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TdS- off topic e organizzazione


Voignar

Messaggio consigliato

In ogni caso sto postando 🙂
Avrei bisogno di sapere se applichi la trasparenza fra poteri psionici e arcani, se io ho resistenza ai poteri viene considerata anche come resistenza agli incantesimi? Allo stesso modo, un avversario con resistenza agli incantesimi è considerato avere anche resistenza ai poteri? 

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Ma porca papera che mattone è lo spellcasting... Adesso devo anche andare a controllare quali magie hanno componente somatica e quali no... (ho però in mente una soluzione, ma dovrò aspettare il 6° livello...)

Cambiando argomento @Voignar mi sono accorto di aver sbagliato nel penultimo post, la CA di Baarad è 16 non 15.

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2 ore fa, Voignar ha scritto:

@HexGen-29, manca la tua azione, tutto ok?

@Nanobud, i goblin hanno un'anima e finisce nell'Acheronte se non vado a ricordare male; per il rito di Passaggio, vedi tu se il tuo personaggio vuole o meno farlo

scusami non mi ero accorto. avevo visto i post ma non mi ero accorto  che mancasse solo il mio. sono al lavoro. posto in pausa pranza

Modificato da HexGen-29
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Storia di Baarad

Spoiler

Figlio di una guardia costiera e di una donna di Reth, Baarad crebbe in un ambiente urbano in costante fermento, a stretto contatto con le attività marittime. A cinque anni dalla sua nascita il padre morì in uno scontro dentro a una locanda, mentre a sette la madre fu morsa da un cane randagio e successivamente morì di febbre. Tuttavia quando ella morì nel suo letto, Baarad notò qualcosa di strano, la casa era diversa e le ultime parole della madre erano del tutto nuove: Baarad, gioia mia, la morte non è la fine, ma una tappa necessaria nella vita di tutti i viventi. Recita per me una preghiera e ricorda che sarò sempre con te.
Pronunciate queste parole, lo spazio tornò alla normalità e lo speziale fece portare via il bambino dalla donna che abitava di fronte alla loro povera dimora.
Furono quindi chiamati i necrofori, ma non ci sarebbe stata degna sepoltura se non fosse sopraggiunto un prete di Kelemvor. In mancanza dei fondi necessari per la sepoltura egli si offrì di pagare la somma necessaria, e fatto ciò trascorse del tempo insieme al bambino, per rassicurarlo e per insegnargli come prendersi cura dei morti. Inoltre un bambino senza più famiglia non sarebbe stato in grado di mantenersi, e certamente la madre avrebbe voluto che qualcuno si prendesse cura di lui. Baarad scoprì che le guide del fato erano proprio delle figure appartenenti alla chiesa di Kelemvor, così come lo erano i combattenti dell'Ordo Eternus. Conobbe anche altri due bambini che viaggiavano con il prete, Tudime e Syoul.
I compiti del prete comprendevano anche pratiche più concrete. Per poter finanziare le attività della chiesa, il prete convinse il piccolo Baarad a vendere la casa della madre, insieme a ciò che conteneva. Baarad tenne per sé qualcuno degli oggetti appartenuti a sua madre: una coperta, una tazza e un grosso ago. Portò con sé questi, più l'indispensabile e una statuetta, raffigurante un piccolo couatl, che gli avevano regalato a cinque anni.
Baarad aveva piena fiducia e ammirazione nel prete, Elial Brandtheus, e gli confidò l'esperienza vissuta alla morte della madre appena fu da solo con Elial, ovvero al cimitero, ma non riuscì a spiegare in che modo quell'esperienza fosse così strana. Così, dopo un pasto a base di pesce, pane e uva, i quattro trascorsero la sera a contemplare il cielo stellato e a leggere le lapidi delle tombe.
Il giorno dopo i quattro raggiunsero un orfanotrofio nei pressi di un villaggio. Qui i percorsi dei tre bambini e di Elial si separarono.
Per cinque anni Baarad visse una vita normale e crebbe forte in quel modesto villaggio, ma mal sopportava di restare confinato in quel posto, così decise di scappare per tornare a Reth e lavorare al porto, possibilmente affidandosi a chi conosceva bene suo padre. Lasciò al direttore dell'orfanotrofio una lettera in cui gli chiedeva di non cercarlo.
Per quasi un anno lavorò al porto, ma ebbe nuovamente una visione quando un uomo barcollante lo urtò alla svolta su un angolo e cadde a terra: I morti non parlano, ma tu li puoi ascoltare. Abbi misericordia, fai delle loro cause la tua missione.
