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Bille Boo

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Commenti al blog inviato da Bille Boo

  1. Ti suggerisco di seguire un'altra strada ancora: dimenticati del tutto i trucchetti, e bilanciale come se fossero armi.

    • Innanzitutto, prendi un'arma "comune" di riferimento (quella che dovrebbe funzionare nel modo più simile possibile a quelle nuove). Per esempio, potresti partire dall'arco se vuoi un alto "fattore di fuoco", o dalla balestra se vuoi una ricarica più lenta e complessa. A titolo di esempio, faccio conto di partire dall'arco lungo: quindi 1d8 di danno base, tempo di ricarica trascurabile, incremento di gittata 30 metri.
    • Poi pensa un attimo a "quanto migliore" dovrebbe essere la nuova arma rispetto a quella comune. Vuoi qualcosa che sia appena un po' meglio, oppure chiaramente meglio, oppure estremamente meglio? In questo esempio, farò conto che debba essere chiaramente meglio.
    • Pensa a quello che distingue la tua arma da quella base dal punto di vista qualitativo.
      • Il tuo ragionamento sull'attacco di contatto è molto interessante. Se scegli che la peculiarità di queste armi è che colpiscono la classe armatura di contatto (come i raggi) anziché quella intera stai implicando che le armature sono inutili contro di esse; di conseguenza, che queste armi sono tanto più utili quanto più il nemico è corazzato, oppure grande e grosso (di grossa taglia).
      • Se invece scegli che si distinguano per la maggiore quantità di danno, queste conseguenze non valgono più. La seconda opzione (maggiore quantità di danno) è molto più facile da bilanciare, perché ha ricadute meno drastiche sul gameplay complessivo; però rende anche queste armi meno "speciali".
      • Altri elementi di distinzione possono essere il tipo di danno, il fatto di essere considerate magiche, e così via.
      • Puoi anche combinare più fattori diversi.
    • Infine, rifinisci i dettagli. In questo esempio, dirò che l'arma ignora metà dei bonus fisici all'armatura; in altri termini, colpisce la media tra CA di contatto e CA normale; inoltre infligge più danno, 1d12 al posto di 1d8, e quel danno è da energia (es. da fuoco).

     

    Nota finale: ragionando in termini di gioco, e non di puro worldbuilding, armi di questo genere cambieranno il gameplay piuttosto radicalmente.

    Basta che siano leggermente meglio delle comuni armi a distanza, e subito qualunque PG (e, ragionevolmente, PNG) attaccante a distanza userà queste al posto di quelle normali, appena se le potrà procurare e permettere.

    Se sono così buone da essere meglio anche delle comuni armi da mischia, vedrai che tutti i PG (e, ragionevolmente, PNG) marziali si orienteranno sull'attacco a distanza, e quasi nessuno si specializzerà più nella mischia.

    Se poi hanno la capacità di ignorare, almeno parzialmente, le armature, vedrai che i PG (e, ragionevolmente, PNG) vorranno tutti assicurarsi un'alta Destrezza e un'alta "capacità di schivata", affidandosi poi ad armature leggere, piuttosto che rallentarsi con pesanti corazze poco efficaci.

    Se ci fai caso, tutte e tre queste tendenze sono del tutto naturali e riflettono quello che si è effettivamente verificato nel mondo una volta che sono state introdotte armi da fuoco abbastanza affidabili.

    Se poi queste nuove armi si rivelassero addirittura migliori dei tipici incantesimi di basso livello, inizieresti perfino a vedere in giro meno incantatori.

    Vale la pena precisare che un alto (o perfino altissimo) costo monetario non basta a evitare nessuno dei fenomeni che ho qui descritto: al massimo, li ritarderà di qualche livello. In D&D 3.5 la ricchezza dei PG raggiunge molto rapidamente dei livelli stellari, e anche un costo che inizialmente pare altissimo ci mette pochi livelli a diventare trascurabile.

     

     

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  2. Il 12/6/2022 at 14:42, MattoMatteo ha scritto:

    -Trovare un nome per definire la tecnologia che permette di sfruttare l'effetto Coriolis per creare un campo gravitazionale artificiale.
    Il problema è questa non è una "tecnologia"; l'effetto Coriolis è una fenomeno fisico generato dalla rotazione di un'oggetto su uno dei suoi assi, che fà si che si generi al suo interno una forza di gravità "finta" in direzione radiale all'asse di rotazione... a questo punto, potresti limitarti a dire che l'oggetto è dotato di "gravità Coriolis", e basta.

    Attenzione che questo non è l'effetto Coriolis: è la forza centrifuga a generare la gravità artificiale in direzione radiale.

