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Danear

Ordine del Drago
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Informazioni su Danear

  • Compleanno 29/06/1994

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    Maschio
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    Torino

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Obiettivi di Danear

Apprendista

Apprendista (3/15)

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Insegne recenti

20

Punti Esperienza

  1. complimentoni e auguri! 😄
  2. Ahhh, il caro vecchio spiaccichio di budella sui muri! Mi riporta alla mente quel mio esplosivo apprendistato presso I Bombaroli dell'East quando avevo deciso di approfondire la conoscenza di quelle strane polveri orientali… Finì per ridipingere i loro muri, più o meno consapevolmente. Quando Dhalia esordisce con la sua battuta non riesco a rimanere serio: dapprima è un riso trattenuto, poi questo si libera e prorompe. Dei! Da quando ho assaltato quella maledetta carovana, questa è la prima volta che mi viene davvero da ridere! Ascolto Zandher parlare: la sua non-confessione mi stupisce poco. "Oh beh, di segreti siam pieni tutti, messere! Nessuno pretenderà che voi diciate nulla nella misura in cui voi non pretendiate alcunché da noi. Poi, chissà, confesso che ho imparato a conoscere persone in situazioni ben più intricate! Quindi, nel mentre voi decidete se meritiamo di essere considerati una compagnia discretamente piacevole, direi che un sodalizio possiamo comunque inaugurarlo.." gli porgo la mano, con aria pomposa, alzando l'altra a mo' di giuramento "Io, Léon D'Avimbert, artista dai dubbi talenti, mi impegno a badare ai fatti miei fintantoché voi, messer Zandher, studioso e mago talentuoso, facciate lo stesso! Come postilla, nell'ambito - per me molto caro - della sopravvivenza mia e della petulante comica al mio fianco, mi impegno a farvi uscire parimenti illeso da qua. Il resto lasciamolo agli Dei o chi per loro!" Dopo questa teatrale messinscena e le reazioni del mago, lascio la torcia a Dhalia, affinché illumini il campo di lettura di Zandher, e mi fiondo sul rampino. "Scoprirete che sono discretamente bravo e interessato a ficcanasare in giro...vi ho dedicato la mia intera vita!" Detto questo, salgo su e, dopo aver ammirato come il caos avesse dipinto i muri in maniera talmente perfetta, mi dedico a esaminare i resti delle creature, con attenzione e giusta accortezza, prendendomi il tempo necessario per essere sicuro di non aver tralasciato nulla.
  3. Léon D'Avimbert, il Menestrello delle Cose Nascoste Guardo soddisfatto il risultato della mia operetta, compiaciuto dello sguardo interessato di Zandher. Mmm, devo ricordarmi di annotare queste note, potrebbe venir fuori un bel Rondo: qualcosa del tipo La Chiusa del Tempo o Ballata Indomabile della Bestia Doma o.. I miei vaneggiamenti vengono interrotti dall'entrata in scena di una delle due creature, ancora più grande e affamata di prima. Forse dovrei chiamarla Fallimento Annunciato, penso, mentre Zendhar prova a rimpinzare di magia l'essere. Penso a come aiutarlo e concludo che semplicemente è meglio che mi leva dai piedi. Dopotutto, se anche fossi magico, questo mio 'status' non pare esistere all'infuori dell'attivazione di quegli strani arnesi e sempre e solo -a quanto ne so finora- per intenti diversamente onesti. Dunque, ad essere esibizionisti col deretano degli altri son buoni tutti, motivo per cui urlo in direzione del mago: "Badate che sono io che ve lo sto lasciando! Ci si vede giù!" Tirando fuori il mio rampino delle grandi occasioni, aggancio la testa alla base della botola, poi faccio cenno a Dahlia di salire sulle mie spalle, tenendo ben in vista una piccola torcia che accendo poc'anzi. Non mi fermo a vedere l'esito del piano del Mago: è in gamba, ce la farà. Anzi, sono talmente sicuro di ciò che, quando tocchiamo terra, non ritiro il rampino: Zendhar avrà bisogno di aiuto per scendere fin quaggiù.
