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Necropolitano


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Ho scovato l'archetipo "Necropolitano" sul Liber Mortis; per chi non l'avesse bene a mente, si tratta di un umanoide che, mediante un rituale, diventa un non morto. L'allineamento specificato è Neutrale, ma il rituale è spiccatamente di natura profana, ergo dubito che possa ritenersi un'azione compatibile con l'allineamento buono. Anche se lo fosse, non ho interesse a far sì che lo sia. La questione è un'altra: essendo intelligente, può un necropolitano convertirsi e diventare di allineamento buono, acquisendo l'archetipo "creatura santificata" da Libro delle Imprese Eroiche? Oppure la sua condizione di non morto glie lo impedisce, dato che la non morte è una condizione essenzialmente malvagia, e quindi una eventuale santificazione lo distruggerebbe?

Pongo questo problema poiché vorrei creare un personaggio controverso per una mia campagna, un personaggio molto particolare, che possa eventualmente divenire alleato e amico sincero dei PG (buoni; c'è tra loro un paladino) pur essendo un non morto.

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Tralascio l'attuazione delle regole, di cui non sono molto convinto in questo senso.

Dal punto di vista dell'interpretazione, invece, un Paladino che fa combriccola con un non morto, per quanto non malvagio (ma forse non buono -riprendo più avanti) e senziente, per me è molto opinabile. Tantopiù se il personaggio in questione si è sottoposto volontariamente ad un rito del genere. E' un'aberrazione contro natura, diversa dalla "Resurrezione" dell'anima. Soprattutto se consideriamo -e io lo considero- un rito simile come un atto malvagio.

Inoltre, a riguardo dell'allineamento, per quanto detto prima a riguardo del rito, diventa opinabile un passaggio ad un allineamento buono, se non con un'espiazione, un perdono e un pentimento. Ma per mano di chi? Un Paladino o un Chierico tendenzialmente epurano questi mostri, non li "perdonano".

Ribadisco, questa è una mia visione personale al di fuori di qualsiasi regola a manuale, solamente dettata dalla mia interpretazione della posizione riguardo il bene, il male, la morte e la vita in D&D.

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A livello regolistico una creatura santificata perde tutto ciò che aveva di poteri malvagi,ma è acquisibile anche dai non morti(solo gli esterni non possono acquisirla).

Invece riguardo il punto di vista gdr-istico,io pongo che una creatura magari possa essere portata a buona per soffrire dei peccati fatti quando era malvagia.Non è detto che non ci sia un chierico o paladino che la pensi cosi ^^

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  • Supermoderatore

Essere un nonmorto non è per forza una condizione che rende malvagi o associata al male di default (anche se è spesso la norma), vedi i lich buoni del Faerun o i senzamorte di Eberron (ti consiglio in particolare di leggerti questi ultimi, ti chiariranno meglio la mia idea).

Se ad esempio per un personaggio l'unico modo per contrastare un avversario malvagio sia rendersi nonmorto (magari non tramite il rituale dei necropolitani ma tramite una sua versione che attinge al Piano dell'Energia Positiva, vedi di nuovo i senzamorte) visto che la battaglia si prospetta lunga secoli o perchè dovrà incontrare i futuri PG tra chissà quanto tempo allora anche a livello interpretativo io non ci vedrei nulla di male.

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Che un non morto possa essere non malvagio sta bene.

Ma ammettendo anche possa essere di allineamento buono, quale potrebbe essere la visione del Paladino a riguardo?

Tu parli dell'unico modo per contrastare un malvagio. Intanto mi si pone la questione: il fine giustifica i mezzi? Forse, probabilmente.

Ma forse nonostante il fine nobile il Paladino potrebbe avere delle remore ad allearsi con un non-morto.

Secondo me bisogna prima identificare la questione di fondo, ovvero il rapporto tra Paladino e non-morto. In virtù di fede, codice morale ed etico, per quanto buono sia un non morto, io continuo a sentire l'alleanza con del Paladini molto forzata se non impossibile.

Ribadendo che, a mio vedere, se essere un nonmorto non è per forza una condizione che rende malvagi, un rito del genere è difficilmente un atto considerabile "buono". Se poi è volontario, secondo me siamo ai livelli delle deformazioni fisiche volontarie.

