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Tecniche per migliorare l'interpretazione


Messaggio consigliato

Apro questo topic perché, per una volta, non voglio parlare di regole o meccaniche ma di ruolo e interpretazione. Vorrei capire qual è secondo voi il modo migliore di interpretare (se esiste) e quali sono i metodi, i trucchi e i consigli per ottenere un'esperienza più godibile.

Per esempio, da qualche parte ho letto dei consigli per il master per interpretare i png: si consigliava di associare ad ogni png un gesto particolare, per esempio tamburellare con le dita sul tavolo o grattarsi spesso la testa. Se il master si accorge di star andando un po' alla deriva, effettuare il semplice gesto aiuta a tornare nel personaggio. Questo secondo me può andare bene giusto per i master, che devono gestire molti png di cui la maggior parte non così centrali. Per i PG e PNG principali, invece, si può espandere il discorso e sostituire i gesti con comportamenti. Per esempio il mio gnomo fa battute sconce, lascia ricche mancie e beve vini liquorosi. Ho trovato utile intendere i comportamenti come azioni concrete piuttosto che come atteggiamenti: il guerriero tenebroso non sarà mai tale finché non compie delle azioni che lo descrivono come tenebroso; potrebbe essere utile quindi descrivere il guerriero come uno che se ne sta in disparte, parla con voce roca ed è scontroso.
Questo ragionamento mi porta a formulare una sorta di regola per il roleplay (che in realtà ho rubato da qualche parte): vale solo ciò che si vede o si dice in gameSe il mio personaggio è biondo, lo dirò a inizio campagna durante le presentazioni e stop, probabilmente cadrà presto nel dimenticatoio. Se invece per me è importante ruolare un personaggio biondo, dovrò compiere delle azioni che lo ricordano: compro la tinta, mi pettino i capelli prima di andare a dormire, mi lamento se il sangue dei miei nemici mi rovina l'acconciatura.

Tutto questo mi porta a riflettere su alcuni sotto-argomenti, sui quali ho ancora diversi dubbi:

  • Tratti estremizzati: di solito capita che un giocatore ruoli in modo estremo i tratti del suo personaggio, perché così sono più visibili e più facili da giocare. Per esempio il ladro cleptomane ruberà sempre e da chiunque; il paladino bacchettone farà la predica ai compagni per ogni inezia; il barbaro sanguinario ucciderà ogni cosa al minimo movimento. Questo modo di giocare rischia di creare dei personaggi un po' abbozzati e bidimensionali, mentre nella realtà le persone sono più moderate e profonde. Creando dei personaggi 'realistici', d'altro canto,  si rischia di finire con personaggi 'vuoti' (vale solo ciò che si vede o si dice) e, molto spesso, si finisce a ruolare se stessi.
    In definitiva credo di essere favorevole ai personaggi estremizzati (che comunque aiutano molto la fiction), ma forse è solo perché non saprei come ruolare un personaggio più profondo.
  • Intonazione della voce: intonare la voce in un certo modo può essere molto utile per dare carattere a un personaggio, ma è anche molto faticoso e difficilmente si riesce a tenere a lungo (almeno nella mia esperienza); inoltre può risultare facilmente ridicolo. Tutti i tentativi che ho visto non sono durati più di mezza sessione, al termine dei quali si ritornava a parlare normalmente. Al limite può essere utile al master per ruolare per un periodo molto breve un png. Voi utilizzate l'intonazione della voce per ruolare meglio o comunque pensate che sia utile? In teoria rientrerebbero in questo punto anche le parlate gergali, forbite oppure da analfabeti, ma mi sembrano modalità ancora più assurde e difficili da mantenere (e se al mio tavolo qualcuno si azzardasse a dire 'codesta donzella' si beccherebbe un manuale in testa).
  • Mimica: su questo punto, per quanto mi riguarda, sono lo zero assoluto. Soprattutto quando sono DM, ho troppe altre cose a cui pensare invece di gesti, espressioni e posture. La vostra esperienza?

Per finire, un altro paio di spunti che ho trovato su un qualche blog anglofono. Il primo è: pensare sempre 'cosa farebbe il mio personaggio'? Porsi questa domanda aiuta a riflettere sui tratti caratteriali del pg, e idealmente a prendere decisioni magari diverse da quelle che potremmo prendere noi. Questo punto direi che è abbastanza ovvio e assodato.
Il secondo spunto contraddice in parte il primo: sii cosciente che il personaggio fa parte di una fiction. Questo punto aiuta a mitigare gli effetti troppo simulativi che potrebbero nascere dal primo. Si deve tenere presente che lo scopo non è la coerenza estrema, ma raccontare una storia divertente (appassionante) e infine divertirsi. Dire "Il mio PG non andrebbe a salvare la principessa" sarà anche coerente, ma ammazza un po' il gioco. Oppure, prendiamo il caso di un ladro sadico che, per ottenere informazioni da un prigioniero, decide di torturarlo. Il paladino sarebbe naturalmente contrario, ma si potrebbe piegare un po' la coerenza per rendere le cose più interessanti: per esempio il paladino potrebbe decidere che un male minore è giustificabile per un bene più alto, oppure potrebbe essere momentaneamente assente (impegnato in 'god's stuff') e arrivare solo a metà tortura e reagire di conseguenza. In questo caso qualcosa è accaduto, ed è una situazione sicuramente più interessante rispetto a uno stallo derivato da veti incrociati (imposti in nome della coerenza).

Spero di non essere stato troppo confusionario e di non aver messo troppa carne al fuoco. Se qualcuno vuole dire la sua (o contribuire anche su temi non già trattati) lo ringrazio in anticipo! :)

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Ciao,

Per quello che è la mia esperienza, il gdr non è teatro.
Il gioco di ruolo è un medium a se stante con modalità di iterazione assolutamente non associabili ad altri media.
Credo fra l'altro che questo sia sostanzialmente la causa della scarsa efficacia di tecniche teatrali applicate ad una sessione di gioco di ruolo.

Uno dei fattori che ritengo unici del medium gdr è che pubblico, critica e attori del gioco siano gli stessi.
Il che comporta che qualsiasi tecnica va bene fino a quando non diventa uno smarronamento per qualcun'altro; comporta anche che non esiste un "bene della storia", o una storia bella in senso (giusto per non parlare di teatro e basta) letterario, ma solo il livello di coinvolgimento ottenuto.

In questo senso, le tecniche da applicare, sarebbero più orientate verso il team building che al teatro, alla partecipazione e al coinvolgimento di quello che gli altri dicono e fanno; credo che indicazioni che vanno in questa direzione siano quelle che vengono date dai Powered by Apocalypse: i principi, gli obiettivi e i "di sempre"; esempi di indicazioni come queste credo che, nel rendere piacevole la sessione di gioco contino molto più di tanti buoni consigli.
 

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Argomento interessante e anche molto vasto.

Direi prima di tutto di scinderlo in due "rami": GM & PG.

