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L'Abbraccio


Wiggly

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Tempo fa mi chiesero dei miei amici di creare un personaggio per giocare a Masquerade, ambientazione Bologna By Night ai giorni nostri, e descrivere anche come avveniva l'abbraccio. Io scelsi di comune accordo col narratore di fare un gangrel (clan a me molto caro!), questo è quello che ne è saltato fuori, purtroppo questo personaggio che reputo essere molto interessante è rimasto nel cassetto quando è sfumata la possibilità di giocare per le diverse strade che i membri della coterie hanno preso... pazienza!

Mi è venuta l'idea quindi di chiedere a tutti di esprimere pareri o idee per descrivere un momento così cruciale della vita di un vampiro.

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...ecco il background del mio personaggio con relativo abbraccio...

Salve, il mio nome è Ian O’Bennon, ma potete chiamarmi solo Ian O’Bennon; sono di origine irlandese pura come qualsiasi rimbambito con un grammo di sale in zucca avrà già capito dal mio nome. I miei genitori, il buon vecchio Will e mia madre Ann si trasferirono a Bologna nel settembre del 1969 quando mio padre fu costretto a lasciare la sua cattedra universitaria in storia irlandese a Belfast, in concomitanza con la ripresa della guerra civile, a causa del suo ufficioso appoggio al movimento indipendentista armato (inglesi figli di …!!). Furono ospitati da un caro amico di mio padre, docente di storia medioevale, che lo propose per una cattedra alla facoltà di lingue e letteratura.

Due anni dopo il loro arrivo in Italia nacqui io, più precisamente il 21 Aprile del 1971, in una fresca mattina ventosa (verrà da questo il mio carattere libero!?). Venni accudito con dolcezza e gioia, le risorse fortunatamente non mancavano dato il lavoro di mio padre, ma non fui mai viziato, ricordate che i miei genitori erano pur sempre degli irlandesi e non sia mai che un irlandese non debba combattere per ottenere ciò che vuole, non sarebbe giusto!

Fin da quando ero in fasce mi cominciarono a raccontare la storia del mio paese, della mia famiglia nella mia terra, di quello che accadde e che stava accadendo, non capivo molto a quel tempo se non mangiare e dormire, ma quei racconti mi servirono poi i seguito per comprendere chi ero.

Cominciai a camminare all’età di 2 anni e feci la mia prima “scazzottata” a 1 e mezzo (un frignante figlio di amici di lavoro che voleva fare i suoi comodi nella mia culla!!!). A 3 anni rubai dal bar di casa una bottiglia di whisky, che i miei avevano riposto nel vano sopraelevato di un mobile, ignorando che nel frattempo avevo anche imparato ad arrampicarmi; ne scolai mezza e poi dormii per 10 giorni. Quando mi risvegliai come da una caduta dal terzo piano ricordo solo il viso comprensivo di mia madre e le risate incontrollabili di mio padre in ginocchio dietro di lei (dopo 10 giorni…?).

Fin da piccolo ho sempre avuto un debole per l’osservazione degli atteggiamenti e dei messaggi che gli animali in primis e gli uomini poi possono inconsciamente manifestare; viene da sé che nella mia logica di under-10 era molto meglio e costruttivo passare una mattinata in questo parco a osservare che stare per 5 ore chiuso in una stanza di 4x5 ad ascoltare una vecchia che farneticava cose inutili, e rimanevo stupito della reazione dei miei che all’inizio non capivano gli scopi puramente scientifici che mi spingevano a boicottare con tutte le mie forze quell’edificio chiamato “scuola”. Ma si sa che il tempo passa e tra botte e urli finirono le elementari e le medie, periodo in cui nella mia mente cominciarono ad affacciarsi altre priorità e altre attenzioni legate ad una metà del genere umano a cui realizzai di aver dedicato troppo poco tempo nelle mie osservazioni: le donne.