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Aggiungo che non per forza un paladino o un chierico devono abbattere tutti i non morti che incontrano. Certo non mi riferisco alle classiche orde di sbranacadaveri succhiasangue divoraanime, che sono i nemici tradizionali (insieme agli esterni malvagi) di suddette classi, ma una volta appurato che il non morto "atipico" in questione non è affatto malvagio (anzi) non vedo proprio perchè non debbano andarci d'accordo.

Anzi sarebbe davvero interessante dal punto di vista ruolistico vedere come si comporta il paladino, magari inviato a stanare il non morto, quando si accorge che non soltanto non è una creatura malvagia, ma che è addirittura devoto alla cuasa del bene. Perchè come è vero che non dovrebbe caricalro a testa bassa, è vero che almeno per i primi tempi dovrebbe essere decisamente spiazzato!

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Intanto mi si pone la questione: il fine giustifica i mezzi? Forse, probabilmente.

secondo il libro delle imprese eroiche no, nessun fine giustifica i mezzi.

ad ogni modo si, il paladino può tranquillamente lavorare con un non morto, è spiegato tutto sul quel manuale (che io aborro con ogni mitocondrio del mio corpo, ma vabbè...) sul capitolo1, soprattutto pagina 8-9, dove trovi Perdono, Redimere il Male, Fine e Mezzi.

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Vi ringrazio per i pareri; mi citate i senzamorte, i lich buoni: conosco questi archetipi, ma sono generalmente pensati per dei non-morti, appunto, buoni. Invece ciò che io vorrei è un non morto malvagio: certo che il rituale è malvagio, certo che è un'azione malvagia sottoporvisi! Però io vorrei poi far sì che questo PNG, DOPO essere diventato un Necropolitano malvagio, si ravveda e diventi buono. Secondo voi è possibile? Come dovrei regolarmi? Posso applicare l'archetipo di creatura santificata?

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E' possibile, e non hai bisogno di regole per una cosa del genere.

Nel manuale del DM è spiegato che in ultima istanza la gestione degli aspetti della campagna, creature comprese ovviamente, è totalmente lasciata al DM stesso, come esempio viene fatto quello di un lich che dev'essere aiutato dai pg perchè la principessa necrofila di una città vicina lo sta insidiando.

In altre parole, se ti piace fallo.

Se v'interessa l'esempio di cui ho parlato cercatelo sul manuale, è un paragrafo non molto lungo

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So bene di non aver bisogno di regole, infatti, una volta deciso che personaggio voglio, lo faccio, regole o no; tuttavia vorrei sapere in che modo (se ce n'è uno) posso sfruttare le regole per rendere al meglio la caratterizzazione del personaggio.

Se volessi fare un personaggio che si vuole redimere da un passato pieno di violenza,detto in due parole,potresti fare appunto che tu eri un malvagio senza cuore(un non morto necropolitano o creatura cadaverica a scelta) tuttavia alcuni chierici abbastanza potenti,per punirti di tutte le tue malefatte,hanno deciso di renderti buono(e qui applichi l'archetipo santificato) donandoti nuovamente "l'anima" e quindi diventi buono.Magari vai girando errante per qualche centinaio d'anni o quanto vuoi,finchè non pensi finalmente di espiare le tue colpe facendo qualcosa d'eroico e per gli altri.Io lo farei cosi regolisticamente ed anche a livello gdr^^

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Io come consiglio direi che il non morto è diventato buono come diceva Sir Daeltan Fernagdor, si è pentito delle sue malefatte e vuole essere distrutto. Considera il suo corpo come un'aberrazione contro natura, ma prima vuole portare a termine la cerca che ha intrapreso e a coronamento di essa vorrà essere distrutto per liberare la sua anima. Io almeno lo interpreterei così.

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Io come consiglio direi che il non morto è diventato buono come diceva Sir Daeltan Fernagdor, si è pentito delle sue malefatte e vuole essere distrutto. Considera il suo corpo come un'aberrazione contro natura, ma prima vuole portare a termine la cerca che ha intrapreso e a coronamento di essa vorrà essere distrutto per liberare la sua anima. Io almeno lo interpreterei così.