    L'effetto Coriolis fa invece sì che le traiettorie degli oggetti in movimento relativo, in quella gravità artificiale, siano deviate nel tempo o sulle lunghe distanze, per cui ci si può accorgere di essere su un oggetto che sta ruotando. È l'effetto alla base del pendolo di Foucault.

    Scusate la precisazione pedante. Ovviamente, poi, in un gioco, uno è libero di usare il termine "gravità Coriolis" come technobabble.

     

     

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  3. Cita

    Come è lecito aspettarsi da qualsiasi specie intelligente, i governi capaci di governare intere specie sono praticamente inesistenti: è impossibile indicare una specie aliena come composta da un unica civiltà comune. Ogni razza contiene le proprie divisioni culturali, geografiche, economiche ed ideologiche...

    Solo per questo meriti i miei più sentiti complimenti! 🙂

     

     

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  4. La terza edizione aveva, secondo me (ma sono pure speculazioni personali), due intenti primari dal punto di vista della progettazione di sistema di gioco:

    • razionalizzare le regole, rendendole più intuitive, uniformi e modulari;
    • permettere una maggiore personalizzazione del personaggio, specialmente per le classi di non-incantatori.

    Penso che li abbia raggiunti entrambi. Ma penso che la seconda cosa abbia avuto una notevole sovrelongazione, cioè abbia "funzionato troppo", forse anche al di là delle aspettative dei progettisti. Il "gioco nel gioco" di creare il personaggio assemblando livelli, talenti, capacità e oggetti magici (questi ultimi sono per me l'aspetto peggiore!) ha preso piede in modo così imponente che in breve si è messo al centro dell'attenzione e ha schiacciato un po' il resto.

    Detto ciò, rimane pur sempre l'edizione che ha introdotto il d20 system (un passo avanti brillante e necessario rispetto al coacervo precedente). C'erano anche numerose ottime idee che sono state ingiustamente buttate via con l'acqua sporca, in seguito: come il modificatore di livello, il prendere 10, il prendere 20, e una multiclasse semplice ed elegante benché non esente da difetti.

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  5. @Le Fantome @Lyt

    Il fatto che qualcuno possa lavorare per qualcun altro (che non significa necessariamente sudditanza o servilismo: nella saga di Geralt di Rivia le maghe sono consigliere dei Re, ma di fatto su molte cose detengono il vero potere) è giustificato dal fatto che abbia in cambio qualcosa che altrimenti non potrebbe ottenere. Formulo meglio: Tizio, mago, lavora per Caio se in questo modo può ottenere qualcosa che, se non lo facesse, non avrebbe o avrebbe con molta più difficoltà.

    I maghi che lavorano per conto terzi sono giustificati in tutte le ambientazioni e gli scenari in cui la loro magia ha dei limiti e non può tutto. Come, appunto, avviene in D&D (dove, se ci pensate, un mago di livello X non è particolarmente più potente di un guerriero, ladro o paladino di livello X: proprio per costruzione; quindi, perché mai il primo dovrebbe dominare il mondo?).

    L'economia dei mondi fantasy lascia, in genere, molto a desiderare, e quelle di Harry Potter e di D&D non fanno eccezione. Ma in Harry Potter i maghi hanno bisogno di soldi per pagare le cose (libri, pozioni, vestiti, bacchette, scope): questo è sicuro; non vengono approfonditi i dettagli tecnici, ma è chiaro che non possono semplicemente far apparire tutte quelle cose dal nulla con la loro magia: di questo dobbiamo prendere atto, anche se non viene ben spiegata la meccanica alla base.

    In D&D può valere lo stesso principio: segui i soldi. Pensa a un PG mago, e alle ricchezze che guadagna nel corso delle avventure: come le usa? Per cosa le usa? Gli servono? Gli capita mai di non averne (ancora) abbastanza per qualcosa che desidera? Se i nostri PG maghi buttano tutto il denaro nell'immondizia perché la loro magia fornisce già tutto quello che vogliono, allora ha senso che nell'ambientazione avvenga lo stesso e nessun mago faccia mai niente per soldi. Ma se non è così (e in diverse campagne di D&D - tutte quelle che ho giocato io - non è così) è evidente che i soldi servono, anche ai maghi. È proprio evidenza sperimentale. Quindi non è strano che un PNG mago si metta al servizio di un individuo che, per ragioni sociali o personali, è straricco e può pagarlo bene.