Anche proverbialmente parlando le donne erano il tassello che mancava alla mia umanità, infatti a cavallo fra le medie e i primi due anni del liceo avevo riallacciato i rapporti con l’altra mezza bottiglia di whisky e conosciuto i suadenti piaceri ristoratori della vecchia pipa di mio padre e dei suoi caldi fumi. All’appello mancava solo il sesso di cui il mio giovane corpo bramava la conoscenza. Fu la sollecita figlia di un collega di lavoro di mio padre, già in fase di maturità (in tutti i sensi!) a rendersi disponibile in una fredda sera di febbraio dove per 2 ore usò me anziché il camino per trovare scampo dalla morsa del gelo, fu un massacro e una rivelazione. Se mi fosse apparso l’arcangelo Gabriele non avrei ricevuto così tanta illuminazione, fu quella la notte in cui mi innamorai, non di quella ragazza, che rividi solo in un’altra occasione, ma della donna in senso lato, del genere femminile, della specie umana, di quell’incantevole esempio di distribuzione di masse muscolari e lipidiche e trovai l’ultimo e più importante vizio umano in cui perdermi!!!

Passò così anche il liceo, rigorosamente scientifico, con rammarico di mio padre che però non si oppose, fra sbronze e scopate in ordine più o meno misto, periodo in cui costrinsi i miei a sopportare un’incredibile varietà di animali in giro per casa e donne in giro per il mio letto! Avevo molta fortuna sia con gli uni che con le altre, coi primi grazie ad uno spiccato carattere indomabile tutto irlandese e alla mia passione per il comportamento, con le altre grazie ad una discreta prestanza fisica per quanto esile e un viso sbarazzino da bravo ragazzo coi miei occhi verde smeraldo e i capelli scompigliati castani, tutto unito ad un carattere strafottente, arrogante e sicuro di sé!

Finito il liceo decisi di seguire il mio istinto ed entrai alla facoltà di veterinaria dove mi laureai 7 anni dopo. I miei genitori vennero a mancare una settimana dopo la mia tesi in un incidente d’auto; molti degli amici di mio padre mi furono vicini e sopportarono il mio dolore cercando di aiutarmi, mi offrirono un lavoro come ricercatore nell’ambito del comportamento animale e io accettai. Dovevo tenere la mente occupata o sarei morto! Gli anni calmarono le acque e ora, all’età di 31 anni e a 4 anni dall’incidente lavoro stabilmente ad Ozzano e godo di notevole stima studiando il comportamento degli animali notturni. Adoro le sfide e le provocazioni a tal punto che sono il primo a volte ad accendere risse nel mio pub o a fomentarle, non riesco a trattenere il desiderio di confrontarmi, l’adrenalina che scorre nelle vene durante una scazzottata, il piacere di lasciarsi trasportare dalla rabbia e dall’orgoglio. A volte mi chiedo perché gli uomini debbano nascondersi dietro delle facciate di ipocrisia mascherando i propri sentimenti e i propri pensieri in dipinti di codardia e meschinità, io sono orgoglioso di quello che sono e se qualcuno non è d’accordo deve venirmelo a dire in faccia, allora potrò anche offrirgli una birra… dopo avergli fatto saltare tutti i denti!!!

Una cosa su tutte non ho mai tollerato fin da bambino, la gente che non rispetta la natura che le sta intorno, l’uomo sono convinto debba prendere esempio dagli animali per vivere meglio, e invece non perde occasione per distruggere ciò che lo circonda, per inquinare e devastare la flora e la fauna in un vortice di autodistruzione! Ma questa giostra deve finire, bisogna che capiscano che il mondo ne ha piene le scatole di gente che usurpa la natura per profitto. E’ per questo motivo che segretamente ho aderito e sono un attivo sostenitore dalla mia laurea di Greenpeace e partecipo attivamente a raid e attacchi riuscendo a mascherare il mio coinvolgimento grazie alla mia attività universitaria, che mi lascia libero di viaggiare per lavoro; non tollero di vedere gli animali di cui sono innamorato e a cui sto dedicando la mia vita morire per la stupidità di pochi potenti bastardi!!!