Come GM tendo a caratterizzare molto i personaggi che inserisco in gioco, più che altro perché al tavolo gestiamo l'interazione tra PG e PNG quasi esclusivamente con il gioco di ruolo allo stato puro, per esempio relegando il ricorso ai dadi al minimo (anzi, direi quasi che non ne facciamo uso). Risultano quindi essenziali sia una descrizione dell'aspetto esteriore del PNG (rapida, ma efficace) che una sua caratterizzazione "emotiva" e comportamentale, magari enfatizzando un tic o anche solo un'inflessione della voce (ricordo, per esempio, che una volta i PG scoprirono un impostore grazie alla sua "erre moscia"!). L'importante è non esagerare e non cadere mai nella machietta. Poi, trovo che sia anche essenziale saper leggere l'atmosfera al tavolo in una data sessione e sapersi regolare di conseguenza, valutando il grado di attenzione generale dei giocatori quella data serata, ecc. ecc.

Da giocatore, quando uso un PG mi sforzo di creare con esso un'immedesimazione completa, più che altro perché lo trovo davvero divertente, ma qui entriamo nell'area "proibita" dei gusti personali, quindi il discorso lascia un po' il tempo che trova.

Mi fermo qui ché scrivere dal cellulare mi sta facendo letteralmente friggere il cervello!

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Ovviamente, in quanto argomento vastissimo e fondamentale nel GdR non esiste un modo migliore per farlo in assoluto, dipende da gruppo campagna eccetera...

Sul lato delle tecniche, è vero che il teatro e il gdr sono cose diverse, ma molti strumenti sono facilmente portabili, sopratutto quelle del teatro di improvvisazione. Una su tutte: dire sempre di sì alle proposte degli altri giocatori e alle difficoltà. Questa cosa promuove lo spirito di gruppo da una parte, dall'altra crea - come hanno capito i recenti giochi più narritivi come FATE o Burning Wheel - situazioni di gioco assai interessanti.

Per questo dedico spesso molto tempo nella creazione dei personaggi giocanti, assicurandomi ad esempio che siano forniti di difetti, collegamenti con l'ambientazione e tra di loro, manierismi vari. Sicuramente è una menata, ma la fatica iniziale viene sempre ripagata con un estremo coinvolgimento. Sono comunque un fervido sostenitore dello show don't tell come evidenziato nel primo post. Un BG di 10 pagine completo di psicologia è inutile se poi il background viene tenuto segreto durante la campagna, meglio un elenco puntato e segreti in bella vista per poter essere scintille di ottime scene drammatiche tra i giocatori.

Riguardo all'interpretazione propriamente detta, mi sforzo il più possibile di usare accenti e vocabolari differenti. L'avere un focus, pochi elementi chiave, come appunto un manierismo particolare, aiuta davvero tanto nel poter cambiare rapidamente da un PNG all'altro senza mischiarli e a imprimerli meglio nella memoria dei giocatori.
Sul lato del giocatore... non ricordo più :cry:

Ne approfitto per lanciare una domanda: come gestite le menzogne durante gli incontri di interpretazione? Vi affidate ai dadi? Tirate prima di rispondere e poi interpretate di conseguenza? Decidete prima un certo comportamento e sperate che i giocatori capiscano da questo la sincerità del PNG?
Di recente sto facendo mentire sempre più png in modo estremamente palese, e i giocatori sembrano piuttosto soddisfatti di "non cascarci" perché la vedono lunga piuttosto che per un buon tiro (che comunque può essere richiesto).

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@fenna
Ciao! D'accordissimo sul fatto che il gdr sia molto diverso dal teatro, innanzitutto perché hanno scopi e svolgimento diversi. Ciononostante penso che alcune tecniche possano essere utili (l'immedesimazione, l'esagerazione di alcuni tratti), altre meno (toni di voce e postura). Non so se dicendolo ti riferivi a me, ma specifico che quando ho parlato di 'storia' non intendevo alla trama, ma a qualcosa tipo 'l'esperienza vissuta dai pg'.
Effettivamente non è necessario utilizzare mezzi teatrali per ottenere il coinvolgimento: nella mia ultima campagna i pg non avevano nessun mannierismo particolare o accentuato, e interpretavano personaggi molto simili a loro stessi. Ciononostante il coinvolgimento era alto e sembrava quasi che parlassero degli eventi in game come se fossero realmente accaduti; suppongo che in questo caso il coinvolgimento sia nato grazie all'investigazione e ai conflitti tra personaggi (e questo mi dà altro su cui riflettere).
Se avessi voglia di approfondire gli spunti su Apocalypse
(o anche solo lasciare un link per capire di cosa stai parlando) ne sarei contento :)

@Checco
Io
quando gioco a D&D uso i tiri di abilità, mentre per altri giochi l'interazione 'pura', e devo dire che preferisco il secondo metodo. Comunque penso che qui quasi tutto possa rientrare nell'ambito dei 'gusti personali', quindi ben vengano! :)

@jamesnake
Come detto a checco ultimamente preferisco eliminare completamente i tiri di dado nelle interazioni sociali: una menzogna può essere scoperta solo con evidenti prove contrarie, o con incoerenze nelle dichiarazioni. Al limite se un pg/png è una frana a mentire lo ruolo di conseguenza, e la menzogna sarà palese.

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Secondo me i tratti troppo marcati a volte il gdr lo mozzano, perchè se un giocatore deve sempre far la stessa pippa per 20 livelli ad un certo punto diventa noioso sia interpretare che starlo a vedere. Tratti su pg meno longevi o png creano situazioni piacevoli, invece.

Il segreto dell'interpretazione e del divertimento sono i piccoli legami che si instaurano nel gruppo, lo sfigato, il paladino che fa le ramanzine, la macchietta, quello pieno di sè...

Il discorso è che ci vuole qualcosa di bilanciato, un tema che avete toccato poco è che a volte, proprio per star dietro alle meccaniche, durante gli scontri c'è poca fiction.

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@Hicks

Non mi riferivo a te con il discorso "bella storia", ma a tutta quella selva di, a mio avviso, male abitudini che si è utilizzata per parlare di gdr :D , lo stesso tuo uso di "storia" come esperienza vissuta dai PG è qualcosa che non esiste, è una "sbobinatura" a posteriori, di un dialogo che avviene fra i giocatori. Il gioco e l'esperienza di gioco è esattamente quel dialogo, è tutto quello che succede lì dentro che fa la differenza.
Le male abitudini derivano dal fatto che, non solo non si è sviluppato un vero e proprio linguaggio appropriato nel parlarlare specificatamente di gdr, ma si è, al contrario, sempre usato termini vaghi e mutuandone il significato da altri media: "storia"; "interpretazione"; "immedesimazione".
Avremmo bisogno come il pane, invece, di parlare di gdr in maniera più precisa, direi più tecnica.
Le tecniche teatrali, fanno atmosfera, esattamente come la fa una candela in una cena al ristorante,ma quello che conta è quanto si mangi bene, come si viene serviti, quanto si paga per il servizio: se ci sono i piatti di design, sicuramente è bello da vedere, ma non ci fossero non cambierebbe un'esperienza buona in pessima e viceversa.
Tecniche di immedesimazione sono usate nel teatro non per far vivere un esperienza positiva all'attore, ma per fargli pronunciare in maniera più credibile per il pubblico la parte, sono funzionali al fatto che c'è una persona, l'attore, che lavora per un pubblico: il risultato è migliore tanto più il pubblico è soddisfatto.
Chi è il pubblico, la critica e l'attore in una sesisone di gdr (tabletop ovviamente)? Chi ci gioca.

