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Miei racconti


doria

Messaggio consigliato

allora,

premesso che sono ancora in preda alla febbre e quindi alcuni commenti potrebbero nascere da questo:

il racconto mi piace. lo trovo forse un po' poco chiaro. Può darsi che sia dovuto alla febbre ma in alcuni punto(soprattutto l'inizio) ho dovuto rileggere alcune parti 2-3 volte per comprendere appieno.

per il resto nulla da dire

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allora,

premesso che sono ancora in preda alla febbre e quindi alcuni commenti potrebbero nascere da questo:

il racconto mi piace. lo trovo forse un po' poco chiaro. Può darsi che sia dovuto alla febbre ma in alcuni punto(soprattutto l'inizio) ho dovuto rileggere alcune parti 2-3 volte per comprendere appieno.

per il resto nulla da dire

Diciamo che all'inizio è volutamente vago, quindi non mi stupisco che tu, per giunta malato, non l'abbia appieno compreso.

Comunque provo ad ascoltare anche altri pareri e, se anche per questi il racconto risulterà poco chiaro, vedrò di sistemarlo...

Grazie per aver commentato! Cosa che del resto fai sempre... ;-)

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Diciamo che all'inizio è volutamente vago, quindi non mi stupisco che tu, per giunta malato, non l'abbia appieno compreso.

Comunque provo ad ascoltare anche altri pareri e, se anche per questi il racconto risulterà poco chiaro, vedrò di sistemarlo...

Grazie per aver commentato! Cosa che del resto fai sempre... ;-)

Beh, un reciproco scambio di opinioni fa sempre bene.

Comunque avevo capito che fosse vago apposta, è un po' il tuo stile insomma;-)

e per la malattia puoi aver perfettamente ragione, non capisco neanche la lista della spesa:lol::lol::lol:

vedremo che diranno gli altri:bye:

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si concede"...

Bè...utilizzo "si concede" per far credere che, dandosi a quell'abbraccio foriero di morte, l'incubo di fiamma si abbandoni come se fosse un abbraccio materno: morire per l'incubo significa liberarsi dalla pazzia e quindi "si concede" perchè quasi felice di morire. Ovviamente se fa davvero schifo "si concede" posso sostituirlo...che ne dite?

Per il resto: mi fa piacere che ti sia piaciuto e che tu abbia commentato ;-)

Ho una critica da farti: penso che vada più intesa come ambientazione fantascientifica più che fantasy...dovrei chiedere al creatore del gdr...

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Mumble mumble... l'avevo già letto, ma sei sempre molto criptico in ciò che scrivvi. Mi piacerebbere leggere qualcosa di più per quell'ambientazione visto che questi raccontini sembrano calzare a pennello...

Ehm...non ho capito... :-D

Se vuoi leggere qualcosa di più di quell'ambientazione, basta che tu vada su GDRITALIA e scarichi Dreamwake, uno dei gdr nel concorso promosso da quel sito...

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nonostante la tua fede calcistica dichiarata (ebbene sì, io sono dell'altra sponda), accetto volentieri la tua richiesta di commentare i tuoi racconti, che mi erano sfuggiti come molti altri.. mi piacerebbe essere più presente in questa sezione, ma faccio del mio meglio..

inizio dal primo, "la promessa", poi un poco alla volta cercherò di recuperare anche gli altri.. premetto che non ho modo di leggere tutti i commenti, pertanto potrei ripetere alcune cose già dette..

mi piace l'idea di fondo, il ritmo che hai dato al racconto, la descrizione delle situazioni, ma a mio parere l'hai tirato un po' via.. mi sembra che tu abbia delle buone capacità di scrittura e di inventiva, pertanto forse avresti potuto approfondire maggiormente alcuni aspetti, come ad esempio il dialogo tra il senza-speranza e marco, che in sintesi si limita a una serie di domande con un monosillabe di risposta.. inoltre, ti consiglio un po' meno didascalismo, sia nella punteggiatura (mettere un punto esclamativo al termine di una frase non serve a molto, è come se tu volessi attirare l'attenzione del lettore su quel periodo, ma è piuttosto scontato e inflazionato come metodo.. se puoi ti consiglio di evitarlo) che nella narrazione (ad esempio, in "Un altro cenno di assenso accompagna quelle parole. Ma che altro può fare se non tacitamente assentire?" la domanda che fai la trovo pleonastica, è già chiaro di per sé che può solamente assentire se continua a farlo)..