Era la notte di luna del 24 maggio del 2003, pressappoco intorno alle 10, quando mi recai per lavoro in un bosco sopra Imola, per osservare una bellissima famiglia di barbagianni, i quali avevano preso dimora in una vecchia catapecchia abbandonata nella parte più interna dell’area. Gli assistenti si erano dati malati per scampare alla noia e in mancanza di “cavie” tocca al professore sacrificarsi, fosse divertente! Come da routine, mi accinsi a prendere posizione quatto quatto davanti alla baracca, in modo da poter osservare le loro uscite e seguirli con un binocolo per la visione notturna. Appena arrivai, notai una strana calma, un innaturale silenzio del bosco che per un attimo mi fece preoccupare, ma mi convinsi che erano solo gli effetti di un improvviso aumento delle temperature o forse distrattamente avevo fatto rumore, tutto era infatti come ricordavo e come ormai da mesi ero solito trovare. Con gesti automatici aprii il seggiolino, tolsi dalla custodia il potente binocolo di proprietà dell’università e mi sedetti con paziente rassegnazione, conscio del lungo e noioso appostamento che mi aspettava.

Come ogni solito, nell’attesa di vedere gli uccelli spuntare, perlustrai con lo sguardo l’ambiente circostante, era frequente imbattersi in qualche altro animale notturno o scoprire sentieri di passo di qualche ungulato (caprioli e cinghiali sono di casa da quelle parti!); nella mia ricerca notai vicino a dove mi ero posizionato un grosso ciuffo di pelo, intrecciato fra i rami di un arbusto spinoso, lo raccolsi, e con mia grande sorpresa vidi che non era né di cinghiale né di capriolo o daino, era meno setoloso e molto più lungo, di un colore marrone con fili argentati.

“Che ci fa un lupo da queste parti?”- pensai d’istinto –“Dai censimenti non erano emersi gruppi o esemplari solitari nel raggio di decine di chilometri, ed anche dei cani randagi è difficile che si addentrino così tanto nel bosco, hanno troppa paura dei maiali selvatici, salvo forse per seguire qualche preda ferita che cerca di fuggire.”.

Cominciai a guardarmi intorno con più attenzione, scoprire che anche solo un lupo era tornato in quelle zone sarebbe stato molto confortante, ma non trovai tracce di carnivori, solo qualche pista di passaggio con orme miste di selvaggina locale. Mi emozionava sempre andare in cerca di tracce, era un’attività che risvegliava in me un istinto atavico, quasi animalesco, tale che per puro piacere potevo passare delle giornate intere in un tratto di bosco solo per il gusto di trovare i sentieri, le tracce, i luoghi in cui gli animali avevano riposato, mi dava un’eccitazione indescrivibile, un ricordo antico di predatore.

Un rumore dietro di me mi fece tornare alla realtà, mi girai di scatto e rimasi immobile ad ascoltare, ma di nuovo un silenzio di paura era calato fra gli alberi, non avevo visto nulla se non il fruscio di una felce che aveva tradito lo spostamento d’aria repentino. Silenzio, solo silenzio attorno a me, una presenza inquietante che in determinate situazioni pesa come un macigno. C’era qualcosa di strano in quel quadretto di selva nel quale mi trovavo, qualcosa di diverso dal solito che non riuscivo a mettere a fuoco e che cominciava ad incuriosirmi, quasi a spaventarmi.

Ritornai al mio seggiolino per prendere il binocolo così da essere in grado di vedere nel buio, ma mi bloccai incredulo, impronte di lupo o di grosso cane erano disseminate tutto intorno alla mia postazione. Era un comportamento non troppo strano da parte di un animale intelligente e quindi curioso come il lupo perlustrare un possibile pericolo per inquadrarlo, ma era incredibile come io a poche decine di metri non fossi riuscito a sentire niente, inoltre erano delle impronte troppo grandi per un lupo delle nostre parti, anche se solitario. Per quanto fossi fiducioso di correre dei rischi limitati e fossi esperto di questi animali e delle loro abitudini lentamente mi guardai intorno e con la mano slacciai quasi d’istinto la sicura del grosso coltello da caccia che mi accompagnava da anni nelle mie escursioni. Un ombra saettò alla mia destra nel folto, non percepii bene la forma ma non era un lupo, anche col chiarore della luna non riuscii a percepire i contorni di quel animale se non l’altezza di circa un metro e mezzo, poteva essere un capriolo spaventato dalla presenza del canide o un grosso cinghiale ma non poteva essere un lupo, non così grande. Stava diventando una situazione strana e pericolosa, non mi piaceva e volevo saltarne fuori, presi il binocolo e cominciai a perlustrare rapidamente il bosco intorno a me mentre la sensazione di essere osservato si stava radicando nel mio animo, assieme ad un’altra, nuova e sgradevole, che non avevo mai provato prima e che mi inquietava; mi dava un senso di nausea quasi di malessere misto a spavento, un sentimento che era sempre più forte e saliva, attanagliandomi la gola fin quando non fu chiaro nel suo orrore, nella sua vivida e terribile realtà, per quanto inspiegabile razionalmente: mi sentivo una PREDA!