L'impro, ha delle regole. L'impro, avendo delle regole, diventa un gioco :), ancora di più se vedi le modalità con cui vengono effettuate le contest di impro; molto differente l'improvvisazione che veniva fatta dal teatro delle maschere, tipico della tradizione italiana, visto che, di fatto, era una variazione sul tema di pezzi già preparati e visti, giocando, per lo più sulla ripetizione e gli stereotipi.

Per quanto riguarda i giochi derivati da apocalipse world , basta scaricare le schede risassuntive di cosa debba fare il gm e si trovano principi e  obiettivi riassunti*

 

*non posto il link, è facile fare un po' di google fu se si ha voglia :)

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Sono d'accordo al 666% con il discorso per cui l'interpretazione esce dalle azioni dei pg, e non dalla recitazione (da cui esce solo pessimo melodramma).

Lo strumento più utile che ho trovato per incoraggiare questo tipo di interpretazione è un qualche tipo di premio per le azioni sbagliate: se il tuo pg fa qualcosa di pericoloso perché sarebbe nel suo carattere farlo, il giocatore ottiene un beneficio (meglio se non permanente). Un espediente semplice come questo crea cierenza, storia e velocizza il gioco.

Per le menzogne, seguo una strada a metà: si tira, ma solo se il giocatore dubita. 

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10 minuti fa, fenna ha scritto:

Le male abitudini derivano dal fatto che, non solo non si è sviluppato un vero e proprio linguaggio appropriato nel parlarlare specificatamente di gdr, ma si è, al contrario, sempre usato termini vaghi e mutuandone il significato da altri media: "storia"; "interpretazione"; "immedesimazione".

Forse rischiamo l'OT (se è così, chiedo scusa), ma non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato nell'uso di questi termini; cioè, se "viaggiando sulle ali della fantasia" (:grin:), io e un mio amico indossiamo per un paio d'ore i panni di Don Chisciotte e Sancho Panza e combattiamo contro i mulini a vento, "cosa" stiamo facendo (restando ovviamente nei limiti del discorso "role-playing")?

Chiariamo sin da subito che non ho la minima intenzione di essere polemico, è proprio perché mi piacerebbe comprendereil tuo punto di vista; a tratti, mi sembra quasi che tu ne faccia una più che altro questione di semantica.

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Gente, secondo me l'errore è parlare dell'argomento come se ci fosse un uso unico, standard e doveroso di giocare il GDR. @fenna ha ragione quando sottolinea che non bisogna confondere il GDR con il teatro, ma ciò non toglie che fra i giocatori ci sono e ci sono sempre state esigenze diverse.

Ci sono giocatori a cui va bene interpretare considerando solo la coerenza delle azioni dei PG con gli eventi di gioco. Ci sono altri giocatori che considerano interpretazione anche il gestire il PG come se fosse un ruolo d'attore (studiandone il tono di voce, la gestualità, i modi di fare, ecc.).

 

Quello che @Hicks ha posto ha senso perchè, non solo è un argomento trattato a volte proprio nei manuali di GDR, ma corrisponde anche a una vera necessità di alcuni giocatori. Non tutti giocano nello stesso modo e non c'é una definizione di GDR in grado di riassumere alla perfezione il modo in cui il GDR è stato ed ancora vissuto dai giocatori. A prescindere dalle definizioni, ciò che conta è fornire ai giocatori quello che risponde alle loro esigenze.

Modificato da SilentWolf
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8 minuti fa, Checco ha scritto:

Forse rischiamo l'OT (se è così, chiedo scusa), ma non riesco a capire cosa ci sia di sbagliato nell'uso di questi termini; cioè, se "viaggiando sulle ali della fantasia" (:grin:), io e un mio amico indossiamo per un paio d'ore i panni di Don Chisciotte e Sancho Panza e combattiamo contro i mulini a vento, "cosa" stiamo facendo (restando ovviamente nei limiti del discorso "role-playing")?

Sbagliato o giusto sono categorie morali :D usarle in questa discussione è un po' un problema, visto che non ci sono tabù.
Semplicemente si rischia lo scambio di supercazzoleprematuratenerd. 
Quando dici che "indossiamo i panni", è qualcosa che si può applicare: al lettore di un libro, all'attore che recita la parte, ad un giocatore di ruolo, allo scrittore di una sceneggiatura.
Quindi bisogna capire che sono cose molto differenti nella pratica, non nella semantica: il primo legge; il secondo recita; il terzo dialoga; il quarto scrive.
Tutte attività molto differenti. 
Confondere i piani non aiuta, ai fini della discussione a capire se le tecniche utilizzate sono utili o migliorano l'esperienza. La mia  risposta riguarda infatti l'efficacia delle tecniche proposte.

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7 minuti fa, fenna ha scritto:

Quindi bisogna capire che sono cose molto differenti nella pratica, non nella semantica: il primo legge; il secondo recita; il terzo dialoga; il quarto scrive.
Tutte attività molto differenti. 
Confondere i piani non aiuta, ai fini della discussione a capire se le tecniche utilizzate sono utili o migliorano l'esperienza. La mia  risposta riguarda infatti l'efficacia delle tecniche proposte.

Tu intendi che sarebbe più opportuno limitare il discorso alle sole tecniche relative al dialogo, che è lo "strumento" utilizzato dal giocatore di ruolo; ho capito bene?

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27 minuti fa, Checco ha scritto:

Tu intendi che sarebbe più opportuno limitare il discorso alle sole tecniche relative al dialogo, che è lo "strumento" utilizzato dal giocatore di ruolo; ho capito bene?

Io intendo rispondere a questo:
 

Cita

Vorrei capire qual è secondo voi il modo migliore di interpretare (se esiste) e quali sono i metodi, i trucchi e i consigli per ottenere un'esperienza più godibile.

Per me l'interpretazione teatrale non è una tecnica fondamentale :) proprio per quello che succede nella sessione di gioco, il coinvolgimento e la partecipazione dei partecipanti alla sessione valgono molto di più nell'ottenere un'esperienza più godibile.
Per far capire il perché di questo ho spiegato quali sono i punti deboli, a mio avviso, nel parlare in una certa maniera di gdr: principalmente il problema di non identificare cosa succede veramente quando tutti sono seduti al tavolo.

Per capirci, perché non vorrei cadere nel vago.
Per coinvolgimento intendo pratiche che rendano attivi i giocatori (intendeno anche il GM giocatore).
Un esempio è la regola di Apocalypse World per cui il GM deve fare domande come un pazzo. Quando fai una domanda e accetti la risposta si crea immediatamente un collegamento dialogico.
Faccio un esempio dall'ultima partita di Dungeon World che ho fatto da GM:
Disegno una mappa del mondo, su un foglio, traccio un confine, delineo un deserto, i mari e le isole.
IO: Ci sono due imperi emergenti in questo mondo, opposti fra loro, ma non in guerra chi sono?
F: Mah uno è l'impero e l'altro sono gli elfi oscuri
IO: voi da che parte siete della barricata?
E: elfi oscuri.

