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Angmasir

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  1. Il Flagello di Durin, Balrog di Moria

    Disgiunta di un oscuro Balrog è l’ardente scorza

    tra fuoco e fiamme purpuree altresì amate adesso

    da molli creste adorne al pari d’un elfico ricamo

    che l’intreccio, fitto, dimena fra i lunghi vessilli

    smossi dal vento su un cinereo campo di guerra.

    Elfico il lamento, a muta voce, sì nell’accogliere

    della sua violenta frusta, il sorridente abbraccio,

    quando altrettante lingue poi con rubiconda furia

    ripetutamente anelano di un’elsa la presa sicura.

    Né una corazza o elmo o ancora un eroico scudo

    ad arrestar della fiamma di Udun l’antico rancore

    covato a lungo attraverso le remote cave di Moria

    dei nani tutti, perduto e sepolto paradiso nascosto

    sigillato dagli splendenti fregi in lega di Ithildin,

    quale lieto corpo alla lusinga di una pallida Luna.

    Ruggisce al di là del litico ponte di Khazad-Dum

    un longilineo staffile dalle molteplici maschere,

    ove quell’iracondo sguardo del Flagello di Durin

    presto, alimenta dell’unico anello la rapida fuga.

    Tu, non puoi… Passare!

    Questo, l’infuocato guaito di colui che s’appresta

    ineluttabile, a condividere con il più tetro Abisso

    le tinte profonde e finanche le prigionie tortuose.

    Come l’esporsi alla luce attraverso un buio varco

    addentro le cupe e sorde ombre di siffatte miniere,

    dispiegansi le imponenti ali di brace, così ferendo

    della notte i primi squarci d’un insolito fato,

    onde brilla del canuto bastone, il poderoso sfrigolio:

    Ambedue crollano giù solerti dall’infranto passo

    dello stregone la caviglia dapprima incatenando

    all’etereo cappio ora filato dalle demoniche dita.

    Le corna oblunghe, ben assesta nel debole torace

    del proprio nemico, finché esauste le calde froge

    di soffocante bruma, or vengono sfiancate a lutto.

    Un lieve sussulto, e di Glamdring, elfico flagello,

    risplende sottile la lama, la cui nomea sussurrata

    appena dal vento, nella belva apre la serica ferita.

    Sempiterna, risuona tale battaglia con Mithrandir

    il Grigio, sulle innumeri vette di un gelido colle

    Celebdil, questo il nome ovvero Argentacuspide,

    altresì combattuta su una coltre di velato incanto

    per ben dieci lunghissimi giorni dell’era mortale

    poiché per indole funesta, il Demone di Fiamma

    di valoroso Maiar, tenne ancora ribelle il ricordo.

    Adesso, sovviene il riposo e degl’Istari, lui solo,

    segue l’eterica scia di un altro dì, in nuove vesti.

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