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Jade - Figlia d'arte


Tayan Chingachgook

Messaggio consigliato

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Le sette di sera.
La luce rossa proiettata dalla tua sveglia sul nudo soffitto di cemento dice 19.02.
Hai dormito tutto il giorno, ma i predatori come te si muovono nell'ombra.
Sei sdraiata nell'appartamento del Black Jack, il motel dello sprawl dove vivi.
Si chiama Distretto 12 ed è controllato dalla Gang degli Orfani, una banda di Dorfer piuttosto male in arnese ma numerosa.
Tutto sommato non è un posto così brutto.
Certo, non è un posto così brutto considerato che sei nello sprawl di New York, la grande mela marcia della East Coast.
Da fuori arrivano i rumori della strada, e qualche sirena lontana.
Senti anche dei colpi, ma potrebbe essere il ristorante cinese qui accanto che svuota i bidoni, tanto quanto uno scontro a fuoco.

Lo stomaco gorgoglia nel buio, non mangi da questa mattina alle 5.

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Mi stiracchio debolmente mentre il cervello si attiva rapidamente, percepisco il ruvido tessuto scadente delle coperte strusciarmi sulla pelle seminuda. Non ci faccio caso, spesso ho dormito in luoghi peggiori e sono già soddisfatta del fatto che non ci siano ratti o blatte nella stanza. Sono anche abituata a dormire con un occhio aperto ed un sonno del genere non è mai troppo riposante. Sollevo il cuscino e prendo una delle pistole mentre mi alzo e mi dirigo verso il piccolo bagno della camera. Poso l'arma sul lavabo e mi spoglio, non dormo mai svestita, non più... l'ultima volta che ho dovuto abbandonare una camera nel mezzo della notte ero intimo e non è una bella cosa quando volano pallottole. Mi sfilo il pantalone ed il top sportivo prima di infilarmi sotto l'acqua della doccia, fredda per svegliarmi.

Passati tre minuti d'orologio spengo l'acqua e mi avvolgo rapidamente in un accappatoio prima di rivestirmi, indosso il mio solito completo nero da lavoro. Stivali alti al ginocchio ma dal tacco basso, pantaloni da moto rinforzati ed una giacca in kevlar ma mimetizzata come una giacca da moto. Poi mi infilo la doppia fondina ascellare e vado a raccattare le due pistole, la prima dal lavabo che ripongo sotto l'ascella sinistra e la seconda lasciata sotto al cuscino trova riparo sotto l'ascella destra. Mi assicuro che non ballino prima di prendere qualche caricatore extra, le fondine già ne mantengono uno per lato oltre a quello già inserito per cui ne prendo altri due e li infilo nelle tasche laterali della giacca. Il resto dell'equipaggiamento è nascosto sopra un pannello che ho rimosso dal soffitto e poi rimesso a posto. Indosso il lungo trench nero e prendo gli occhiali per poi riporli in una delle tasche del soprabito.

Controllo la stanza assicurandomi della "normalità" della roba che ho lasciato in giro, soddisfatta lascio la stanza chiudendomi la porta a chiave alle mie spalle.

Una volta fuori alzo lo sguardo al cielo mentre osservo la pioggia, ho sempre amato la pioggia anche se non ho mai saputo spiegare bene il perché.

L'ho sempre trovata... purificante.

Scendo in strada svoltando a sinistra per trovare un posto dove riempire lo stomaco, un luogo diverso da quello dove ho mangiato precedentemente ed a qualche isolato di distanza dal mio rifugio.

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Cammini per tre isolati, prima di ritrovarti davanti al Gladys Corner, un tipico locale da feccia.

Sei nel Distretto 13, quello controllato dalla banda dei Phanters, una manica di pazzoidi imbottiti di acidi che amano i vestiti mimetici e le armi a raffica.

Il loro segno distintivo è una bandana rossa e sono pericolosi, ma tendono a farsi gli affari loro.

Il locale, da fuori, appare semivuoto. vedi solo due dorfers seduti di fianco alla porta a fumare.

Non sai se questo è il posto che stavi cercando, ma la pioggia inizia a non essere più così piacevole.

