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Disraeli di André Maurois


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Disraeli di André Maurois

In principio pensavo si parlasse del nonno: un gradevole, "caratteristico" ebreo veneziano trapiantato in Inghilterra. Poi del figlio, travolto dagli ideali di Rousseau e accanito lettore (nonché motivo di timido imbarazzo per i compiacenti genitori). Infine il quadro è diventato chiaro: il suo protagonista indiscusso, il nipote Disraeli, doveva dominare le scene.

Ho vissuto le sue battaglie giovanili, in cui mi sono identificato molto; sublimi e presuntuose di una superiorità intellettuale, di spirito, eppure deboli di un pensiero di primo acchitto come un'artista che subito vuole dipingere la sua musa, insozzandola. La prima, cocente umiliazione in collegio: mi ha ricordato molto il film "Dead poet's society", altrimenti detto "Carpe diem", allorquando il fervore teatrale del giovane Disraeli viene denunciato alle autorità da compagni invidiosi e mediocri.

Gli stessi che, anni dopo, gli impediranno di fondare un giornale proprio o di avere successo nella sua prima, vana candidatura alla Camera dei Comuni. Sconfitte.

La crocerossina che allieva i suoi dolori è l'amorevole sorella Sara o "Sa". Il padre non ha difatti perduto il "vizio" di rifugiarsi fra i libri e la madre così madre non ha parole per il figlio. Quale, profonda comprensione potrebbe arrivare da costoro? Il padre apprezza l'intelligenza del figlio ma ne biasima la fretta.

Disrali si scopre scrittore. "Quando voglio leggere un buon romanzo" dirà egli stesso molti anni dopo, "lo scrivo". I suoi romanzi sono una sorta di autobiografia, destano scalpore nella società bene. In principio i suoi lettori abbozzeranno un sorriso definendolo "ardito"; poi, quando la vera identità dell'autore verrà allo scoperto, molti si ritroveranno nei personaggi ridicoli del romanzo e bolleranno il giovane Disraeli di "arrivista", "traditore", ecc. Disraeli non gode di alcun privilegio: il disprezzo per la sua provenienza sociale, come una serpe velenosa, si annida dietro ogni siepe, pronto ad azzannarlo al primo passo falso.

Il giovane trova conforto nei suoi viaggi e nell'amicizia con le donne che si avvicendano nella sua vita. È proprio una donna, tempo dopo, a fargli vincere le elezioni. Si chiama Mary Ann. Disraeli entra a far parte della Camera dei Comuni, ma l'inizio non è dei migliori. Ancora, le sue origini rappresentano un ostacolo. Quante volte ha sognato di appartenere a quella stretta, idealizzata cerchia che nei suoi sogni è la classe aristocratica della Vecchia Inghilterra!

Le difficoltà in parlamento sono molte, è l'epoca del protezionismo e tories e whigs si combattono a suon di riforme. Non è sempre facile scegliere con chi schierarsi. Disraeli è sfortunato, ma a ogni caduta ha il coraggio e la forza di rialzarsi. La sua tenacia prevale. Anno dopo anno. Disraeli si conquista un posto di rilievo all'interno del partito conservatore.

Quando il marito di Mary Ann muore, Disraeli, che ha sempre nutrito un profondo affetto per quella donna così semplice e comprensiva, tanto diversa dalle sue "interessanti" amiche dell'alta società, le dichiara i suoi sentimenti. I due si sposano, e mai matrimonio fu più felice del loro: insieme, i due si completano. In Mary Ann Disraeli troverà sempre un'amica fidata, un'amante e, quando l'adorata "Sa" verrà a mancare, una sorella. Da parte sua, Disraeli non le farà mai mancare niente e anzi, l'amerà forse di più con il passare degli anni.

Da questo punto in avanti, l'ascesa alle alte cariche politiche di Disraeli diviene costante e, seppure vi siano momenti in cui sembra che la sua carriera sia destinata a fallire, pure al lettore risulta chiaro che gli eventi alla fine si risolveranno per il meglio. Passano gli anni, e Disraeli si batte con l'energia di sempre, come se vivesse uno dei suoi romanzi, come se non fosse passato un singolo giorno dalla sua prima sconfitta al collegio, e il desiderio di rivalsa gli ardesse dentro più forte che mai.

È cambiato molto, Disraeli, e come un buon vino che invecchiando migliora, così il padre prima di morire rivaluta il figlio. Al suo innato estro, al suo pensiero brillante, ora Disraeli unisce una calma vincente. Sì, Disraeli non è più un dandy, non finge più di essere qualcosa che non è mai stato e disprezza cordialmente i vani affari della vita mondana.

Ma le ombre sono molte. Il sopraggiungere della vecchiaia, la scomparsa di tanti cari amici, dei familiari, e non ultima Mary Ann, sono colpi assai duri per l'ormai vecchio Primo Ministro. Ancora peggio, Disraeli ha cambiato opinione: un solo uomo, per quanto brillante, non può rivoluzionare il mondo. Svanisce il sogno della Nuova Inghilterra, e i versi che Smythe, amico cinico e adorabile, gli lascia prima di morire in miseria, ne sono l'epitaffio: what is life? a little strife where victories are vain, where those who conquer do not win nor those receive who gain.

La sincera amicizia con la Regina Vittoria, quel carattere intelligente e buono, un po' vittima di sè stesso, aiuta Disraeli ad andare avanti. Solo, Disraeli vive di ricordi, eppure vive e combatte fino all'ultimo, infaticabile. La sua ultima vittoria la ottiene con un magistrale intervento diplomatico negli affari slavi. È l'apoteosi, il riconoscimento definitivo alla sua intelligenza.

Le ultime pagine del romanzo mi hanno commosso. Avevo pensato che una natura brillante come quella di Disraeli fosse immortale, e vederlo invecchiare e morire mi ha procurato un forte dolore. Pensare che riposi eternamente a fianco della sua amata Mary Ann è una piccola consolazione.

Disraeli di André Maurois è il classico libro che si spera di non finire mai.

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