altra cosa: "abbandonare tutto con un semplice sorriso vorrebbe".. no, per favore, non mettere il predicato verbale al termine della frase, ricorda il maestro joda e soprattutto è molto brutto e difficile da leggere (mi pare tu l'abbia fatto in un altro paio di occasioni nel racconto, ma non le ritrovo)..

per ora mi fermo qua.. vado a leggere il resto (con calma però, che stasera abbiamo perso e sono un po' incazzato.. ;-))

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mi sembra che tu abbia delle buone capacità di scrittura e di inventiva, pertanto forse avresti potuto approfondire maggiormente alcuni aspetti, come ad esempio il dialogo tra il senza-speranza e marco, che in sintesi si limita a una serie di domande con un monosillabe di risposta..

Verissimo.

Considera che però era un esercizio di scrittura al presente, quindi non ho voluto approfondire troppo le figure dei due personaggi.

Certamente se mai lo ri-scriverò approfondirò il rapporto tra loro due.

inoltre, ti consiglio un po' meno didascalismo, sia nella punteggiatura (mettere un punto esclamativo al termine di una frase non serve a molto, è come se tu volessi attirare l'attenzione del lettore su quel periodo, ma è piuttosto scontato e inflazionato come metodo.. se puoi ti consiglio di evitarlo) che nella narrazione (ad esempio, in "Un altro cenno di assenso accompagna quelle parole. Ma che altro può fare se non tacitamente assentire?" la domanda che fai la trovo pleonastica, è già chiaro di per sé che può solamente assentire se continua a farlo)..

Bè...qui mi trovo a dissentire. Sia non concordo su quello che dici della punteggiatura, sia riguardo al caso che hai citato (Ma che altro può fare se non tacitamente assentire?):

non è implicito nella frase precedente che lui non possa dissentire, inserendo questa domanda sottolineo come non abbia possibilità di scegliere. Se mi fai altri esempi posso vedere se cambiare o meno...

altra cosa: "abbandonare tutto con un semplice sorriso vorrebbe".. no, per favore, non mettere il predicato verbale al termine della frase, ricorda il maestro joda e soprattutto è molto brutto e difficile da leggere (mi pare tu l'abbia fatto in un altro paio di occasioni nel racconto, ma non le ritrovo)..

Verissimo: brutto e difficile da leggere. Appunto per questo ho messo il predicato verbale al termine, per dare fastidio al lettore: mi è venuo così male?...

nonostante la tua fede calcistica dichiarata (ebbene sì, io sono dell'altra sponda),

Dai, non ti affliggere: nessuno è perfetto! (Forza Doria, forza Sampdoria, in ogni angolo della città! Forza Doria, forza Sampdoria, ogni partita una festa sarà!!)...

Ultima cosa: se leggi "La clinica" passa direttamente alla seconda versione, non leggerla nemmeno la prima...

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Ciao. Ho letto Theristes. Il racconto mi è piaciuto, ma ho qualche critica basata principalmente su miei gusti personali.

Sarò un po' stringato, per mancanza di tempo, ma commento come sempre con spirito puramente costruttivo.

Mi è stato "criticato" il modo con cui sposto i personaggi da una zona all'altra: non si capirebbe bene che i due escono dalla stanza.

I movimenti si capiscono. Quello che non si capisce è come è fatto l'ambiente, il che può sicuramente rendere difficile la comprensione nelle scene del combattimento. In pratica si perde il senso dello spazio. Qualche indicazione, anche minima, credo sia indispensabile.

Lucius osservava la stanza,

Nella prima parte del racconto, la narrazione assume il punto di vista di Lucius, "vittima" della prova. Lucius osserva la stanza, ma il lettore non sa niente di come è fatto il luogo. Bisognerebbe descriverla un minimo. Dire le dimensioni, come si presenta a prima vista. Si dice solo che filtrano dei misteriosi bagliori dall'ingresso e che l'aria è umida e viziata. E' difficile farsi un'idea "spaziale" del combattimento. Quant'è grande la stanza? E' vuota, sgombra, c'è del mobilio, possibili ripari? vie di fuga?