  4. Léon D'Avimbert, il Menestrello delle Cose Nascoste "Ma che c.." quasi cado dietro per la sorpresa quando due esseri mai visti prima sbucano dalla botola, improvvisamente apertasi, e si dirigono verso Zandher, famelici - oserei dire -, a quattro zampe come bestie. Sono ancora incerto sul da farsi quando un pizzicotto di Dhalia mi riporta alla realtà: senza indugio lancio una sedia sgangherata a Zandher: vedendo il comportamento degli esseri, però, penso che non si è mai visto nessuno rubarmi la scena per così tanto tempo! Vi attirano le cose magiche? Guardate qui! Faccio cenno al mago di farsi da parte, dopo aver posizionato la sedia, mentre tiro fuori dalla mia scarsella un diapason. Ho passato la vita a scassinare serrature, quanto sarà difficile fare il contrario? Così pensando, poggio il diapason sulla serratura, la quale imprime sullo strumento una vibrazione che a me arriva come una nenia antica, solenne, di chi ha visto e sentito tante cose. Mentre il diapason continua a segnarmi il ritmo, scelgo, tra i miei ferri, un piccolo liuto, particolarmente adatto per quella frequenza così solenne. Dopo tutto questo tempo continuo a capire poco della magia che permea i miei ferri: so solo che so usarli per queste cose e che a quanto pare sono unici. Non che debba ragionare troppo su cosa fare: sento la frequenza e il mio animo sa già cosa suonare e in che modo. Comincio a pizzicare le corde, sempre tenendo il ritmo del diapason e riesco a visualizzare i fronti di vibrazione dell'aria: li vedo diramarsi intorno, svelarmi i segreti di quella melodia. Vedo forse pezzi di ciò che fu l'Occhio e poi ancora prima, fino a vedere ombre che posizionarono la prima pietra secoli fa. Tutto è molto confuso e poco interessante: man mano che la melodia va avanti, però, di tutta la storia di quella porta riesco a visualizzare la serratura. Vedo i suoi meccanismi interni e verso di essi indirizzo le mie note: normalmente, se dovessi scassinarla, cercherei di fare un lavoro certosino; ora, invece, mi diverto - e la musica lo fa intuire, in seguito ad improvvisi cambi di accordi e scale a non finire - a creare scompiglio in quel fine meccanismo, per bloccarlo come posso. Mentre termino questa improvvisata composizione, penso che, se anche la porta così ulteriormente bloccata non dovesse reggere per troppo tempo, se non altro i nostri ospiti avranno della magia da studiare. Accenno un inchino a Zendhar e Dhalia, come faccio alla fine di ogni sonata, dopodiché faccio loro segno di entrare nella botola. Questa faccenda si fa sempre più interessante!
  5. L'età passa per tutti, caro Léon. E, ad essere del tutto onesti, non se ne vedono molti della tua età a piede libero. Mi massaggio il bacino, dolorante. Accetto l'aiuto di Dahlia che, scommetto tutto, dentro di sé sta ridendo come una matta. Bofonchio un ringraziamento a denti stretti, alzando gli occhi al cielo al sentirmi rimbrottare come avessi la sua età. Non nascondo che la cosa, per un'istante, mi abbia dato una certa "serenità", quasi che fosse tutto un enorme gioco. Ma così non è. E anche una parte di me lo sa: per l'esattezza quella che, nel momento in cui fa la sua comparsa un uomo, istintivamente spinge Dahlia dietro sé. Lo squadro, indeciso su come comportarmi: la sua esibizione col sasso così come le sue parole tradiscono l'aura di referenzialità che ispira ad un primo sguardo. Cosa che mi rende ancora più sospettoso. "Beh, non che io mi sia fatto trovare in condizioni migliori..!" inizio, con uno sguardo allusivo ai pantaloni lacerati in più punti. "Il mio nome è Léon e credo che la storia che permea questo posto sia una fonte inesauribile di ballate e altri componimenti. Io e.." faccio una pausa, guardando di straforo Dahlia, la quale si lascia andare ad un impercettibile sussulto alle mie successive parole "...mia figlia - presentati, cara -, volevamo vedere se le storie di fantasmi che infestano questo luogo avessero un briciolo di veridicità." Mi scrollo la polvere di dosso, prima di riprendere: "Per quanto riguarda l'uomo che avete visto..beh, Atlantis resta un bellissimo posto per una villeggiatura, lo invidio tanto" ribatto asciutto "Vedo che vi dilettate con qualche trucco! Nonostante ciò non vi ho visto in questi giorni insieme agli altri saltimbanchi e, credetemi, sono abbastanza bravo con i volti. Quindi...chi siete? Perché ci state seguendo?"