Il cuore cominciò a battere all’impazzata mentre il mio sguardo frugava spaventato in ogni ombra, in ogni linea del bosco, con la mano destra stretta sull’elsa del coltello quasi per aggrapparsi ad una sicurezza, ad una fonte di coraggio. Dov’era quel animale? Dove si era cacciato?

“I lupi non attaccano l’uomo, preferiscono fuggire, non cacciano l’uomo!” questa frase continuava a martellarmi nelle tempie come per convincere il mio istinto dell’impossibilità delle sue sensazioni, dell’irrealtà della situazione.

Un’ombra scattò fra gli alberi, grazie al binocolo la percepii meglio, non era certamente un lupo, e questo se da un lato tranquillizzò il mio istinto, dall’altro aprì le porte del terrore e della paura con la sua nitida verità: era una figura umana. Un altro lampo di tenebra alle mie spalle, tutto nel più assoluto silenzio, tutto in un irreale immobilità che dava la cinica e spietata sensazione di un gatto che gioca col suo topolino, coscio però di non essere il felino.

Il panico serrava i muscoli delle mie mani attorno al coltello e al binocolo, coi miei vestiti che si perlavano di gocce di sudore; in un fremito di paura uscì un grido che squarciò quell’atmosfera infernale: “Vieni fuori bastardo!!”, mentre la mia mano estraeva tremante l’arma; poi di nuovo silenzio, non un movimento, un fiato, un ombra, di nuovo il nulla intorno; la speranza che tutto fosse finito si fece strada fra la paura, il respiro si calmò al ritmo cullante del bisogno di credere che era così; mi guardai intorno e piano piano i miei muscoli si ammorbidirono al sollievo che fluiva lentamente in tutto il mio corpo.

In un istante poi tutto si bloccò, il mio corpo e anche la mia anima tornarono a sprofondare nel baratro di terrore e morte di prima, una linea di ghiaccio spaccò in due la mia schiena mentre quel istinto che mi stava accarezzando fino ad un secondo prima, ora mi gridava allarmato un’ultima assurda realtà, che una creatura che di umano aveva solo le sembianze era alle mie spalle, immobile, quasi divertita di me, ma con la ferma consapevolezza di ciò che sarebbe avvenuto presto e della mia impotenza a riguardo.

Due punte come aghi acuminati trafissero il mio collo e lentamente sentii il calore lasciare il mio corpo assieme alla vita, inerme, terrorizzato e ammaliato allo stesso tempo da ciò che non capivo stesse accadendo; fin quando le gambe non cedettero sotto il peso della mia carne floscia e mi ritrovai accasciato a terra con gli occhi rivolti al rosso sorriso di quell’essere proteso ora su di me, ormai conscio solo della mia anima che stava per lasciami e del sapore intenso di corpose e dense gocce di sangue che cadevano picchiettando sulle mie labbra socchiuse.

La mia vita era mortalmente finita, ma la mia esistenza forse no…!

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Personalmente, non avendo grandi doti recitative cerco di far capire ai giocatori che è il momento fondamentale della vita (intesa come persorso) del pg.

Il pg si abbandona nelle mani del vampiro che diventa più che un genitore, più che un amante, più che un mentore. Il momento dell'abbraccio è un'esperienza che niente ha di paragonabile alle esperienze umane; nemmeno il sesso può nemmeno avvicinarsi alle sensazioni provate.

Poi c'è il trapasso, si esce dalla vita e si entra in una nuova, fornita dal vampiro stesso e si acquisisce così una parte di lui, e allo stesso tempo una dipendenza.

C'è un ampliamento della sfera sensoriale, per cui si viene investiti da un'onda di nuovi suoni, odori, e particolari che fino ad allora si ignoravano.

