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Nameless Streets tra i petali, le spine!


poyson bite

Messaggio consigliato

Spoiler

apro il topic di gioco, mettete una descrizione del vostro pg.

per postare, in grassetto quel che il vostro pg dice, in blu quel che il vostro pg pensa e per il narrato scrivete pure normalmente, vedete voi se scrivere al presente o passato in 1° o 3° persona, come meglio vi aggrada.

voi comportatevi tranquillamente, narratemi cosa il vostro pg fa, giocatevi dialoghi ecc, ricorrete agli spoiler se volete delle risposte in fuori gioco tipo "conosco un ospedale qui in zona?" oppure "cosa so io del dottor x?"

in caso di test io metterò in spoiler varie info in fg come quanti successi dovrete ottenere. voi poi dovrete rispondere, sempre in spolier quanti e quali tratti usare, se intendete ritirarvi dal test, se volete spostarlo su un altro attributo ecc. se volete anche narrare un vostro primo approccio al prblema siete liberi di farlo a patto che la vostra narrazione non sia a vostro favore ma tuttalpiù inconcludente in qunato, ne io ne voi, abbiamo ancora elementi per sapere se cel'avete fatta o meno, solo dopo il primo tiro (che riporterò nella mia seguente risposta) avremmo un modo per discernere quanto le cose siano andate bene/male.

per il momento ci ambienteremo con questo sistema (è la prima volta che lo porto su forum) e vediamo se è possibile lasciare a voi la narrazione, altrimenti la farò io sempre in base ai vostri tratti e ai risultati ma mi piacerebbe che riusciate a narrare voi stessi i vostri successi.

questo è un infarinatura generale su Portland https://it.wikipedia.org/wiki/Portland

che dire ancora?  buon gioco ragazzi! ;) 

sono i primi giorni di settembre dell'anno 1985, l'autunno si è già fatto sentire prepotentemente a Portland, Oregon. 

la pioggia cade oramai da giorni inzuppando le strade e alzando quello strano odore di asfalto bagnato. ci sono persone corrono per proteggersi dalle intemperie e persone oramai rassegnate alle loro vite tristi e vuote che subiscono le precipitazioni con passo lento e la disillusione negli occhi. 

i grandi giardini della città sono scossi dal vento che, muovendo le fronde, li fa sembrare ancor più vivi nella loro desolazione, con questo tempaccio chi vuoi che vada a vedere un giardino all'aperto?

dai vicoli si alza la puzza di marcio, i cassonetti dei rifiuti oramai vecchi di decenni fanno filtrare l'acqua e ammuffire i residui dei residenti, per non parlare della zona di chinatown e del lezzo che serpeggia fuori dal retro dei ristoranti di bassa lega.

dopo la bella stagione e il festival delle Rose ecco che Portland torna ad assumere la sua vera identità, quella di una città sciupata, stanca, arrancante, così come i suoi abitanti.

pochi sono i luoghi che risplendono di luce propria anche sotto le pesanti nubi grigie che coprono il cielo, i grandi musei attirano sempre turisti, anche in questa stagione di nebbia e pioggia ma essi sono rari scorci che permettono all'uomo un sorriso in un ambiente malsano, in una società da lungo tempo corrotta.

in questo luogo però non tutto è come sembra...  e quella che sembrava una giornata di pioggia avvilente per alcuni era una giornata di possibilità...

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)

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Abbandono sul marmo della finestra il bicchiere di cristallo ormai vuoto mentre assaporo il bourbon che mi scende piacevolmente in gola. Un Wild Turkey del '68. Anno noioso quello. Mi ritrovo a pensare mentre il suono della pioggia che si infrange sulla finestra si unisce al crepitio della legna del caminetto. Guardo fuori, osservo il mio riflesso nel vetro. Compiaciuta da quello vedo.
Vesto le sembianze di un'affascinante coroner sulla trentina. La carnagione è pallida in contrasto ai miei capelli, lunghi ben oltre la linea delle spalle, mossi e neri come l'ebano. Con un dito seguo i dolci lineamenti del viso come a voler tracciare i contorni armoniosi del mio volto. I miei occhi, di un verde smeraldo luminoso, sembrano spenti nel riflesso del vetro. Le labbra sono una minuta e delicata macchia rossa sul mio viso. Le arcuo in un tenue sorriso, divertita dal mio aspetto così innocente ed innocuo che trae in inganno fin troppi di quegli illusi mortali. L'altezza che non supera il metro e sessantacinque contribuisce. Lancio un'occhiata anche al mio abbigliamento. Un paio di jeans infilati dentro degli alti e pesanti stivali in pelle nera, sopra un maglioncino nero a collo alto coperto da un bianco camice da medico indossato come se fosse uno spolverino, poggiato solamente sulle spalle con le maniche che penzolano vuote.

Mi accendo una sigaretta con il mio vecchio accendino da trincea. Lo poso vicino al bicchiere di cristallo ed inspiro profondamente per poi soffiare una nuvoletta di fumo contro il vetro. Inizio a giocherellare con il pendente della collana che è appesa al mio collo. Una croce di ferro dell'epoca napoleonica. Mi perdo nei miei ricordi trascinata indietro nel tempo dal fumo della sigaretta che mi riporta alla mente l'odore della polvere da sparo bruciata. Il tuonare dei cannoni, il terreno trasformato in fango dal sangue, quel clack indistinguibile che faceva la baionetta mentre la innestavi...

Mi riscuoto vedendo in strada delle figure correre, nella notte, verso il mio dominio.
Faccio un ultimo tiro dalla sigaretta prima di lasciarla mezza esausta nel bicchiere di cristallo.
Schiocco la lingua seccata.

Abbandono la finestra preparandomi mentalmente ad un altro paziente riottoso e peloso.
Dannati licantropi... sempre a farsi a pezzi a vicenda...