I giocatori si sentono coinvolti nella storia perché sono coinvolti nel processo creativo della stessa.
Altro esempio:
IO: siete arrivati nel villaggio, tu conosci qualcuno qui: chi è?
L: mio zio è emigrato qui, questa è l'occasione di andarlo a trovare.
IO: hai cugini? Zie?
L: no, mio zio ha perso tutto durante l'ultima razzia.
Stessa cosa, stai applicando una tecnica dialogica.

Il fatto che il giocatore risponda in prima persona, in terza, a mio avviso e per la mia esperienza, è molto meno impattante di una tecnica come questa.
Non so se mi sono spiegato.

Modificato da fenna
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1 minuto fa, fenna ha scritto:

Per far capire il perché di questo ho spiegato quali sono i punti deboli, a mio avviso, nel parlare in una certa maniera di gdr: principalmente il problema di non identificare cosa succede veramente quando tutti sono seduti al tavolo.

Personalmente, trovo che qualsiasi esperienza possa svilupparsi intorno al tavolo sarà inevitabilmente (e per fortuna!) diversa da gruppo a gruppo di giocatori, quindi credo sia quantomeno difficile poter identificare degli strumenti utili che siano "universali", per così dire.

Ciò detto, reputo (spero!) di aver compreso il tuo punto di vista: grazie per le delucidazioni.

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L'immersione è un principio fondamentale per buona parte dei giocatori di ruolo. Ci possono essere diversi obiettivi per il GdR, risolvere una serie di sfide o creare una storia appassionante per citare i due più comuni, ma quasi sempre i giocatori desiderano sentirsi immersi nel mondo di gioco nel modo più profondo possibile. 

Le tecniche per ottenere questo effetto le cerchi per forza, se sei il giocatore che vuole l'immersione. Già da bambino mi resi conto che il "corridoio standard" citato in D&D non funzionava. Questi dungeon avevano tutti corridoi larghi tre metri e questo non era assolutamente in linea con le rovine anguste e piene di ragnatele che avevo in mente. E poi le mappe non avevano senso. Perché questi dungeon erano dei gomitoli di stanze e corridoi disegnati da un ubriaco? Quando guardavo le mappe di edifici reali, anche di castelli medioevali, erano diverse.

Gli architetti del mondo di D&D sembravano ossessionati dagli angoli retti.

Quello fu uno dei primi dettagli su cui riflettere. Non era possibile sentirsi dentro un mondo magico e misterioso quando le mappe erano così sciatte. Provavi a immaginarti in un sotterraneo buio e claustrofobico, poi guardavi la mappa e c'era una specie di autostrada in cui saresti potuto comodamente andare a cavallo. In fila per due.

Io non conosco le tecniche di improvvisazione teatrale, però negli anni ho avuto modo di sperimentare varie tecniche di improvvisazione da cantastorie. Per esempio descrivere i dettagli. L'insistenza con cui George Martin descrive ogni singolo componente di ogni singlo pasto mangiato dai personaggi di ASOIAF è un ottimo strumento per farti visualizzare il suo mondo e per trasportarti al suo interno. Come DM descrivi qualche dettaglio di ogni ambiente e situazione in cui entrano i PG, e io di solito lo improvviso. C'è una tecnica vera e propria: bisogna imparare a fotografare l'immagine che ti sei creato spontanemanete nella mente e descriverne i dettagli. La mente è una miniera di immagini (e si possono recuperare altri dettagli sensoriali con l'esperienza). Se i PG arrivano davanti a una porta in un vicolo, di solito io non vedo solo una porta generica in un vicolo generico, mi saltano davanti all'occhio della mente diversi dettagli: la porta di legno scrostata (e mentre dici "scrostata" vedi anche scrostata dove: alla sommità e alla base), il vaso di coccio incrinato a destra, l'edera che cresce sul muro. Devi pure imparare dove fermarti perché man mano che descrivi i dettagli se ne focalizzano altri.

Poi si arriva all'argomento su cui è centrata la discussione, ovvero i manierismi dei personaggi. Beh, i PNG li visualizzi come gli oggetti, solo di solito con più dettagli perché vengono fuori così. Quando un PNG entra in scena la prima volta può avere un concetto di base (avevi già deciso che Hugo è il vecchio imperturbabile maggiordomo di casa Faberaux) oppure autocrearsi dal nulla (quando un PG cerca un emporio e per forza di cose dentro c'è almeno un lavorante). Anche il PNG creato lì sul momento ha un aspetto fisico, e di solito si comporta di conseguenza. Può pure comportarsi in modo incongruo rispetto alla sua figura eh. Però nelle prime poche frasi - descrizione con qualche dettaglio e prime azioni/interazioni - già ha una sua personalità e quella non la perde più.

In una sessione un giocatore disse che voleva andare in un negozio di pozioni. C'è il negozio, non c'è? Sì, hanno chiesto indicazioni a uno che certamente conosce negozi del genere e vista l'ambientazione un mescitore di pozioni ci deve essere. È una professione semi-illegale e nascosta, ma il PNG a cui hanno chiesto informazioni ha tutte le ragioni per collaborare. Ecco che i PG vanno nel luogo indicato e trovano questo PNG. Chi è? Chi può essere questo mescitore? È un individuo che appartiene a un sottomondo semi-illegale, come dicevo, di usufruitori di magia, ha anni di studio alle spalle e ci deve essere un motivo per cui è lì e non alla gogna in piazza. Ecco che i PG entrano nello stanzone dove lavora, lo vedono - tarchiato, con capelli biondi e lisci diradati sopra (e essere biondi ha a sua volta significati etnici), si gira e dice le sue prime parole. Il PNG è nato! E i suoi atteggiamenti, il modo in cui parla, il modo in cui si muove (ovvero come io mi atteggio, parlo e mi muovo) raccontano di lui. Ai PG e pure a me, che lo ho appena conosciuto.

I giocatori si ricordano perfettamente (molto meglio di me) quel PNG che è stato in gioco venti minuti. Era un tipo ruvido ma in gamba, il tipo di persona che sta istintivamente simpatico ai PG di quella campagna, quindi è normale che sia nata una buona interazione e che ne abbiano un bel ricordo.

È una tecnica per aumentare l'immersione nel mondo di gioco. Conosco anch'io la teoria secondo cui la narrativa del gioco è ricostruita a posteriori più che vissuta sul momento e non la condivido. Ricordo bene i momenti di gioco in cui si sta meno immersi (per scelta o meno) e ne ricordo altri che racconti semplicemente descrivendo quello che stavi vedendo nella tua testa. Quando ci sono momenti di seduzione in cui il giocatore interpreta un personaggio di sesso opposto, eppure nella mente dei partecipanti non c'è la faccia barbuta del tizio che interpreta Melisendra né la sua voce baritonale, bensì la faccia di Melisendra che segue le espressioni del suddetto giocatore, e la barba magicamente è cancellata. 

Nei momenti con pesante uso di regole funziona diversamente, ma anche lì diventa naturale passare senza sforzo da immersione nel PG a dialogo regolistico fuori dal PG a battute e lancio di patatine a nuova immersione nel PG.