  6. Ciarpame. Ciarpame. Aspetta, cos'è quello?! Ah, no, altro ciarpame. Il viaggio entusiasmante che ho annusato poche clessidre fa inizia come un viaggio qualsiasi: incerto e che puzza di polvere e muffa. Mi guardo intorno, pensando a quando, tempo addietro, queste scale cigolanti e malridotte venivano percorse in fretta e furia per salvare le migliaia di donne, bambini e uomini del Sud…mentre penso a tutto questo, uno scalino marcio cede sotto il peso del mio tallone. Come una groviera. Anzi, la Storia stessa è come una groviera: bella e puzzolente. Dhalia sta, tanto per cambiare, in silenzio; forse, visti i miei vaneggiamenti su formaggi ed eventi passati, è meglio così. Arriviamo alla fine dell'ultimo scalino: guardo lo spettacolo dinnanzi ai miei occhi per cercare qualcosa che giustifichi la nostra presenza qui. Con la coda dell'occhio, sbircio i movimenti di Dhalia, per quanto mi è possibile, incuriosito.
  7. Saranno state le parole della ragazzina, il suo aspetto, la sua voce...ma nonostante veda le sue labbra muoversi, la mia mente vaga lontano. Alla Luna che ci arride Al cielo stellato che ci addita Al sentiero che dinnanzi a noi si apre: io e te, tu ed io, insieme. Che gli altri stiano pure a guardare. Mi viene da sorridere al ricordo di quelle parole sciocche scritte in gioventù: erano destinate ad una donna che conobbi una sera, giusto il tempo che ci volle per decidere che, per carità, belle le canzoni e la musica eh, ma vuoi mettere l'adrenalina del prossimo colpo? Fu Lei a rendermi quello che poi sono diventato e da allora non l'ho più rivista. Quasi speravo che, diventando così famoso, sarebbe stata lei a trovare me..ma tant'è, son qui che aspetto. Non che serba rancore o nostalgia, anzi: il Suo pensiero non potrebbe mai ispirarmi sentimenti del genere. Le Sue parole trasudavano avventura, senso del mistero, dell'ignoto...come poteva uno stupido ragazzino resistere? Guardo la ragazzina, che aspetta una risposta: le sue parole promettono qualcosa di grande, Dei o chi per loro, e mi sembra di non essere cresciuto di un giorno da quella volta. Penso a ciò che mi è rimasto di quella sera d'estate sepolta dagli anni: il petalo di una Dhalia, che nel linguaggio dei fiori indica l'ammirazione e la gratitudine. Era solita firmare così i suoi colpi e, dato che una parte di me, quel giorno, sparì nella notte con lei, sentii che quel petalo dovesse essere mio. Affinché fossi sicuro che quel giorno fosse veramente successo. "Molto bene!" sbotto emozionato, "tu non puoi saperlo ma con le tue parole hai risvegliato ricordi che credevo sopiti da tempo! Che stiamo aspettando?! Credi davvero che mi perderei l'incontro con quei diavolacci che hanno inventato il Segugio, l'oro e la musica? Coraggio, fa' strada...Dahlia!"
  8. Misuro la stanza in grandi cerchi, poi, improvvisamente, guardo Ivan con occhi spiritati: "MA CERTO! JHAVIS!" Ahh, Jhavis, Jhavis! Meravigliosa carogna avida! Penso dentro di me tutto contento. Ricordo ancora le parole con le quali mi ha conquistato anni addietro: Non c'è colpo più sicuro di quello fatto alla luce del sole. Era incredibile quanto fosse vero per lui: capendo di non essere tagliato per le scorribande sui tetti e i pugnali alla gola, Jhavis, finito l'apprendistato presso le Mani Bucate - piccola realtà di Zenithar, la Città Libera punto di riferimento per ciò che riguardava flussi di denaro, affari e lettere di cambio -, capì che ciò che non aveva in forza fisica, lo compensava con il naso: un maledettamente efficace fiuto per gli affari che lo portava a muoversi con largo anticipo sulla concorrenza la quale, per recuperare terreno, si indebitava fino al collo per poter reggere il confronto fino a cedere di fronte all'unico disposto a risanare i loro debiti. Che guarda caso era sempre Jhavis. E via così per tutta la vita di questa carogna. Con tutti quei soldi e gli agganci giusti, Jhavis era diventato un membro importante della Gilda dei Mercanti e guarda caso, lungo le sue linee di affari si intersecavano