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Zangeon Dryadson

 

Zangeon finalmente ha finito il turno al locale e, con passo pesante e lento, si trascina verso casa. Alto più di due metri e largo come un armadio a due ante, non è esattamente agilissimo. Leggermente gobbo e molto sgraziato farebbe paura anche al peggior mafioso della città. 
Non vedo l'ora di levarmi questi abiti di dosso. Bisbiglia tra sé e sé guardandosi nel riflesso di una vetrina: un completo elegante
 scuro gentilmente fornito dal proprietario, fatto su misura.
Il docile troll allarga il grande palmo della mano, grande come una testa di un umano, verso l'alto.

Ah un po' pioggia, quanto mi piace. Pensa spostandosi leggermente verso la strada per non essere coperto dai tetti delle strutture.
Sul faccione duro e con lineamenti rigidi si disegna per un brevissimo istante un sorriso, mentre assapora l'odore della pioggia; si è anche rasato a zero per essere "colpito" da ogni goccia. 
Una volta raggiunta casa sua, può finalmente lasciare le sembianze che la polvere di fata gli concede, e tornare alla sua forma mostruosa.
Un gigante alto quasi tre metri, ingobbito per non picchiare la testa sul soffitto, pelle verde muschio e con capelli spessi e fibrosi.
Fame. Vediamo cosa c'è in dispensa.

 

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Argyle O'Brien

Mi risveglio sul retro del mio vecchio e lurido furgoncino VW, ancora parcheggiato nel vicolo accanto ad uno dei tanti microscopici club senza nome della scena punk rock di Portland. La pioggia picchietta sul parabrezza e sul tettuccio, ma quasi non la sento neanche, con le orecchie che ancora mi rimbombano per il volume della musica della sera prima.

Mi servono un paio di minuti per riuscire a mettermi a sedere, e molti di più per assicurarmi che la roba ingurgitata ieri resti all'interno dello stomaco.

Apro la portiera, scendo, solo dopo alcuni passi sull'asfalto bagnato mi rendo conto di essere scalzo, mi accosto ad un cassonetto e svuoto la vescica. La mano spettrale della mia ombra afferra una bottiglia mezza vuota da terra e me la porge, ma rifiuto, mi sento troppo da schifo anche per i miei standard. Torno al furgone e cerco di infilarmi le scarpe, ormai fradicio per la pioggia, mentre penso al gruppo della sera prima. Ragazzi di Seattle, niente male a dire il vero, probabilmente faranno strada, se non si bruciano con l'eroina o si sparano una fucilata in testa.

Finito con le scarpe, mostro doverosamente il dito medio e a una vecchia di passaggio che mi osserva con evidente disgusto, tolgo la maglietta degli Who ormai completamente bagnata e mi corpo con il vecchio impermeabile sgualcito. Per fortuna il furgoncino si mette in moto, e per qualche miracolo ho anche parecchia benzina. Esco dal vicolo e guido verso casa, pregustando un caffè forte, e magari una colazione a base di toast farcito, bacon e un paio uova.

Apro di colpo la portiera: non sono riuscito a tenere la roba di ieri nello stomaco.

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@Latarius

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sei nel tuo studio privato, è mattina ma i pazienti arrivano a tutte le ore, proprio oggi che sarebbe il tuo giorno libero. il tuo rifugio è una piccola isola di tranquillità nel panorama sovrannaturale di Portland, conosciuto da pochi fidati.

almeno questa tua occupazione ti permette di essere ripagata e spesso non sono i soldi che nel mondo invisibile hanno la priorità... sei intenta a ricucire in licantropo rissoso, amico di un amico, come al solito... 

stai finendo di rammendargli il braccio tra i lamenti del paziente, le capacità rigenerative dei figli della luna non va molto d'accordo con l'anestesia e la smaltiscono a tempo record. riesci a finire il lavoro senza turbare il lupino che ti ringrazia e inizia a rimettersi la camicia. 

è in quel momento che il tuo servitore chiede di entrare nella sala e ti presenta un messaggio recapitato a suo dire in modo bizzarro, infilato sotto la porta d'ingresso da non si sa chi...

sembra un biglietto da visita. un piccolo cartoncino bianco con uno stile molto elegante nella scrittura. 

c'è un indirizzo e un orario. una strada di un quartiere nella zona sud della città, un postaccio. l'orario è fissato alle undici del mattino. rimane poi solo una scritta:

"Vostra Signoria è attesa, il Magus De Vir accoglierà la vostra persona" 

chi è questo De Vir? almeno sembra sappia le buone maniere ma... che sappia chi sei davvero?

@Axel Saint

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arrivi finalmente a casa, rinfrescato dalla pioggia. questa città e i suoi ritmi sono soffocanti e il lavoro da buttafuori non aiuta a riposare. il proprietario del locale è stato chiaro l'ultima volta, non intende vederti mangiare sul lavoro, pena il licenziamento. 

da quell'ultimatum torni a casa sempre con una fame tremenda e, come tutte le mattine, appena finito di lavorare al locale ti fiondi a casa tua nella tua rifornita dispensa. stai già pregustando l'idea di cosa potresti mangiare oggi  quando qualcuno bussa alla porta.

appena ti giri vedi un biglietto che viene fatto strisciare sotto la tua porta. 

il documento sembra un biglietto da visita, un piccolo cartoncino bianco con uno stile molto elegante nella scrittura. un invito?

c'è un indirizzo e un orario. una strada di un quartiere nella zona sud della città, un postaccio. l'orario è fissato alle undici del mattino. rimane poi solo una scritta:

"il Magus De Vir la attende" 

e chi diavolo è questo De Vir?

@Ulfedhnar

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è metà mattinata, sei a bordo strada con il furgone malamente accostato, lo sportello aperto mentre rigetti i postumi della tua sbornia. un taxi per poco non tampona il tuo veicolo e l'autista ti sorpassa mentre inveisce contro di te in lingua araba ma te stai troppo male per rispondere in qualche modo.

ancora piegato oltre l'abitacolo con la faccia a poche decine di centimetri dall'asfalto che ora è macchiato di ciò che resta della tua cena della sera prima, un al conato, ricacciato indietro a forza. 

cerchi di tirarti su per rimetterti alla guida quando da una tasca ti cade qualcosa, sembra un biglietto da visita stampato su carta rigida bianca e con uno stile elegante, roba da fighetti insomma... 

eppure per quanto ti sforzi non ricordi di averlo messo in tasca, forse complice anche la tua sbronza... 

il biglietto cade sulla macchia informe sulla strada. che schifo. 

osservi per un attimo il biglietto, incuriosito. sembra quasi un invito.

c'è un indirizzo e un orario. una strada di un quartiere nella zona sud della città, un postaccio. l'orario è fissato alle undici del mattino. rimane poi solo una scritta:

"il Magus De Vir la attende" 

e chi cavolo è questo De Vir?