Sono convinto che certe tecniche di improvvisazione siano ottimi strumenti per favorire la visualizzazione e l'immersione nel mondo di gioco, pur riadattate alle esigenze del GdR. Credo anche che sia artificioso mettere confini netti tra GdR e teatro d'improvvisazione basandosi sulla finalità dell'attività. Lo psicodramma moreniana usa gli stessi strumenti sia per migliorare le capacità drammatiche sia per ottenere effetti psicoterapeutici, e non è scontato che la finalità della drammatizzazione sia soddisfare il pubblico. Quando faccio un concerto uso la tecnica che ho imparato suonando per vent'anni, ma lo scopo del mio studio non è mai stato creare la migliore esperienza per l'ascoltatore. Il primo fruitore della tecnica musicale è il musicista che sta suonando, e il primo fruitore della tecnica drammatica è l'attore che vive un frammento di vita fantastica. Lo stesso vale per il giocatore di ruolo.

EDIT: chiarisco i punti.

1 - per molti giocatori, quasi tutti credo, l'immersione è uno scopo basilare del GdR se non LO scopo. All'estremo, il giocatore vorrebbe sentire persino gli odori della situazione in cui è il suo PG, diventando tutt'uno con lui.

2 - ci sono molti tipi differenti di tecniche drammatiche. Alcuni sono funzionali a uno scopo specifico, per esempio la capacità di proiettare la vce serve a farsi sentire dal pubblico quando sei sul palco. Al cuore della tecnica drammatica però c'è una tecnica di carattere generale che è diventare il personaggio che si interpreta, essere lui, provare ciò che lui prova, vivere la sua vita. Questa capacità di immedesimarsi è lo scopo ultimo dell'attore e ciò che lo spinge a recitare e non riguarda l'apprezzamento del pubblico ma la fruizione dell'arte in maniera attiva.

3 - la tecnica non è definita dalla funzione dell'abilità che si esercità, ma dall'acquisizione di detta abilità.

4 - le tecniche drammatiche finalizzate alla miglior fruizione da parte del pubblico sono inutili in un GdR. Le tecniche di immedesimazione sono invece utili per quello scopo del GdR di cui scrivo al punto uno - entrare nei panni di PG e vivere la sua vita.

5 - questo genere di tecniche possono essere studiate in modo sistematico come fanno gli attori ma non è indispensabile. Si possono sviluppare durante il gioco stesso sperimentando. Ovviamente esse vanno poi applicate tenendo conto delle reazioni e degli obiettivi dei giocatori di uno specifico gruppo.

Modificato da Ji ji
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@Ji ji

Ovviamente non posso essere d'accordo con te :)

3 ore fa, Ji ji ha scritto:

Conosco anch'io la teoria secondo cui la narrativa del gioco è ricostruita a posteriori più che vissuta sul momento e non la condivido.

Non è una teoria :D , pensa al tuo esempio di gioco:

3 ore fa, Ji ji ha scritto:

In una sessione un giocatore disse che voleva andare in un negozio di pozioni. C'è il negozio, non c'è? Sì, hanno chiesto indicazioni a uno che certamente conosce negozi del genere e vista l'ambientazione un mescitore di pozioni ci deve essere. È una professione semi-illegale e nascosta, ma il PNG a cui hanno chiesto informazioni ha tutte le ragioni per collaborare. Ecco che i PG vanno nel luogo indicato e trovano questo PNG. Chi è? Chi può essere questo mescitore? È un individuo che appartiene a un sottomondo semi-illegale, come dicevo, di usufruitori di magia, ha anni di studio alle spalle e ci deve essere un motivo per cui è lì e non alla gogna in piazza. Ecco che i PG entrano nello stanzone dove lavora, lo vedono - tarchiato, con capelli biondi e lisci diradati sopra (e essere biondi ha a sua volta significati etnici), si gira e dice le sue prime parole. Il PNG è nato! E i suoi atteggiamenti, il modo in cui parla, il modo in cui si muove (ovvero come io mi atteggio, parlo e mi muovo) raccontano di lui. Ai PG e pure a me, che lo ho appena conosciuto.

hai parlato di quello che è successo nel gioco solo fino a dove non ho messo corsivo.
Poi hai parlato di fiction, cioé hai ricostruito il pensiero di quello che è successo, ma non hai parlato di cosa hanno fatto i tuoi amici.

La stessa fiction poteva essere creata in altra maniera, non meno coinvolgente e immersiva, faccio un esempio? (G=giocatore MC= Master)
G: Mi servono delle informazioni da qualcuno che sappia fare delle pozioni, altrimenti non riusciremo mai a capirci nulla della X cosa
MC: Ci sono negozi di pozioni? Insomma abbiamo detto che è qualcosa di illegale ti ricordi? 
G: Si hai ragione, in effetti ci sono, ma sono per lo più semi illegale
MC: Conosci qualcuno in città?
G: Si è un tizio strano, un mezzo geniaccio
MC: come mai non è finito arrestato?
G: perché fornisce pozioni ai nobili della città.
MC: [...]è tarchiato, con capelli biondi e lisci diradati sopra (e essere biondi ha a sua volta significati etnici), si gira e dice le sue prime parole.

Lo descrivo così, perché ho messo "negozio di pozioni", ma in DW a me è capitata esattamente la stessa identica scena con un amico che voleva far tradurre un testo arcano :D Sostituisci pozioni con testo arcano e ci siamo.

Non descrivi la tecnica, ma descrivi la ricostruzione della fiction; non è che sia un problema, anzi, è una figata, a me piace un sacco e quando parlo fra amici delle nostre vecchie sessioni ne parlo esattamente così, però la fiction non ci dice cosa è avvenuto esattamente nella sessione di gioco fra giocatori, quindi, a mio avviso, non aiuta a capire l'efficacia o l'applicabilità o meno di una tecnica.
Questo è uno dei problemi di parlare di gioco di ruolo.

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Premetto che concordo in pieno con @Ji ji

 

38 minuti fa, fenna ha scritto:

La stessa fiction poteva essere creata in altra maniera, non meno coinvolgente e immersiva, faccio un esempio? (G=giocatore MC= Master)G: Mi servono delle informazioni da qualcuno che sappia fare delle pozioni, altrimenti non riusciremo mai a capirci nulla della X cosa

MC: Ci sono negozi di pozioni? Insomma abbiamo detto che è qualcosa di illegale ti ricordi? 
G: Si hai ragione, in effetti ci sono, ma sono per lo più semi illegale
MC: Conosci qualcuno in città?
G: Si è un tizio strano, un mezzo geniaccio
MC: come mai non è finito arrestato?
G: perché fornisce pozioni ai nobili della città.
MC: [...]è tarchiato, con capelli biondi e lisci diradati sopra (e essere biondi ha a sua volta significati etnici), si gira e dice le sue prime parole.