E poi inizia il bello, nuove forze nuovi poteri, ma allo stesso tempo il brutto, addio a tutto quello che ti sei lasciato addietro, alla luce del sole e soprattutto realizzi che dovrai uccidere per poter vivere. E' probabilmente questo il momento più intenso a livello emotivo per il nuovo vampiro: rendersi conto di cosa è diventato; per questo la figura del sire sarà di fondamentale aiuto.

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Personalmente, non avendo grandi doti recitative cerco di far capire ai giocatori che è il momento fondamentale della vita (intesa come persorso) del pg.

Il pg si abbandona nelle mani del vampiro che diventa più che un genitore, più che un amante, più che un mentore. Il momento dell'abbraccio è un'esperienza che niente ha di paragonabile alle esperienze umane; nemmeno il sesso può nemmeno avvicinarsi alle sensazioni provate.

Poi c'è il trapasso, si esce dalla vita e si entra in una nuova, fornita dal vampiro stesso e si acquisisce così una parte di lui, e allo stesso tempo una dipendenza.

C'è un ampliamento della sfera sensoriale, per cui si viene investiti da un'onda di nuovi suoni, odori, e particolari che fino ad allora si ignoravano.

E poi inizia il bello, nuove forze nuovi poteri, ma allo stesso tempo il brutto, addio a tutto quello che ti sei lasciato addietro, alla luce del sole e soprattutto realizzi che dovrai uccidere per poter vivere. E' probabilmente questo il momento più intenso a livello emotivo per il nuovo vampiro: rendersi conto di cosa è diventato; per questo la figura del sire sarà di fondamentale aiuto.

La penso esattamente come te ed è quello che ho cercato di rendere nell'abbraccio del mio personaggio!!

P.S.: Complimenti per l'avatar e forza Mignolo e Prof!!!

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In genere cerco di far giocare almeno una seduta con l'uomo, anziché col vampiro, per cercare di far entrare meglio il giocatore nella storia...

Non mi piace un D&Desco "entrate nella locanda, c'è un Bruja che gioca a freccette, un Gangrel che marca il territorio nell'angolo e un Ventrue che sta comprando la locanda... ah, e c'è un lasombra, ma non lo vedi", quindi cerco di inventarmi qualcosa per cui far andare insieme delle persone che probabilmente preferirebbero scannarsi a vicenda, e la cosa migliore probabilmente è farle conoscere in vita e fargli muovere i primi passi assieme, poi per scannarsi ci sarà tempo...:cool:

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In genere cerco di far giocare almeno una seduta con l'uomo, anziché col vampiro, per cercare di far entrare meglio il giocatore nella storia...

Non mi piace un D&Desco "entrate nella locanda, c'è un Bruja che gioca a freccette, un Gangrel che marca il territorio nell'angolo e un Ventrue che sta comprando la locanda... ah, e c'è un lasombra, ma non lo vedi", quindi cerco di inventarmi qualcosa per cui far andare insieme delle persone che probabilmente preferirebbero scannarsi a vicenda, e la cosa migliore probabilmente è farle conoscere in vita e fargli muovere i primi passi assieme, poi per scannarsi ci sarà tempo...:cool:

Vampiri infatti dovrebbe essere un gioco di ruolo basato sull'interpretazione e sulla resa interpretativa del personaggio, ed è questo che lo differenzia in fondo (e lo rende anche migliore per me!) da D&D. Si parla almeno di impostazione del gioco, perchè comunque anche nel secondo si può privileggiare l'aspetto sociale e psicologico, ma risulta più forzato e difficoltoso gestire le cose senza dadi, azione che in vampiri è più naturale.

A me è sempre piaciuta l'idea di far giocare l'abbraccio o gli ultimi momenti di mortalità ai giocatori. Sia per il discorso che facevi tu, di aiuto a giustificare l'interazione fra i diversi personaggi, sia perchè ribadisco che è un momento importante in cui si può creare il massimo livello di role playing e azione in tempo reale, vivendo gli avvenimenti in prima persona e, se uno è predisposto e se il master è bravo, quasi riuscendo a "sentire" in prima persona sensazioni così fantastiche (nel senso di fantasia) e forti. Questo aspetto, secondo me, si può definire il livello ultimo e più alto della bellezza del gioco di ruolo.