 

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)
 

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Mi sfilo i guanti azzurri sterili e li getto con noncuranza nella scatola giallo-fosforescente dei rifiuti speciali. Nel mentre osservo il licantropo rivestirsi, in particolare la sua schiena dilaniata da vecchie cicatrici. Interrompo la sua vestizione premendo l'unghia del mio indice sinistro contro una delle sue cicatrici, sapendo che la zona è abbastanza sensibile da farlo sobbalzare un minimo.

«Puoi sopravvivere a ferite che ucciderebbero qualsiasi mortale ma, la vostra rigenerazione è... rozza. Se non cominci a farti ricucire ogni volta, come ora, ti trasformerai in un ammasso cicatriziale. Ne perderai in elasticità, forza e rapidità...» dico con voce gelida, quasi a mo' di rimprovero, ritirando poi l'indice dalla sua pelle.
Questo licantropo non sembra minimamente un alfa ma, per quanto combatte forse è solo uno scontento della propria posizione. Non un vincente ma neanche un perdente. Ma non è neanche così potente se sono bastate un paio di anestesie, i licantropi più potenti vanno operati a crudo, visto che smaltiscono le anestesie talmente in fretta da renderle totalmente inutili.

«Conosci l'uscita» mi limito a congedarlo così. Ovviamente mi riferisco all'uscita posteriore, quella da cui è entrato, quella che da sul parcheggio sul retro dell'edificio. Non lascio che nessuno dei miei pazienti si addentri oltre nel mio dominio. 

Do le spalle al ferito lasciando entrare nella sala l'unico ex-paziente che si sia mai addentrato nel mio dominio... e che ci viva anche. Sa che non deve entrare all'improvviso quando ho dei pazienti, l'ultima volta un orso mannaro ha dato in escandescenza nel sentire tutto ad un altro l'odore di un altro licantropo. 
Hugh, o Huey, ha timidamente insistito fino alla nausea per farsi chiamare in questo secondo modo che alla fine ho lasciato che vincesse. In fondo quello che mi interessa è che ripaghi il debito che ha con me. Che non si dimentichi che è mio. Mi deve la vita. 

Prendo il biglietto da visita dalle mani della volpe mannara, lanciandogli una breve occhiata. I capelli corti, pel di carota, sono in disordine come sempre. Le lentiggini e la forma del viso contribuiscono a dargli un aspetto giovanile ed innocuo. Ed al contrario mio è sia giovane che innocuo, nonostante sia un licantropo. I suoi occhi verdi, più scuri e profondi dei miei, mi fissano senza guardarmi direttamente, evitando che i nostri sguardi si intersechino. Non per una forma di riverenza ma per una sua timidezza e debolezza interna. Manca di carattere il cucciolo.

«Dai una pulita mentre sono via...» dico alludendo al casino della sala sterile. Poi spalanco con irruenza la porta da cui è entrato Huey e mi addentro nel cuore del mio dominio. Vado a versarmi un goccio mentre rifletto sul biglietto da visita. Prendo un Macallan 40" Sherry Oak e riempio per metà un bicchiere. 
Lo porto subito alle labbra mentre rifletto sul nome.

De Vir...

Mentre il liquore mi lascia in bocca un retrogusto forte di cannella e spezie cerco di ricordare se ho mai sentito questo cognome. Se nella vasta conoscenza ancestrale che ho accumulato in due millenni sulla terra ho mai sentito questo cognome.

Spoiler

Ho mai sentito 'sto cognome? Magari è di qualche casata importante o che ne so...


 

 

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@Latarius   @Ulfedhnar

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Non hai mai sentito parlare di questo De Vir ma sai bene che se ti da tutta questa deferenza conosce il tuo passato oltre adove trovarti. Spesso nel regno invisibile le persone adottano pseudonimi e altrettanto frequentemente questi nomi fittizzi sono ben lungi dall'essere i nomi reali di chi ne fa uso.... tuttavia questo nome non ti dice assolutamente nulla al contrario del suo titolo.

Magus. I magus sonouna risma di maghi autodidatta che non hanno studiato le antiche arti magiche in modo convenzionale. Spesso i maghi si radunano in circoli, come le streghe fanno con le congreghe. i magus invece sono spesso individui solitari e la loro formazione non limitata dai vincoli delle tradizionali scuole arcane fa si che essi arrivino a picchi di potere molto elevati sebbene lo raggiungano spesso a caro prezzo o correndo rischi mortali. Inoltre i magus non hanno limitazione alcuna sulle proprie origini, a differenza di ordini magici selettivi, essi posdono appartenere a qualsiasi razza, di fatto il termine magus è un indice sia sociologico che dell' estrazione dell'individuo... oltre che testimonianza del potere dello stesso...

 

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)
 

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L'invito mi incuriosisce e mi attira ma, fa scattare anche i miei allarmi di auto-conservazione. Sono curiosa di sapere come ha fatto a capire la mia vera identità. Nel corso dei secoli sono sempre stata attenta. Nel passato, oltre ottocento anni fa, solo una vecchia e potente chiaroveggente riconobbe la mia identità. E la sciocca invece di trattarmi con deferenza osò schernirmi per la mia condizione. Ricordo perfettamente il modo in cui usai i suoi intestini per addobbare il suo eremo. 
Ma questo fu secoli fa. In duemila anni questa è la seconda volta che capita. La prima volta fu colpa mia, in parte. Ma questa volta? Sono curiosa.