Fenna, però devi tenere conto che, ai fini dell'argomento del dibattito, non conta se la situazione la si può gestire anche come la descrivi tu, quanto il fatto che la si possa gestire in maniera più  - è difficile a questo punto trovare delle parole che descrivano perfettamente i concetti che si vuole intendere - "interpretata" o "immersiva", meglio dire In Charachter. ;-)

Difatti, sì, si può gestire la situazione come l'hai descritta tu.....ma, a dimostrazione di come le tecniche narrative e interpretative possano risultare utilissime nel Gdr, è ancora più importante il fatto che la si possa gestire anche così (ovviamente invento un po' la situazione, per creare un esempio concreto):

Narratore Esterno (come il narratore dei romanzi): Il gruppo decide, dunque, di dirigersi nel luogo suggeritogli dal loro contatto. In principio si trovano a percorrere le vie affollate del centro, costretti a forzare il loro passaggio attraverso la vociante massa di persone dirette verso la piazza del mercato. Man mano che, tuttavia, si allontanano dalla zona ricca della città, le più cupe e silenziose strade dei bassifondi iniziano a fare la loro comparsa. Alle splendide mercanzie e ai volti gioiosi dei cittadini accorsi per osservare queste ultime, iniziano pian piano a sostituirsi lo squallore delle baracche, la decadenza di corpi troppo magri e troppo malati, e facce cupe e astiose. Oltre a quella che, dall'insegna oramai in parte scolorita, sembra essere una sorta di locanda, il gruppo di avventurieri riesce finalmente a individuare il diroccato edificio in legno di cui aveva parlato loro il contatto. La porta che si ritrovano di fronte è anonima, così come l'edificio stesso, come se l'intento fosse quello di non attirare l'attenzione riguardo a ciò che accade all'interno. Il gruppo bussa e, dopo quello che sembra un tempo interminabile - anche considerando gli sguardi sinistri che la gente del luogo inizia a lanciare alla loro direzione -, un volto compare attraverso lo spiraglio della porta, avvolto nella penombra.

Ghoran: "Ci manda Dhorigan", dice il soldato veterano con aria seria, gli occhi scuri stretti a cercare di vedere meglio il proprio interlocutore. Non gli piace trovarsi in quel particolare quartiere e la situazione lo innervosce, in particolar modo se non sa con chi diavolo sta parlando. Dopo aver parlato digrigna i denti, come fa sempre quando è nervoso.

Narratore Esterno: Il volto arcigno dall'altra parte scruta prima con attenzione i volti dei 5 avventurieri, poi controlla un attimo la strada dietro di loro, mostrando per un attimo un ciuffo di capelli biondi illuminato dalla luce del sole. A d'un tratto, la figura spalanca la porta, indica agli avventurieri di entrare di corsa e poi sbarra subito l'uscio dietro di loro. Una volta entrati, ci vuole un attimo prima che gli avventurueri si abituino all'ambiente crepuscolare dell'interno dell'edificio, illuminato solo dal lume di decine di candele sparse un po' ovunque. Ben presto, tuttavia, si rendono conto di trovarsi in un ampio salone cosparso di scaffali pieni di libri, carte, ampolle e di contenitori pieni di sostanze di vario tipo. Se già tutta quella mercanzia risulta esotica agli occhi degli avventurieri, ancora di più lo appare uno strano armadio appoggiato sul muro opposto alla porta d'ingresso, un mobile pieno di intarsi stravaganti e con ampolle dal colore varipinto che s'intravedono dallo spiraglio di un anta appena socchiusa. Alla luce crepuscolare delle candele, inoltre, gli avventurieri finalmente riescono a vedere più chiaramente il loro opsite: un uomo tarchiato, quasi enorme, dal volto arcigno incorniciato da una cascata di capelli biondi e stopposi, già diradati sulla fronte. L'uomo li scruta ancora con aria sospettosa. Si gratta con fastidio una pustola sotto il mento, mentre con l'altra stringe norvosamente quello che potrebbe essere un grosso bastone da passeggio o una mazza straordinariamente ornata.
Arthan (PNG gestito dal Master): "Chi siete e che diavolo cercate qui? Niente giri di parole o vi butto fuori a calci. Ringraziate Dhorigan per il solo fatto che vi ho aperto."

Latherian: "Sono alla ricerca di una mercanzia un po' particolare, una di quelle che non si trova nei mercati comuni. Una pozione di guarigione, Dhorigan ci ha fatto intendere che tu eri la persona giusta a cui chiedere. Ciò che tieni qui nella tua abitazione mi fa credere che aveva ragione. Abbiamo soldi per pagare, ovviamente." L'elfo fa tintinnare un sacchetto di monete allacciato alla sua cintura, mentre indossa il suo migliore sorriso su quel volto da imbonitore di folle. Percepisce, tuttavia, che la situazione è tesa, quindi ricorda a sè stesso di rimanere cauto.

Narratore Esterno: Prima di rispondere, l'uomo tarchiato scruta ancora i suoi nuovi ospiti, gli occhi carichi di sospetto. Smette di grattarsi la pustola e inizia a camminare avanti e indietro nella stanza.
Arthan: "Quei prodotti di cui parli sono illegali e io sono un uomo che gestisce un'onesta attività. Ritengo, tuttavia, che un'uomo capace di fornirvi una simile mercanzia, dovrebbe prima di tutto essere sicuro di potersi fidare di coloro che gli fanno una simile richiesta. Questi, dopotutto, sono tempi difficili, in cui la gente è costretta a compiere scelte difficili. Forse un uomo simile dovrebbe prima di tutto avere la possibilità di testare la fiducia di simili persone. Una conoscenza comune dototutto non basta: anch'essa può essere ingannata".
 

Invece di essere semplicemente dette, le informazioni del gioco vengono così raccontate e descritte, consentendo ai giocatori (e al DM) di poter apprendere ugualmente i fatti pur rimanendo all'interno della finzione, potendo dunque immesimarsi meglio in essa.
Nel tuo esempio il DM si rivolgeva direttamente ai giocatori.
Nel mio esempio, DM e giocatori comunicano indirettamente: il Master attarverso la voce del narratore (uno dei suoi ruoli, non lui stesso come partecipante al gioco), i giocatori attraverso la voce e la descrizione dei loro PG (non loro stessi come giocatori).

Nel tuo esempio DM e giocatori si scambiano palesemente le informazioni al di fuori della finzione.
Nel mio esempio le informazioni traspaiono attraverso i dettagli della finzione.
In entrambi i casi i giocatori scoprono che il loro interlocutore è un personaggio che abita in un certo luogo, che possiede certe caratteristiche fisiche, e che compie una attimità semi-legale (nel mio esempio vende pozioni legali e, di nascosto, pozioni illegali). La differenza sta nel fatto che, con il mio metodo, giocatori e DM si intrattengono vicendevolmente tramite descrizioni e interpretazioni, contribuendo vicendevolmente a creare l'immedesimazione nella finzione. ;-)

Nessuno mette in discusione che il tuo metodo sia possibile e legittimo.
Si sta mettendo in evidenza che, nonostante il tuo metodo sia possibile e legittimo, lo è anche quello descritto da me, da Jiji e da Hicks. ;-)
E rimane praticare Gdr.

Sono praticamente d'accordo con te quando sostieni che il Gdr non è teatro.
Però attenzione a non dare per scontato che il Gdr sia solo una certa esperienza specifica e non altro. Nei decenni, il Gdr ha assunto tante facce e ha pescato da talmente tante altri tipi di attività e passatempi, che i suoi confini sono sfumati.
Il Gdr, è vero, non è teatro, così come non è scrivere un romanzo, ma non è nemmeno totalmente separato da questo tipo di attività. Il Gdr, infatti, è un passatempo che s'interseca con tante altri tipi di passatempi e attività, e assume forme diverse a seconda di ciò che i partecipanti al Gdr vogliono che sia.
 