spesso i miei incarichi, in una fruttuosa collaborazione che recentemente aveva compiuto dieci anni. Ahh, Jhavis, Jhavis! Schiocco le dita verso Ivan e gli faccio cenno di avviarsi verso la porta; nel frattempo, dal mio archivio di carte prendo un foglio sul quale scarabocchio una mappa del quartiere e gliela affido: "Coraggio, amico mio! Ti assicuro che andrà tutto bene, Léon ha pensato a salvare quel tuo ingrato fondoschiena! Ascoltami bene: segui le indicazioni, arriverai laddove le carovane fanno rifornimento e gestiscono gli animali. Lì, chiedi di Jhavis. Di solito nessuno chiede di lui senza un motivo ben preciso - o scarsa considerazione della propria vita - quindi ti porteranno da lui senza tante storie. Quando sarà di fronte a te e ti chiederà cosa vuoi, digli queste esatte parole: "Ho sempre desiderato vedere Atlantis. Dicono che lì le poesie siano il vento che gonfia le onde!" Lui a quel punto, soprattutto se ha piani di partenza ben precisi, ti potrà obiettare: "So che Atlantis in questo periodo è particolarmente affollata, quando ci andresti?" In questo caso, rispondi semplicemente: "Prima che un poeta abbastanza bravo la faccia affondare!" e Jhavis partirà il prima possibile per uno di quei suoi itinerari sconosciuti ai più men che lui. Fidati, sarai al sicuro" Lo bacio sulla fronte sonoramente, eccitato per quella che sembra essere un'avventura degna di una ballata. Prima di congedarmi da Ivan gli ricordo: "Con questo, mi impegnerò ad offrire i miei servigi a Jhavis a titolo gratuito per la prossima volta che ne avrà bisogno. Tienilo presente la prossima volta che mi punterai un coltello alla gola" Gli faccio un occhiolino, sorridendo sornione: "Goditi il meritato riposo, amico mio. Da qui in poi ci penso io!" Dopo che l'uomo chiude la porta dietro di sé, mi rivolgo alla ragazzina: "Dato che sembra proprio che saremo io e te per un po' e che pare esserti cresciuta la lingua tutto d'un colpo, puoi cominciare a dirmi il tuo nome e cosa sta per succedere. Impegniamo in modo proficuo il tempo da qui all'Occhio, ti pare?" Aspetto una sua risposta per incamminarmi verso la sommità dell'antico edificio.
  9. Gli torco il braccio con più forza finché non sento il tintinnio del coltello sul pavimento. A quel punto lo faccio girare e lo tengo fermo contro il muro, tenendolo per il bavero con una mano e puntandogli contro l'altra: "Se c'è una cosa che dovresti aver imparato in questi anni, è che Léon D'Avimbert non è un tagliagole: amo la vita, la bramo, devo poterla contemplare, in tutta la sua moltitudine. La morte è troppo definitiva, caro Ivan, ricordatelo" Lo lascio andare, guardandolo torvo: "Non osare mai più chiedermi di consegnare alla morte una ragazzina, o chicchessia, solo perché qualcuno ti ha detto di farlo. Piuttosto, chiediti come posso toglierti dall'impiccio" Mi lascio un po' andare, facendogli capire che la mia priorità è la sua sicurezza: "Per ordinarti di consegnarla, ti avranno dato delle indicazioni, sbaglio? Un luogo di incontro, una data… Potremmo inscenare qualcosa, far capire che non si scherza con noi. Oppure…" scocco uno sguardo alla ragazzina, poi torno su Ivan "...hai sentito la ragazzina. Per quel che mi riguarda, sono intenzionato ad andare fino in fondo a questa storia. Ho il presentimento che ci sarà da divertirsi! Puoi scegliere di unirti a noi, tenendo presente quello che ha detto: punta nuovamente un coltello su di me o su di lei…" tiro fuori uno dei miei coltelli da lancio, ci giochicchio con abilità prima di puntarglielo improvvisamente alla gola "...e dovrò venir meno a quanto detto prima: la morte sarà anche definitiva ma nasconde un suo certo intrinseco fascino, non trovi?" Lo lascio andare definitivamente, dandogli modo di assorbire il tutto. Mentre studio il da farsi, non mi riserbo di pensare a gente che mi deve un favore, o a luoghi che so essere particolarmente adatti per far perdere le proprie tracce, per poter mettere Ivan al sicuro. Infine mi avvicino alla ragazzina, Devo decidermi a darle un nome, e con un cenno del capo indico un punto indefinito sopra di noi: "Cosa ci aspetta lì?"
  10. Danear