De Vir potrebbe non essere il suo vero nome ma, potrebbe essere quello che usa nel mondo dell'occulto.

Prendo il telefono e compongo il numero di uno dei miei contatti. Uno/a che mi debba un grosso favore.

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Visti i miei contatti con il mondo dell'occulto avrò sicuramente qualcuno che possa aiutarmi a cercare quello che desidero. Non lo so se questo contatto vuoi definirlo tu o cosa


 

 

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Zangeon Dryadson

 

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De Vir, De Vir...
Zangeon rimugina molto sul nome, mentre il forno riscalda in modo adeguato la lasagna preconfezionata. 
Un Magus, una creatura come me. Non mi piacciono queste cose al buio: mi sembra sempre di finire in una trappola. Chiunque sia però sa cosa sono, o almeno cosa faccio e questo non mi piace.
DRIN.
Il suono del forno che ha finito la cottura, per così dire, lo riporta con i piedi per terra e ai bisogni primari.
Senza curarsi del calore emesso dal forno prende la sua terza colazione, una forchetta e poggia tutto sul tavolo.
Ma poi che orario è le undici di mattina? Dovrei per caso saltare l'aperitivo del pranzo? Magari lo faccio strada facendo. E in che brutto posto vuole incontrarmi; non mi fido, ma sa troppe cose su di me, non sono stato attento. 
Pensa il troll tra se e se, mentre mangia senza distogliere lo sguardo da quello strano invito.
 

 

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@Latarius

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componi il numero di alcuni tuoi contatti ma nonostante qualche giro di telefonate nessuno sembra saperti dire nulla su questo De Vir, sembra a tutti gli effetti sbucato dal nulla.

forse usa uno pseudonimo di riserva? possibile che venga da fuori Portland? in caso non sai spiegarti come faccia a sapere della tua vera identità.

ti rigiri il biglietto tra le mani e il tempo scorre. preavviso minimo, consegna misteriosa, luogo malfamato, pseudonimo sconosciuto, sono tutte cose che non ti fanno essere tranquilla. 

è l'arrivo di Huey a scuoterti dai tuoi pensieri. signora, è arrivato un uomo all'ingresso principale, è vestito da autista e guida una vecchia Rolls. chiede di lei. lo faccio attendere? si limita a dire, attendendo istruzioni.  

manca un ora oramai all'appuntamento e nonostante i sospetti ti attanaglino non puoi che apprezzare queste cure, queste carezze che questo De Vir ti dedica, da quanto non sei stata trattata come la regina che sei?

@Axel Saint

Spoiler

finita la tua ennesima colazione... sempre che delle lasagne precotte si possano definire colazione... ti rivesti ed esci di casa, il luogo dell'incontro è in uno dei luoghi più poveri e malfamati della città, conosci quel genere di quartieri, un mix di edifici residenziali sporchi con alcuni negozi con spranghe alle finestre per evitare problemi di ladri, brutta gente per strada, cibo scadente...

la giornata si preannuncia deprimente, dopo un altra serata al locale sarebbe per te ora di dormire ma questo appuntamento è così misterioso da attirare la tua attenzione e, nonostante manchi ancora più di un ora all'incontro ti incammini, conscio che non saprai resistere alle invitanti vetrine dei bar con quei gustosi sandwich...

ti prendi quindi un largo anticipo per soddisfare la tua golosità e la tua ingestibile fame, almeno mangiare ti aiuta a distendere i nervi e non pensare troppo a quel biglietto...

 

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)

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Finisco il giro di chiamate ed il whisky così mi accendo una sigaretta picchiettando distrattamente il biglietto da visita sul tavolo. Quando la finisco la getto con noncuranza nel caminetto spento.

Che sia latino? Vir...? lascio perdere quando vengo interrotta da Huey, e forse è meglio così visto che è inutile scervellarmi su qualcosa del genere. 

Alzo lo sguardo sul giovanotto «Si, fallo attendere...» gli faccio segno di andare per poi interromperlo «E... ti ho già detto che non mi piace essere chiamata signora...» mi alzo a mia volta, facendo la sua stessa strada per un breve tragitto. Ma mentre il giovane si avvia verso l'ingresso principale, dove una volta erano presenti i botteghini, io mi fermo nella sala.
Mi siedo in prima fila e mi accendo un'altra sigaretta godendomi l'usuale vista del palcoscenico vuoto. 

Certo questo De Vir sembra conoscere le buone maniere ma, il fatto che dia per scontato che io lo incontrerò mi irrita. E mi irrita ancora di più perché so che ci andrò. Mi godo la sigaretta con tutta calma, nel silenzio della grande sala infranto solamente dal rumore dei miei pensieri. 
Un'abbondante quindicina di minuti dopo faccio per lasciar cadere la sigaretta ed alzarmi ma, in equilibrio sul bracciolo di fianco al mio noto un posacenere di cristallo. Sicuramente opera di Huey, forse stanco di dover raccogliere le mie cicche da terra. Premo il mozzicone nel posacenere e mi alzo avviandomi verso l'ingresso.

Mentre cammino i tonfi sordi degli stivali sul legno si trasformano in un ticchettio di tacchi. Il jeans si tramuta in una gonna a tubo lunga fino alle ginocchia, nera ed attillata. Il maglioncino a collo alto assume la forma di una camicetta bianca con gli ultimi bottoni lasciati aperti a rivelare un'abbondante scollatura; il pendente con la croce di ferro fa bella mostra di se poggiato al centro della scollatura. Il camice bianco invece cambia in uno spolverino nero. Quando lascio l'edificio ho in testa anche un cappello nero a tesa larga decorato con piume di corvo.

All'esterno rivolgo un cenno del capo all'autista prima di inforcare un paio di occhiali da sole neri. Poi gli porgo la mano concedendogli di aiutarmi a salire a bordo.

 

 

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Argyle O'Brien

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Resto un po' seduto nel furgone, incurante delle altre macchine che mi suonano contro, osservando il biglietto come se mi potesse dire qualcosa di più di quello che effettivamente vi è scritto. In effetti, non è che ricordi molto della sera prima, ma se l'intestazione è vera e non qualche titolo inventato a caso, si tratta pur sempre di un "collega". La curiosità fa a pugni con il mal di testa e la voglia di buttarmi in un letto, ma alla fine vince la curiosità.