-Complimenti, ragazzo-.

Secondo le più comuni convenzioni editoriali, il trattino si usa solo in apertura e non in chiusura del dialogo. A meno che non ci sia un inciso narrativo subito dopo il dialogo. Se fosse quest'ultimo caso di solito per convenzione il punto potrebbe essere omesso o, al limite, tenuto "dentro" i trattini. Per es:

- Complimenti, ragazzo - disse il maestro.

Oppure

- Complimenti, ragazzo. - Il maestro gli strinse la mano. - Sei stato bravissimo.

La virgola prima del trattino di chiusura va normalmente omessa. Inoltre si mettono anche gli spazi. Sono quisquilie, ma te lo dico perché in tutto il resto del racconto sei molto preciso nella punteggiatura.

Uscirono dalla stanza e si incamminarono: la luce del sole abbagliò per qualche istante l'allievo

Si capisce benissimo che escono dalla stanza. Quello che non si sa è dove vanno a finire: all'aperto? Sembrerebbe di sì, vista la luce abbagliante. Da dove sono usciti? dall'ingresso della stanza? Anche qui mancano riferimenti spaziali minimi necessari a "visualizzare" la scena.

Giunti all'ingresso,

Idem come sopra.

Per il resto, ti consiglio solo di stare attento all'uso dei due punti, perché mi sembrano troppi. Li usi molto spesso, quasi in tutte le frasi lunghe. La prosa sarebbe ritmicamente più interessante se variassi di più la struttura della frase.

Anche le frasi esclamative e interrogative fuori dal dialogo, io tenderei a usarle meno, però anche qui è solo questione di gusti.

Spero che i commenti siano utili, quando ho tempo magari leggo anche il successivo racconto che hai postato. Ciao.

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Prima di tutto ti ringrazio per il commento, puntuale e preciso.

Riguardo alla questione dei trattini ti ringrazio, adesso mi è più chiaro; riguardo ai due punti cercherò, nei prossimi racconti, di farci più attenzione e ti do pienamente ragione; riguardo le questioni spaziali, al contrario, dissento.

La mancanza di descrizioni spaziali è voluta. Ciò che voglio ottenere è lasciare che sia l'immaginazione del lettore a lavorare al mio posto e, ragione fondamentale, dare l'idea di una ambientazione indefinita che, ristretta nei limiti di un mondo sensato contorniato da un delirio non definito, può scomparire e quindi non è neanche sicuro che esista...

Spero di essere stato chiaro :-D

Grazie ancora per il commento...

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Anche se i racconti di questo tipo non mi entusiasmano, mi sembra, che sia molto bello.

La prossima volta metti qualche scena di azione in più.

(PS:non sono un gran esperto di libri )

mmm...non facevi prima a dirmelo a voce?... ;-)

Bè...comunque è un racconto breve, non potevo di certo inserire una lunga serie di ammazzamenti a non finire, altrimenti il racconto diveniva peggio di uno dei peggiori film d'azione!...

Comunque, dopo a tavola mentre mangiamo ti spiego :-D

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Ho appena terminato una lettura veloce dei tuoi racconti, con la promessa di dedicarmi più tardi ad una più approfondita, e devo farti i miei complimenti: mi hanno catturato non poco:-D. Non ho la pretesa di essere un maestro di scrittura quindi non mi spingo a dare suggerimenti in tal senso però ti faccio un piccolo appunto riguardo al racconto Theristes:

Solo sentì un fendente raggiungerlo all'altezza della coscia. Piegato dal dolore si accasciò al suolo. Un altro fendente gli sferzò il volto, calci lo raggiunsero al torace. Aprì gli occhi e lo vide: davanti al suo viso pupille marroni lo osservavano e un volto solcato da un ghigno. Un altro pugno affondò nel suo stomaco e filamentose bave di sangue sgorgarono dalla sua bocca.