    C'è anche un'altra risorsa, oltre ai soldi, che vale la pena considerare: il potere. In molte ambientazioni il potere politico, l'autorità, è collegato a strutture sociali che non sono molto facili da manipolare: in una monarchia ereditaria comanda la dinastia regnante, è così che la gente è abituata a vivere. Se un mago la usurpasse dovrebbe aspettarsi caos e rivolte perché molta gente si ribellerebbe. Più utile, allora, è associarsi al potere (come consigliere, ad esempio) e pian piano fare in modo da rendersi indispensabili.

    Senza contare che l'esercizio del potere comporta molti impegni estenuanti che portano via tempo. In molte ambientazioni fantasy i maghi sono presi dai loro studi arcani e non amano perdere tempo con leggi, tasse, infrastrutture, rimostranze e così via. Potrebbero accontentarsi di lottare per la supremazia tra di loro, in una sorta di lotta per il potere parallela e indipendente, senza per questo ambire alle posizioni di influenza note alla gente. In uno scenario del genere un riccone, nobile o mercante, vede un mago che si mette "al suo servizio"; ma il mago non la vede così: vede invece un riccone che, in cambio di un modico impegno magico da parte sua, lo solleva da un sacco di futili preoccupazioni mondane (tipo il cibo, l'alloggio, i vestiti) di cui non avrebbe voglia di occuparsi. Dal punto di vista del mago, è l'altro a fornire un servizio a lui.

     

    Edit: tutto quello che ha detto @Le Fantome nell'ultimo post è valido ma si applica praticamente a qualunque classe, non solo ai maghi. Potresti fare un identico ragionamento per i paladini, per i chierici, per i ladri, per i bardi, per i monaci e così via. Vedere i maghi come qualcosa di "speciale" e diverso rispetto a tutti loro sarebbe giustificato in quelle ambientazioni (anch'esse un filone comune e molto bello del fantasy) in cui il mago è qualcosa di poderoso, inarrivabile, "fenomenali poteri cosmici", e da solo vale venti o cento guerrieri. Ma non è il caso di D&D. 🙂

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  6. 13 ore fa, Dracomilan ha scritto:

    Faccio rientrare questo scenario in

    Possedere caratteristiche/abilità/competenze è un prerequisito/un plus per risolvere una prova con un altra caratteristica/abilità/competenza

    In merito alla domanda 5: la prima opzione è sostanzialmente D&D e derivati, dove ogni personaggio ha (per esempio) un'azione standard, un'azione bonus, un'azione minore, un'azione di movimento e un'azione gratuita. La terza opzione è Centro, dove ogni personaggio ha X Punti Azione dati dalla somma di Caratteristiche, abilità ed esperienza, e ogni azione ha un costo differente, a partire da muoversi di 1 metro (o una casella) che costa 1, tirare un colpo di spada costa 5 ecc ecc.

    Spero di essermi chiarito. 😀

    Ciao, sulla 5 sì, grazie.

    Ma sulla 3 ho ancora un dubbio: che cosa rientra allora nella risposta "sì"? Solo D&D 3.5, sostanzialmente?

  7. Ciao, non capisco la domanda 3 né la 5.

     

    Con la 3, "risolvere una prova ricorrendo a una singola caratteristica/abilità/competenza", si intende che per ogni specifica azione è coinvolta al massimo una sola capacità innata (es. caratteristica) e una sola capacità appresa (abilità o competenza)? Se la penso così:

    • È preferibile che in ciascuna prova siano combinate una caratteristica (o quello che è) e una competenza (o quello che è).
    • È preferibile che la combinazione di caratteristica + competenza sia flessibile a seconda della situazione, e non fissa.
    • È preferibile che la mancanza di competenza (in generale) non impedisca di compiere la prova: sarà solo più difficile.
    • È preferibile non coinvolgere più caratteristiche (sommandole, mediandole o altro) in una singola prova.
    • È preferibile non coinvolgere più competenze (sommandole, mediandole o altro) in una singola prova.
    • È preferibile non fare più di una prova per risolvere una certa azione.

    cosa devo rispondere? "Sì"?

     

    Nella 5, non capisco proprio la differenza tra la prima e l'ultima risposta.

     

  8. Al sondaggio non ho risposto perché la mia risposta è ancora diversa, cioè "dipende dal mostro". Alcuni mostri sento che non hanno bisogno, nelle mie ambientazioni, di alcuna spiegazione o giustificazione (sono solo creature "naturali" di quel mondo, che è diverso dal nostro). Per altri posso inventare un'origine ad hoc, naturale, mitologica o artificiale. Altri ancora possono essere raggruppati in categorie con un'origine comune inserita in modo coerente nella storia del mondo.