Visto che ho ancora un po' di tempo, decido di passare prima da casa, per rinfrescarmi e cambiare i vestiti in condizioni pressochè indecenti. Raggiungo in fretta il mio negozietto di patacche magiche e trucchetti per creduloni, incuneato tra un negozio di dischi usati e un sexy shop così squallido che suppongo l'articolo più richiesto sia qualche variante esotica di epatite. Il negozio è un buco dalle pareti macchiate di umidità in cui si respira aria stantia, ma ha un buon scantinato in cui conservo i libri "seri", e un soppalco in cui vivo.

Lascio cadere l'impermeabile e gli altri vestiti a terra e mi butto sotto la doccia, per uscirne pochi minuti dopo, troppo pochi per potermi sentire bene. ma sufficienti per lavare via sporco e sonnolenza. Raccolgo dalla catasta di abiti sgualciti che ricopre una vecchia poltrona un paio di jeans, una maglietta dei Black Flag e, tocco di classe, un blazer neanche tanto sgualcito; non avrò un look elegante e sofisticato come i protagonisti di Miami Vice, ma se uno mi invita con un biglietto così raffinato, il minimo che posso fare è cercare di non apparire come un vero barbone.

Afferro una cassetta dei Joy Division da ascoltare strada facendo, ritorno al furgoncino e mi dirigo verso il luogo dell'appuntamento; la mia ombra mi scruta dallo specchietto retrovisore, percepisco la sua disapprovazione per la mia noncuranza, ma la ignoro.

 

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@Latarius

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quando esci vedi accanto alla portiera della Rolls Royce tirata a lucido un uomo, su per giù di trent'anni, vestito con una divisa da autista che immobile ti attende. al tuo avvicinarti apre la portiera e porge la sua mano per aiutarti a salire, non che tu abbia bisogno di tal supporto, ma solo per etichetta.

salita in auto ti adagi sui sedili in pelle mentre da sotto gli occhiali da sole scruti nell'auto. il silenzioso autista ti chiude la portiera e sale poi al posto di guida mettendo in moto la'automobile e partendo.

il viaggio si snoda lento tra le vie della città, prima fuori dalle strade del tuo quartiere poi giù verso una delle arterie della città fino a giungere nel quadrante sud della stessa.

gli edifici mediamente ben tenuti dei benestanti del quadrante Nord scompaiono e al loro posto ecco i fatiscenti quartieri del quadrante Sud, dapprima non sembrava poi tanto male come area ma mano a mano che l'auto si addentra nelle sue vie strette era sempre più evidente il degrado di una zona della città lasciato a se stesso quasi come fosse un tumore.

le strade erano piene di sporcizia, qua e la alcuni barboni dormivano sotto i portici di alcuni condomini, la spazzatura di alcuni cestini pubblici traboccava dal loro contenitore finendo a terra, derelitti della società a spasso liberamente, negozietti pieni di merci scadenti, rumore di gente che urla litigando nelle case, edifici sporchi di muffa o di chissà che altro. questo è il Quadrante Sud.

l'auto, si infila in un vicolo cieco tra due edifici senza finestre su quella stretta stradina colma di immondizia ai bordi. solo una precauzione le parole dell'autista lasciarono nell'abitacolo un gelo ben più penetrante del tono freddo con cui le aveva pronunciate.

l'uomo premette un piccolo pulsante blu sul cruscotto e l'auto cambiò esteriormente aspetto, diventando una vecchia Ford Fiesta blu abbastanza scassata ed arrugginita. a trasformazione completa l'autista ripartì come nulla fosse. stratagemma ingegnoso incantare un auto con un meccanismo di illusione...

gli interni erano rimasti invariati e la corsa continuò fino a destinazione senza ulteriori fermate. 

l'uomo fermò la macchina davanti a una vecchia villetta patronale in classico stile americano mal ricalcato dalle opere Palladiane. una volta doveva essere un abitazione di un certo splendore, forse una casa di campagna di una ricca famiglia che, con l'ingrandirsi della città, è finita con l'essere inglobata dagli orribili edifici che la circondano tuttora.

la villa era in evidente stato di decadenza, finestre rotte, vernice biancha che si sollevava dalle superfici increspate, un giardino a dir poco incolto che si era trasformato in una giungla. all'ingresso un altro uomo, di origine araba a giudicare dal colore della pelle, un pò più vecchio dell'autista attendeva sotto il portico mezzo ammuffito. 

l'autista estrasse da una tasca un porta pastiglie dall'aspetto antico, lo aprì e ne estrasse un pizzico di polvere che si sparse addosso. polvere fatata. senza ombra di dubbio una delle sostanze più usate nel mondo invisibile, essa permetteva alle creature che non possiedono una forma umana o che non sono in grado di mutare aspetto di alterare il proprio aspetto per un limitato lasso di tempo così da poter interagire tranquillamente con il mondo degli umani. il viso pulito dell'autista e la sua divisa mutarono in quel che poteva benissimo essere scambiato per un vecchio barbone con i vestiti sgualciti.

l'autista scende e ti apre la portiera nel momento stesso in cui l'indiano alla porta della villa apre anch'esso la porta lasciandoti intravedere un vestibolo d'entrata.

Spoiler

images.jpg.aa7c710d8770ad9f08c14b4636fbda84.jpg59a68a7a5c087_images(1).jpg.58da7559881fb44a8a7554441348875d.jpg l'autista e l'indiano al portone, l'indiano indossa una maglietta anonima e un giaccone di pelle invece di giacca e cravatta.