Non è male neppure questa idea... Anche se io avevo in mente qualcosa di diverso. Da ieri ho sviluppato un po' l'idea, e ho pensato ad un mago umano, malvagio, che desidera e brama la conoscenza, conoscenza fine a se stessa, più di ogni altra cosa. Sente che sta invecchiando, e teme che la morte gli precluda la possibilità di continuare a sapere. Tuttavia non è fondamentalmente malvagio, ovvero: non brama la conoscenza per il potere sugli altri, per il dominio, perché vuole arricchirsi o divenire un mago potente: ciò che gli interessa è solo la conoscenza. Perciò non desidera affatto divenire un lich, anzi: disprezza i non morti, li ha sempre disprezzati. Tuttavia la profonda angoscia e la pura della morte lo spingono a credere che quello sia l'unico modo per proseguire i propri studi; pertanto sceglie di divenire un necropolitano, che è secondo lui la forma che gli permetterebbe di restare il più possibile simile a quando era in vita. Compiuto il rituale, egli da subito avverte un'angoscia soffocante, ed è quasi pentito per essersi sottoposto al rituale; tuttavia si consola pensando che ora nulla potrà più turbare la sua sete di conoscenza. Col passare del tempo, però, specialmente nelle ore di solitudine, si sente sempre peggio per ciò che ha fatto, e la conoscenza e il sapere che accumula non bastano più a consolarlo. Si chiede a cosa serva tutto questo sapere, e si rende conto che le conoscenze, accumulate in tanti anni, sono inutili, in quanto non ha la possibilità di far sì che siano utili a qualcuno, né desidera usarle per potere personale, il potere non gli interessa. Vaga inquieto per una grande, grandissima casa in mezzo a lande sperdute; lì possiede un'amplissima biblioteca. Smette persino di praticare le arti magiche, e si immerge nello studio di opere filosofiche e religiose, cercando conforto, ma invano. Un giorno, per la prima volta dopo moltissimo tempo, qualcuno bussa alla sua porta. Egli si prepara al peggio, credendo sia giunta la sua ora; ma una volta aperto il portone, si trova davanti un bambino di circa otto anni, che porta in braccio un piccolo fagotto, dove è avvolta una bambina di pochi mesi. Pure se un po' intimorito, quel bambino non scappa via, cosa che invece facevano tutti gli ignari viaggiatori, ma anzi chiede di essere aiutato. Assolutamente sbalordito, il mago li fa entrare; prepara in fretta e quindi utilizza qualche semplice incantesimo per riscaldare l'ambiente e per aiutare i due bambini, che scopre essere stati abbandonati. Pur essendo tentato di utilizzare qualche incantesimo per camuffare il proprio aspetto di non morto desiste, in quanto è affascinato dallo sguardo ingenuo del bambino, che gli chiede se è ammalato, se sta bene, perché non mangia, e non è spaventato. Dopo aver assistito i due bambini per qualche settimana, un giorno decide di affidarli a qualcuno che possa davvero prendersi cura di loro. Annuncia la propria partenza per il mattino dopo, dice loro che starà via per un po' e che arriverà suo fratello per accompagnarli nella città più vicina. Quindi si camuffa per avere l'aspetto che gli era proprio quando era in vita, e il mattino dopo si presenta dicendo di essere il fratello del padrone di casa. Li accompagna in città, svolge alcune ricerche e li affida a un chierico che ha già molti bambini suoi.

Anni dopo, il bambino, ormai cresciuto e divenuto un sacerdote, viene incaricato di distruggere il fantasma che si dice infesti una vecchia casa. Giunto lì con la sua compagnia di avventurieri riconosce colui che, tempo prima, lo aveva salvato; ricambia il favore, salvandolo dai propri compagni, e si trattiene a discutere con lui; da qui inizia la redenzione del mago, che in seguito diviene una sorta di saggio, che gli avventurieri consultano quando hanno bisogno di qualche informazione particolarmente difficile da trovare; in questo modo la compagnia dovrebbe incontrarlo, credendo di andare a parlare con un uomo molto anziano e trovandosi davanti invece un non morto, cosa che li spiazzerebbe non poco.

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Vi ringrazio per i pareri; mi citate i senzamorte, i lich buoni: conosco questi archetipi, ma sono generalmente pensati per dei non-morti, appunto, buoni. Invece ciò che io vorrei è un non morto malvagio: certo che il rituale è malvagio, certo che è un'azione malvagia sottoporvisi! Però io vorrei poi far sì che questo PNG, DOPO essere diventato un Necropolitano malvagio, si ravveda e diventi buono. Secondo voi è possibile? Come dovrei regolarmi? Posso applicare l'archetipo di creatura santificata?