    La tua interpretazione mi sembra molto simpatica, interessante e ben inserita nel contesto del tuo mondo. Faccio solo una domanda: i draghi sono intelligentissimi, significa che anche loro hanno abbandonato l'evoluzione Lamarkiana?

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  9. Credo che il discorso di @bobon123 (come d'altronde quello del post originale) vada oltre lo specifico confronto tra le edizioni 3.5 e 5 per fare considerazioni generali.

    Non ha detto che un sistema più semplice è necessariamente migliore. Ha detto (e condivido) che esistono due tipi di semplicità:

    • la "semplicità negativa", che è la negazione di quella che ha chiamato "complessità": semplificare togliendo contenuti, scelte strategiche, varietà di situazioni;
    • la "semplicità positiva", che è la negazione di quella che ha chiamato "complicazione": semplificare senza togliere contenuti, scelte strategiche, varietà di situazioni, ma rendendo più agevole, diretta, intuitiva l'interfaccia verso quegli stessi contenuti, scelte, situazioni.

    Ha poi ammesso, credo (e anche qui concordo), che la quinta edizione, rispetto alla 3.5, ha sia una maggiore "semplicità negativa" che una maggiore "semplicità positiva". Quindi la scelta tra le due è opinabile, è appunto questione di gusti: ognuno di noi sceglierà se la maggiore complessità (cosa bella) della 3.5 vale la candela della sua maggiore complicazione (cosa brutta).

    Ha però concluso che non è corretto generalizzare asserendo che qualunque richiesta di maggiore semplicità sia necessariamente un sintomo di stupidità / instupidimento: è invece una richiesta perfettamente naturale e comprensibile, che andrebbe solo incanalata, da parte dei designer, verso una maggiore "semplicità positiva" anziché "semplicità negativa".

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  10. La complessità non è un pregio (come ben sa chi ha avuto a che fare, ad esempio, con la burocrazia del nostro amato paese); la complessità è un costo, quindi deve corrispondere a un beneficio pari o superiore, altrimenti è dannosa.

    Con questo non voglio criticare i gusti di nessuno, sia chiaro: sono un grande amante della 3.5 e penso che i gusti di tutti vadano rispettati; oltretutto è solo un gioco.

    Ma credo che sia troppo duro, e forse troppo facile, liquidare la richiesta di semplicità (di interfacce meno sofisticate) come un sintomo dell'instupidimento delle masse. Penso invece che sia il sintomo che i creatori del gioco non sono riusciti ad offrire a codeste masse dei benefici sufficienti a giustificare la complessità proposta, o, se i benefici ci sono, non sono riusciti a comunicarli in modo adeguato.

    Oltretutto, la "complessità" non è un valore oggettivo ma dipende dalla percezione, che varia da persona a persona.

    Nel mio piccolo ho il pallino dello sviluppo di regole alternative e perfino di interi regolamenti. E mi rendo conto sempre di più di come la complessità percepita da me (che conosco bene le regole, le maneggio tutti i giorni, vedo chiaramente il senso che c'è dietro) è quasi sempre molto minore rispetto alla complessità percepita dai giocatori. Ma è la loro percezione che conta, perché sono loro i miei utenti, le persone che devo andare a soddisfare e divertire. Quindi, o riesco a far loro percepire anche i vantaggi in modo almeno altrettanto "forte", o devo rassegnarmi a semplificare. È giusto così.

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  11. 2 hours ago, Dracomilan said:

    La possibilità che utilizzando l'esperienza guadagnata per ritirare altri d20 un giocatore ottenga altra esperienza la vedo per ora come una cosa positiva, non negativa. È una scelta di 'system mastery', diciamo così, tra curarsi in mezzo a un combattimento e provare a guadagnare un PE in più... 😎

    Sì, ma non c'entra con quello che stavo dicendo. Non ho nemmeno considerato questa possibilità nel mio ragionamento. Forse non sono riuscito a spiegarmi bene...

  12. Ciao, mantengo tutte le mie riserve sulla meccanica dell'esperienza, ma naturalmente è giusto che seguiate la vostra idea di gioco.

    Mi permetto un appunto solo su questo:

    9 hours ago, Dracomilan said:

    In merito alla discriminazione, la statistica dice che alla lunga non ci sono fortunati o sfortunati.

    Tecnicamente non è così. E' un aspetto della statistica (la cosiddetta "legge dei grandi numeri") che viene spesso frainteso. In realtà, al crescere del numero dei tiri, la differenza relativa tra il personaggio che fa più centri e quello che ne fa meno andrà effettivamente a decrescere, ma la differenza assoluta sarà invece (statisticamente) crescente.