 

@Ulfedhnar

Spoiler

dopo una doccia ti senti già meglio ma non troppo, almeno la sonnolenza mattutina del dopo sbronza sembra aver allentato la presa. ti rendi presentabile e ti metti alla guida del furgone per raggiungere la zona dell'incontro.

il viaggio si snoda lento tra le vie della città, prima fuori dalle strade del tuo quartiere poi giù verso una delle arterie della città fino a giungere nel quadrante sud della stessa.

gli edifici delle zone residenziali abbastanza degradate del Quadrante Ovest infilati tra una fabbrica e l'altra della immensa zona industriale di Portland scompaiono e al loro posto ecco gli ancor più fatiscenti quartieri del quadrante Sud, dapprima non sembrava poi tanto male come area ma mano a mano che l'auto si addentra nelle sue vie strette è sempre più evidente il degrado di una zona della città lasciato a se stesso quasi come fosse un tumore.

le strade erano piene di sporcizia, qua e la alcuni barboni dormivano sotto i portici di alcuni condomini, la spazzatura di alcuni cestini pubblici traboccava dal loro contenitore finendo a terra, derelitti della società a spasso liberamente, negozietti pieni di merci scadenti, rumore di gente che urla litigando nelle case, edifici sporchi di muffa o di chissà che altro. questo è il Quadrante Sud.

inizi a percorrere una serie di strade strette e un infinità di sensi unici, conosci questa zona della città ma la viabilità qui è un vero schifo, o ci abiti da una vita o rischi di perderti ogni volta. arrivi alla fine al luogo dell'appuntamento solo che... arrivi non nell'ingresso dell'edificio ma sul retro, probabilmente se scendi e giri l'isolato a piedi fai pure prima.

l'edificio è una vecchia villetta patronale in classico stile americano mal ricalcato dalle opere Palladiane. una volta doveva essere un abitazione di un certo splendore, forse una casa di campagna di una ricca famiglia che, con l'ingrandirsi della città, è finita con l'essere inglobata dagli orribili edifici che la circondano tuttora.

la villa era in evidente stato di decadenza, finestre rotte, vernice biancha che si sollevava dalle superfici increspate, un giardino a dir poco incolto che si era trasformato in una giungla. 

@axel saint

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ti incammini verso l'indirizzo indicato fermandoti in qualche bar di tanto in tanto a mangiare, cosa che ti permette di pensare ad altro e non preoccuparti troppo di questo incontro. hai un largo anticipo e la tua abitazione non è poi così lontana quindi puoi prenderti tutta la calma del mondo.

gli edifici delle zone residenziali abbastanza degradate del Quadrante Ovest infilati tra una fabbrica e l'altra della immensa zona industriale di Portland scompaiono e al loro posto ecco gli ancor più fatiscenti quartieri del quadrante Sud, dapprima non sembrava poi tanto male come area ma mano a mano che l'auto si addentra nelle sue vie strette è sempre più evidente il degrado di una zona della città lasciato a se stesso quasi come fosse un tumore.

le strade erano piene di sporcizia, qua e la alcuni barboni dormivano sotto i portici di alcuni condomini, la spazzatura di alcuni cestini pubblici traboccava dal loro contenitore finendo a terra, derelitti della società a spasso liberamente, negozietti pieni di merci scadenti, rumore di gente che urla litigando nelle case, edifici sporchi di muffa o di chissà che altro. questo è il Quadrante Sud.

passeggiando per strada noti quanto le persone ti squadrino con sospetto, sei vestito molto bene rispetto ai teppisti stile rapper che affollano le strade, alcuni ti prendono in giro da lontano ma nessuno osa avvicinarsi, la tua mole mette loro il giusto timore da farli rimanere al loro posto.

questo quartiere è un caos di sensi unici e ringrazi di non essere venuto in auto poichè ti saresti sicuramente perso. segui le vie fino a trovare quella giusta e la imbocchi, il luogo d'incontro è vicino.

bastano pochi minuti per giungere nei pressi di una vecchia villa. l'edificio è una vecchia villetta patronale in classico stile americano mal ricalcato dalle opere Palladiane. una volta doveva essere un abitazione di un certo splendore, forse una casa di campagna di una ricca famiglia che, con l'ingrandirsi della città, è finita con l'essere inglobata dagli orribili edifici che la circondano tuttora.

la villa era in evidente stato di decadenza, finestre rotte, vernice biancha che si sollevava dalle superfici increspate, un giardino a dir poco incolto che si era trasformato in una giungla. 

tuttavia anche se l'indirizzo è giusto sei arrivato sul retro della casa invece che al suo ingresso, dovrai fare un giro dell'isolato per trovare il giusto accesso.

 

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)

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Mi accomodo nell'auto accavallando la gamba destra su quella sinistra nei limiti concessi dalla gonna. Osservo con disinteresse lo scenario che scorre oltre il finestrino dell'auto. Miseria e povertà. Ne ho vista così tanta. Non mi tocca, ne lo ha mai fatto.

Quando l'autista si volta per rivolgermi quelle parole affilo lo sguardo. I miei sensi risvegliati da quella sensazione di gelo improvvisa. È probabile che non sia umano dunque. Le parole possono mentire. Il silenzio può mentire. La carne può mentire. Ma non l'anima. Se a questo mondo esiste un qualcosa di innegabilmente sincero, quel qualcosa può essere solamente l'anima.

Così cerco di percepire la sua anima per capire a quale creatura soprannaturale appartenga.

***

Quando alla fine arriviamo a destinazione non mi scompongo. La facciata dell'edificio potrebbe benissimo essere un'altra illusione.

Scendo con grazia dall'auto e mi avvio verso l'ingresso.

 

 

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@Latarius

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Quel gelo, la fredda sensazione della morte che ti abbraccia. Conosci bene questa bezza, è il respiro di un non morto. Spettro, uno di quelli della peggior specie per giunta.

Si dice che gli assassini abbiano il cuore di ghiaccio ma gli uomini non sanno quanto questo sia vero. Lo spirito di un killer porta sempre con se il gelo della sua anima. Sicuramente lo spettro sta possedendo un corpo umano, uno ancora vivo, unico modo quello della possessione, oltre alla telecinesi, che permette a spiriti e fantasmi di interagire con il mondo fisico. Altrettanto certamente il silenzio dell'autista è il suo modo per celare la sua natura poiché per uno come lui è impossibile parlare senza raggelare la stanza o mettere i brividi a qualcuno.