Un modo particolare per giocare il Gdr è quello di concepirlo come un'esperienza di narrazione collettiva improvvisata, a prescindere dal regolamento usato: Master e giocatori sono ruoli che possono essere vissuti come nient'altro che diversi narratori impegnati a raccontare le porzioni di una storia non scritta, ma che i partecipanti al gioco improvvisano mentre giocano. Nei Gdr tradizionali il DM è una sorta di narratore esterno generico che racconta ciò che avviene nel mondo di gioco e, come se fosse quasi onniscente, parte di ciò che i PG sanno/percepiscono; i giocatori, invece, hanno il ruolo di narratori che raccontano ciò che i loro PG fanno, come reagiscono, cosa pensano, come si presentano, ecc.
Queste cose si possono dire palesemente o, come ho fatto io su, si possono raccontare, in modo da coinvolgere i partecipanti al gioco e intrattenerli con una narrazione collettiva improvvisata.
 

Come ho provato a spiegare in altre sedi, è meglio stare attenti a non fare confusione fra teoria e pratica. Se nella teoria tutto sembra ben incastrsi in questa o quella definizione, nella pratica quasi nessuno gioca rispettando perfettamente la teoria o aderendo perfettamente a una sola definizione. Ho provato a mostrare la cosa anche in una risposta a un ottimo articolo di Greymatter qualche giorno fa.
Greymatter ha ben esposto quelle che sono le due definizioni di Reilroading e di Sandbox.
Il problema è che, mentre nella teoria le due definzioni sono due cose nettamente distinte fra loro, nel gioco pratico quasi nessuno gioca puramente solo Railroading o solo Sandbox. Nel gioco pratico, più tipicamente si mescolano - magari anche incosciamente - i due modi, creando un miscuglio dei due stili.
Per questo motivo, cercare di analizzare il gioco pratico come distinto solamente nella pura applicazione del Rairoading o nella sola pura applicazione del Sandbox, fa inevitabilmente cadere in errore. La realtà pratica, difatti, non prevede solo quelle due alternative...anzi, spesso quelle due alternative sono molto rare, mentre è più tipico un gioco in cui Sandbox e Railroad sono mischiati.

Lo stesso discorso vale per il modo in cui è da concepire il Gdr.
Meglio evitare di cercare di confinare la pratica di gioco in una specifica definizione, perchè l'applicazione pratica del Gdr è talmente variegata che una definizione teorica faticherà sempre a rappresentare la pratica del gdr per intero. ;-)

Piuttosto, forse meglio suggerire a Hicks il tipo di consigli di cui aveva bisogno. ;-)

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3 ore fa, SilentWolf ha scritto:

Si sta mettendo in evidenza che, nonostante il tuo metodo sia possibile e legittimo, lo è anche quello descritto da me, da Jiji e da Hicks. ;-)

E ci mancherebbe altro, io mica l'ho mai negato :)
Fra l'altro nemmeno è mai stata la mia tesi, mi pare di aver esattamente esplicitato i limiti della mia obiezione e sul topic e su quello che dice @Ji ji (con cui fra l'altro spessissimo sono d'accordo)

3 ore fa, SilentWolf ha scritto:

Nel tuo esempio DM e giocatori si scambiano palesemente le informazioni al di fuori della finzione.
Nel mio esempio le informazioni traspaiono attraverso i dettagli della finzione.
[...]
La differenza sta nel fatto che, con il mio metodo, giocatori e DM si intrattengono vicendevolmente tramite descrizioni e interpretazioni, contribuendo vicendevolmente a creare l'immedesimazione nella finzione. ;-)

Una regola del GM, praticamente in tutti i PbtA è quella di rivolgersi al personaggio e non al giocatore.
Le domande il GM le fa sempre al personaggio, del resto "conosci qualcuno in città" non è certo una domanda che si rivolge al tuo amico seduto al tavolo con te no? Del resto: chi meglio del personaggio può rispondere?
Ti è parso esterno alla fiction probabilmente perché non avevo spiegato la regola, oppure perché è una modalità che prevede qualcosa di differente dallo schema che vuole il giocatore pensare solo ed esclusivamente come l'attore, che si deve preoccupare di "parlare, provare, sentire come il proprio personaggio" cosa sa, chi conosce, il mondo in cui vive non riguarda l'esperienza del giocatore.
Ho avuto modo di discutere con questo con @The Stroy e per lui quello è giocare di ruolo; come ho detto a lui me pare estremamente limitativo :) .

Nel mio esempio, l'immersione avviene perché si accetta (questa si è una tecnica presa dall'impro) quello che dice l'altro come vero e la vicinanza alla fiction è dettata dal fatto di sentirsi partecipe; xosa sentirai più tuo: qualcosa detto da altri che dovrai mediare nella tua testa? Oppure qualcosa che hai inventato tu?
Dove ti senti più coinvolto?
Quale è la tecnica che ti fa sentire più vicino al mondo che stai giocando, ai personaggi che incontri?

E' assolutamente ovvio che non esistono risposte univoche a queste domande, ma è possibile capire quanto qualcosa possa essere di contorno e quanto qualcosa possa essere invece impattante.
Per me, candele, musica di sottofondo, ma anche parlare in character, non hanno a che vedere con l'immersione  o la vicinanza alla fiction o impattano molto poco rispetto ad altri fattori, tipo, appunto, la possibilità di chiunque al tavolo di poter essere decisivo.
 

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55 minuti fa, fenna ha scritto:

E ci mancherebbe altro, io mica l'ho mai negato :)
Fra l'altro nemmeno è mai stata la mia tesi, mi pare di aver esattamente esplicitato i limiti della mia obiezione e sul topic e su quello che dice @Ji ji (con cui fra l'altro spessissimo sono d'accordo).

Ok, era solo per essere chiari. ;-)
Almeno ora non possono esserci fraintendimenti.

Cita

Una regola del GM, praticamente in tutti i PbtA è quella di rivolgersi al personaggio e non al giocatore.
Le domande il GM le fa sempre al personaggio, del resto "conosci qualcuno in città" non è certo una domanda che si rivolge al tuo amico seduto al tavolo con te no? Del resto: chi meglio del personaggio può rispondere?
Ti è parso esterno alla fiction probabilmente perché non avevo spiegato la regola, oppure perché è una modalità che prevede qualcosa di differente dallo schema che vuole il giocatore pensare solo ed esclusivamente come l'attore, che si deve preoccupare di "parlare, provare, sentire come il proprio personaggio" cosa sa, chi conosce, il mondo in cui vive non riguarda l'esperienza del giocatore.
Ho avuto modo di discutere con questo con @The Stroy e per lui quello è giocare di ruolo; come ho detto a lui me pare estremamente limitativo :) .