    Mi spiego meglio. Qualunque sia il numero di tiri fatti finora dai giocatori, ci sarà, ragionevolmente, qualcuno che ha fatto più centri e guadagnato più esperienza: chiamiamolo Fortunato, e chiamiamo X il numero di centri che ha conseguito; e ci sarà qualcuno che ha fatto meno centri e guadagnato meno esperienza: chiamiamolo Iellato, e chiamiamo Y il numero di centri che ha conseguito.

    Con pochi tiri (diciamo 50 a testa) ci sarà un certo "gap" tra Fortunato e Iellato, una certa differenza X-Y.

    Dopo tanto gioco, e quindi con tantissimi tiri (diciamo 5000 a testa), la differenza relativa tra i due, cioè (X-Y)/X, sarà (tendenzialmente) minore rispetto a prima, ma la differenza assoluta, cioè X-Y, sarà (tendenzialmente) maggiore, tanto maggiore quanto maggiore è il numero di tiri accumulati.

    Il fatto è che, per come è costruita la vostra meccanica, quella che conta è la differenza assoluta, perché N centri in più corrispondono a N volte in cui puoi spendere Esperienza per ottenere un beneficio, e a N step in più sulla scala dell'avanzamento. Linearmente. Quindi, più il gioco si prolunga, più Fortunato sarà sempre più fortunato e Iellato sarà sempre più iellato.

    Poi non è detto che questo sia un problema, intendiamoci: magari questo gioco è pensato per campagne relativamente brevi, oppure, banalmente, è pensato per gruppi a cui non interessa affatto che i PG siano bilanciati tra loro e anzi accettano di buon grado la "roulette russa del dado" anche in quell'aspetto. Quella è questione di gusti. Dico solo: attenzione a non farsi illusioni sulla statistica. 😉

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  13. Non ho capito bene il criterio che separa Competenza da Prestanza.

    Perché tirare con l'arco è Competenza e correre o braccio di ferro sono Prestanza?

    Gli altri esempi sembrano indicare che Competenza sia qualcosa di legato alle conoscenze o al ragionamento, ma allora il tiro con l'arco, per quanto la "tecnica" conti, tenderei a vederlo sotto Prestanza. Cosa mi sto perdendo?

     

    Edit: in generale sono tutte idee buone e originali. L'unica cosa che mi lascia davvero perplesso è il modo in cui si guadagna l'Esperienza.

    Primo, legarla al fatto di fare critico (5% di probabilità per prova) è estremamente erratico: con l'andare del tempo il personaggio di un giocatore fortunato potrà divergere anche molto rispetto a quello di un giocatore sfortunato.

    Secondo, non capisco cosa impedisca a un giocatore di "spammare" prove a valanga, quando ne ha l'occasione, al solo scopo di accumulare esperienza. Finché si tratta di combattimento ok, una volta che i nemici sono morti è finita. Ma fuori dal combattimento? C'è un declivio da scalare con una prova, mi metto a salire e scendere a ciclo continuo finché non mi capita il critico. Sono in una città? Entro in ogni negozio e faccio una prova per contrattare o avere uno sconto dal negoziante, finché non mi capita il critico. E così via. Certo, si possono introdurre ulteriori meccaniche per prevenire o scoraggiare questo fatto (qui non le vedo), ma è difficile eliminarlo del tutto.

    Terzo, quale comportamento si vuole incentivare? In ogni GdR la meccanica di "rewarding" è cruciale per incentivare un certo tipo di gioco piuttosto che un altro. A me sembra che questa meccanica incentivi il "tirare dadi contro ogni problema", perché più dadi si tirano e più si cresce. Siamo sicuri che sia il comportamento più desiderabile per l'esperienza di gioco che andate cercando?

     

  14. Ciao,

    Quote

    Invece, era una serie di parodie. Brutte battute. Sembrava, a molte persone dell'epoca (io ero uno di loro), che questo non fosse niente di più che l’ultimo sforzo della TSR per screditare Gygax. Trasformava la sua creazione più mitica in uno scherzo.

    Non ho capito bene questa parte. Se hai tempo potresti approfondire, magari con qualche esempio? Sono molto curioso

  15. La mia opinione è che, com'era d'altronde prevedibile e inevitabile, la meccanica dei bonus-malus e delle competenze finisca con l'annullare quasi completamente il vantaggio di velocità e di intuitività della meccanica roll-under, rispetto a quella tiro + somma <> obiettivo. Non è una critica, eh, non credo ci sia modo di evitarlo.

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