Dopo essere scesa dall'auto vieni accompagnata in casa dai due individui, lasciano entrare te per prima e dopo il loro ingresso chiudono la porta.

La casa è molto grande e piena di sporcizia, polvere ovunque, mobili mezzi distrutti, cocci di vetro a terra, graffiti alle pareti... qui semzatetto e teppisti si eran dati alla pazza gioia, persino le scale che nell'atrio davano accesso al piano superiore non erano state risparmiate e i gradini sono divelti in alcuni punti.

l'indiano, probabilmente una guardia del corpo a giudicare dalla stazza, si affretta a piegarsi su di ciò che resta di un vecchio orologio a pendolo appoggiato a terra su di un fianco. Le mani dello scagnozzo portano le lancette fino alla mezzanotte x sei volte e in quel momento tutto l'interno dello stabile sembra tornare indietro nel tempo.

In pochi istanti tutto torna pulito, in ordine, i graffiti si cancellano e l'intonaco e la tappezzeria tornano ai loro post incollandosi alla parete di provenienza, le scalinate si riassestano, i mobili si ricompongono assieme all'orologio a pendolo, tutto si lucida a specchio e a terra compare persino un tappeto persiano.

Terminata la metamorfosi l'autista, tornato alle sue originali vesti, ti fa cenno di seguirlo e ti porta in una delle camere al piano di sopra. Una sala d'aspetto di gran lusso, divani e poltrone costose e cucite a mano, cuscini di velluto, una scrivania in mogano e un tavolono di cristallo.

La sala era comprensiva di due credenze a vetro, una colma di liquori d'annata, l'altra di tabacchi pregiati e tra di essi vi erano anche merci di pregio del mondo invisibile.

Seppur dotata di tutti questi lussi la camera era però spoglia, non vi era alcun oggetto personale o apparecchio elettrico che svelasse alcunché sul misterioso De Vir.

Sul tavolo di cristallo al centro della sala vi era un vassoio coperto da una cloche, il tutto il rame... già, di solito queste cose si fan con l'argento ma gli spettri non lo sopportano... una cosa assai strana è chenello spiazzo tra il tavolino e la scrivania c'è un telo di nylon nero steso a terra.

Lo spettro entra con te in camera, si posiziona sul telo nero e con la sua voce gelida ti chiede: desidera uno spuntino prima dell'incontro? 

 

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)

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Si prospetta un incontro interessante... esclamo mentalmente osservando la metamorfosi dell'abitazione.

Continuo a seguire il maggiordomo in silenzio fino alla sala d'attesa. Lancio un'occhiata alla camera, in particolare al telo nero ed allo spettro quando parla. 

Ovviamente intende offrirmi l'anima del suo ricettacolo.

Sembra conoscere le regole dell'ospitalità ma... quanto a fondo? Uno spuntino? Ma continuano a darmi per scontata...

Alle sue parole mi avvicino a passo lento fino a ritrovarmi ad un soffio di fiato dallo spettro. Poggio la mano aperta su sul torace, con le dita leggermente arcuate, quasi a mimare gli artigli di un rapace.

In fondo non ha specificato quale sarebbe stata la portata...

«Ottimo...» sillabo «Anche se... lo stantio è il sapore degli spettri!» esclamo lanciandogli un sorriso famelico. Poi affondo la mano nel suo petto. Senza strappargli gli abiti o la pelle, senza spezzargli le costole o spappolargli il cuore. La mano affonda nel suo torace come se la stessi immergendo nella melassa.

Spoiler

Alla fin fine anime/spiriti/spettri non sono la stessa cosa xD
Comunque non lo so come gestirla 'sta roba, nel caso non posso farlo dimmelo che edito. Comunque se lo spettro non fa nulla io me lo pappo :V O quella sarebbe l'intenzione.


 

 

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@Latarius

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la tua mano affonda nelle carni del corpo mentre una risata strozzata getta nuovamente gelo nella stanza, lo spettro esce dal corpo ospite mentre lo sfortunato riprende il controllo quando oramai è troppo tardi. 

gli occhi pieni di terrore, un rigagnolo di sangue che esce dalla bocca, una mano che cerca di afferrarti ma già troppo debole per riuscirci, un ultimo, dolce, appetitoso respiro, ima di stramazzare a terra sul telo. il sapore di un anima appena morta, una rarità prelibata per chi, come te, ha deciso di non correre i rischi di una caccia attiva accontentandosi di un basso profilo e merce "surgelata".

lo spirito è accanto a te e la sua risatina si placa a stento. quelle degli assassini sono le anime peggiori di tutte, la non morte sviluppa in loro effetti drastici nella loro psiche.

ora la creatura si mostra a te nella sua forma visibile anche se intangibile, un ammasso fumoso blu violaceo dagli occhi bianchi e dalle estremità appuntite. stiamo attendendo altri ospiti, quando il Magus sarà pronto a ricevervi tutti vi informerò al più presto. desidera passare del tempo con il.... pasto? oppure lo porto via? 

la sua natura di spettro non ti permetteva di mangiarti anche la sua anima, lui è un non morto, gli spiriti già trapassati non fanno più parte del tuo dominio sulle anime, divorarle non ti è possibile... essi appartengono ad altri signori e sono prede di orrori forse ancor più mostruosi. inoltre gli spettri in particolare, i più malvagi dei fantasmi, spesso sono animati da puro desiderio sadico di fare del male, hanno già barattato  la loro anima per poter tornare e continuare la loro macabra danza...

chi mai, sano di mente, si fiderebbe di un tale spettro come servitore?

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Vivian Lutece (Mór Ríoghain)

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Osservo lo spettro abbandonare il corpo dell'autista mentre vi affondo la mano all'interno. Per i miei sensi, questo contatto, risulta particolarmente astratto ed alieno secondo la biologia umana. Invece di percepire la sua carne, le sue ossa ed i suoi organi mi sembra invece di affondare la mano in un contenitore, dalle pareti sottili e totalmente vuoto all'interno, fatta eccezione per l'anima. 
Afferro quell'anima saggiandola nella mia presa per qualche istante. Poi all'improvviso la lascio andare e ritiro la mano. Non è la freschezza a determinare la prelibatezza di un'anima per me. E questo il magus avrebbe dovuto saperlo, se conosce la mia vera identità.