    LADRO

    @willyrs Ho modificato la mossa Forse non sai chi sono sulla base delle indicazioni tue e di Marco dato che non vorrei rovinare la formattazione che hai fatto, pensaci tu stesso ad aggiornare la scheda, il file drive è già aggiornato ^^
  11. Testone di un rigattiere. Guardo quel patetico omuncolo accanto alla ragazzina, il pugnale stretto in una morsa nervosa, e non posso fare a meno di provare una certa tenerezza: Capiscilo, Léon, non si è mai ritrovato così a fondo nel letame! penso. Poi, però, penso altresì che, letame o non letame, minacciare l'unica persona che non ti vuole morto è da idioti. Non perdo tempo. La non resistibile integrità delle assi può darmi una mano: do repentinamente una tallonata all'asse sotto di me, in modo che l'estremo opposto (vicino a Ivan) scatti in alto, con l'intenzione di farlo allontanare dalla ragazzina; poi, scatto in avanti, mirando al braccio che impugna l'arma per torcerglielo.
  12. Léon D'Avimbert, il Menestrello delle cose nascoste -Ultimo braciere, decimo giorno d'Inverno "Amico, STA' CALMO!" sbotto infastidito, scrollandomi di dosso le sue mani bianchicce e sudate e versandogli un altro abbondante bicchiere. Ah, Léon! Ti riprometti sempre che la mattina è troppo bella per passarla sbronzo, eppure eccoti qua! Ne verso un po' anche a me, lo tracanno, prendo un profondo respiro e spiego: "Eccola qua, testone di un mercante! Eccola qua la tua stramaledettissima Gemma della Notte!" gli lascio del tempo per fare il punto della situazione e riprendo "Sono sgomento tanto quanto te e sai di chi è la colpa? Dei Nord e della loro dannatissima abitudine a chiamare le cose con i nomi che non gli competono! E che cavolo! Dopo vent'anni pensavo di essermi messo al sicuro da cavolate del genere, eppure è successo: vogliamo stare qui a raccontarci quanto sia inadatto a fare un mestiere che porto avanti da quando TU puzzavi di latte o parliamo di cose serie?!" Mi concedo un lungo sospiro, e ravvivo i due bicchieri. Ivan non si scompone, si siede e non rifiuta il mio invito: ci conosciamo da troppo tempo, ormai sappiamo che dopo aver sbroccato entrambi, la cosa finisce qui. "Nessun riferimento, neanche una parola scritta e poi cancellata, niente di niente mi ha fatto sospettare la natura della Gemma" riprendo con tono visibilmente più tranquillo, adesso quasi mesto "Anzi, quello che ho letto mi fa supporre che questa ragazzina non sia mai stata considerata più di un oggetto in tutta la sua vita. E chissà quante prima di lei..." Mi volto a guardarla, mentre l'alcol nelle vene tira fuori la mia parte migliore: Non avevo mai pensato che il mio potesse essere qualcosa di diverso da un errore grossolano. Forse ho solo dato adito a qualcosa che tutti danno per scontato. Povera ragazzina. Ripenso a quando lessi termini come "Estrazione" "Battitura a caldo" "Isolamento e preservazione" e tanti altri nei documenti che riguardavano la Gemma della Notte e che adesso acquistano per me tutto un altro, triste, significato. Rabbrividisco. Mentre ascolto ciò che Ivan ha da dire, mi alzo e mi avvicino alla ragazzina: guardo il suo corpo esile, i capelli corvini che scendono fino alle cosce magre, lo stesso livello al quale termina una vestaglia candida come la neve, rovinata in più punti, disarmonica, quasi come se ci fosse cresciuta dentro. Lei non mostra nessun segno di risposta, quasi non si sia nemmeno accorta della mia presenza: continua a fissare il muro di fronte a sé, impegnata in chissà quali elucubrazioni. E se si fosse davvero accorta di qualcosa che a noi sfugge? Il pensiero mi sembra talmente assurdo da portarmi quasi a desistere; invece, con noncuranza, mentre ascolto ancora le parole di Ivan, cerco di intercettare i punti del muro sui quali si posa lo sguardo della ragazzina. Mi avvicino, annuendo a Ivan e intanto carezzando la parete, tendendo un orecchio, annusando l'aria, cercando qualunque cosa di strano possa esserci in quel muro.