Da quel che ho capito i Kenon combattono a mani nude (prova ne sia che Lucius viene ucciso per strangolamento e il theristes attacca a mani nude il suo allievo). La terminologia fendente è però più tipica del combattimento armato, in special modo di quello con lame, che non di quello a mani nude.

A parte questa piccola inezia, rinnovo i miei complimenti.

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Prima di tutto ti ringrazio del commento.

La tua critica è certamente corretta, ma è un errore che ho volutamente inserito nel racconto. Provo a spiegarmi: il termine fendente da al lettore l'idea di un qualcosa di tagliente e il male provocato dalle mani di un Kenon può arrivare fino a quei livelli.

Se è lecito commettere un "errore" del genere nella scrittura di un testo non lo so, certamente l'ho fatto.

Quando hai approfondito la lettura fammi sapere!.. ;-)

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Ecco, ho letto anche il secondo racconto per dreamwake.

Bello. Devo compliementarmi sopratutto per la qualità visiva della scena, molto efficace. Hai saputo descrivere le cose rendendole delle "visioni", il che non era facile.

Ti dico anche quello che mi sembra migliorabile.

Prima di tutto c'è la questione dei due punti. Aaargh, sono davvero ovunque. :-) vabé, l'ho già detto quindi inutile ripetersi. Questo è il solo difetto "serio" del racconto, secondo me. Le critiche che seguono sono solo inezie o dovute a miei gusti personali.

Secondo: le "d" eufoniche sarebbero da togliere: per convenzione non si usano, e se le togli tutto "suona meglio".

Ho letto alcuni altri commenti che dicono che l'inizio è poco comprensibile. Secondo me invece va bene. Certo, chi non sa cosa sia Deliria, Dreamwake, il Mondo Di Fuori rimana un po' spaesato, ma dato che questo racconto va insieme al materiale del gioco si presuppone che il lettore sappia di già di cosa stai parlando.

D'un tratto, un'ignea luce pulsante si leva, appare bruciante al di là delle mura: ora si appressa, ora scompare, ora ritorna più vivida e la scolta ammira turbata quello strano spettacolo nuovo.

In questa frase non mi piace "d'un tratto". Come "improvvisamente" è un modo troppo abusato (troppo facile, e piuttosto inefficace) di inserire elementi improvvisi nella narrazione.

Non mi piace neanche "strano spettacolo nuovo". Toglierei uno dei due aggettivi.

La sua mano cala lentamente lungo i fianchi: sa di dover afferrare l'arma, sa di doverla impugnare e stringerla forte, ma la visione ha un qualcosa di morbosamente attraente e non sa resistervi.

I primi due "sa" vanno bene. Il terzo "sa" sa di ripetizione. ;-)

Il battito del cuore aumenta vertiginosamente, al pari della tensione, del turbamento, della paura.

E' una bella frase, ma secondo me l'hai calcata un po' troppo. Io scriverei solo "Il battito del cuore aumenta vertiginosamente, al pari della paura". E' più incisiva e ne guadagna il ritmo. O forse sono io che sono fissato con un certo minimalismo. :-)

ha preso il posto della guardia, ma non guarda Deliria;

guardia/guarda dà un po' fastidio.

All'improvviso, tutto si oscura: tese le braccia verso il nemico, l'Insonne scatena le forze della sua follia. Come attratta da un vortice ineludibile, la fiamma dell'umanoide si distacca dal suo corpo spiraleggiando, vorticando scompare in un nulla oscuro. Impaurita dallo strano fenomeno, l'aberrazione balza ed avvolge in spirali di fuoco la donna: fiamme guizzanti lambiscono il suo volto.

Qui c'è "All'improvviso" (stessa critica di sopra). Poi c'è una cosa che non capisco: mi sembra che la fiamma si spenga ("tutto si oscura", "la fiamma... scompare in un nulla oscuro"), poi però l'aberrazione avvolge in spirali di fuoco la donna.

Mh, credevo che il fuoco si fosse spento. Non so, forse sono io che dormendo troppo poco faccio il tifo per l'Insonne. :-)

Passi lenti e cadenzati palesano l'allontanarsi della donna, salvatrice impazzita di una città affogante nell'incubo.