Baarad, un ragazzo di tredici anni che ne dimostrava sedici, decise che quella sera avrebbe bevuto più del solito e che avrebbe poi fatto un bagno insieme a una giovane accompagnatrice. Voleva assaporare la vita, certamente non la morte. Eppure in cuor suo voleva anche vendicarsi, senza sapere di cosa, e doversi preoccuparsi per i morti sembrava solo uno spiacevole inconveniente. Passò una notte di sonno agitato, si svegliò presto e passò del tempo a guardare il mare dai moli. Poi riprese a lavorare. Le sue condizioni durante il giorno peggiorarono e a pomeriggio inoltrato non c'era dubbio che si fosse ammalato. Il suo corpo scottava e faceva fatica a respirare. Ripensò all'uomo che lo aveva urtato: che fosse stato infettato da lui? Se così, quelli sarebbero potuti essere i suoi ultimi giorni di vita.
Fu portato in un ospedale e lì ricevette adeguate cure. Tuttavia non c'era alcuna certezza di una guarigione e un vecchio Kelemvorita era lì per affrontare il tema della morte. Baarad gli parlò sommariamente delle visioni che aveva avuto, di come quel richiamo dei morti fosse spiacevole per un ragazzo della sua età. Il Kelemvorita rispose che probabilmente la visione avuta dal ragazzo era stata indubbiamente terribile e funesta, ma che prendersi cura dei morti così come dei vivi era un compito nobile, e gli fece incontrare altri malati, tenendoli a debita distanza. Gli raccontò le loro storie, i problemi che avevano incontrato e delle persone che avrebbero sofferto alla loro scomparsa. I compiti di un Kelemvorita erano molti più di quanti riuscisse a svolgere, ma i dogmi della sua chiesa insegnavano a dimostrare sempre la propria umanità e a non voltare mai le spalle a questi doveri.
Kirkas, il saggio Kelemvorita che Baarad aveva conosciuto, lo venne a trovare più volte, e ciascuna di queste volte gli portava qualche notizia e gli faceva incontrare qualcuno. Baarad aveva resistito alla malattia più del previsto, e cominciava a mostrare segni di miglioramento. Ogni giorno gli veniva chiesto come si sentiva, ma nessuno poteva affermare con certezza che si sarebbe salvato. Un giorno Baarad sentì che Kirkas era stato chiamato Padre Brandtheus da una voce che veniva dal corridoio. Subito si stupì del cognome e chiese che legami avesse con Elial. Kirkas gli spiegò che nel capitolo di Reth c'era una sorta di usanza in cui i chierici ogni tanto sceglievano di adottare un orfano di buona indole e di crescerlo secondo gli insegnamenti dei loro predecessori. Elial era figlio adottivo di Kirkas, come anche un certo Staharius prima di lui. Il giovane ci pensò su e il giorno seguente rivelò a Kirkas di essere orfano e che desiderava che diventasse suo padre adottivo.
Kirkas era indeciso, e Baarad non insistette. Kirkas valutò per una manciata di minuti, e infine rispose che, anche se Elial non era del tutto pronto, poteva essere lui a ricoprire quel ruolo. Era un uomo un po' freddo, ma ci avrebbe pensato Kirkas a renderlo più premuroso.
Così Baarad trascorse gli anni seguenti tra gli insegnamenti dei Kelemvoriti di Reth e le strane visioni continuarono a apparirgli. Queste gli dicevano che i segni di una battaglia tra il bene e il male erano sepolti nella foresta delle torri crollate, che un passo falso lo avrebbe condotto presto nell'abbraccio della terra e che una maschera di plenimuschio lo avrebbe aiutato a restare vivo. A questo punto Baarad era spinto a credere che non fossero gli spiriti dei defunti a parlargli, ma qualche altra entità che gli parlava per mezzo di essi. Forse erano indicazioni volte a risolvere l'enigma dei sentimenti inspiegabili che provava.
La foresta delle torri crollate si rivelò essere la non lontana, ma assai vasta, jungla del Chondath, e si riferiva a un particolare sito di cui parlano alcune leggende locali. Invece nessuno aveva idea di cosa fosse il plenimuschio. Forse i druidi potevano rispondergli, ma chiedere il loro consiglio non era per nulla semplice.
Baarad aveva la volontà di agire, e si allontanò temporaneamente dal suo tempio. Nei suoi viaggi raccolse più informazioni che poteva circa la jungla. La svolta giunse quando conobbe una tribù di indigeni umani, i quali, a differenza degli elfi, non disprezzavano il contatto con gli stranieri, finché questo contatto fosse stato pacifico e discreto, non invadente. Baarad voleva solo raccogliere più storie possibili, sulla foresta, sui suoi abitanti e sui druidi. Il linguaggio di questi indigeni era una variazione del chondathano, e le due parti potevano capirsi, fino a un certo limite e con un po' di difficoltà. Se la difficoltà era insuperabile, Baarad poteva far uso della magia per capire, ma non per esprimersi come loro. Imparò alcuni vocaboli e alcune espressioni in modo da rendere più rapido il processo. Non mancarono momenti d'imbarazzo e di goffaggine, ma Baarad fu sempre attento, calmo e cauto. Non fece uso di altre magie, per non dover trascorrere con loro più del dovuto Seguendoli nella foresta, cercò ogni traccia di muschio e di combattimenti. Dei secondi non ne vide alcuna, ma trovò diversi tipi di muschio.  Continuò a fare uso di Comprendere Linguaggi finché non riuscì a trovare il plenimuschio. Gli indigeni gli raccontarono che si tramandava che quel muschio fosse particolarmente ricercato dalle fate della jungla e che avesse alcune proprietà magiche. Baarad non notò nulla di magico nel campione raccolto.