Nel tuo esempio, anche se il DM si rivolge al PG, lo fa in un modo che mette al giocatore maggiormente in evidenza il mondo reale, ovvero il tavolo attorno al quale sono seduti GM e giocatori. ;-)

E' questo che fa in modo che il tuo metodo risulti più diretto del mio. Il DM si rivolge al PG con le parole, ma di fatto tende ad essere percpito dal giocatore come se si stesse rivolgendo direttamente a quest'ultimo.
Di conseguenza, il metagaming diventa più probabile e più probabile risulta anche la compromissione dell'immedesimazione.
Credo possa essere utile al nostro discorso riuscire a stabilire una differenza fra l'essere nella fiction come forma (parlo come se fossi nella fiction, ma non faccio nulla per far sentire gli altri nella fiction) e l'essere nella fiction come fatto (parlo come se fossi nella fiction in modo da far sentire gli altri nella fiction). Il primo metodo rende più probabile il fatto che i giocatori notino la differenza fra finzione e realtà, e che i giocatori prendano decisioni come giocatori e non come PG.

Tu parli, invece, dell'interpretazione "da attore" del PG come qualcosa che richiede fatica e distrae dal gioco. :)
In realtà, l'interpretazione "da attore" è distraente e faticosa solo per chi non è esperto e per chi non si diverte con questo tipo di cose. Al contrario, per chi ama un gioco maggiormente coinvolgente dal punto di vista narrativo e ama interpretare "da attore" il proprio personaggio, questo tipo di modo di giocare non è per nulla faticoso.
Anzi, chi riesce a entrare in sintonia con il gioco solo quando i partecipanti creano la giusta "atmosfera", tende spesso a trovare difficoltoso prendere buone decisioni "da personaggio" quando non gli si crea la giusta atmosfera in fiction.

Ci sono molti giocatori (non raramente sono uno di questi) che riescono a entrare in maggiore sintonia con il loro PG solo quando possono pensare, parlare e agire (come pura imitazione, ovviamente) come lui. Allo stesso tempo, ci sono molti giocatori (sempre me compreso) che riescono a farsi realmente coinvolgere nel gioco (dunque a divertirsi) solo quando tutti i partecipanti contribuiscono a creare una narrazione condivisa, appunto.
Quando tutti narrano, si crea l'effetto che percepisci quando leggi una bella storia, vedi un bel film, giochi a un bel videogioco: gli elementi di fiction subiti e non creati che, però, ti affascinano, ti rimangono stampati nel cervello più delle informazioni anonime e poco interessanti. ;-)

 

Cita

Nel mio esempio, l'immersione avviene perché si accetta (questa si è una tecnica presa dall'impro) quello che dice l'altro come vero e la vicinanza alla fiction è dettata dal fatto di sentirsi partecipe; xosa sentirai più tuo: qualcosa detto da altri che dovrai mediare nella tua testa? Oppure qualcosa che hai inventato tu?
Dove ti senti più coinvolto?
Quale è la tecnica che ti fa sentire più vicino al mondo che stai giocando, ai personaggi che incontri?

Personalmente parlando, sento più mio ciò che più mi coinvolge emotivamente, indifferentemente che sia creato da me o creato dagli altri. ;-)

Il DM fa inventare tutto a me, ma mi costringe a trattare tutto in modo asettico? Non mi divertito e, piuttosto, sentirò il fastidio di essere costretto a inventare una grande quantità di roba di cui non mi frega nulla. A me piace creare, ma se non c'è coinvolgimento, essere costrettoa creare è come essere costretto a fare una cosa che non t'interessa fare.
Il DM mi lascia la libertà d'inventare solo cose infinitesimali, ma mi presenta PNG, eventi e situazioni che mi conquistano nel profondo sia per l'idea, che per la forma in cui mi sono stati presentati? Il DM non avrà mai giocatore più coinvolto di me nel Gdr.

Il coinvolgimento emotivo è l'unica cosa che conta davvero, almeno per me. Il divertimento, per me, nasce dal riuscire a instaurare un legame emotivo con una delle esperienze del Gdr. Se il DM non mi riesce a coinvolgere emotivamente, mi ha perso come giocatore.

Detto questo, secondo me quando si gioca in un Gdr bisogna scendere a patti con l'idea che una buona fetta di ciò che deriverà da questa esperienza non sarà inventato da noi, ma sarà mediato da altri. Il Gdr è un passatempo collettivo, dunque un passatempo in cui la fonte del divertimento è decisa da un gruppo, non dal singolo. Accettare che l'esperienza di gioco sia il frutto di una mediazione con le idee altrui, fa parte dei patti iniziali. ;-)

 

Cita

E' assolutamente ovvio che non esistono risposte univoche a queste domande, ma è possibile capire quanto qualcosa possa essere di contorno e quanto qualcosa possa essere invece impattante.
Per me, candele, musica di sottofondo, ma anche parlare in character, non hanno a che vedere con l'immersione  o la vicinanza alla fiction o impattano molto poco rispetto ad altri fattori, tipo, appunto, la possibilità di chiunque al tavolo di poter essere decisivo.

Credo sia semplicemente una questione di sensibilità differenti, di differenti cose che ognuno di noi considera fondamentali per divertirsi. ;-)
Per questo, consiglio ancora di non dare per oggettive certe definizioni. Non è una questione di ciò che il Gdr può o non può fare, quanto ciò che il singolo partecipante ha bisogno di ottenere dal Gdr per potersi divertire. ;-)

Sono semplicemente gusti e sensibilità differenti.

Per quel che mi riguarda, ad esempio, atmosfera e coinvolgimento emotivo sono più importanti del sistema di regole o della libertà di poter avere un controllo degli eventi di gioco effettivamente diviso in parti uguali fra tutti i partecipanti.
Per quel che riguarda il mio gusto personale, a me non interessa in alcun modo di poter essere decisivo, se posso essere decisivo in qualcosa che mi annoia, qualcosa che non mi trasporta, qualcosa che non mi coinvolge emotivamente.
Il creare l'atmosfera giusta, invece, fidati impatta molto sul creare l'immersione. ;-)
E' solo una questione di cosa si ritiene più importante per dare forma al proprio divertimento. Chi cerca un maggiore legame emotivo con la finzione è possibile che sentirà maggiore bisogno di mettere in atto tutte quelle strategie che servono a rafforzare la finzione e il proprio coinvolgimento con la finzione.
Chi, invece, cerca una maggiore libertà creativa a prescindere dal coinvolgimento emotivo nella finzione, magari sentirà di avere maggiore bisogno di poter incidere in maniera più significativa sulla gestione stessa del gioco e della sua esperienza al tavolo.

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30 minuti fa, SilentWolf ha scritto:

Di conseguenza, il metagaming diventa più probabile e più probabile risulta anche la compromissione dell'immedesimazione.

Il punto invece è che tu pensi che l'immedesimazione, senza per altro definire esattamente cosa sia, sia un valore io no :) 
Infatti parlo di vicinanza e coinvolgimento nel gioco ;)

30 minuti fa, SilentWolf ha scritto:

Il primo metodo rende più probabile il fatto che i giocatori notino la differenza fra finzione e realtà, e che i giocatori prendano decisioni come giocatori e non come PG.

Ma tipo? Mi fai un esempio dove questo accorgersene è negativo per la vicinanza?
Edit. detto così non singifica nulla :D intendo dire, dove rende meno divertente giocare?

Sulla parte successiva... sinceramente... ti ho perso.

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