E' una belle chiusura, ma non mi piace "affogante". Ma credo tu ci abbia già pensato nel momento in cui l'hai scritto ;-).

Ho criticato tante piccole cose, ma ti ripeto che il racconto mi è piaciuto, quindi complimenti.

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Riesco solo ora, dopo in terminabili ore di studio, a leggere il tuo commento e a rispondere.

Prima di tutto c'è la questione dei due punti. Aaargh, sono davvero ovunque.

:rolleyes:

Diciamo così: non avevi ancora commentato "Theristes" quando ho scritto questo racconto, quindi non ci ho pensato ai due punti. Prometto che da questo momento ci starò più attento.

Per le d eufoniche capisco e provvedo a correggere.

In questa frase non mi piace "d'un tratto". Come "improvvisamente" è un modo troppo abusato (troppo facile, e piuttosto inefficace) di inserire elementi improvvisi nella narrazione.

Non mi piace neanche "strano spettacolo nuovo". Toglierei uno dei due aggettivi.

Relativamente a "un tratto" e ad "improvvisamente" dovresti spiegarmi meglio cosa intendi.

"Strano spettacolo nuovo" mi piace così...

I primi due "sa" vanno bene. Il terzo "sa" sa di ripetizione.

Ops...hai ragione ;-)

E' una belle chiusura, ma non mi piace "affogante". Ma credo tu ci abbia già pensato nel momento in cui l'hai scritto .

Ho usato affogante perchè utilizzando affogata non potevo rendere l'idea di un qualcosa che ancora resiste all'incubo. Si, ci ho pensato prima di metterlo... ;-)

Grazie per il commento, come al solito puntuale e preciso...

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  • 3 settimane dopo...

Ho appena iniziato a leggere il tuo operato, hai ricevuto commenti degni di nota da molti altri, alcuni li ho trovati molto azzeccati:vedi i due punti, il senso di continuo "non si sa dove sono" e le frasi alla Yoda^^

Il file zip....più avanti;-)

Letto "Il ragazzo" e "commissione".

Nel primo avrei evitato di parlare al lettore nella parte dell'attacco alle navicelle, credo che un buon testo debba essere coerente dall'inizio alla fine; se inizi con una narrazione alla terza persona e cambi alla seconda senza preavviso stona IMHO.

Per quanto riguarda l'idea è molto apprezzata, hai una fervida immaginazione e sei chiaro nel raccontare quello che ti pasa nella mente, almeno in questo caso^^

La Commissione mi ha lasciato abbastanza stupito, mi è piaciuta la scena finale, non me l'aspettavo e questo, a volte, è un bene!!!!

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  • 3 mesi dopo...

Buongiorno a tutti.

Posto qui il frutto del lavoro di collaborazione con Raemar e Demiurgo, ai cui lavori rimando con un link: Raemar= http://www.dragonslair.it/forum/showpost.php?p=544841&postcount=20

_________________________________________________________________

Introduzione (ad opera di Raemar):

La pioggia pesante rendeva la strada difficilmente praticabile, come non fosse bastato il peso trasportato ad affaticare la mia andatura. Eppure, non potevo non considerare la pienezza di quella situazione. L’autunno, i suoi venti, i suoi odori, i suoi differenti umori, il sole pallido, la pioggia fine, le diverse gradazioni di bagnato. Mentre mi dirigevo verso la locanda, i capelli appiccicati fastidiosamente alla fronte fino a oscurarmi in parte la visuale, mi era impossibile non percepire l'odore dell'erba fradicia, del fango solcato dalle ruote di un carro, del fumo delle abitazioni che portava in strada diversi sapori. Il rumore dell'acqua contro la pietra e la terra, il pestare di piedi incerti al margine della strada, il vociare soffuso oltre le porte chiuse. Perfino la quasi invisibile nuvola di vapore che si formava di fronte alla mia bocca a ogni respiro affannato era motivo di immensa gioia per il cuore. Quando giunsi di fronte all'ingresso della Pietra miliare, trassi un respiro più profondo e lo sputai fuori con tutta la poca forza che mi era rimasta dalla sera precedente. Entrai e per un momento il mondo si fermò. Mentre chiunque fosse nella sala mi osservava incerto, lasciai scivolare il corpo dalle spalle al tavolo libero più vicino in un unico movimento che sapevo il mio corpo non avrebbe sopportato. Stremato, caddi a terra. E la stanza, improvvisamente, si rianimò, divenendo contemporaneamente buia.