Non sono sicuro di avere compreso. Se intendi dire che il personaggio è diventato un non morto spinto dalla solita attrazione per la magia oscura è un conto.

Se invece intendi dire che, a parte poche eccezioni specifiche tipo i senzamorte, la non morte è malvagia in sé e i necropotiani sono malvagi in sé, ci scontriamo con una delle mille mostruose incoerenze di D&D. Ti porto un esempio pratico. Se conosci a fondo l'ambientazine Greyhawk, conoscerai bene la dea Wee Jas e il suo culto. Wee Jas non ha nulla di malvagio, ma ammette senza problemi fedeli malvagi. Ammette anche fedeli buoni. In diverse occasioni, viene spiegato che alcuni ecclesiastici della dea affrontano i riti per diventare non morti e continuare nella missione di servirla per l'eternità. Sono da considerarsi, costoro, tutti malvagi? No. Nulla impedisce a un chierico buono di Wee Jas di sottoporsi al rituale della crucimigrazione. Non avrebbe senso che un legale buono possa adorare la dea ma sia contrario a qualcosa che la dea ammette e approva.

Io avevo un PG umano necropolitano ruby knight vindicator. Dopo aver servito Wee Jas fino a tarda età, era rimasto solo; sua moglie, i suoi figli e i principali amici erano morti e non era rimasto un nipote né nulla. Logico che questo personaggio abbia sentiti recisi i suoi legami con il mondo secolare. A quel punto decise di chiedere alla sua gerarchia ecclesiastica di essere crucimigrato e liberato dagli aspetti canonici del servizio entrando nei ruby knight vindicator; ammesso nell'ordine, con l'ampia autonomia decisionale conferitagli, si ritirò nel deserto di Suel a meditare e a studiare i resti dell'impero. Un'esistenza di studio e contemplazione, in totale solitudine, dimenticando la sua precedente vita e dedicandosi solo alla preghiera e alla magia.

Poi una novantina di anni dopo tornò e cominciò la storia. Quando il PG torna alla vita civile, è LN: la fede nei valori della dea (ordine cosmico eccetera) è il principale aspetto rimasto della sua personalità; la visione contemplativa che ha coltivato lo rende indifferente al bene e al male. E' diventato pura struttura.

Perché mai il mio PG non potrebbe poi aver vissuto qualche situazione che lo abbia riportato all'allineamento buono? Ha visto la natura stessa del bene e del male, svuotata da ogni emozione, ha abbandonato i sentimenti umani; ma nulla impedisce che il ritorno segni per lui una nuova fase spirituale. Chi meglio di lui potrebbe diventare un santo?

Quindi, no. La non morte non è automaticamente qualcosa di malvagio. Non c'è bisogno di essere malvagi per crucimigrarsi. E la non morte non può in nessun modo essere una discriminante che impedisce la santità.

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Trovo in te un approccio molto più simile al mio, o meglio all'approccio che adotterei se i giocatori avessero idee analoghe alle mie. Ma i miei giocatori, pur essendo molto propensi alla narrazione, più che all'EUMATE, al PP o al semplice giocare secondo quanto è scritto e basta, non hanno il medesimo mio approccio, e quindi vorrei poter supportare con più regole possibile questo personaggio, tutto qui. Comunque condivido appieno la tua visione.

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Secondo me l'idea è molto interessante, anzi sarebbe bello se il non morto fosse diventato addirittura un paladino col passare del tempo, un paladino che cerca di recuperare l'anima perduta; oppure fai un non morto stregone caotico buono che spacca SEMPRE, a prescindere...

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  • 4 settimane dopo...

a me è già capitata una situazione del genere, anche se il necropolitano non era propriamente consenziente. infatti era un guerriero comandante di un esercito mercenario, almeno quando era in vita, che però si ammalò di una grave malattia che portava alla morte. il nostro gruppo non riuscì a completare la quest per trovare una cura e allora il DM per non farlo morire ha permesso che diventasse un necropolitano. in seguito invece di diventare malvagio si è addirittura avvicinato di più alla sua divinità (hironeus) per la paura di aver sfiorato la morte.

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