  13. Léon D'Avimbert, il Menestrello delle cose nascoste -Ultimo braciere, decimo giorno d'Inverno Male. Male. Male. Male. Malissimo! Chiudo con forza il mio archivio personale, una massa informe di rotoli di carta, dalle dimensioni diversissime tra loro, nel quale ho annotato ballate mai portate a termine, spunti per nuove, contatti di questo o quello e altra robaccia che lì per lì reputavo importante. La descrizione di Ivan mi aveva ricordato qualcosa e ora, dando un'occhiata all'invito scarabocchiato di un nobile delle Città Libere che avevo stranamente conservato nell'archivio, ho capito perché; gli mostro il biglietto: "Hai presente la volta della festa in maschera a Villa Boyd? Ricordi che, pochi giorni dopo, ti riportai tutto l'equipaggiamento da te fornitomi praticamente intonso? Ecco, quella volta non ho approfondito la cosa e tu giustamente non hai chiesto dettagli. Ti dico solamente che io e i miei colleghi - a quel tempo lavoravo per la Gilda dei Lord - non siamo stati gli unici ad essere assoldati per il compito ma le nostre filosofie erano profondamente diverse: io e i Lord passammo settimane a pianificare il modo per arrivare indisturbati ai gioielli della Contessa mentre i tuoi nuovi amici, gli Xao-Thol...Beh, mi limito a dire che il giorno dopo la festa il Conte non avrebbe comunque avuto più nessuno accanto a cui regalarne di nuovi" Lo guardo con un pizzico di sollievo: "Vista la mia ultima esperienza, sono contento di vederti qui per potermene parlare. A quel tempo io, giovane e incauto, sparlavo qua e là di fargliela vedere, di ricambiare il favore e tante altre cavolate..." guardo verso il soffitto, sorridendo ironico al ricordo dell'esuberante Léon di quegli anni "...ma l'allora mio superiore mi disse che non solo non avremmo preso provvedimenti ma che non avremmo altresì detto nulla a nessuno. Disse che, finché siamo in vita, la gente si adornerà di gioielli sui quali mettere le mani mentre i morti non portano nulla al di là dei Neri Cancelli. Quindi avremmo fatto bene a restare vivi, giusto per farti capire la reputazione di questa gente.." Comincio a camminare lungo la stanza a grandi passi, grattandomi la testa dubbioso come faccio spesso quando penso. "La presenza degli Xao-Thol non rende le cose più semplici, anzi...ti direi, dopo aver impostato assieme i piani futuri, di dimenticarti di questa storia e prenderti una bella vacanza. Loro vogliono me, o meglio, quello che ho con me. A questo proposito..." mi rivolgo verso lo scantinato, le mani a imbuto "RAGAZZINA! Puoi uscire!" Mentre aspetto che arrivi, avverto Ivan: "è un tipo un po' strano, poco fa ha farfugliato su qualcosa che ha finalmente inizio e queste sono state le uniche parole che ha detto da quando l'ho trovata. Vediamo tu che idea ti fai"
  14. "Mmm, capisco" Mi verso un abbondante bicchiere mentre medito sulle parole di Ivan. Quanti sapevano della Gemma? So che quelli che hanno contattato Ivan erano giovani e con un tatuaggio sul collo che può ricordare i Custodi del Sapere Ah, i Custodi del Sapere. Una vita spesa a impadronirsi di conoscenze che finivano irrimediabilmente per essere obsolete se non perfettamente inutili. Ho offerto i miei servigi lì nella fase della gioventù nella quale punti a essere quello che zittisce sempre gli altri a suon di parole. Poi ho scoperto che passare ai fatti è molto più semplice. Cerco dunque di mettere insieme le poche info a disposizione tenendo conto della zona nella quale ci troviamo e delle sedi dei gruppi di ladri che ricordo, al fine di vedere se posso essere già in grado di dare delle risposte al mio amico.
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