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Vampiri infatti dovrebbe essere un gioco di ruolo basato sull'interpretazione e sulla resa interpretativa del personaggio, ed è questo che lo differenzia in fondo (e lo rende anche migliore per me!) da D&D. Si parla almeno di impostazione del gioco, perchè comunque anche nel secondo si può privileggiare l'aspetto sociale e psicologico, ma risulta più forzato e difficoltoso gestire le cose senza dadi, azione che in vampiri è più naturale.

A me è sempre piaciuta l'idea di far giocare l'abbraccio o gli ultimi momenti di mortalità ai giocatori. Sia per il discorso che facevi tu, di aiuto a giustificare l'interazione fra i diversi personaggi, sia perchè ribadisco che è un momento importante in cui si può creare il massimo livello di role playing e azione in tempo reale, vivendo gli avvenimenti in prima persona e, se uno è predisposto e se il master è bravo, quasi riuscendo a "sentire" in prima persona sensazioni così fantastiche (nel senso di fantasia) e forti. Questo aspetto, secondo me, si può definire il livello ultimo e più alto della bellezza del gioco di ruolo.

sono molto d'accordo con quello che hai scritto. Io aggiungerei che come sistema di gioco è molto più immediato e facile da assimilare di D&D

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In genere cerco di far giocare almeno una seduta con l'uomo, anziché col vampiro, per cercare di far entrare meglio il giocatore nella storia...

Non mi piace un D&Desco "entrate nella locanda, c'è un Bruja che gioca a freccette, un Gangrel che marca il territorio nell'angolo e un Ventrue che sta comprando la locanda... ah, e c'è un lasombra, ma non lo vedi", quindi cerco di inventarmi qualcosa per cui far andare insieme delle persone che probabilmente preferirebbero scannarsi a vicenda, e la cosa migliore probabilmente è farle conoscere in vita e fargli muovere i primi passi assieme, poi per scannarsi ci sarà tempo...:cool:

Un Brujah che gioca a freccette con potenza e velocità deve essere fantastico da vedere...

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Anche io preferisco di gran lunga entrare nella psicologia del personaggio..con Vampiri riesco a fare cose un po' più serie (e non nego che il fatto che sia Masquerade che Requiem sono ambientate ai giorni nostri sia uno spunto notevole per farmi studiare un po' meglio la storia contemporanea...d'altronde un personaggio è fatto di quello che gli accade, ma in un determinato contesto storico)...con D&D riesco molto meglio nei personaggi mascotte...

Tornando IT, l'Abbraccio è una cosa fondamentale...e a dirla tutta, se dovessi creare un nuovo personaggio, mi sconfinfera molto l'idea di non sapere quale vampiro mi abbraccerebbe...cosa che per altro abbiamo fatto nel Live che organizzo...Il BG del giocatore arriva solo fino agli ultimi scampoli di umanità, poi il tuo futuro Clan di appartenenza lo deciderà l'interesse che hai suscitato nei vampiri papabili in zona.

Spoiler:  
(Se non si capisce molto quello che ho scritto è perchè sono piuttosto stanco)
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Anche io preferisco di gran lunga entrare nella psicologia del personaggio..con Vampiri riesco a fare cose un po' più serie (e non nego che il fatto che sia Masquerade che Requiem sono ambientate ai giorni nostri sia uno spunto notevole per farmi studiare un po' meglio la storia contemporanea...d'altronde un personaggio è fatto di quello che gli accade, ma in un determinato contesto storico)...con D&D riesco molto meglio nei personaggi mascotte...

Tornando IT, l'Abbraccio è una cosa fondamentale...e a dirla tutta, se dovessi creare un nuovo personaggio, mi sconfinfera molto l'idea di non sapere quale vampiro mi abbraccerebbe...cosa che per altro abbiamo fatto nel Live che organizzo...Il BG del giocatore arriva solo fino agli ultimi scampoli di umanità, poi il tuo futuro Clan di appartenenza lo deciderà l'interesse che hai suscitato nei vampiri papabili in zona.

Spoiler:  
(Se non si capisce molto quello che ho scritto è perchè sono piuttosto stanco)

Concordo alla grande.

Se oltre che D&D organizzate anche un vampiri in quel di Bologna verso settembre mi prenoto!

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