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Mi fermo per un istante davanti alla porta del locale, dall'aspetto sarà a frequentato a stento dalla feccia del posto. Andrà bene, mi dico inforcando la porta. Mi avvicino riducendo progressivamente le falcate fino a spingere la porta con il palmo della mano sinistra ed entrare, non degno nemmeno di uno sguardo i due uomini vicino l'entrata.

Mi addentro nel locale a passo sicuro con il tipico atteggiamento di chi si fa i fatti suoi, che non vuole creare problemi e cosa più importante non vuole riceverne. Una volta all'interno osservo il locale con attenzione, scrutando i presenti, poi scelgo un tavolo che si trovi in un angolo e mi siedo. In questo modo ho un muro alle spalle e posso tenere d'occhio tutta la sala con estrema facilità. Controllo soprattutto la presenza di altre porte o uscite. La mia mente lavora ed anche se non mi aspetto casini, inizio a costruire schemi su schemi su come la situazione si potrebbe evolvere in negativo.

Progettare in anticipo mi permette di avere la mente sgombra nel caso dovessi agire, visto che saprei già come muovermi. In tutto questo dall'esterno sembro solamente una donna, forse pericolosa, seduta ad un tavolo.

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Il locale è semi vuoto, tavolini circolari si dipanano da uno centrale, sul quale è montato un palo per la pole dance.

Il bancone domina il fondo del locale ed alla sua estremità sinistra si vede l'imbocco di un corridoio che conduce presumibilmente al bagno ed al magazzino.

vi sono una decina di avventori, per lo più membri dei Panthers, ma a sorpresa anche due poliziotti metropolitani.

La barista è una giovane ragazza dai capelli azzurri, coadiuvata nel suo lavoro da un bestione latinoamericano che un tempo deve essere stato muscoloso.

Nel complesso nessuno sembra fare caso a te, a parte un paio di membri della gang ed i poliziotti, ma dai loro atteggiamenti, capisci che tutti commentavano semplicemente il tuo aspetto.

Come ogni gruppo di uomini all'ingresso di una donna.

Poi ogniuno riprende i propri affari.

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La ragazza si avvicina a passo rapido, con l'agile grazia di chi è abituato a muoversi in mezzo agli avventori reggendo un carico fragile.

Avrà si e no 20 anni.

Punta su di te i suoi occhi viola acceso, una bio scultura economica ma di effetto, e ti dice.

-Ciao, cosa ti posso portare? -

Il suo abbigliamento è sobrio, ma lascia intravedere un tatuaggio luminoso azzurro che le percorre la spalla sinistra e risale il collo.

Nel complesso la giudichi la classica ragazza dello sprawl.

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La ringrazio e le consegno il denaro con un minimo di mancia, poi aspetto che si allontani.

Osservo il cibo controllandone l'aspetto per qualche istante prima di sospirare, il sospetto ti viene in vita ma ipotizzo che non posso sospettare di ogni cosa... ed in più il locale l'ho scelto a caso.

Mangio rapidamente e svuoto il boccale prima di prendere dalla tasca il cellulare#1, quello per lavoro, e controllare se ci sono novità. Odio stare con le mani in mano e sono un paio di giorni che passo la notte sperando che capiti qualcosa.

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Stare a galla, eh? penso mentre poso il cellulare e mi alzo.

A passi rapidi lascio il locale, una volta fuori mi fermo ad annusare l'aria e colgo l'occasione per indossare le lenti a specchio nere. Ferma sulla soglia rovisto nelle tasche cercando i guanti, sempre neri, a mezze dita e li infilo mentre comincio ad avviarmi.

Scelgo una direzione in base al mio istinto e vado alla ricerca di qualcosa di interessante.

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Cammini per una buona ora, vagando a caso nei vicoli puzzolenti, assorta nei tuoi pensieri.

Solo quando incroci lo sguardo di due solitari ben vestiti che scortano una bella donna vestita da sera, ti rendi conto di essere arrivata ad un paio di isolati da Petrochem District, uno dei più importanti quartieri corporativi della Grande Mela.

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Mi basta un rapido sguardo per identificare il rigonfiamento sotto le giacche dei due uomini che scortano la donna, non rallento il passo continuando ad avanzare con il mio solito fare baldanzoso.

Sollevo il braccio sinistro per controllare l'ora sull'orologio da polso.

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