***

Sogno (ciò che ho scritto io prendendo spunto dalla parte di Raemar)

La prima cosa che vidi furono le nuvole, che in pesanti nembi affollavano il cielo; la prima cosa che sentii fu il lento picchiettare della pioggia sul mio volto e lo strascichio dei piedi di Marco sul terreno fangoso. Non avevo cognizione del tempo che era passato e non mi interessava, esattamente come non potevo sapere quanta strada ci separasse dal villaggio. La sera prima era stata un inferno, una di quelle giornate da cancellare e dimenticare, da rinchiudere nella memoria per sempre. Marco, inerpicandosi a fatica lungo gli erti sentieri della boscaglia, taceva, assorto in pensieri non dissimili dai miei. Provai una prima volta a parlare, ma il profondo taglio che mi aveva squarciato il labbro superiore mi impedì di articolare qualcosa di più di un fioco spirare sibilante. Marco si fermò, per pochi secondi smise di trascinarmi. Dopo aver preso le mie braccia, abbandonate lungo le sue spalle, e avermi appoggiato a terra, mi pulì i capelli dal fango, mi guardò. I suoi occhi azzurri incontrarono il marrone dei miei. Il suo volto appariva stanco, provato. Non so come apparisse il mio, ma potei leggerlo nella triste espressione che Marco assunse. Quando, piangente, parlai, fu il labiale a permettere la comprensione di quanto dicevo.

Marco seguì per un poco, mise una mano davanti alla mia bocca e invitò con l'altra a non parlare. Capii e tacqui. Riprendemmo il viaggio e ripresi ad ascoltare la pioggia, parte di un mondo che mi appariva solo ostile, che non poteva apparirmi in modo diverso dopo tutto quello che era successo.

Fu la costante ritmica del nostro incedere a conciliarmi il sonno. Chiusi gli occhi e mi assopii. Ho vaga memoria delle prime immagini, delle prime sfocate figurazioni oniriche. I dolori impressi nella mia mente immediatamente ri-apparvero e il tenue bagliore del focolare acceso nel camino tornò a brillare nel salotto di casa mia.

Nei colori della mia immaginazione ogni cosa apparve più scura di quanto fosse in realtà: i vestiti di mia madre, pesanti e lanosi, il volto di mio padre, su cui i bagliori della fiamma disegnavano macchie quasi pittoriche, e le mie stessi mani, che osservavo e sfioravo accostandole, intorpidite dal freddo, al caldo focolare. Era strano sapere quello che di lì a poco sarebbe successo, come era strano sentirsi a un contempo spettatrice ed attrice. La porta si spalancò e, mentre mi preparavo a sopportare una seconda volta quelle sofferenze, voltai curiosa il volto. Quando lo vidi muovere quei pochi passi all'interno del locale sapevo già quali movimenti avrebbe fatto, eppure, come se non lo sapessi, feci quegli stessi gesti che sapevo di avere già fatto: in preda ad un terrore cieco urlai, mi accostai al muro e attesi.

Lui pose fine in pochi secondi alla vita dei miei, con due rapidi movimenti dell'indice sul grilleto di quel rozzo fucile; mentre parte di me soffermava gli occhi sui corpi privi di vita dei miei genitori, parte urlava, violentata.

So per certo che quel particolare momento del sogno fu solo un miscuglio di suoni: lo scoppiettio del fuoco; lo sbattere ritmato del mio corpo sul pavimento, costretta a quei movimenti dalla forza del carnefice; la voce di qualcuno che mi chiamava e che voleva strapparmi a quello spettacolo, dove ora un coltello mi squarciava le carni, vile gesto di sprezzo; la porta che si apriva sbattendo; il colpo di un secondo fucile; il peso di quello che ora era solo un morto, ancora congiunto alle mie povere carni.

Mi svegliai. Anna mi osservava, porgendomi una scodella di minestra. La porta si spalancò, chiusi gli occhi e sospirai...

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