne in mente una grande idea, che venne immediatamente buttata fuori per assenza di spazio. - Era troppo grande! - si spiegarono gli addetti allo spazio quando interpellati. Decise dunque, in assenza di una grande idea, di dare in mano tutta la festività ad una bibita, che trasfigurò nel “papà inverno” la star dell’evento, diede comunque posto alla stella cadente, (-tanto- dicevano – se è cadente prima o poi cade, e rimarrà solo la nostra idea senza che nessuno ci dia degli egoisti-), e rese il tutto un poco più umano. Nel senso di “meno idealistico e più monetario”. Si era abituato, ormai, ai grandi casini; e decise quindi che nella festività chiamata Natale ci si sarebbe potuti illudere che il “tutto” andava ancora decentemente; anche se, in realtà, il “tutto” andava verso il “niente” a grande velocità. Quasi ad ampie falcate si potrebbe dire. Quasi quanto due vecchi innamorati, o due antichi amici, i quali si incontrano dopo tanto tempo,dopo non essersi visti per dei mesi, degli anni; magari dopo una litigata per qualche stupido motivo riguardante altri stupidi motivi accostati a tante stupide cose; (rese stupide non tanto dalle proprie azioni, quanto forse dal tempo), magari nel giorno di Natale.
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