Con l'aiuto degli indigeni, incuriositi dal comportamento misterioso del chierico, fabbricò una maschera ricoperta di quel muschio. Si chiedeva quanto a lungo sarebbe rimasto verde. Cominciò subito ad inoltrarsi da solo nella jungla. Pregava regolarmente in direzione del suo tempio e imparò a riconoscere istintivamente i brevi tratti percorsi. Capì presto che gli indigeni lo stavano seguendo ed era convinto che questo impedisse alla maschera di fare effetto. Dopo tre giorni e un percorso un po' più lungo gli sembrò che fosse finalmente da solo. Poco dopo una voce alle sue spalle gli ordinò di stare fermo e sentì una punta, probabilmente di una lancia, puntata sulla schiena. Gli fu poi ordinato di seguire una piccola scimmia. Questa lo condusse fino a un albero con un ampio e buio incavo.
Una voce rimbombò dalla vegetazione circostante e gli chiese cosa cercasse e perché indossasse una maschera come quella. Baarad gli rispose con sincerità e gli parlò delle visioni. Il druido, a cui apparteneva la voce, era perplesso. Mai aveva incontrato qualcosa di simile. Disse a Baarad di entrare nel tronco e di aspettarlo lì per tre giorni. Gli vietò inoltre di tornare tra gli uomini della jungla, se aveva a cuore le loro vite.
L'interno del tronco era angusto, ma stranamente accogliente. C'erano anche un piccolo numero di semi e noci con i quali poté cibarsi, e un coccio in cui cadevano costantemente delle gocce d'acqua che sgorgavano dal legno.
Il druido tornò e parlò a Baarad. In quei paraggi c'era stato un violento scontro tra un gruppo di avventurieri e un negromante e alcuni strani umanoidi, circa quarant'anni fa, ma in quei luoghi non c'era nulla per il ragazzo se non pericoli in agguato. Baarad volle visitare quei luoghi, e il druido glielo concesse. Il giovane fu tutt'a un tratto trasformato in una pantera. Un'altra pantera si fece avanti e lo guidò verso quel bosco abitato da ombre nascoste e strani versi in lontananza. Per sua fortuna, il ragazzo non scoprì a chi appartenessero quelle ombre e quei versi. Non trovò nulla se non un ambiente tetro e maledetto che sembrava odiare la vita stessa. Il druido tuttavia gli parlò dello scontro avvenuto in quei luoghi. Un pericoloso negromante era stato raggiunto da un gruppo di avventurieri. Il negromante sembrava da solo, ma riuscì a richiamare delle creature in suo aiuto. Durante lo scontro fece uso di magie che gli permisero la fuga, nonostante gli sforzi degli inseguitori, che non riuscirono più a raggiungerlo nonostante fossero stati in grado di seguirne le tracce. Il gruppo si divise, Dyagoult, il più veloce e determinato, continuò la ricerca, gli altri ci provarono ma dopo giorni di nulla di fatto tornarono indietro. I druidi seppero i loro nomi. Erano il mago elfo Iorian, del Cormanthor, i guerrieri Felician e Dyagoult, rispettivamente dell'Impiltur e di Sharn, il cavaliere Reiva del Cormyr e un individuo misterioso, Leand di Amn.
Baarad uscì dalla jungla del Chondath con l'aiuto del druido e subito si preparò per partire verso il Cormanthor, alla ricerca di Iorian, l'elfo mago.

Retroscena di Baarad

Spoiler

L'anima di Baarad è un'anomalia nata all'interno dell'ordine del multiverso, a cui tuttavia il dio dei morti riconobbe il diritto di nascere. Nel suo ingresso nel piano materiale l'anima attraversò le emanazioni di incarnum disperso laciate dal passaggio dell'anima di un dragone d'argento durante il suo Sentiero Finale. Egli era morto nella solitudine alla quale fu condannato in seguito alla perdita della propria amata, e nel rimorso dilaniante per non essere riuscito a ottenere la giusta vendetta contro chi gliel'aveva sottratta.
Il giovane Baarad sente con fin troppa coscienza questi sentimenti, e prova un naturale rispetto verso i morti. Non ricorda nient'altro, eppure sente che qualcosa lo sta guidando per fare luce su questo mistero.

 

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