Estraggo la mano dal suo corpo senza lasciar nel suo torace alcuna traccia del mio passaggio. 

Osservo in silenzio l'uomo stramazzare svenuto al suolo. Toccare un'anima può essere qualcosa di molto intimo o estremamente brutale... ed io non sono stata per nulla delicata.

«Non è di mio gradimento...» rispondo allo spettro mentre vado ad accomodarmi su una delle poltrone. Non ho bisogno di assaggiarla per saperlo. 

Indico la cristalliere con gli alcolici «Quello è un Dalmore. Accetterò quello invece...»

 

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Zangeon Dryadson

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Che posto schifoso. La fama di questo posto è più che meritata.
Pensa il gigante passeggiando per le strade pregne di sporcizia.
L'indirizzo corrisponde ad una vecchia villa di chissà quanti decenni fa; spicca tra tutte le costruzioni moderne, ma è veramente malmessa, abbandonata da chissà quanto, visto che il giardino ha piante alte come il troll stesso.
Per cercare l'entrata Zangeon è costretto a fare tutto il giro, e finestre rotte e vernice che viene via al solo soffio del vento.

Abbandonata da eoni. Che posto schifoso.
Ripete tra se e se, mentre si avvia all'entrata, accendendo ogni suo senso per percepire un'altra possibile presenza.
Non voglio farmi trovare impreparato; questo posto puzza di trappola, e non solo.

 

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@Axel Saint

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fai il giro dell'isolato per cercare l'ingresso della villa, non ci metti molto e dopo pochi minuti eccoti davanti al portico dell'entrata principale. la cancellata in ferro battuto che delinea i contorni del giardino è aperta, la porta mezza ammuffita invece è chiusa e sembra piuttosto pesante nonostante le sue condizioni.

sali i pochi gradini che sollevano il vialetto dal livello del marciapiede e ti incammini verso il porticato, giunto davanti alla porta sei costretto a bussare in quanto non v'è segno di campanelli alcuni.

la tua richiesta di entrare non si fa aspettare molto, basta qualche secondo e un uomo ti apre e ti fa entrare, un massiccio umano dalla carnagione olivastra, forse un arabo. per quanto grosso sia il portinaio la tua sagoma enorme lo supera, anche se, nella forma umana data dalla polvere fatata la differenza non è poi molta tra le vostre stazze.

l'uomo ti fa entrare e chiude la porta alle tue spalle senza dire nulla mentre tu fai attenzione a ogni suo piccolo gesto. 

La casa è molto grande e piena di sporcizia, polvere ovunque, mobili mezzi distrutti, cocci di vetro a terra, graffiti alle pareti... qui semzatetto e teppisti si eran dati alla pazza gioia, persino le scale che nell'atrio davano accesso al piano superiore non erano state risparmiate e i gradini sono divelti in alcuni punti.

l'indiano, probabilmente una guardia del corpo a giudicare dalla stazza, si affretta a piegarsi su di ciò che resta di un vecchio orologio a pendolo appoggiato a terra su di un fianco. Le mani dello scagnozzo portano le lancette fino alla mezzanotte x sei volte e in quel momento tutto l'interno dello stabile sembra tornare indietro nel tempo.

In pochi istanti tutto torna pulito, in ordine, i graffiti si cancellano e l'intonaco e la tappezzeria tornano ai loro post incollandosi alla parete di provenienza, le scalinate si riassestano, i mobili si ricompongono assieme all'orologio a pendolo, tutto si lucida a specchio e a terra compare persino un tappeto persiano.

Terminata la metamorfosi è il portinaio a farti cenno di seguirlo in una sala d'aspetto di gran lusso, divani e poltrone costose e cucite a mano, cuscini di velluto, una scrivania in mogano e un tavolino di cristallo.

La sala era comprensiva di due credenze a vetro, una colma di liquori d'annata, l'altra di tabacchi pregiati e tra di essi vi erano anche merci di pregio del mondo invisibile.

Seppur dotata di tutti questi lussi la camera era però spoglia, non vi era alcun oggetto personale o apparecchio elettrico che svelasse alcunché sul misterioso De Vir.

Sul tavolo di cristallo al centro della sala vi era un vassoio coperto da una cloche, il tutto il rame. l'uomo solleva la closhe che svela sotto di se un vassoio pieno di tartine e pasticcini. attendiamo altri ospiti, il Magus la riceverà appena saranno arrivati tutti. intanto si goda uno spuntino... se le riesce, lasci qualcosa anche agli altri ospiti. detto ciò si allontana ed esce dalla stanza, probabilmente tornando alla porta d'ingresso ad accogliere gli altri. sembra che tu sia il primo ad arrivare.

@latarius

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 al vedere il tuo rifiuto lo spirito si fa improvvisamente serio, dava evidentemente per scontato che tu avresti ucciso il suo ospite ma nonostante questo non da segni di essere offeso, almeno, non evidenti...

come desidera si limita a rispondere prima di tornare a occupare il corpo inerme al suolo. poverino, chissà che brutta esperienza dev'essere non avere il controllo del proprio corpo...

l'autista preleva dalle vetrinette quanto richiesto e provvede a servirlo nel bicchiere giusto, sebbene ci sia stato un attimo di titubanza nello sceglierlo, probabilmente non è abituato a questo genere di cose... anche se c'è da dirlo, non se la sta cavando male. 

posa il bicchiere sul tavolino di cristallo e si prodiga dal rimuovere dal terreno con la telecinesi il telo nero che effettivamente stonava molto con l'eleganza della stanza. uno scatto improvviso della testa da un lato poi lo spettro torna a guardarti.  un altro ospite è arrivato. presto ci saranno tutti. c'è altro che possa fare per lei? del ghiaccio in quel wiskey per esempio?

 

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